Il blog di Luigi Accattoli Posts

L’Ansa ha pubblicato ieri questa notizia:

TELEPACE: COMUNE ROMA VOTA MOZIONE CONTRO CHIUSURA. DOCUMENTO VOTATO ALL’UNANIMITÀ, PRIMO FIRMATARIO BALDI (FI) (ANSA) – ROMA, 13 nov – Impegno per il sindaco a tutelare la redazione romana di Telepace «che da anni costituisce una risorsa dell’informazione cittadina e un punto di riferimento nel panorama internazionale». È questo il punto principale della mozione votata oggi dal consiglio comunale di Roma, all’unanimità, primo firmatario il capogruppo di Fi, Michele Baldi, in merito alla recente disposizione di Telepace che ha previsto una drastica chiusura degli spazi informativi della
redazione romana e annunciato la necessità di cessare i rapporti di lavoro coi giornalisti, tutti romani, che la compongono. «Forza Italia – spiega Baldi – è contraria a questa decisione e nell’imminenza del decisivo e delicato confronto tra l’Fnsi e Telepace previsto per il 17 novembre, ho provveduto a presentare questa mozione nella quale si  parla anche della necessità di salvaguardare la dignità e il lavoro dei giornalisti, di indurre i dirigenti a revocare la decisione di chiudere gli spazio informativi e licenziare i giornalisti con un provvedimento dell’Associazione Stampa Romana definisce e l’opinione pubblica avverte come ritorsivo». Nella mozione si chiede che Telepace di  Roma non sia discriminata rispetto alle altre sedi, e infine si impegna il sindaco a favorire un’intesa tra Fnsi e Telepace, sulla base delle determinazione dell’ordine dei giornalisti, dell’Inpgi, del ministero del Lavoro e della magistratura «in un quadro di ripristinata legalità e normali relazioni sindacali».

“Patatonzola ti amo. by patatonzolo”: letto a Ferrara, su un muro di via Gianfranco Rossi (scrittore).

Stazione Termini. Giovane zingara con tetta di fuori allatta il bimbo e occhieggia intorno cercando chi borseggiare. Incrocia una suora di Madre Teresa curva sul suo borsone con latte e coperte, che cerca chi aiutare. Due donne velate. Altera la zingara, dimessa la suora indiana. Ugualmente dotate di sguardo.

Gaffe, giallo, cortocircuito, incidente, disguido: i media hanno qualificato fantasiosamente il discorso del papa ai vescovi svizzeri pubblicato ieri pomeriggio e subito ritirato. Ho letto che era un fatto senza precedenti e questo non è vero: ben ricordo lo sbalordimento di noi giornalisti nella sala stampa della visita papale a Lubiana, Slovenia, il pomeriggio del 17 maggio 1996, quando fu distribuito il testo inglese di un discorso del papa – il secondo della visita – che conteneva un paragrafo assente dal testo ufficiale in sloveno e dalle traduzioni in altre lingue; un paragrafo in cui Giovanni Paolo II addirittura annunciava la convocazione di un sinodo europeo. Errori del laboratorio papale, che non è affatto quella macchina straordinaria di cui parla la leggenda. Un’altra volta per una delle tante visite di papa Wojtyla ad Assisi ci fu dato un discorso “giusto”, ma con la data di una precedente visita dello stesso papa ad Assisi. Gli uffici della Segreteria di Stato prima di abbozzare un testo per il papa vanno a vedere i precedenti e possono succedere pasticci, come in ogni “segreteria”. E’ già tanto che ieri si siano accorti dell’errore nel giro di qualche ora! Del resto non ne è venuta nessuna conseguenza: il testo pubblicato, che era stato preparato per la visita che i vescovi svizzeri avrebbero dovuto fare a Giovanni Paolo all’inizio del 2005 (poi cassata per l’aggravamento del papa), era perfettamente collimante con le preoccupazioni di papa Ratzinger. Ma questa mia reazione fredda, quasi divertita, non è di tutti: stamane un osservatore di lungo corso delle cose vaticane, con il quale commentavo la faccenda, mi ha detto allarmato che ci vedeva “il segno chiaro che qualcuno in Vaticano boicotta il papa”.

Oggi non mangio per i morti di Napoli e per solidarietà con i napoletani. “Pregare e digiunare, due mezzi apparentemente insignificanti, che hanno la forza della debolezza e la potenza di attraversare le nubi e giungere al cuore del Padre”: così ha parlato il cardinale Crescenzio Sepe chiamando per oggi a una giornata di digiuno e di preghiera per la città, “colpita da un rigurgito di violenza che opprime e offende la dignità di ogni uomo”. Non vivo a Napoli ma mi veco coinvolto perchè sostengo che gli uomini di Chiesa dovrebbero ristabilire l’antico uso delle preghiere e dei digiuni pubblici come reazione alle sventure della città degli uomini. In un post del 12 aprile intitolato “Chiamare al digiuno” riportavo il grido di sgomento del vescovo di Arezzo per il ritrovamento di due morti ammazzati in un fosso, a Terranuova Bracciolini e scrivevo: “Perchè in casi come questi non si invita al digiuno oltre che alla preghiera?” Ora qualcuno invita e io digiuno.

“Nei primi giorni avevo con me un Corano. Leggerlo mi dava conforto. Ma poi sono stato trasferito da un’altra parte e non l’ho potuto potare con me”: è il racconto al collega Renato Caprile di Repubblica fatto da Gabriele Torsello, il fotografo convertito all’islam rapito in Afghanistan da guerriglieri nati musulmani. Anche Aldo Moro prendeva conforto da una Bibbia nel carcere delle Brigate Rosse. Gliel’avevano procurata i rapitori, nati cristiani.

“Mido sei il mio sogno irrealizzabile… vorrei provare a viverti… perchè non vorrei doverlo dire ma ti amo. Irene”: scritto con pennarello nero sul tendone dell’impalcatura che copre l’obelisco di piazza del Popolo, a Roma.

REPLICA DI PIERLUIGI FRANZ (CONSIGLIERE NAZIONALE FNSI, CONSIGLIERE DI AMMINISTRAZIONE INPGI E FIDUCIARIO INPGI PER IL LAZIO) AL DIRETTORE DI TELEPACE MONS. GUIDO TODESCHINI: “SCRIPTA MANENT, VERBA VOLANT”, ALIAS “CARTA CANTA”.

Avendo seguito la vicenda da oltre 2 anni, prima come Presidente dell’Associazione Stampa Romana (Sindacato unitario dei giornalisti del Lazio, fondato nel 1877), poi come Consigliere nazionale FNSI, Consigliere di amministrazione INPGI e Fiduciario INPGI per il Lazio, avrei preferito non intromettermi per ora nel dibattito sull’annunciata chiusura della redazione romana di Telepace. Ma non posso più farne a meno dopo l’intervento di ieri del Direttore dell’emittente Mons. Guido Todeschini. In un suo comunicato intitolato: “Menzogne infamanti tese alla distruzione di Telepace”, definisce “assolutamente false” le accuse che gli sono state rivolte dai giornalisti della redazione romana “con un uso a dir poco disinibito della stampa”. A mio parere, le affermazioni di Mons. Todeschini sono, però, smentite dai fatti e soprattutto dai documenti. Insomma, contrastano sia con il celebre detto latino “scripta manent, verba volant”, sia con l’altrettanto motto “carta canta”. Giocando forse con le parole, don Guido afferma innanzitutto che “non è avvenuto alcun licenziamento, poiché è in corso una trattativa con la Federazione nazionale della stampa italiana”L’inatteso dietro-front del Direttore di Telepace rappresenta la vera notizia, riportata anche dall’Agenzia Italia e che mi auguro non venga mai smentita, contenuta nel suo comunicato: in pratica significa che sarà mantenuto il posto per tutti e quattro i giornalisti della redazione romana di Telepace (Piero Schiavazzi, Angela Ambrogetti, Simona De Santis ed Elisabetta  Mancini), che hanno da tempo in atto una battaglia legale e sindacale per ottenere il rispetto delle regole e il riconoscimento dei diritti. Questa è davvero una bellissima notizia. Stranamente, però, nella sua nota Mons. Todeschini omette di ricordare quanto è avvenuto negli ultimi 30 giorni e ampiamente documentato (basta cliccare sui siti internet www.fnsi.it, www.stamparomana.it e www.ilbarbieredellasera.com, inserendo la parola “telepace” tra le notizie da ricercare). Eccone un sintetico riepilogo.

Con un comunicato intitolato Menzogne infamanti tese alla distruzione di Telepace, don Todeschini, direttore dell’emittente, definisce “assolutamente false” le accuse che gli sono state rivolte dai giornalisti della redazione romana “con un uso a dir poco disinibito della stampa”. Afferma che “non è avvenuto alcun licenziamento, poichè è in corso una trattativa con la Federazione nazionale della stampa italiana”. Nega di aver “posto in essere vessazioni, umiliazioni, insulti e sopraffazioni alle dipendenti… mobbing, spionaggio interno, privacy negata e vere e proprie violenze psicologiche”, come affermato in servizi gornalistici e osserva che di ciò “non vi è alcun cenno nelle non poche vertenze – di carattere esclusivamente economico – instaurate dalle pretese vittime”. Osserva che nella Curia Romana non vi è affatto “disagio e imbarazzo” per la situazione dell’emittente, a differenza di quanto affermato in tali servizi e annota che “a Telepace risulta il contrario, nel senso che il Vaticano non ha alcuna intenzione di essere coinvolto in questo gioco infamante”. Smentisce di aver “boicottato un volto storico dell’emittente, don Giovanni D’Ercole”, precisando che “anche questa è una notizia del tutto falsa e smentita dallo stesso interessato”. Sulla “timbratura del cartellino” così scrive: “Premesso che non sussiste alcun divieto nel contratto nazionale, Telepace ha spontaneamente evitato di continuare a utilizzarlo per non alimentare inutili polemiche”. Sul “filtro delle telefonate”: “Non è stato mai imposto alcun filtro nè tantomento alcun controllo, ma si tratta semplicemente di modalità tecniche di gestione del telefono aziendale che comunque costituisce bene dell’impresa e ne è consentito l’utilizzo esclusivamente per fini lavorativi”. Infine Telepace preannuncia querela “per tutelare la propria immagine e i propri diritti” nei confronti di “articoli e notizie apparse su quotidiani e settimanali”.  – Il comunicato non cita alcuna testata, ma dai rimandi ai titoli degli articoli contestati si capisce che reagisce soprattutto al servizio di Giacomo Galeazzi apparso ieri sulla Stampa: “Il monsignore spia le croniste. Vita da caserma alla tv del papa” e a un altro firmato M.D., apparso sull’Espresso in edicola: “Va in onda TeleBugia”.

“A me ci pensa Padre Pio”: scritto a mano, con pennello a vernice rossa sul telone verde di un autofurgone. Quelle parole di una fiducia così totale, quasi bambina, lette lo scorso giugno mentre percorrevo l’autostrada Roma-L’Aquila, mi tornano in mente ora che i paolini diffondono quella curiosa classifica dei santi più “invocati”, secondo una loro indagine campione, che dà appunto Padre Pio come il più invocato, seguito da Antonio da Padova, la Madonna, Francesco d’Assisi, Rita da Cascia, Giuseppe sposo di Maria, Gesù, Gennaro patrono di Napoli, Teresa di Calcutta, Rocco, Agata, Gerardo. Mi piace il tono familiare, quasi di complicità con il santo di Pietrelcina, che traspare da quella scritta. Lo stesso tono, anche nella punta dialettale che la caratterizza, che spesso avvertiamo quando una persona semplice ci vuole informare che ha un protettore da qualche parte, poniamo per le pratiche ospedaliere: “Mi ci pensa una zia che lavora in amministrazione”. Dico “mi piace” a ragion veduta. Odio la speculazione sulla fede dei semplici, che purtroppo non è sconosciuta ai frequentatori di San Giovanni Rotondo, ma ammiro quella fede.