“Lucia si addormenta, cessa lentamente di respirare e il suo cuore si ferma. Potevate chiamarci. Non ci abbiamo pensato. Africa! Quante Lucie dovranno ancora morire prima che la tua gente si liberi dalla schiavitù dell’inerzia?”: parole di Paolo Setti Carraro, chirurgo, in Sierra Leone con altri volontari di “Medici con l’Africa – Cuamm”. È del 20 settembre un suo racconto di mala-sanità africana che ho ripreso in Vino Nuovo. Paolo è fratello di Emanuela Setti Carraro, uccisa a Palermo con il marito Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1982, a 32 anni. Un abbraccio a Paolo, samaritano d’Africa, nella benefica memoria di Emanuela e Carlo Alberto. Per un mio spunto su Emanuela, vedi E io lo sposo lo stesso.
Paolo Setti Carraro contro l’inerzia che in Africa uccide
12 Comments
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Luigi, il racconto di Paolo Setti Carraro fa rabbrividire. È impressionante.
Lui parla di “inerzia” e ha ragione, ma è troppo facile giudicare chi ha vissuto per un periodo interminabile in situazioni di “schiavitù” prima, e poi di disordine ed instabilità politica, dove il popolo ha dovuto barcamenarsi nella precarietà.
Io sono propensa a credere che si possa essere pesantemente condizionati , individualmente, anche da certi fattori socio-politici negativi che minano la capacità di destreggiarsi in certe situazioni di grande difficoltà.
Noi occidentali abbiamo non poca responsabilità in tutto questo, come anche l’abbiamo, in certa misura, nell’esodo di quelle popolazioni in questi tempi.
L’ Africa fu spartita a tavolino tra le grandi potenze europee, che miravano soprattutto a sfruttarne le risorse locali. L’elemento “uomo” passava in subordine.
Nessuna educazione politica, sociale ed economica.
E gli abitanti di quel continente non si sono del tutto affrancati dalla “schiavitù” in senso proprio ed anche in senso più lato.
Potrei sbagliarmi, ma io questo penso.
Non si può giustificare l’inerzia di un popolo, nessuna scusa, mi dispiace. Anche la passiva tolleranza che diventa appiattimento, abbrutimento, non è sostenibile razionalmente. Il totale assenso, che diventa accettazione supina -almeno nella maggior parte delle regioni ,specie quelle interne- delle donne africane che continuano a sottoporre alla tortura dell’infibulazione le proprie figlie con esiti spesso fatali, che soggiacciono, passive, alla violenza maschile, sopportando continue, estenuanti gravidanze, lavori pesantissimi, mortificazioni di ogni genere, in un ossequio umiliante lasciano agli uomini un potere assoluto , anche quello di andare e tornare secondo i loro desideri, francamente, lo ritengo aberrante. La donna è la forza motrice che manda avanti il mondo e loro , [come direbbe papale papale una suora missionaria in Kenia e ben conosce quella realtà] ” potrebbero fare molto, cambiare colore all’Africa, invece, amano restare come stanno…”.
Consiglio di leggere “La maschera dell’Africa”, scritto dal Premio Nobel della Letteratura , Vidia Naipaul, accusato di razzismo, attaccato e censurato dalle intellighenzia liberal/progressista….per rendersi conto della barbarie che vige nelle tribù “immerse in un mondo primitivo e violento, dove sopravvivono in modo massiccio riti religiosi ancestrali basati su sacrifici, magia, stregoneria.
“Visitai vari paesi- Uganda, Ghana, Nigeria. Costa d’Avorio, Gabon e Sud Africa. Ero convinto che nell’immensa vastità dell’Africa le pratiche magiche non fossero diffuse in maniera uniforme. Ho dovuto ricredermi. Ovunque ho incontrato indovini che ‘gettavano le ossa’ per leggere il futuro e ovunque ho ritrovato la stessa idea di una ‘energia’ da imbrigliare attraverso il sacrificio rituale”… “L’africano ha molta paura della religione pagana e a questa vi resiste” mentre l’africano medio vive una schizofrenia profonda: da un lato accetta e desidera di entrare nell’attualità del mondo moderno, dall’altro la sua cultura tradizionale lo riporta al passato da cui non vuole e non può staccarsi”
[pagg 290 e 93 del “La maschera dell’Africa”, di Vidia Naipaul
@http://bart1meo.wordpress.com/2010/10/03/il-volto-superstizioso-dellafrica-secondo-naipaul/
http://bart1meo.wordpress.com/2010/10/03/il-volto-superstizioso-dellafrica-secondo-naipaul/
L‘inerzia p meglio il “fatalismo“la rassegnazione degli africani e‘una cosa che colpisce tutti gli occidentali che vanno a lavorare laggiu‘. Sembraca noi una profonda indifferenza per la vita e per la morte. Quando l‘anno scorso sono andata in Senegal ,appena arrivata,sono rimasta colpita dal caso divuna bambina che mi hanno portata al Poste de Sante‘. Bambina gravemente ustionata su tutto il corpo perche‘lasciata giocare vicino al fuoco aveva avuto una crisi epilettica e si era buttata sul fuoco. La madre sapeva che la figlia era epilettica,perche‘ aveva avuto gia‘tre crisi. Alla mia domanda alla madre se gli aveva dato pe medicine antiepilettiche la madre rispose con indifferenza che se le era dimenticare. Ma perche‘l‘hai lasciata accanto al fuocose sapevi che poteva essere pericoloso? Le ho chiesto indignata. La madre mi ha guardato in un modo che non scordero‘ mai e ha sorriso. Un sorriso che mi ha fatto rabbrividire e io fra me ho pensato che forse la madre voleva che la bambina so facesse male. Cosa che poi mi e‘stata confermata dalla suora dell‘infermeria. I bambini che hanno una malattia cronica e che debbono prendere tutti i giorni pe medicine sono solo un fastidio in piu‘. Cosi‘non vengono uccisi ma si lascia fatalmente muoiano per incuria. Fatalismo,inerzia,indifferenza per la vita e per la morte. Cose che a noi occidentali fanno rabbrividire ma che forse anche noi proveremmo se fossimo nati e vissuti in Africa. Chissa‘? A volte anche alcuni occidentali che vivono li‘molto a lungo diventano cosi‘ indifferenti,fatalisti.
Quando il nostro piccolo gruppo di medici e di volontari e‘ripartito per ‘Italia l‘ultimo giorno prima della partenza il capovillaggio civha salutati solennementece ringraziati. Ma un giovane del villaggio mi ha detto in disparte:vedete voi avete insegnato alle madri a bollire i biberon e le tettarelle,avete procurato occhiali ai bambini miopi,avete riparato il tetto e messo ‘acqua corrente nell‘ambulatorio,ma appena ve ne sarete andsti tutto tornera‘come prima. Il tetto non sara‘piu riparatove in pochi mesi senza manutenzione anche l‘acqua corrente non ci sara‘piu‘. La maggior parte degli occhialu saranno rotti e buttati vua,le madri si scorderanno presto che bisogna sterilizare i biberon dei neonati. Tutto tornera‘come prima. Dunque tutto quello che abbiamo fatto e‘stato inutile?gli ho chiesto. Mi ha guardato quasi con pieta“Assolutamente inutile“
E mi e‘venuta in mente la frase “siamo servi inutili“
E con le notizie che abbiamo adesso dell‘Ebola anche in Senegal che miete vittime,mi rendo conto che il giovane senegalese aveva ragione.
Penso sia ingenuamente arrogante, direi tipicamente occidentale, pensare di poter cambiare la cultura di un popolo, in meglio o in peggio, da un giorno all’altro. Discepolo, fosse servito a salvare anche solo una vita, il tuo intervento non sarebbe stato inutile: ne sono convinto.
E’ il contagio per la vita e per l’altro che si deve attivare. In Africa come nell’India di Madre Teresa.
Ma anche nei grattacieli dell’Occidente e nelle catastrofiche periferie latino-americane abbiamo bisogno di un qualche contagio.
Il rimescolamento sul pianeta forse aiuterà il contagio tra il Nord e il Sud dell’umano. Noi l’efficienza e l’attenzione – loro la sopportazione e l’ospitalità.
Che grande testimonianza , discepolo. Ti abbraccio, e ti ringrazio di cuore.
Beato l’uomo che ha cura del debole,
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
Veglierà su di lui il Signore,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà alle brame dei nemici.
Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
gli darai sollievo nella sua malattia.
Salmi 41: 2-4