Il blog di Luigi Accattoli Posts

Andando a vedere Goya [vedi post precedente] speravo di trovarvi il Cane semiaffondato (o semplicemente
 Il cane), un dipinto del 1819 proveniente dalla Quinta del Sordo e che ora è al Prado. Non c’era e io rimedio a quell’assenza mettendone qui un particolare: per me questo cagnetto va tenuto d’occhio, come i tanti altri che sono nella sterminata galleria goyesca [Francisco amava i cani], perchè può guidarci a intendere qualcosa dello sguardo sul mondo svolto, rivolto, dispiegato da questo pittore. Non sappiamo se il cane nuoti o stia morendo, se sia semiaffondato nella sabbia o mezzo nascosto a noi da una duna. Anche i titoli che gli vengono dati non sono del pittore ma dei critici. E questa oscurità – i dipinti della Casa del Sordo sono detti “Pitture nere” – fa parte del misterioso perchè delle cose sul quale Goya si è sempre interrogato. Nel primo commento faccio un rimando a Leopardi, contemporaneo di Goya, nel quale troviamo detto in parole, per verba, lo stesso perchè dipinto dal pittore spagnolo
È vero io sono spaventato ma voi non prendetevi spavento: presto queste parole al cagnetto della nobildonna aragonese Joaquina Candaro Ricarte, ritratta da Francisco Goya forse nel 1802. Ho visto ieri a Milano, a Palazzo Reale la mostra “Goya. La ribellione della ragione” e nel turbamento d’occhio del cagnetto mi è parso di trovare quasi per intero il magistero di questo maestro degli spaventi

Non faccio più il vaticanista, ma capita che ascolti un’omelia di Papa Francesco e desideri segnalare una sua parola forte, com’è capitato stamane seguendo la diretta della celebrazione della 57ma Giornata della pace nella festività di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale. La parola forte l’ho messa nel titolo e nel primo commento ne offro il contesto.

Auguro il buon Natale ai visitatori con una foto del presepe che abbiamo fatto in casa e con l’antifona maggiore di oggi, 23 dicembre: O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli, vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.
Ho scelto il mio albero di Natale: un cedro del Libano che ho fotografato ieri nel Parco del Colosseo, tra l’Arco di Tito e gli Orti Farnesiani. Dopodomani metterò una foto del mio presepe: quello che abbiamo fatto in casa. Natale ecologico e autarchico

Il 30 novembre è morto all’età di 101 anni un prete di Bologna, Giulio Malaguti, che ho conosciuto bene e che mi ha ospitato in casa sua, nella canonica di San Sigismondo, nella primavera del 1973, quando arrivai a Bologna da Roma, per lavorare al Regno, e stavo cercando casa. Poi nei decenni tutte le volte che tornavo a Bologna per conferenze, don Giulio veniva a sentirmi riempiendomi di confusione. Ogni volta io ero stupito di trovarlo ancora vivo e sveglio con una resistenza prodigiosa all’età. Ora una cara amica che molto l’ha amato, Giancarla Matteuzzi, mi manda un saluto che don Giulio ha affidato negli ultimi giorni a un video girato da una sua collaboratrice, un saluto – mi dice Giancarla – che possiamo considerare come un suo testamento, o lascito: ”Abbiate molta fiducia, il mondo è bello e santo l’avvenire. Il Signore è con noi e ci assiste sempre”.

Il tributo a Cesare di Bartolomeo Manfredi (1610-1620), che è agli Uffizi, per introdurre la registrazione audio dell’ultima serata di Pizza e Vangelo, nella quale leggemmo dal capitolo 12 del Vangelo di Marco la disputa di Gesù con farisei ed erodiani sulla liceità del tributo a Cesare. La serata fu anche occasione di un brindisi augurale per il mio ottantesimo compleanno. Nel primo commento propongo un richiamo al Vangelo di Luca dal quale ho preso il titolo di questo post
Il 6 dicembre è morto Massimo Toschi, amico e coetaneo al quale debbo molto: la sua vitale reazione alla disabilità, il suo gioioso matrimonio con Piera, l’evangelica reazione alla morte di lei, i viaggi di “solidarietà” in Algeria e Sierra Leone, l’impegno nella cooperazione internazionale per conto della Regione Toscana che lo portò a compiere con le sue gagliarde stampelle oltre quaranta viaggi in altrettante ‘zone calde’ del mondo, dall’Iraq al Burkina Faso, da Israele alla Palestina, dall’Eritrea ai Balcani: un uomo ammirevole, un forte credente in Cristo e nella vita. Nel primo commento metto il link a un testo che gli dedicai negli anni. E gli mando l’ultimo bacio
Moneta romana con l’immagine dell’imperatore Tiberio e sul retro quella della madre Livia, nonché con l’iscrizione che nomina il “Divino Augusto” e l’altra che qualifica l’imperatore come Pontifex maximus – con essa introduco la scheda di presentazione della lectio che faremo domani a Pizza e Vangelo leggendo un brano del capitolo 12 di Marco nel quale Gesù chiede ai farisei e agli erodiani che gli mostrino la moneta e domanda: Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono? Nei commenti riporto la scheda e alla fine invito a naviganti a collegarsi