A Como per una conferenza vado in Duomo e vi trovo il vescovo Sandro Maggiolini che ogni pomeriggio passa due ore in confessionale. “Spero di poter continuare con questa mia regola anche quando sarà arrivato il nuovo vescovo”, mi dice con riferimento al fatto che ha compiuto i 75 anni ed è già nominato il successore, che è il vescovo di Livorno Diego Coletti. Ci abbracciamo, ricordiamo a chi è presente all’incontro che ci conosciamo dai tempi della Fuci, quando io ero uno studente universitario e lui un giovane assistente, tant’è che ancora lo chiamo “don Sandro”. Parliamo della sua salute, gli dico che è bravo nella reazione al tumore che lo tormenta da diversi anni. Ed ora, da lontano, aggiungo che quel “bravo” era riferito in particolare alla forza che dimostra parlando con libertà di spirito della sua malattia che l’ha reso per più aspetti invalido. Nel 1982 pubblicò un volumetto da Rizzoli intitolato “Quasi sorella morte”, che aveva un’introduzione di Giovanni Testori e che mi chiamò a presentare a Milano. Ricordo d’avergli mosso un mezzo rimprovero, dicendo che “se i laici censurano la morte, i cristiani a volte ostentano una confidenza eccessiva”. Oggi do atto a don Sandro che la sua non era ostentazione.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
Di passaggio a Firenze vado a sedermi sulla gradinata di Palazzo Vecchio come facevo in libera uscita quand’ero “lupo di Toscana”. Sento avvicinarsi le grandi ombre del Savonarola che qui fu bruciato e di La Pira che qui fu sindaco. Già vedo intenzionati a piantare grane Michelangelo e Donatello che proprio su questa gradinata hanno un David e una Giuditta. Ma è con me la figlia più giovane! Chiedo scusa alle grandi ombre e con lei mi diverto a movimentare la vita ai due leoni che hanno la zampa su una sfera di marmo, davanti alla Loggia dei lanzi. Aiutato dai cartoons li convinco a giocare a palla per la piazza, scartando i turisti e facendo girare le statue. Ride Miriam al mio gioco e mi pare che un poco ridano i due felini solenni e ginnici, appena si riprendono da quel palleggio scatenato.
Tra i regali di Natale ho avuto l’ultimo poemetto di Alda Merini, Cantico dei Vangeli, appena pubblicato da Frassinelli. E’ una lettura felice, dell’unica voce di mia conoscenza che parla con naturalezza di Dio, dopo la morte di Raboni e di Luzi. Ecco le parole sorprendenti che mette in bocca al Cristo “fuggito” dal sepolcro: “Addio crocifissione, / in me non c’è mai stato niente: / sono soltanto un uomo risorto”. Riporta la profezia del Battezzatore che annuncia “colui” che verrà a battezzare “in Spirito e fuoco” e nove pagine più avanti fa tre versi con tre parole per dire la “prova d’amore” offerta da Cristo all’uomo: “carne, / spirito, / fuoco”. Leggendo Alda, donna pazza d’amore, hai l’impressione di toccare il mistero quasi a ogni pagina: “sfioro le acque come sfioro la mano di Dio”.
Ho visitato una mostra stupenda, che dà una buona idea di come sia antica l’anima di Roma e formicolante di segni umani il terreno su cui noi romani camminiamo: “Memorie dal sottosuolo. Ritrovamenti archeologici, 1980 – 2006”, alle Olearie papali, aperta fino al 9 aprile. Seconda scoperta: rivedere le Olearie – cioè le cantine per la conservazione dell’olio – dopo il restauro. Con le loro volte abbassate e con tutte quelle cisterne e anfore, curate come opere d’arte. Realizzate nel Settecento: e dunque non era solo arretratezza lo Stato Pontificio d’allora. Ma che cosa non è mai il sottosuolo di Roma: in soli 25 anni, scavando per la linea C della metropolitana e le autostrade e i parcheggi sotterranei, o per risistemare il Palatino, la piazza del Pantheon, un convento a Trinità dei Monti, un tratto qualsiasi dell’Appia o della Prenestina, ecco che saltano fuori in continuità monili e pietre preziose, monete, statue, oggetti d’oro e argento, mosaici, sarcofagi (bellissimo il Sarcofago degli sposi, ritrovato a Lunghezzina, lungo l’autostrada Roma-L’Aquila), tombe con arredi fastosi per la bellezza femminile o per banchetti. Già Fellini, in Roma, aveva festeggiato la città sotterranea che ritrovi scavando per la Metropolitana. Ma pareva licenza poetica, qui invece trovi più di mille reperti, a campione di tantissimi altri, ritrovati in appena due manciate di anni. Quando si dice Roma si dice questo affollamento sotto i piedi. Questa densa profondità. E lo stupore delle scritte su lapidi, cippi, stele funerarie, frontoni di templi, incise con i caratteri esatti del maiuscolo del computer: insomma l’Old Roman accanto al New Roman.
“Che stai cercando?” chiede lui all’uscita della metro, aspettando che lei si stacchi dalla vetrina. E la donna: “Cerco sempre qualcosa che non si trova”. – Quella battuta mi è tornata di notte e mi cresceva dentro, tanto da costringermi a ritrovarla a pagina 85 dell’edizione Rizzoli delle Poesie mistiche di Gialal Ad-Din Rumi: “M’han detto: non si trova quello che cerchi, molto l’abbiamo cercato! / Ma la cosa che mai non si trova, quella io desidero!”
Buon Natale, miei bloggers! Mi piace salutarvi con le parole che Pier Paolo Pasolini mette in bocca al corvo – e pronuncia con la sua voce – all’inizio di Uccellacci e uccellini e che ora parafraso a memoria: buon Natale a voi che di prima mattina, o a mezzogiorno, o a sera, ve ne andate per le vie del Web e vi fermate alla mia tenda a ragionare con me delle scritte sui muri, della bellezza dei figli, dei media scervellati, della vita e della morte con le prime parole che ci vengono alla mente! – Ieri ho visitato il presepe di Arnolfo di Cambio, appena restaurato e ricomposto nel museo della Basilica di Santa Maria Maggiore, più bello e parlante che mai. E oggi sono stato alla chiesa di don Bosco, sulla Tuscolana, per l’ultimo saluto a Piergiorgio Welby. Lì ho trovato una coppia di amici, Flavia e Carlo di Cicco (vedi post del 25 giugno), lei si era trattenuta sulla piazza, lui era entrato nella chiesa per la messa delle undici. Lei mi ha chiesto che pensassi del Vicariato che aveva negato il funerale in chiesa e io le ho detto che dove sono i credenti lì è la Chiesa. Poi Carlo, uscendo dalla messa, ci ha raccontato che anche là dentro si è pregato per Piergiorgio, con un’intenzione della preghiera dei fedeli. Dunque la Chiesa era anche nella piazza e Piergiorgio era anche nella chiesa. – Buon Natale ai naviganti, buon Natale a tutti quanti! Luigi
Piergiorgio Welby che volevi morire e sei morto
e non eri solo, non eri abbandonato. Avevi scritto
che la morte ti faceva orrore eppure l’hai cercata
perchè più spaventosa ti era diventata la vita.
Hai voluto essere presente nel distacco: “Mi devo concentrare,
è la prima volta che muoio”, hai detto con dolce ironia.
Per l’amore di Mina che era grande e non ti è bastato,
per la luce di volontà che ti vedevamo negli occhi,
per gli occhi che restavano aperti davanti al mistero,
per tutto questo ti sento fratello. Ma ancora di più
per la tua ribellione alla sofferenza. In essa ti abbraccio.
Bella quarantenne in bicicletta per via dei Condotti si affretta per raggiungere i figli a casa, all’ora di pranzo. Schiva i passanti e cerca le vetrine per un ultimo regalo. Quanti sguardi ha una donna (vedi post dell’11 novembre: Zingara e suora dotate di sguardo).
Domenica arriva per agenzia una battuta del cardinale Bertone in trasferta ad Alassio: “Non escludo che il Vaticano possa avere, domani, una squadra all’altezza della Roma e della Juve”. Io sono al lavoro e dico al redattore capo: è una battuta scherzosa, l’ha già detto in agosto, chiamai il segretario e mi disse che erano parole dette “per allegria”. Mi dà ascolto e non scriviamo nulla, ma gli altri mettono la notizia in prima pagina, dalla Repubblica al Giornale. Lunedì mi pongono sotto inchiesta: “Sempre a sgonfiare le notizie, solo tu avrai capito e gli altri niente?” Occorre cercare Bertone, che smentisca o dica di più. Non riesco a parlarci e neanche ad avere il nome della segretaria che risponde al telefono: “Il mio costume è di non dirlo”. Ma il cardinale appare in pubblico in serata, tra le 20 e le 21, all’Oratorio San Pietro, per premiare i vuincitori della triangolare Guardia Svizzera, Musei, Fabbrica di San Pietro, cioè le squadre dei dipendenti delle tre istituzioni vaticane che festeggiano i 500 anni. Riesco a parlarci: “Scherzavo, come hanno potuto credere che facessi sul serio, l’ho detto per allegria, era lampante, ho altro da fare”. Sono con me colleghi della Radio vaticana e di Apcom. La notizia va in rete. Ma noi non facciamo nulla perchè, dice il redattore capo, “non ha senso che smentiamo qualcosa che non abbiamo scritto”. Non fanno niente neanche la Repubblica e il Giornale. Anzi no: non registrano la smentita, ma continuano a smenarla con ipotesi su Trapattoni allenatore della Vaticana e il Flaminio come suo stadio d’elezione. Così va il mondo dei media, cardinale Bertone!
Letto il post del 15 dicembre, un visitatore mi chiede se il papa abbia parlato a Verona dalle navi di Achille o da quelle di Aiace Telamonio. Rispondo che l’ha fatto dalle navi di Nestore, che a Troia tenevano il centro dello schieramento sicchè dalla più alta tra esse la voce poteva essere intesa da un capo all’altro del campo. Nè il grido di Aiace giungeva ai guerrieri di Achille, nè quello di Achille era udito dai compagni di Aiace, pur raggiungendo ambedue la maggior parte dell’esercito. Ma neanche Nestore era udito da chi avesse portato la sua scialuppa oltre i limiti del campo trincerato. Chi si pone oltre quel limite ode sì a destra la voce di Achille e a sinistra quella di Aiace, ma il richiamo di chi parli dalle navi di Nestore vi giunge fioco e l’intende solo chi ne sia preavvertito. Così è capitato nelle giornate veronesi a Ruini, a Tettamanzi e al papa di essere udidi, intesi ed equivocati a seconda della posizione di chiascuno dei destinatari nel gran vociare dell’accampamento, o delle sue immediate vicinanze. Più in là – e in ambedue le direzioni – nulla s’udiva, papa compreso, perchè anche la sua è voce d’uomo.
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