Incredibile e dolorosa vicenda mediatica quella dell’aereo turco dirottato ieri a Brindisi, con quell’inverosimile personaggio e quell’assurdo collegamento al viaggio papale in Turchia! Sono a Mantova per conferenze (tre sere con l’Azione cattolica) e ho seguito gli sviluppi di quella vicenda, tra fantasia e terrore, da una camera d’albergo. Condivido la sofferenza di cui hanno parlato alcuni visitatori del blog, in particolare Maria Grazia. Da uomo dei media dico il mio sbalordimento per il mondo di specchi che fonti malintenzionate e noi giornalisti, ostaggi della paranoia della competizione, siamo in grado di approntare in pochi minuti. Dio ci guardi.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
“Passero ti amo… rivoliamo insieme?”: letto su un muro di Caserta.
“Accurturàteve”: letto su un cartone appoggiato a una bancarella di libri usati, sotto i portici di piazza Vittorio a Roma. – Altri usi creativi del romanesco nelle scritte sui muri: “Laziale sèntite male” su un cartellone nelle vicinanze del Pantheon; “Cristiano te credevo un amico”, a via Telese (Quartiere Prenestino).
Per l’audacia del papa che prega, da me guardata come uno dei doni che ci vengono da Benedetto XVI (vedi post del 12 e 19 settembre), segnalo un passaggio dell’udienza di mercoledì 27. Parlava dell’apostolo Tommaso che dice a Gesù (Giovanni 14): “Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?” e così la commentava: “La sua domanda conferisce anche a noi il diritto, per così dire, di chiedere spiegazioni a Gesù. Noi spesso non lo comprendiamo. Abbiamo il coraggio di dire: non ti comprendo, Signore, ascoltami, aiutami a capire. In tal modo, con questa franchezza che è il vero modo di pregare, di parlare con Gesù, esprimiamo la pochezza della nostra capacità di comprendere e al tempo stesso ci poniamo nell’atteggiamento fiducioso di chi si attende luce e forza da chi è in grado di donarle“. Papa Benedetto considera un suo compito insegnare la franchezza della preghiera.
Padre Livio stamane a Radio Maria ha raccontato una sua conversazione con l’arcivescovo Milingo, una quindicina di anni addietro, in un’occasione in cui l’ebbe ospite a Erba: “Mi disse tra l’altro che quando voleva conoscere fatti o notizie per i quali non c’erano fonti possibili, interrogava gli indemoniati. Io mi meravigliai e gli dissi: ma eccellenza, lei non sa che il diavolo è bugiardo?” Per padre Livio quel comportamento sarebbe la prova provata dell’ingenuità del vescovo esorcista. Anch’io un poco ho conosciuto Milingo e l’ho trovato sfuggente ma non ingenuo. Soprattutto in lui avvertii un vivo risentimento da uomo nero che vive tra bianchi e non si sente rispettato: “Mi trattano così perchè vengo dallo Zambia”. Fossi in Bertone, che un poco lo conosce, non sottovaluterei la presa che la sua vicenda più che la sua parola potrebbe avere sul clero africano, renitente al celibato e attirato dai riti di guarigione e di esorcismo. Sconsiglierei di deprezzarlo insistendo sull’età (76 anni), sull’ingenuità e magari sul plagio che avrebbe subito da Moon. Uomini di Chiesa, prendetelo sul serio se potete! Badate un po’ meno al suo inverosimile matrimonio che seduce i media e un po’ di più al fatto che ha speso la vita per aiutare il prossimo. E tenete presente che la questione dei preti sposati non l’ha inventata lui.
A Vigevano per una conferenza, vado a respirare in piazza Ducale e la trovo invasa da un imponente Bob Sleigh Skeleton, cioè da un impianto di slittino su rotaia e risuonante delle grida dei ragazzi che prendono la rincorsa, saltano sullo slittino, scendono a capofitto e salgono a freccia sull’altro versante e a freccia tornano indietro. Il tutto all’altezza delle finestre più alte della piazza salotto d’Italia. Le ragazze mostrano qualche timore nel salto e realizzano meno punti ma non si divertono di meno. Grande spasso di tutta la città, che guarda quella festosa ragazzata dai tavoli dei bar. I loro padri giocavano ancora all’albero della cuccagna, ma uguale è l’impegno a studiare la presa: allora del palo insaponato, oggi della maniglia in ferro e plastica. Penso ai miei figli e mi diverto quanto quei ragazzi gridanti.
Oggi all’angelus papa Benedetto ha ricordato suor Leonella (vedi post precedente) definendola “serva dell’amore e artigiana di pace”. Ha narrato il suo martirio della carità a commento di una sentenza della Lettera di Giacomo che si legge nella messa di oggi: “Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace” (3,16-18). “Queste parole – ha continuato Benedetto – fanno pensare alla testimonianza di tanti cristiani che, con umiltà e silenzio, spendono la vita al servizio degli altri a causa del Signore Gesù, operando concretamente come servi dell’amore e perciò ‘artigiani’ di pace. Ad alcuni è chiesta talora la suprema testimonianza del sangue, come è accaduto pochi giorni fa anche alla religiosa italiana suor Leonella Sgorbati, caduta vittima della violenza. Questa suora che da molti anni serviva i poveri e i piccoli in Somalia, è morta pronunciando la parola ‘perdono’: ecco la più autentica testimonianza cristiana, segno pacifico di contraddizione che dimostra la vittoria dell’amore sull’odio e sul male“.
Nel telegramma inviato alle consorelle il 19 settembre, il papa aveva descritto Leonella come “fedele discepola del Vangelo” che “svolgeva con gioia” il suo servizio alle popolazioni somale.
Durante la trasmissione “A sua immagine” di Rai 1, prima e dopo la diretta dell’angelus, una consorella e la superiora di suor Leonella (missionaria della Consolata) hanno confermato la loro decisione di restare in Somalia, nonostante il consiglio del nostro Ministero degli Esteri di “lasciare il paese perché la situazione si è fatta troppo pericolosa”. Parlando dei pericoli che correva nell’intervista citata al post precedente, Leonella aveva detto: “E’ facile avere paura l’uno dell’altro, ma dove c’è paura non c’è amore”.
“Anche i musulmani nella loro religione vera sanno che Dio è tolleranza, Dio è misericordia, Dio è amore, Dio ama le sue creature. In realtà non ci dovrebbero essere difficoltà a lavorare insieme. E qui non ci sono”: così suor Leonella, uccisa domenica a Mogadiscio, aveva parlato a una televisione austriaca (intervista riproposta dal TG 2 il 20 settembre). Suor Leonella ha pagato con la vita quelle parole, le più importanti che un cristiano possa pronunciare. L’ultima carta di fronte agli increduli. Così papa Ratzinger aveva indicato quell’ultima risorsa parlando al santuario di Czestochowa il 26 maggio scorso: “Deus caritas est: questa verità su Dio è la più importante, la più centrale. A tutti coloro a cui è difficile credere in Dio, io oggi ripeto: Dio è amore”.
Il vescovo Michele Pennisi, che ha conosciuto questo sito navigando in Internet (vedi un suo commento del 20 agosto a un post del 13 agosto), manda un messaggio che racconta un’esperienza concreta di dialogo con ambienti musulmani, dov’è segnalata la difficoltà a ottenere reciprocità, ma anche la poca eco che tra i musulmani di Bosnia ha avuto la sfuriata antipapale dei giorni scorsi. Grazie al vescovo Michele.
Caro dottor Accattoli, sono tornato ieri da un breve viaggio di tre giorni in Bosnia Erzegovina dove ho visitato a Zenica i bambini, in maggioranza mussulmani, ospiti di un orfanotrofio, che assieme a circa 700 altri bambini di vari orfanotrofi della Bosnia, tramite una associazione di volontariato, da quasi quindici anni vengono ospitati da famiglie siciliane durante le vancanze estive e quelle del periodo natalizio. Ho avuto un colloquio con il cardinale arcivescovo di Sarajevo Vinko Puljic, il quale ha sottolineato lo spirito di dialogo che caratterizza i rapporti con la Chiesa ortodossa e con la maggioranza musulmana, anche in questi giorni di polemiche innescate dal discorso del Santo Padre a Ratisbona, che non hanno avuto una vasta eco fra le popolazioni di quella regione, come ho potuto constatare negli incontri con vari esponenti della comunità mussulmana. Il porporato ha però detto che il dialogo deve essere improntato a reciprocità e si è lamentato che da ben otto anni attende il permesso di costruire una nuova chiesa a Sarajevo, mentre sono state costruite varie moschee. L’altro Ieri, dopo un incontro con il sindaco di Visegrad, Miliadin Milicevic, ho preso parte assieme al pope ortodosso e all’iman mussulmano all’inaugurazione di un caseificio costruito con i contributi di associazioni, operatori economici ed enti pubblici della Regione siciliana, alla presenza dei rappresentanti della Chiesa ortodossa serba e della comunità musulmana, delle autorità locali e governative, di rappresentanti sindacali e dei militari italiani della forza di pace Eurofor, che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera. Gli interventi sia del pope che dell’iman sono stati improntati a spirito di amicizia. Il dialogo interreligioso va favorito anche attraverso opere concrete di solidarietà e un’opera educativa a lunga scadenza che parta dai bambini. Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina
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