Il blog di Luigi Accattoli Posts

“Se non è vero che Martini critica il papa, come spiega la reprimenda che ha ricevuto dal Vaticano dopo la presa di posizione a favore dell’eutanasia pubblicata sul Sole-24 ore?”: è la quinta domanda che mi è stata fatta dopo quella conferenza (vedi post del 22, 24, 26 marzo). Non era una presa di posizione a favore dell’eutanasia e non ci fu nessuna reprimenda, è stata la risposta. In quel testo il cardinale invitava a una più attenta riflessione sul rispetto della volontà del malato, riaffermando la contrarietà cristiana all’eutanasia. Le sue riflessioni non hanno convinto il vescovo Elio Sgreccia, portavoce vaticano in materia, che gli ha rispettosamente risposto e obiettato con un articolo sul Corriere della Sera del 24 gennaio 2007 e quella è stata l’unica reazione vaticana alla sortita martiniana. La voce sulla “reprimenda” circolata nei media è risultata falsa a ogni controllo, così come sempre sono apparse vane le voci di dissapori papali verso Martini messe in giro da malintenzionati o fantasiosi nell’ultimo quarto di secolo. Contrario a Martini e vivacemente reattivo nei suoi confronti fu in passato don Stanislaw Dziwisz e oggi è il cardinale Tarcisio Bertone, ma non lo fu Giovanni Paolo e non lo è Benedetto. Furono tanti i segni di apprezzamento di Giovanni Paolo nei confronti di Martini, fino a indicare come un modello le sue lectio bibliche nel volume autobiografico Alzatevi, andiamo! (Mondadori 2004, p. 37). Quanto a Benedetto basterà ricordare la lettera di auguri per gli 80 anni e la citazione nel dialogo con i chierici del seminario romano (ambedue del 17 febbraio) venute proprio mentre più fitte erano le voci sulla reprimenda.

“E’ stato stupendo. Ringrazio Roma per averci ospitato, qui si sogna e si è felici! Il Paradiso terrestre. Kiara”: scritta tracciata con pennarello nero sul basamento dell’obelisco di piazza del Popolo.

La terza domanda dopo quella conferenza (vedi post del 24 e 22 marzo) fu: “Lei vuole scagionare il cardinale, ma non potrà negare che ha giudicato ‘inopportune’ le parole del papa sui conviventi. Ecco che lo scrive oggi (19 marzo, ndr) il quotidiano Il Giornale, in un articolo che è firmato addirittura da un vescovo, Sandro Maggiolini”. Ho risposto che era una notizia totalmente falsa: tra le parole dette dal cardinale Martini ai pellegrini ambrosiani in Terra Santa o ai giornalisti che li accompagnavano non c’è nulla di simile. Si può controllare sul sito dell’arcidiocesi di Milano, dove è possibile anche ascoltare in voce le mditazioni dei due cardinali e sulle cronache dei quotidiani che avevano laggiù degli inviati. “Ma non è possibile! Ecco qua il titolo: ‘Se Martini tifa per i Dico e scomunica Ratzinger’. Le chiedo come sia accettabile un simile falso”, protestava il mio interrogante. E io a dire che non c’è fine all’imbroglio mediatico, favorito stavolta dalla condizione di salute del vescovo Maggiolini depistato da qualche informatore male intenzionato. E protestavo il mio dispiacere, essendo io estimatore e amico sia di Maggiolini (vedi post del 5 gennaio) sia di Martini. “Ma è vero o no – saltava su un altro obiettante – che il cardinale Martini ha compiuto ‘uno strappo sui Dico’, parlando contro la nota che la Cei sta preparando? Questo lo ha scritto il Corriere della Sera tre giorni fa”. Neanche questo è vero, è stata la mia risposta, ma almeno in questo caso si tratta di una forzatura interpretativa e non di un’invenzione di parole. Conclusione: occorre verificare ogni volta le parole che vengono attribuite a Martini. Sulle convivenze la sua posizione è assolutamente rispondente a quella ufficiale e la si può controllare – sempre sul sito milanese – leggendo il discorso su “Famiglia e politica” che tenne per la vigilia della festa di Sant’Ambrogio nel dicembre del 2000: dunque in tempi non sospetti. Le battute dette ai giornalisti e quella dell’omelia di Betlemme (passo citato nel post del 24 marzo) erano riportate anche da Avvenire il giorno 16 marzo ma senza l’interpretazione forzata di Repubblica e del Corriere della Sera. Leggendo Avvenire si aveva l’impressione di ascoltare un cardinale saggio e magnanimo, leggendo i titoli degli altri due l’immagine era di un cardinale spregiudicato e provocatore. Tanto di cappello ad Avvenire.

“Sei in ogni parte di me. Ti sento scendere tra respiro e battito. Sei nell’anima e lì ti lascio per sempre”: scritto con calce bianca su un marciapiede di via Alessandro Severo, a Roma.

La seconda domanda in coda a quella conferenza (vedi post del 22 marzo) fu: “Ma non le sembra che il cardinale Martini tenda a contrapporsi al papa con le sue uscite?” Non mi pare proprio, è stata la mia risposta. Sono i media che a volte sceneggiano questo contrasto, ma una simile intenzionalità non trapela mai dalle sue parole. Egli tende con esplicita intenzione ad aggiungere una voce a quelle che si esprimono all’interno della comunità cattolica italiana. Le sue uscite dal silenzio sono rivolte all’Italia: quella in dialogo con il chirurgo Marino fu pubblicata dal settimanale l’Espresso (20 aprile 2006), la riflessione sul caso Welby apparve sul Sole-24 ore (21 gennaio 2007), le battute sulla famiglia che va “promossa più che difesa” furono rivolte a giornalisti italiani presenti alla celebrazione di Galloro per gli 80 anni (17 febbraio), quelle di Betlemme sugli insegnamenti che non dovrebbero “cadere dall’alto” sono state rivolte a un pellegrinaggio ambrosiano in Terra Santa (15 marzo). Anche nella scelta delle parole si pone volutamente come interlocutore della Cei o di altre voci che partecipano al nostro dibattito pubblico. Nel caso di Betlemme ha detto, in forma di invocazione: “Ci sia dato, anche come Chiesa italiana, di dire quello che la gente capisce: non un comando dall’alto che bisogna accettare perché è lì, viene ordinato, ma come qualcosa che ha una ragione, un senso, che dice qualcosa a qualcuno”.

“Meglio soffrire dopo / che non aver amato”: frase letta su un muro nei pressi del Ponte Vecchio a Firenze. La segnala Lino della Comunità di Bose: occasione per mandare un saluto alle sorelle e i fratelli della Comunità, che in questo momento ospita una mia figlia e che mi è cara come una seconda famiglia. Luigi  

A una conferenza mi chiedono “se il cardinale Martini voglia fare l’antipapa o che”. Rispondo che questa dell’antipapa è una sciocchezza mediatica dovuta al fatto che ai giornalisti piacciono le parole forti specie se fuori uso. Semplicemente il cardinale Martini ritiene che nell’episcopato italiano manchi una voce che interpreti con autorità il sentimento di inquietudine e non appagamento ampiamente diffuso nel paese di fronte a “risposte” troppo sicure date come d’ufficio a problemi nuovi che chiedono un maggiore ascolto. Benchè in ritiro egli ritiene di dover supplire a quella mancanza e si impegna a interpretare, da una posizione nuova, quella voce fuori dal coro che già impersonava nei 22 anni del suo episcopato. Con maggiore libertà e distacco rispetto ad allora, mettendo nel conto la possibile strumentalizzazione delle proprie parole ma ritenendo di poter correre questo rischio calcolato e disposto a pagarne il prezzo in termini di contrarietà personali e di gruppo che viene accumulando. Convinto che al momento sia della massima importanza che quella voce più libera non manchi. A questa risposta sono seguite – in coda a quella conferenza – molte altre domande che riporterò insieme alle mie risposte nei post seguenti. Mi impegno con i visitatori a rispettare ogni più calda opinione che venga espressa. Ognuno è libero di contraddirmi, come direbbe papa Benedetto.

Di nuovo in treno, ritrovata felicità: vedi post precedente. Sono stato a Castelplanio di Jesi, cittadina del silenzio dove don Mariano Piccotti mi chiama ogni poco a parlare. L’argomento di ieri era “l’inganno della ricchezza”, una parola di Gesù (Matteo 13, 22) di sorprendente modernità. Ritrovo il San Vicino e il Catria ieri verzicanti e oggi bianchi di neve. Alberelli fioriti alle finestre del treno. Una scritta a Fossato di Vico che dice “Fanculo Papa”. Giusto per non dimenticare che i giorni sono cattivi. Ma a Gualdo Tadino nevica sui biancospini e io torno a sognare.

Il viaggio in treno è per me una forma della felicità. Guardo il mondo, corro con lui. Vedo i volti, le donne. Contento di una professione che mi fa viaggiare. Mai stanco di partire. Grato a Trenitalia. Uno dei pochi.

www.labibbiasenzasosta.it è il sito di “un evento di bellezza e di grazia” che si è appena concluso – alle ore 11 – in Mantova, nella Rotonda di San Lorenzo: un migliaio di persone ha letto “senza sosta” l’intera Bibbia ebraicca e cristiana, dalla Genesi all’Apocalisse, per 137 ore, quasi sei giorni. Ne parlo al telefono con Giuseppina Nosè che i nove componenti del comitato promotore hanno incaricato dell’informazione. L’idea viene dalla Francia, dove una simile maratona biblica si è tenuta a Limonges nel dicembre del 2005. L’iniziativa è stata mantovana, ma sono accorsi lettori anche da tante città, da Milano, Bologna, Roma, Palermo. L’intera Scrittura è stata suddivisa in 1159 brani e qualche lettore ne ha proclamati più d’uno. “Non ci siamo fermati mai e nessuno tra quanti si erano iscritti è mancato all’appuntamento” racconta con entusiasmo Giuseppina: “Notte e giorno hanno fatto a gara a essere presenti cattolici, ortodossi, valdesi, atei con la passione per la Bibbia, ebrei, musulmani, baha’i e spero di non dimenticare qualcuno. Giovedì sera è venuto a trovarci il vescovo Egidio Caporello, che non aveva dato l’adesione come lettore ed ha ascoltato a lungo, finchè chi leggeva non gli ha passato il libro e anche lui si è fatto proclamatore tra gli altri, leggendo un brano del libro delle Cronache”. La prima pagina della Genesi è stata proclamata e anzi cantata dal presidente della comunità ebraica di Mantova. Circa cinquecento in media le presenze giornaliere degli uditori. “No, non ripeteremo l’esperienza, che pensiamo debba restare unica per Mantova” dice ancora Giuseppina: “Ora siamo pieni della Parola e dobbiamo prolungarne l’ascolto, forse cercare chi ce la spieghi. E’ probabile che qualcosa di simile si faccia tra poco a Bologna”. La portavoce del Comitato è così presa da quanto è avvenuto che quasi parla in versetti: “No, non ci sarà nessuna festa finale, è stata tutta una festa questa settimana di parole e di Parola. E’ stato per tutti un kairòs, un tempo profittevole. Ne porti la sensazione che in te si sia accesa una luce che non si spegnerà”.