Il blog di Luigi Accattoli Posts

Carissimo Luigi, come vedi ho preso il “vizio del blog”! Una vera Agorà dove si può fare “agorazein” come dicevano gli antichi greci…Dove si parla, ci si incontra si discute…Esattamente come facevo con il programma che,ogni settimana, oltre il TG mi permetteva di parlare con chi si sintonizzava su Telepace.

Di “Agorazein” ne avevo in mente uno per oggi…16 ottobre , anniversario della elezione di Giovanni Paolo II. Nel 1978 ero in Piazza San Pietro, una ragazzina emozionata. Nel 2003 anche. Ma ero una professionista che gestiva un collegamento in diretta. Ad aprile del 2005, ad un anno dalla morte di papa Woytjla ho chiesto al Card Ruini di scrivere un bilgietto da lasciare sulla tomba di Giovanni Paolo II nelle grotte vaticane, come fanno migliaia di fedeli ogni giorno. Lui ha detto tre volte ” grazie”. Per la cura del papa alla sua diocesi, per la attenzione al mondo , per la chiarezza del pensiero.

Io oggi vorrei scrivere un grazie solo. Grazie per aver potuto essere una “giornalista del papa”. Più tardi andrò anche io a lasciare il mio biglietto sulla tomba bianca del papa polacco, e ci scriverò anche una preghiera: spero di poter continuare ad essere una, vaticanista, una “giornalista per il papa”

Un abbraccio, Angela Ambrogetti.

Credo che l’autore del Libro dei proverbi non abbia avuto figli, o non sia arrivato a vederli adolescenti, quando scoppiano di vita e riempiono la casa e se non stai pronto a scansarti ti travolgono a metà del corridoio. Non li ha messi infatti tra le creature di “nobile andatura” che elenca al capitolo 30, versi 29-31:

Tre esseri hanno un portamento maestoso,

anzi quattro sono eleganti nel camminare:

il leone, il più forte degli animali,

che non indietreggia davanti a nessuno;

il gallo pettoruto e il caprone

e un re alla testa del suo popolo.

I bambini gattonano, ti si strusciano addosso, ti saltano al collo a tradimento e guai se non stai preparato. Ma gli adolescenti incedono. Cresciuti di spalle e di voce, assumono un portamento regale ed è bene che il mondo si scansi.

Caro Luigi, trovo che il Tuo blog sia davvero un villaggio animatissimo, con residenti fissi e viandanti occasionali. In questa vigilia di festa consentimi pertanto di intervenire con una cronaca più rilassata, anche se il mio stato d’animo non è propriamente quello, speranzoso, del Sabato del villaggio. Il quadretto, anzi il dettaglio, che voglio descriverTi, quello sì, è proprio da Sabato prefestivo. 

Come sai, Giovedì mattina una delegazione del Sindacato dei Giornalisti, al più alto livello, ha varcato la soglia di  Telepace per incontrare Don Guido Todeschini. C’erano tra gli altri il Vicesegretario Nazionale, Luigi Ronsisvalle, e il Segretario dell’Associazione Stampa Romana, Silvia Garambois. 

Quest’ultima, in particolare, sebbene non credente, ha il merito davanti alla Chiesa di avere promosso la pubblicazione di “un’Enciclica”: quella che è stata subito definita la quindicesima Enciclica di Giovanni Paolo II, cioè la raccolta postuma dei suoi 27 messaggi in occasione di altrettante giornate mondiali delle comunicazioni sociali, dal 1979 al 2005. 

Considerando infatti che i messaggi affrontavano di anno un aspetto specifico (mass-media e famiglia, televisione, radio, internet, etc.), messi in fila uno dopo l’altro appaiono oggi come i capitoli di una vera e propria Enciclica: un’Enciclica sui media. 

Nessuno ci aveva pensato prima. Ed oggi dobbiamo a Lei, ad una donna laica, leader di un Sindacato laico, la pubblicazione di questo volume che si intitola “Giornalisti abbiate coraggio” e che in aprile, nel 1° anniversario della morte di Wojtyla, è  stato inviato in dono a tutti i giornalisti romani (compreso il mio direttore, Mons. Todeschini, iscritto all’Ordine dei Giornalisti di Roma).

Come curatore del volume, sono testimone del coraggio intellettuale con cui Silvia ha voluto che l’intero Sindacato dei Giornalisti rendesse omaggio al più grande comunicatore di tutti i tempi, maestro di deontologia per tutti noi, credenti e non (a maggior ragione se credenti, e ancora di più se presbiteri).

Oggi però, nel clima prefestivo del “Villaggio Accattoli”, voglio consegnarVi la pasionaria della Stampa Romana in una prova di coraggio assai meno impegnativa, ma decisamente  più amena.

Giovedì mattina infatti, quando Silvia ha fatto il suo ingresso a Telepace, mentre attraversava il corridoio che conduce nella sala riunioni, dove l’aspettava Don Guido, una mano e due dita si sono sollevate al suo passaggio con la prontezza di un passaggio a livello, facendo il gesto scaramantico delle corna,  come ad esorcizzare la presenza del diavolo negli studi della TV del Papa. 

Il gesto era vistoso, fatto per essere notato, ma lì per lì ho avuto l’impressione che Lei non se ne accorgesse, (noi siamo avvezzi a questo genere di saluti, non ci facciamo più caso e, anzi, li consideriamo di buon augurio). 

Dopo un istante infatti è entrata in sala riunioni e ha salutato Don Guido con un sorriso smagliante: “Come sta ?! Grazie di averci ricevuti”. 

Ma al termine della faticosa riunione, usciti da Telepace, appena voltato l’angolo, il diavolo mi ha  preso sottobraccio e mi ha interpellato con angelico candore: “Ho visto male o mi hanno fatto le corna ?”. 

Buona Domenica, Piero Schiavazzi

Carissimo Luigi, carissimi amici che ci siete vicini! Si conclude un altro giorno di vuoto. Per voi e per noi, e per il papa, oserei dire. Ieri ho letto e riletto la catechesi di Benedetto XVI, pensando a quanto fosse importante e quanto poco spazio avesse avuto. Ogni giorno passo in Sala Stampa, seguo una abitudine, leggo i testi del papa, immagino di scrivere i miei  “pezzi” che possano raccontare la quotidianità. Nel pomeriggio ho visitato la mostra sulla Storia della Basilca di San Pietro, a pochi passi dal sagrato, dove é esposto quel frammento minusolo ed immenso che porta la scritta “Petros eni”, Pietro è qui. Ed io non potevo farvelo vedere, non potevo condividere quella emozione. Certo ne parleranno tutti in un modo o in  altro… Ma io avrei potuto fare vedere ogni dettaglio, accompagnare gli amici nella Necropoli Vaticana, raccontare secoli di vita all’ombra di Pietro… Cose così, che si fanno a Roma  e che il nostro direttore reputa “superate”…..
Oggi abbiamo iniziato un tentativo di confronto con Don Guido. Ho sentito il freddo nella schiena. Capivo di essere nella condizione di chi è condannato e non sa perchè. Ho rivisto 16 anni di notiziario, programmi, interviste, scorrere davanti agli occhi e nel mio cuore, ma non ho visto la minima emozione nel viso di Don Guido. Per lui non serviamo più e basta.
Ho sentito anche il gelo dei colleghi di Verona, Lodi, Trento …. Hanno letto un comunicato nel loro notiziario… una lama nella nostra schiena. Neanche una parola di solidarietà. Mi viene da pensare che non aspettassero altro! nonostante tutto spero ancora, per voi carissmi amici, e per me.
E intanto un altro giorno è passato. Vuoto, ingrato e pieno di speranza.
Un abbraccio a tutti, Angela Ambrogetti

“Perdonalo Claudia!”: letto su un muro a Roma, in via Angelo Poliziano.

Caro Accattoli, questa mattina avrei dovuto commentare in diretta l’Udienza Generale. Nella lettera in cui si annuncia la chiusura del notiziario e degli speciali giornalistici, il Direttore infatti non fa menzione delle dirette papali e dell’udienza generale, che io ho commento ininterrottamente dall’inizio delle trasmissioni, nel 1990. Pertanto mi sono presentato in cabina, come ogni Mercoledì, ma al posto del mio è stato mandato in onda da Verona il commento del Direttore, cosa mai accaduta prima in 16 anni. Quella di Mercoledì scorso, 4 ottobre, è stata la mia cinquecentesima telecronaca: un record amaro. A nessun giornalista al mondo è capitato di commentare per 500 volte in diretta le catechesi papali: un compito delicato e impegnativo, che da laico sono stato onorato di svolgere, preparandomi accuratamente ad ogni vigilia. Un’opera “informativa” per i telespettatori e “formativa” per me. Infine, un patrimonio di esperienza professionale, che l’Emittente non ha esitato a disperdere. Una settimana fa, pur di chiudere la redazione, ha proceduto alla cancellazione dei programmi giornalistici. Oggi, non potendo cancellare la diretta papale, ha cancellato direttamente me. Piero Schiavazzi

Signor Accattoli, grazie per questa opportunità.
Sono uno sconosciuto per niente illustre, e contento di essere tale, senza titoli roboanti che oltre tutto non aggiungerebbero nulla a quello che sono: comunque sono iscritto all’Albo dei Giornalisti (elenco pubblicisti) con tessera n°111939 . Dopo 45 anni di servizio presbiterale, dei quali 35 nella realtà della “missio ad gentes”, ho accettato di essere inviato in Terra Santa per un servizio alla Chiesa di Gerusalemme nella realtà delle comunicazioni con Telepace, dopo che il Patriarca Latino aveva espresso al Vescovo di Verona la sofferenza della sua chiesa per non avere “mezzi per comunicare al mondo il suo messaggio, cantare la sua vita, comunicare la sua fede ed i suoi giorni” (così scriveva il Vescovo di Verona mons. Carraro il 15.11.2004).
Telepace a Gerusalemme è arrivata solo per questo, e Le garantisco che qui io non sono affatto un “volontario sottomesso al carisma del fondatore”.
Ho letto il suo Blog e mi sono sentito tirato in ballo da alcuni scritti per lo meno inesatti. Non entro nel merito di cose che non so – mi sembra il minimo della correttezza – ma visto che noto delle confusioni mi permetto di richiamarne una. Eccola: Telepace a Gerusalemme e a Fatima non ha nulla a che vedere con la “Associazione Amici di Telepace”che supporta Telepace di Roma.
Gerusalemme e Fatima, invece, sono supportate dalla “Fondazione Artigiani della Pace” che è un’altra realtà ben distinta e con ragioni sociali sue proprie.
Per Gerusalemme, poi, la Fondazione ha in carico solo un giornalista, e per gli altri operatori ci autogestiamo cercando di non gravare sulla amministrazione della Fondazione stessa: sarà proprio questo, eventualmente, l’essere “volontari sottomessi al carisma del fondatore”?
 Entro questo quadro a me pare almeno confuso l’affermare che per Roma i soldi non ci sono ma ci sono invece per Gerusalemme e Fatima, non crede? La ringrazio per l’ospitalità . Con viva cordialità, don Sergio.

“Noi teologi” dice il papa parlando alla Commissione teologica internazionale venerdì 6, durante la celebrazione mattutina nella cappella Redemptoris Mater: “In questo contesto mi viene in mente una bellissima parola della Prima Lettera di San Pietro, nel primo capitolo, versetto 22. In latino suona così: Castificantes animas nostras in oboedentia veritatis. L’obbedienza alla verità dovrebbe “castificare” la nostra anima, e così guidare alla retta parola e alla retta azione. In altri termini, parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinioni comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell’anima. La “castità” a cui allude l’apostolo Pietro è non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l’obbedienza alla verità. E penso che questa sia la virtù fondamentale del teologo, questa disciplina anche dura dell’obbedienza alla verità che ci fa collaboratori della verità, bocca della verità, perché non parliamo noi in questo fiume di parole di oggi, ma realmente purificati e resi casti dall’obbedienza alla verità, la verità parli in noi. E possiamo così essere veramente portatori della verità”. E’ un testo parlato, riprodotto dalla Sala stampa vaticana nella sua viva imprecisione linguistica, che ci dà meglio di quelli scritti il sentire spontaneo del papa. Vi sono dentro elementi importanti: i concetti di obbedienza alla verità e di dittatura dell’opinione comune, quello di collaboratori della verità, che era il suo motto episcopale e che è il titolo di un suo volume antologico, pubblicato in Italia dalla San Paolo. Ma io lo segnalo qui perchè con esso – come con il resto dell’omelia, tutta interessante – Benedetto XVI parla da teologo ai teologi. E io considero bella e nuova questa libertà rivendicata dal papa di essere se stesso: vedi il post Se sia bene che il papa faccia teologia, del 13 settembre.

Mi ero impegnato con i visitatori a cercare notizie su Telepace: che ne sia dell’annuncio della cessazione dei servizi giornalistici “romani” (vedi post del 4 ottobre, mio ultimo “commento”). Mi dicevo fiducioso che la crisi avrebbe potuto risolversi facendo salvi tre interessi principali: dei fruitori dell’emittente, dei giornalisti che vi lavorano e del fondatore e direttore che la vorrebbe riportare al carisma originario temendone una deriva “professionale”. Ora che mi sono informato sono meno fiducioso. I fatti innanzitutto. Giovedì 5 ottobre il direttore e fondatore di Telepace, il prete veronese Guido Todeschini, informava la redazione romana della “cessazione a partire da lunedì 9 ottobre dell’attività redazionale e dei connessi contenuti informativi”. Vuol dire che da lunedì Telepace non avrà più il tg e altri programmi di informazione giornalistica prodotti dalla redazione romana, come “speciali” e interviste. Ma l’emittente non chiude: continueranno le dirette papali, magari con altri conduttori, i fili diretti di don Guido, la rubrica delle recensioni nonché i servizi prodotti dalla redazione centrale di Verona, o inviati dai corrispondenti in giro per il mondo. Tra le ragioni fatte valere da Todeschini ci sarebbe una diminuzione delle “offerte” provenienti dai benefattori e la conseguente necessità di restringersi all’essenziale, che era .poi l’attività originaria di Telepace prima dell’ampliamento “professionale”. Ma dietro a tutto c’è la rivendicazione da parte dei quattro colleghi della redazione romana di un pieno rispetto del contratto giornalistico e la convinzione di don Guido che ciò non si possa attuare senza snaturare il carattere ecclesiale dell’emittente e che sia dunque necessario un drastico recupero della dimensione più sobria dei tempi eroici. Conoscendo bene le persone coinvolte e la loro decisione di andare fino in fondo, temo che un compromesso sia difficile da raggiungere: sia don Guido, sia Piero Schiavazzi – il portavoce della redazione romana – sono più combattivi che mai. Auguro alle due parti di potersi spiegare e comprendere, ma temo che non avverrà. Penso che don Guido sarà irremovibile e che i colleghi si rivolgeranno alla magistratura. Immagino che Telepace preferirà pagare loro un indennizzo, piuttosto che rivedere la decisione.   

I giornali sono in sciopero e ne approfitto per vedere le meraviglie di Mantova (vedi post precedente). Alla mostra per i cinquecento anni dalla morte del Mantenga – a Palazzo Te – incontro Giovanna, un’amica romana che da anni piange un figlio. Non sa staccarsi dal “Cristo morto”, prestato alla mostra dalla Galleria di Brera. Era proprio così – mi dice – quando l’abbiamo visto sul bancone dell’autopsia.