Il blog di Luigi Accattoli Posts

“Mido sei il mio sogno irrealizzabile… vorrei provare a viverti… perchè non vorrei doverlo dire ma ti amo. Irene”: scritto con pennarello nero sul tendone dell’impalcatura che copre l’obelisco di piazza del Popolo, a Roma.

REPLICA DI PIERLUIGI FRANZ (CONSIGLIERE NAZIONALE FNSI, CONSIGLIERE DI AMMINISTRAZIONE INPGI E FIDUCIARIO INPGI PER IL LAZIO) AL DIRETTORE DI TELEPACE MONS. GUIDO TODESCHINI: “SCRIPTA MANENT, VERBA VOLANT”, ALIAS “CARTA CANTA”.

Avendo seguito la vicenda da oltre 2 anni, prima come Presidente dell’Associazione Stampa Romana (Sindacato unitario dei giornalisti del Lazio, fondato nel 1877), poi come Consigliere nazionale FNSI, Consigliere di amministrazione INPGI e Fiduciario INPGI per il Lazio, avrei preferito non intromettermi per ora nel dibattito sull’annunciata chiusura della redazione romana di Telepace. Ma non posso più farne a meno dopo l’intervento di ieri del Direttore dell’emittente Mons. Guido Todeschini. In un suo comunicato intitolato: “Menzogne infamanti tese alla distruzione di Telepace”, definisce “assolutamente false” le accuse che gli sono state rivolte dai giornalisti della redazione romana “con un uso a dir poco disinibito della stampa”. A mio parere, le affermazioni di Mons. Todeschini sono, però, smentite dai fatti e soprattutto dai documenti. Insomma, contrastano sia con il celebre detto latino “scripta manent, verba volant”, sia con l’altrettanto motto “carta canta”. Giocando forse con le parole, don Guido afferma innanzitutto che “non è avvenuto alcun licenziamento, poiché è in corso una trattativa con la Federazione nazionale della stampa italiana”L’inatteso dietro-front del Direttore di Telepace rappresenta la vera notizia, riportata anche dall’Agenzia Italia e che mi auguro non venga mai smentita, contenuta nel suo comunicato: in pratica significa che sarà mantenuto il posto per tutti e quattro i giornalisti della redazione romana di Telepace (Piero Schiavazzi, Angela Ambrogetti, Simona De Santis ed Elisabetta  Mancini), che hanno da tempo in atto una battaglia legale e sindacale per ottenere il rispetto delle regole e il riconoscimento dei diritti. Questa è davvero una bellissima notizia. Stranamente, però, nella sua nota Mons. Todeschini omette di ricordare quanto è avvenuto negli ultimi 30 giorni e ampiamente documentato (basta cliccare sui siti internet www.fnsi.it, www.stamparomana.it e www.ilbarbieredellasera.com, inserendo la parola “telepace” tra le notizie da ricercare). Eccone un sintetico riepilogo.

Con un comunicato intitolato Menzogne infamanti tese alla distruzione di Telepace, don Todeschini, direttore dell’emittente, definisce “assolutamente false” le accuse che gli sono state rivolte dai giornalisti della redazione romana “con un uso a dir poco disinibito della stampa”. Afferma che “non è avvenuto alcun licenziamento, poichè è in corso una trattativa con la Federazione nazionale della stampa italiana”. Nega di aver “posto in essere vessazioni, umiliazioni, insulti e sopraffazioni alle dipendenti… mobbing, spionaggio interno, privacy negata e vere e proprie violenze psicologiche”, come affermato in servizi gornalistici e osserva che di ciò “non vi è alcun cenno nelle non poche vertenze – di carattere esclusivamente economico – instaurate dalle pretese vittime”. Osserva che nella Curia Romana non vi è affatto “disagio e imbarazzo” per la situazione dell’emittente, a differenza di quanto affermato in tali servizi e annota che “a Telepace risulta il contrario, nel senso che il Vaticano non ha alcuna intenzione di essere coinvolto in questo gioco infamante”. Smentisce di aver “boicottato un volto storico dell’emittente, don Giovanni D’Ercole”, precisando che “anche questa è una notizia del tutto falsa e smentita dallo stesso interessato”. Sulla “timbratura del cartellino” così scrive: “Premesso che non sussiste alcun divieto nel contratto nazionale, Telepace ha spontaneamente evitato di continuare a utilizzarlo per non alimentare inutili polemiche”. Sul “filtro delle telefonate”: “Non è stato mai imposto alcun filtro nè tantomento alcun controllo, ma si tratta semplicemente di modalità tecniche di gestione del telefono aziendale che comunque costituisce bene dell’impresa e ne è consentito l’utilizzo esclusivamente per fini lavorativi”. Infine Telepace preannuncia querela “per tutelare la propria immagine e i propri diritti” nei confronti di “articoli e notizie apparse su quotidiani e settimanali”.  – Il comunicato non cita alcuna testata, ma dai rimandi ai titoli degli articoli contestati si capisce che reagisce soprattutto al servizio di Giacomo Galeazzi apparso ieri sulla Stampa: “Il monsignore spia le croniste. Vita da caserma alla tv del papa” e a un altro firmato M.D., apparso sull’Espresso in edicola: “Va in onda TeleBugia”.

“A me ci pensa Padre Pio”: scritto a mano, con pennello a vernice rossa sul telone verde di un autofurgone. Quelle parole di una fiducia così totale, quasi bambina, lette lo scorso giugno mentre percorrevo l’autostrada Roma-L’Aquila, mi tornano in mente ora che i paolini diffondono quella curiosa classifica dei santi più “invocati”, secondo una loro indagine campione, che dà appunto Padre Pio come il più invocato, seguito da Antonio da Padova, la Madonna, Francesco d’Assisi, Rita da Cascia, Giuseppe sposo di Maria, Gesù, Gennaro patrono di Napoli, Teresa di Calcutta, Rocco, Agata, Gerardo. Mi piace il tono familiare, quasi di complicità con il santo di Pietrelcina, che traspare da quella scritta. Lo stesso tono, anche nella punta dialettale che la caratterizza, che spesso avvertiamo quando una persona semplice ci vuole informare che ha un protettore da qualche parte, poniamo per le pratiche ospedaliere: “Mi ci pensa una zia che lavora in amministrazione”. Dico “mi piace” a ragion veduta. Odio la speculazione sulla fede dei semplici, che purtroppo non è sconosciuta ai frequentatori di San Giovanni Rotondo, ma ammiro quella fede.

“Su queste due panchine si sono seduti due innamorati due. Mirko e Linda”: letto su una parete della stazione Termini della Linea A della Metropolitana di Roma.

“Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo”: così Luca al capitolo 11, versetto 16. Gesù ha appena scacciato “un demonio che era muto” e “uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate”. Meraviglia delle folle e dubbio metodico di “alcuni”. Leggo il Vangelo di Luca con un gruppo di ragazzi (proprio oggi arriviamo a questo versetto) e continuamente ci areniamo sui miracoli e sui demoni: oggi come allora la meraviglia e il dubbio sono la reazione corrente ai “segni” operati da Gesù. Si direbbe che il Signore non abbia trovato impaccio più frequente alla sua predicazione che la ricerca di prodigi da parte delle folle. E io posso dire che la curiosità sui miracoli e sui demoni alletta assai il mio piccolo uditorio e l’induce spesso a deviare dalla strada maestra, che sarebbe quella di una lettura che punta a cogliere compiutamente la figura di Cristo nei suoi gesti e nella sua parola. Immagino che vi sia un insegnamento in questa ricorrente tendenza a tentare Dio, cioè – come dice il versetto – a “metterlo alla prova”. Mi sono fatto l’idea che ascolta davvero il messaggio di Gesù solo chi riesce ad andare oltre la schermatura esercitata dalla passione umana per i “segni dal cielo”. Senza dimenticarli perchè anch’essi fanno parte del Vangelo, ma riuscendo ogni volta ad andare oltre. A guardare cioè al significato cui il segno rimanda, senza cedere alla tentazione di accontentarci del significante.

“…i comportamenti per lo più sono dettati da interessi divergenti e il conflitto degli interessi vanifica le buone volontà. Credo di comprendere sia il comportamento di don Guido sia quello dei quattro giornalisti, ma ciò non risolve nulla, perchè l’interesse di don Guido – “riportare Telepace a Verona”, cioè recuperarne il carisma e la missione iniziali – confligge con quello dei giornalisti romani: che Telepace, cioè, resti a Roma!”(Luigi Accattoli, blog).
 

Caro Luigi, mi permetto di riportare la Tua argomentazione per ringraziarTi, anzitutto, ma anche per dissentire.
In una lettera che abbiamo appena ricevuto, Mons. Todeschini ribadisce infatti che Telepace di Roma non intende traslocare o cessare la propria attività come televisione, e neppure come testata, ma che semplicemente “si contrae l’attività giornalistica”, con la conseguente “necessità di cessare i rapporti di lavoro” con noi.
Sì, Luigi, stiamo parlando dell’annuncio ufficiale del nostro licenziamento.
Perdonami dunque se dissento da Te, ma i Tuoi argomenti versano sulla mia ferita di licenziato una goccia dolorosa di politically correct , variante insidiosa del cerchiobottismo, anche se so bene che questo non è certo il Tuo genere. E nemmeno il Tuo intento. Lo spazio quotidiano che ci offri manifesta infatti la Tua simpatia nei nostri confronti.
Il Tuo assunto a mio avviso sconta un peccato originale di interpretazione: che cioè “a monte” della vicenda ci sia uno slancio nostalgico, “La tentazione di tornare a Verona”, come hai titolato qualche giorno fa.
LeggendoTi sembrerebbe che tutto si riconduca, e si riduca, al conflitto tra due “interessi” : spirituale quello di Don Guido, alla ricerca del carisma perduto; terreno e materiale il nostro, in difesa del “posto” di lavoro.
Trovo altresì paradossale che per recuperare il carisma (e perfino la missione) si possa pensare a un trasloco dalle Logge Romane, cornice di sacre e apostoliche benedizioni, ai balconi veronesi, vetrina di amori shakespeariani e profani.
No, Luigi, Don Guido non vuole lasciare Roma. E nemmeno scendere dal satellite.
Nella lettera si legge infatti che l’Associazione Amici di Telepace, “con unica sede in Roma”, ritiene “irrinunciabile” l’impegno satellitare dell’emittente, per onorare “gli accordi esistenti con la Santa Sede”. Pertanto “si rende necessario intervenire riducendo sui costi ed in particolare su quello del lavoro”.
Come vedi, Luigi, Telepace non vuole andare via da Roma. Vuole solo mandare via noi.
Le ragioni sono note. Da due anni le scrivono i giornali e Le gridano i Sindacati: “sistematica violazione delle norme contrattuali, dello Statuto dei lavoratori e delle leggi, in aperto contrasto con la dottrina sociale della Chiesa” (Comunicato dell’Associazione Stampa Romana del 12 aprile 2005).
Il resto è cronaca di questi giorni con la notizia che 4 dipendenti sono iscritti nel registro degli indagati per supposta falsa testimonianza contro una mia collega in una causa di lavoro, come si legge in un articolo pubblicato dall’Espresso di questa settimana,  che Vi invito a leggere.
Piero Schiavazzi

Visita guidata dei giornalisti accreditati in Vaticano alla mostra «Petros Eni: Pietro è qui», che nel Braccio di Carlo Magno narra l’avventura vissuta in mezzo millennio dalla Basilica vaticana. La prima pietra fu posta da papa Giulio II il 18 aprile 1506. Ci sono manoscritti e opere di Michelangelo e Raffaello, Tiziano, Rembrandt, Caravaggio, El Greco. C’è il frammento di intonaco rosso con il graffito «Petros Eni», cioè «Pietro è qui», ritrovato con gli scavi sotto l’altare della Confessione. C’è documentata con ogni risorsa museografica la storia della Basilica come “architettura viva e fabbrica aperta”. Delle sei sezioni la più toccante mi è parsa l’ultima, dedicata al Primato di Pietro e alla “devozione petrina”. C’è il manoscritto in cui Teresa di Lisieux racconta la sua visita alla Basilica, c’è l’abito delle stimmate indossato da Francesco d’Assisi e ci sono un paio di sandali di Madre Teresa di Calcutta! Che tempesta nella testa, tenere insieme la severità monumentale della Basilica e la spontaneità da adolescente di Teresa la piccola, quello splendore d’ogni materia e il vestito di sacco del poverello, la potenza delle arcate michelangiolesche e quei sandali scalcagnati! Le due Terese e Francesco – pur essendo lontanissimi dall’idea rinascimentale della grandiosità della pietra chiamata ad attestare la grandezza della fede – vennero qui come pellegrini entusiasti. Francesco non vide la nuova Basilica, ma entrò “pieno di gioia” (come racconta Tommaso da Celano nel capitolo IV della “Vita seconda”) in quella antica per “onorare” la tomba del “principe degli apostoli”. In quell’ultima sala della mostra si intuisce qualcosa del segreto che ancora fa felici i poveri che entrano nella grande Basilica. Da quel segreto dipende la scommessa davanti a cui oggi si trova – ancora una volta – la Chiesa cattolica: di riuscire a restare una Chiesa di popolo, nonostante il rigetto del trionfalismo di un tempo.

Carissimo Luigi, il nostro breve incontro a Verona (vedi commenti 9 e 11 al post del 18 ottobre) è stato una pagina di speranza! Grazie di averlo raccontato agli amici del blog. Grazie di continuare a parlare di noi. Mi chiedi un ragguaglio sulle notizie date dalle agenzie di stampa il 23 ottobre con titoli del tipo “TELEPACE/ INDAGATI DA PM ROMA 3 TECNICI E UN CRONISTA – Il procedimento in seguito a segnalazione Tribunale del lavoro” (Apcom). Ci provo. Ieri ho passato la mattinata in tribunale per l’udienza della mia causa di lavoro e sono un po’ sottosopra! Lo scorso anno io e le mie colleghe (tre donne!) dopo anni di lavoro a tempo pieno pagato come part-time (la mia ultima busta paga è di 1170 euro), e dopo molti tentativi – negli anni – di colloqui con Don Guido per regolare la situazione, abbiamo dovuto arrivare alle cause di lavoro. Da parte di Telepace non si è manifestata nessuna volontà di “conciliare”, anzi! La tesi di Don Guido e dei testimoni di Telepace ora oggetto di indagine è stata sempre che noi non lavoravamo più di 4 ore al giorno o, al massimo, recuperavamo l’eccesso. Quindi 20 ore a settimana. Da giornalista sai bene che non è possibile preparare un tg quotidiano di 20 minuti sul Vaticano, fare rubriche speciali, interviste etc in tale tempo. Anche agli ispettori dell’IMPGI lo hanno capito, e chiedono a Telepace la differenza  di contributi per la nostra pensione. E lo deve aver capito anche il giudice che ha esaminato la prima causa rimandando alla Procura i 4 testimoni che al momento risultano indagati per falsa testimonianza. E sai una cosa Luigi? Nonostante tutto Don Guido continua a insistere che “non abbiamo mai fatto il tempo pieno”! Mi domando: è questo il “carisma di Telepace”? Io pensavo di essere al servizio della Verità, della Giustizia, insomma del Vangelo. Avessi sbagliato libro? Un abbraccio, Angela

Amici del blog, siamo arrivati – in cinque mesi – a mille commenti (1015 per l’esattezza) e a undicimila visitatori diversi (11055). Il massimo di affluenza giornaliera è stato fino a oggi di 327 visite, nella giornata di ieri sono state 301. Il totale delle visite è di 23.000. Ho scritto il primo post il 14 marzo, ma per due mesi il blog non era pubblicizzato e non c’erano visitatori. Il primo visitatore a lasciare un commento è stato Tonizzo il 19 maggio, seguito – lo stesso giorno – da Francesco73. Ringrazio i due visitatori primaticci e tutti gli altri. Ho imparato un sacco di cose, in questi mesi e sono contento di essermi messo in questa avventura che mi ha fatto guadagnare degli amici. Un bell’abbraccio a ognuno! Luigi