Il blog di Luigi Accattoli Posts

“Quando Dio piange la fiamma può spegnersi”: scritto con pennarello nero su un vecchio manifesto di Alleanza Nazionale a piazza San Silvestro, a Roma. Amo immaginare che lo scrivente non fosse mosso da una particolare intenzione riguardo alla vita interna ad Alleanza Nazionale, ma abbia fatto riferimento alla fiamma tricolore come a un qualunque simbolo di Frate Foco. Forse a voler dire che se Dio piange può spegnersi il fuoco che ci riscalda, o il sole che segna i nostri giorni, o la passione che ci anima.

Chi non conosceva da vicino gli scritti del cardinale e teologo Ratzinger è restato sorpreso il Giovedì Santo di quest’anno ad ascoltare – con l’omelia della messa “in coena Domini” – quanto il nostro papa simpatizzi per la comunità degli Esseni e il suo verosimile rapporto con “Gesù e la sua famiglia”: l’ipotesi che egli abbia festeggiato la Pasqua seguendo il calendario degli Esseni e che la sua – quindi – sia stata una “cena” senza agnello. Forse il papa ha concesso troppo a un’ipotesi suggestiva, forse non è ragionevole supporre che Gesù potesse fare suo un calendario alternativo a quello del Tempio, ma qui non mi interessa quella questione da specialisti, voglio solo segnalare un’altra occasione in cui Benedetto esprime quella stessa simpatia: ed è il primo capitolo del volume su Gesù (vedi post del 6 maggio e precedenti), dedicato al battesimo nel Giordano. Descrive la scoperta dei papiri di Qumram e così prosegue:

Ci colpisce la devota serietà di questi scritti: sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità. In ogni caso i manoscritti di Qumram presentano molteplici punti di contatto con l’annuncio cristiano. Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa (34)

Ecco un brano che ci dice quanto sia viva e recettiva la ricerca del volto di Gesù condotta da Ratzinger in tutta la sua vita e l’entusiasmo da cui fu preso – in gioventù – quand’ebbe a conoscere i testi di Qumram. Entusiasmo di chi meglio poteva intendere, grazie a quel raffronto, le parole e i gesti di Gesù. Il segreto di un libro scritto dal papa sta anche in queste curiosità che suscita e appaga. Il cristiano Ratzinger può entrare in diatribe, esprimere preferenze e struggimenti, esporsi in ipotesi che un papa non oserebbe stante la responsabilità che porta. Ed ecco l’idea di muoversi senza rete, come sospendendo la propria pretesa magisteriale, per dire tutto e meglio attirare l’interesse dei contemporanei e contribuire – anche per questa via – a far conoscere Gesù all’umanità di oggi. Per porsi pienamente come apostolo il papa scende dalla cattedra e cammina con noi per un tratto di strada.

“Preghiamo per la mamma di Raffaella che si è sposata ieri”: bella intenzione della “preghiera dei fedeli” proposta domenica da una bambina di prima comunione nella parrocchia romana di Santa Maria ai Monti. Possiamo immaginare che Raffaella sia una dei comunicandi, figlia di una coppia di fatto. Forse la mamma aveva detto alla bambina: “Io e papà non possiamo fare la comunione con te perchè non siamo sposati”. La bambina li avrà esortati: “Perchè non vi sposate?”. O magari sarà stato quel parroco che mi è parso così sveglio a suggerire ai due il matrimonio, per accompagnare in bellezza la bambina al grande passo. In quella classe di catechismo avranno fatto festa per quelle nozze tempestive. Ed ecco la lingua della preghiera che si fa elastica al tempo di Dico!

Amici del blog, abbiamo superato – in un anno – i tremila commenti, che a quest’ora sono 3.029 (erano mille il 25 ottobre scorso). L’affluenza media giornaliera è ora di 400 viste, la più alta l’abbiamo avuta l’11 maggio: 694. Il totale dei “visitatori diversi” è venuto crescendo ogni mese e in aprile è sato di 5.190. Ho scritto il primo post il 14 marzo dell’anno scorso, ma per due mesi il blog non era pubblicizzato e non c’erano visitatori. Il primo visitatore a lasciare un commento è stato Tonizzo il 19 maggio, seguito – lo stesso giorno – da Francesco73. Ringrazio tutti quelli che hanno letto e scritto. Per me è stata anche una fatica scrivere in un anno più di trecento post, ma lo vedo come un impegno a tenere una conversazione allargata. Un saluto a ognuno che di qui è passato e un abbraccio a chi ha lasciato un commento! Luigi

Biblioteca della Camera, tre giorni addietro. Si presenta il volume di vari autori Ancora famiglia? La famiglia tra natura e cultura (AVE editore) curato da Renato Balduzzi e Ignazio Sanna. Ne parlano il ministro Rosy Bindi, Giovanni Giacobbe e Gad Lerner. Io sono il moderatore. Verso la fine Ignazio Sanna arcivescovo di Oristano (vedi post del 28 febbraio) lascia la sala per correre all’aeroporto e saluta noi sul palco. Il ministro gli chiede: “Preghi ancora per me?”. ”Più di prima” è la risposta dell’arcivescovo.

Essendo stato in Brasile con il papa (vedi post dal 10 al 14 maggio) affermo che è stato un viaggio importante con il quale Benedetto XVI ha riaffermato e fatta propria la scelta preferenziale per i poveri incoraggiando una “vicinanza” concreta alle loro necessità, ha onorato il martirio dell’arcivescovo Romero; ha invitato gli episcopati a far fronte agli abbandoni della Chiesa con una rinnovata evangelizzazione sottoponendo a critica la pastorale ordinaria e spronando a un rilancio missionario. Il tutto in sostanziale continuità con la predicazione latino-americana del predecessore. Come atti e gesti sono stati significativi la canonizzazione del primo santo brasiliano, Frei Antonio de Sant’Anna Galvao, conosciuto come “uomo di riconciliazione e di pace” e la visita alla Fazenda da Esperança, comunità di recupero per tossicodipendenti. In quella visita, sabato 12 a Guarantinguetà, si è visto un Benedetto straordinariamente emozionato dal prolungato colloquio con tutti i giovani presenti, portatori di storie terribili che in parte gli erano state narrate da loro stessi. In polemica con valutazioni apparse sui media aggiungo che non ha senso parlare di fallimento della missione papale per mancanza di folle, o di un irrigidimento integralista del papa teologo che avrebbe approfittato di questa occasione per chiudere i suoi vecchi conti con la teologia della liberazione, per fare marcia indietro sul riconoscimento wojtyliano di responsabilità cattoliche nell’oppressione degli indios e per estendere la scomunica dell’aborto ai parlamentari che ne votino le leggi.

(Segue come primo commento a questo post)

“No, non ti voglio, ma sono bugiarda…”: scritto a grandi caratteri su un muro della via Aurelia, davanti all’Arena Lucciola, a Santa Marinella (Roma).

Istruttivo viaggio in treno da Macerata a Roma con Luciano Corradini, il grande pedagogista, tre figli e dieci nipoti. Siamo stati insieme relatori a un convegno della Provincia di Macerata “Vicini ai più giovani”. Andando al treno stamattina incrociamo tre giovanissimi che aspettano il regionale in direzione Civitanova Marche e Corradini vede una di loro che sta per accendere una sigaretta. Si ferma e le dice: “Non accendere quella sigaretta, perchè fa male davvero. Sei così giovane, così bella. Io fumavo ma poi l’ho capito che non giova e non fumo più”. Facciamo il sottopassaggio e sbucati sul secondo binario Luciano sbircia verso il primo e riprende: “Vedo che ancora non l’ha accesa. Forse è servito. Una volta che l’ho detto a un ragazzo, è restato così sorpreso che mi ha dato il pacchetto: lo tenga lei che è meglio”. Saliamo sul regionale per Fabriano e mentre sistemo la valigia il pedagogista in funzione permanente vede altri ragazzi e uno con una maglietta su cui è scritto “Ho letto che il fumo uccide” – oltre non si legge perchè il ragazzo è seduto e la scritta è ripiegata in vita. Luciano gli si avvicina e chiede: “Che dice il resto della scritta?” Il ragazzo allunga la maglietta e ci godiamo l’intero aforisma: “Ho letto che il fumo uccide e ho subito smesso di leggere”. “E’ una bella battuta – dice il mio Socrate all’Eutifrone occasionale – ma io non l’indosserei perchè può aiutare qualcuno a morire. Lo hanno stabilito i medici che il fumo fa male e conviene credergli. Non è sbagliato scriverlo sui pacchetti”. Alla stazione di Tolentino osserviamo i ragazzi che scendono per andare a scuola e hanno un’aria zombi che te li raccomando. Luciano fa ad alta voce: “Ma ragazzi, ci andate così controvoglia a scuola?” Lui per la scuola ha una passione folle e immagino che ci andasse saltando. Un’ora dopo a Fabriano passiamo sull’interregionale Ancona-Roma e troviamo due ragazzi che ascoltano canzoni ad alto volume. Fa cenno di abbassare: “Eh no ragazzi!” “Disturba?” chiedono quelli a mo’ di scusa e mettono le cuffie. Lui li saluta simpaticamente allargando le braccia: “Grazie grazie!”. All’incontro di ieri avevo detto che chi ha figli dovrebbe guardare a tutti i ragazzi che incontra come fossero suoi figli. E io così cerco di guardarli, ma Luciano li tratta come figli. Credo che così facesse Socrate ad Atene.

Mi piace ricordare Orazio Petrosillo (vedi post del 12 maggio) come amico esuberante, anche se questo modo di pensarlo raddoppia la pena che ci viene dalla percezione – ogni volta incredibile – che tanta vitalità sia oggi spenta. Era curioso di tutto, combattivo, amante del buon mangiare, della natura, dell’arte. Quando eravamo in giro per il mondo aveva sempre con sè una guida turistica e voleva – anche con pignoleria – leggere tutto su una piazza o una torre. A tavola spesso gli passavo metà delle mie pietanze.

L’ho conosciuto 37 anni addietro nella presidenza nazionale della Fuci. Non faceva parte di questa associazione, ma aveva conosciuto una di noi e non fece nessuna fatica – si direbbe – a imporci la sua amicizia. Con questo atteggiamento di cordialità per tutti ha attraversato la professione. Ieri, tornando dal Brasile con il volo papale una giovane collega americana, Patricia Thomas, mi confidava come Orazio fosse stato il primo a parlare con lei quando si era presentata in quell’ambiente e gli altri “vaticanisti” la snobbavano.

Tutti sappiamo quale fosse la sua capacità di lavoro. altro segno di esuberanza direi incontrollata. Qui era anche il maggiore dei suoi difetti, perchè certo Orazio non era senza difetti: non sapeva moderare la sua energia. Se io – che pure passo per un lavoratore – avessi svolto nelle settimane dell’ultima sede vacante la mole di lavoro che gli vedevo compiere, di certo sarei morto allora. Oltre al lavoro del giornale, che per me era già troppo, lui partecipava a due-tre-quattro programmi televisivi ogni giorno.

L’Ansa, il Tempo, il Messaggero sono i capitoli di una vita professionale intensa. Collaborazioni e conferenze dappertutto, i libri, la Sindone, i commenti domenicali al Vangelo, la partecipazione alle trasmissioni di Telepace e di altre reti televisive.

Nessuno tra gli accreditati in Vaticano aveva la sua capacità di approfondimento storico e dottrinale. Si andava da lui per un riscontro: “Devi chiedere a Petrosillo”. Era sempre a disposizione.

E’ vissuto nella fede cristiana, sperimentando – e facendo in qalche modo sperimentare a ognuno che lo conosceva – il dono raro di una certa sicurezza, quasi una certezza delle cose sperate. Anche questo ci aiuta a sopportare, se non a vincere, la tristezza di questo saluto.

L’attaccamento alla famiglia, infine. In questi mesi tutti abbiamo conosciuto il combattivo amore di Claudia. A lei, alle figlie Eleonora e Marta, ai fratelli il nostro abbraccio. L’abbraccio di tutti i colleghi di Orazio.

Mi piace vedere l’alba e tantissimo mi piace spiarla dall’aereo, prima che ne abbia sentore chi è a terra. Stamattina l’ho vista dal volo papale mentre eravamo sull’Atlantico al largo del Senegal, a undicimila metri di altezza. Avanti a destra c’era la falce della luna calante e sotto, tra mare e terra,  è baluginato e poi si è profilato per intero il rosso dell’alba che si è allungato velocemente su tutto l’orizzonte. Il rosso dell’alba e poi quello del deserto. Mauritania ormai e non più Senegal. Sul mondo addormentato quella mezzaluna splendente, come è giusto che sia in terra d’Islam. Ma si vedeva nel blu il giro della sua circonferenza, come se il disegnatore l’avesse tracciato per dare la giusta forma alla falce che infine ha acceso.