Il blog di Luigi Accattoli Posts

Ieri – sabato – a una settimana dal trasferimento di Orazio dall’ospedale di Aosta al Gemelli di Roma (vedi post del 6 agosto) – ho consegnato a Claudia Petrosillo lo stampato dei messaggi di affetto inviati a questo blog da 44 persone, in maggioranza colleghi giornalisti. Ho trasmesso a Claudia l’abbraccio di tutti. Lei è serena nella voce e nell’aspetto. Ringrazia e prega tutti di non chiedere di vedere Orazio. Per ora solo lei e le figlie sono ammesse. Chiede a sua volta di continuare a sostenere lei e le ragazze nell’attesa quotidiana dei piccoli passi che Orazio viene compiendo per quanto riguarda la capacità di reagire agli stimoli. “Le preghiere sono per noi più preziose delle visite”, ha detto. Le ho risposto con un bacio.

Invito i visitatori a leggere La papaia di Senan: è un libro di “favole del Benin”, narrate da Paolo Valente (Emi editore, 63 pagine, 10 euro), che ti portano come d’incanto in un mitica età dell’armonia tra uomini, animali e piante. Un ristoro dell’anima che può aiutarci a contrastare dentro di noi il danno che ci provocano i nostri stessi maltrattamenti della natura e quelli – forse ancora più gravi – che vediamo operati in Africa. In queste pagine rivive un tempo nel quale il cielo era tanto vicino che lo potevi toccare, il gallo chiamava la pioggia, il lupo e il caprone andavano a pescare allo stesso fiume, lo scimmione si truccava per conquistare la ragazza più bella e il re Petepè era impegnato a maritare le figlie. Il libro mi è stato mandato da Carmen ed Elpidio Balbo, stupendi amici che sono tra i personaggi della mia inchiesta Cerco fatti di Vangelo. Da 35 anni animano a Merano un Gruppo missionario (info@gmm-ong.org) che scava pozzi e porta medicinali in diversi paesi dell’Africa nera. Il ricavato dalle vendite del volume va per queste opere.

Che fare per cogliere la novità di linguaggio del papa teologo (vedi post del 12 giugno, del 9 e 13 luglio)? All’udienza di ieri Benedetto ha parlato del “comandamento nuovo” dell’amore dato da Gesù: lo stesso tema dell’enciclica Deus caritas est. Lo ha fatto con un linguaggio forte, che merita di essere udito parola per parola, come un testo poetico, vincendo la sensazione del risaputo che coglie l’uditore ogni volta che ascolta un messaggio già noto. Questo è noto da duemila anni, ma papa Ratzinger ne rinnova audacemente l’esposizione. Ecco le righe più vive, che segnalo alla degustazione e magari alla memorizzazione dei lettori:

L’apostolo Giovanni si volge direttamente a Dio per definire la sua natura con la dimensione infinita dell’amore. Con ciò vuol dire che il costitutivo essenziale di Dio è l’amore e quindi tutta l’attività di Dio nasce dall’amore ed è improntata all’amore (…)

Nel precetto riferito da Giovanni (“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”) Gesù presenta come motivo e norma del nostro amore la sua stessa persona: “come io vi ho amati”. E’ così che l’amore diventa davvero cristiano, portando in sé la novità del cristianesimo: sia nel senso che esso deve essere indirizzato verso tutti senza distinzioni, sia soprattutto perchè deve pervenire fino alle estreme conseguenze, non avendo altra misura che l’essere senza misura (…)

Preghiamo Dio di poterlo vivere (il “comandamento nuovo”) così intensamente da contagiarne quanti incontriamo sul nostro cammino.

E’ audace l’invito ad agire per contagio d’amore. Ma anche la qualificazione dell’amore come costitutivo di Dio. E soprattutto l’indicazione della novità cristiana nell’amore che va a tutti ed è senza misura.

“Diffidate dai libri, leggete sui muri” (letto su un muro di Caserta).

Massimo Alberizzi, innamorato dell’Africa, raccontava sabato sul Corriere della Sera una dolorante visita a un ospedale di Goma (Congo orientale), fondato da una dottoressa canadese, che ha curato in due anni cinquemila donne violentate dalle bande di quella inestricabile guerra tribale. Storie come incubi, sotto teneri nomi: Francine, Bernardine. Ecco quella di Linda, che attesta la lotta per la vita combattuta oggi dalle donne africane e come la possa echeggiare un cronista che si fa tutto a tutti: “Ero incinta e stavo lavorando il campo quando sono arrivati i nemici e mi hanno stuprato. Il bimbo ha cercato di nascere ma è morto. Mio marito si è sposato con un’altra. Ora sono sola. Spero che Dio mi assista”. Metto Linda accanto a Jennifer (vedi post del 9 e 12 maggio), tra le sorelle della vita che ci aiutano a credere che vi sia un domani per la povera umanità.

Mando un abbraccio a Orazio Petrosillo, a Claudia e alle loro due figlie: da ieri Orazio – il caro collega vaticanista del Messaggero – è al Gemelli, dopo le due settimane passate all’ospedale di Aosta, dove è stato operato per ictus il 23 luglio. Era a Introd per seguire la vacanza del papa. L’ultimo giorno del soggiorno sulle Alpi papa Ratzinger ha pregato con Claudia e ha benedetto le fedi del loro trentesimo di matrimonio. “Una luce contro l’oscurità quotidiana” è intitolato il commento al Vangelo domenicale apparso oggi sul Messaggero, dedicato alla “Trasfigurazione del Signore”, che Orazio aveva scritto prima di partire per la Valle d’Aosta. Affido alle parole di quel titolo il mio augurio al collega, gran lavoratore e lieto amico. Un bacio a Claudia, da trasmettere a Orazio, che l’aiuti a vincere questa scommessa.

Riferisco i dialoghi ascoltati in giro e le scritte sui muri perchè sono convinto che la bellezza sia frequente nelle parole della gente.

– Ti sei annoiato ad aspettarmi?

– Per niente. Guardavo i passanti…

– Sono restata là dentro più di un’ora!

– C’erano le mura e c’era questo bel sole. Lo sai che io trovo amici dappertutto.

(Dialogo ascoltato alla fermata del bus 62 davanti a Porta Pia, a Roma)

Nei giorni scorsi in questo blog c’è stata tempesta sulla figura del papa: se parli a nome di Dio, se sia scelto dallo Spirito Santo e così via. Più di un visitatore aveva auspicato che qualche teologo ci venisse in aiuto. Uno infine ci ha scritto, da me sollecitato: si tratta di don Vito Impellizzeri, che insegna teologia fondamentale alla Facolta teologica di Sicilia, giovane e simpatico amico. Metto qui il suo messaggio. Buona lettura.

Caro Luigi, carissimi nuovi amici, doppia e piacevole sorpresa mi costringe ad entrare in questo nuovo spazio di scambio e di arricchimento vicendevole:
– la telefonata di Luigi Accattoli, che seguo fedelmente nelle sue pubblicazioni,
– la lettura nel blog di un grande interesse intorno alla questione del Papa, del primato petrino. Accanto a questo la speranza di condividere la fatica dello studio teologico e di aiutare qualcuno (e lasciarmi aiutare) per una maggiore consapevolezza credente, resa solida dalla teologia e dal magistero.
 Intorno alla delicata questione petrina, alcuni criteri determinanti, non proprio a caldo ma riflessi, e una proposta di lettura per l’approfondimento:
 L’unità della Chiesa è la ragion d’essere del ministero petrino ed il contesto in cui situare la sua interpretazione.
 Un primo binomio inseparabile è la relazione fra Chiesa e Papa. È riduttivo un approccio “personalista” al ruolo e alla figura del Papa, occorre averne un approccio ecclesiologico; cioè: è dentro la riflessione teologica sul mistero della Chiesa che trova luogo teologico la riflessione sul compito e il servizio del Papa.
 È importante allora considerare che il problema nella sua ampiezza teologica va letto come espressione del rapporto fra Chiesa Universale e Chiesa Locale, fra la Chiesa di Roma, che presiede nella carità, e le altre chiese locali. Oggi questo orizzonte teologico viene ampliato dalla delicata questione ecumenica, di dialogo cioè con la Chiesa Sorella di Oriente e la comunità ecclesiale luterana.
 Questo duplice orizzonte ecclesiologico pone finalmente nella sua giusta dimensione il rapporto fra Dio e la parola: la comunicazione, la possibilità di giungere a conoscere il mistero della sua volontà. Il rapporto fra Dio e la Parola ha ancora diversi orizzonti teologici che determinano il suo luogo:
         la Rivelazione, dove è il Figlio la Parola piena rivelatrice del Padre, il Verbo fatto carne, con la pienezza della sua vita pasquale, profeticamente annunciato e atteso dall’Antica Alleanza.
         la Scrittura, la Parola di Dio, dove la vita del Figlio viene donata per opera dello Spirito (Dei Verbum parla della Parola Viva del Vangelo), dove Dio interviene ispirando gli autori sacri con il dono del suo Spirito, dove la vita del popolo eletto di Israele, la vita della Chiesa nelle sue origini si intrecciano in un meraviglioso connubio con la volontà di Dio, con la rivelazione del volto misericordioso di Dio, con le esigenze di una vita autenticamente di sequela dietro a Gesù.
         La trasmissione della fede, il passaggio della memoria di Gesù, origina allora la Tradizione, cioè questa trasmissione viva della fede, questa continua testimonianza, sostenuta dalla presenza dello Spirito, che trova suo luogo privilegiato nella successione apostolica. Con essa gli apostoli passano ad altri e nuovi apostoli, i vescovi, il deposito della fede, l’annuncio della risurrezione, la bella notizia del vangelo, è garantiscono alla Chiesa l’unità della fede, capace di attraversare la storia con il dono della comunione, per la presenza dello Spirito.
         Dentro questa vitalità della Chiesa trova allora il suo luogo specifico il Magistero, per la successione apostolica responsabile della difesa del deposito della fede, chiamato a interpretare secondo le esigenze e le attualità della storia il messaggio e la vita di Cristo.
 In questo pieno orizzonte teologico articolato fra Scrittura – Tradizione – Magistero trova significato la questione del ministero petrino.
 Nel Proemio della Costituzione Pastor aeternus il Concilio Vaticano I descrive il significato del primato petrino. Esso affermava che, secondo il volere di Dio, nella Chiesa tutti i fedeli devono essere mantenuti insieme dal legame della fede e dell’amore. Lo stesso concetto riprende un recente articolo della Congregazione per la dottrina della fede del 2002 (P. Rodriguez et al., Natura e fini del primato del Papa: il Vaticano I alla luce del Vaticano II, in Il primato del successore di Pietro nel ministero della Chiesa, Città del vaticano 2002,  81-111). Inoltre il Vaticano II ha ribadito l’importanza della Chiesa locale, della comprensione sacramentale del ministero episcopale e soprattutto della comprensione della Chiesa come communio.
 Questa è la scelta bella del Vaticano II di superare una concezione piramidale e unilaterale della Chiesa, sostituendola con una concezione condivisa nella quale le diverse istituzioni ed istanze hanno la loro rispettiva e insostituibile funzione e interagiscono reciprocamente. Una tale visione condivisa, che lascia spazio alla libertà dello Spirito, potrebbe essere il risultato di una più ampia ricezione del Vaticano II. (cf. O. Clément, Rome autrement. Un orthodoxe face à la papaute, Paris 1997, 59-64).
 È importante leggere il ministero del Papa nell’orizzonte conciliare della Chiesa come mistero di comunione e dentro il grande sforzo ecumenico, voluto chiaramente sia da Paolo VI che da Giovanni Paolo II (basta richiamare l’Ut unum sint) e continuato oggi da Benedetto XVI, soprattutto nel dialogo fra cattolici e ortodossi.
 Gesù chiamando Pietro come pietra ha spiegato la sua funzione nella Chiesa, nel senso pieno e bello di servizio. La Chiesa dei primi secoli visse la sua esperienza della fedeltà della comunità di Roma nella persecuzione e nella disputa con la gnosi, il suo ruolo nella fondazione del canone biblico, il ruolo dei vescovi, che molto presto assunsero la responsabilità dell’unità della Chiesa.
 Giovanni Paolo II richiamandosi al vescovo martire Ignazio di Antiochia parla del “primato di Roma come il primato dell’amore”. È una bellissima interpretazione spirituale sulla base dell’idea di servizio, servizio all’unità, servizio e segno di misericordia e di amore. Occorre parlare di “servizio petrino” e non più di “papato”. Esso è un servizio pastorale  sull’esempio di Gesù Buon Pastore, che dà la vita per le pecore. (1 Pt. 5, 2-4).
 Per l’approfondimento propongo: W. Kasper (ed.), Il ministero petrino, Città Nuova, Roma 2004.
 Questo mio non è esattamente un intervento immediato e spontaneo … pazienza!        Don Vito.

“Dio c’è ma non si lascia coinvolgere”, diceva una scritta murale del “maggio francese” (1968) che indica bene il sentimento dell’umanità di oggi. NelIa primavera del sessantotto avevo 24 anni e posso attestare che da allora ho visto i credenti ingegnarsi in mille modi a smuovere l’incredulità dei contemporanei, ma sono venuto convincendomi che dovrebbero piuttosto impegnarsi a provocare il coinvolgimento di Dio. Questa svolta potrebbe operarla papa Benedetto, che da cardinale aveva parlato così della finalità alla quale dovrebbe applicarsi “la forza della preghiera, della fede e dell’amore”: “Grazie a questa forza Dio viene sollecitato a lasciarsi coinvolgere nella storia del mondo perchè tra gli uomini si diffonda una scintilla della sua luce” (Joseph Ratzinger in colloquio con Peter Seewald, Dio e il mondo, San Paolo 2001, p. 62).