“Il mondo antico ha vissuto l’irruzione della fede cristiana come liberazione dalla paura dei demoni, una paura che nonostante lo scetticismo e l’illuminismo dominava tutto; e lo stesso accade anche oggi ovunque il cristianesimo prende il posto delle antiche religioni tribali e, trasformando i loro elementi positivi, li assume in sè. Si sente tutto l’impeto di quest’irruzione nelle parole di Paolo, quando dice: “Nessuno è Dio se non uno solo…” (1 Corinti 8, 4ss). In queste parole c’è un potere liberatorio – il grande esorcismo che purifica il mondo. Per quanti dei possano fluttuare nel mondo – Dio è uno solo e uno solo è il Signore. Se apparteniamo a lui, tutto il mondo non ha più potere, perde lo splendore della divinità“. Riprendo la lettura del volume di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI su Gesù (vedi post del 1° agosto) segnalando questo brano di p. 208 che commenta l’invio dei discepoli ad “annunciare e scacciare i demoni” (Marco 3, 1,14ss). Forse la difficoltà principale per la fede cristiana nel tempo della ragione secolare è la quasi impossibilità mentale ed emotiva a percepire la realtà – il cosmo e la storia – come “dominato dalle potenze del male”, per usare un’altra espressione di Ratzinger-Benedetto (p. 207). Sembrerebbe a prima vista che il mondo secolare non abbia fatto altro che portare a termine il “grande esorciso” cristiano, eliminando anche il Dio di Gesù Cristo. Ma questa è apparenza, ci avverte il nostro autore: “Dove la fede nell’unico Dio scompare, il mondo diventa solo apparentemente più razionale. In realtà devono allora essere riconosciuti i poteri del caso” (p. 209). Sono pienamente d’accordo con il papa: nella disputa con i non credenti – vivo e lavoro con loro – mi è sempre apparso centrale questo problema di comprensione. Non si coglie l’apporto storico del cristianesimo e la sua necessità per ognuno oggi se non si vede il male che apposta l’umanità, che avvelena la relazione tra le persone, che insidia la stessa natura. Presentare la fede cristiana all’uomo d’oggi – ai nostri figli – vuol dire mettere in luce quel dramma e quella lotta: la lotta contro le potenze del male. Tornerò su questo nodo con un’altra riflessione e un’altra citazione da Ratzinger-Benedetto.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
La differenza tra un liturgista e un terrorista? “Con il terrorista alle volte puoi aprire una trattativa”.
“C’è stata una maggiore attenzione alla donna quando la Chiesa cominciò a promuovere il culto della Vergine Maria” dice oggi Jacques Le Goff in un’intervista alla Repubblica. Sono stato alla scuola di Franco Rodano e mi torna all’orecchio uno dei suoi aforismi più frequenti: “La donna ha avuto un maggiore rispetto nei paesi cattolici che in quelli protestanti a motivo del culto mariano”.
“Federico ed Emanuela si amano come nessuno mai è riuscito fino a oggi” leggo sul parapetto del Ponte Milvio a Roma, verso la metà di quello di destra per chi viene dal centro della città e va verso il Foro italico. La pretesa dei due è così ingenua che altri due la cavalcano goliardicamente, scrivendo accanto: “Io e Simo di più. Ah ah!!”
. “Ho battezzato la sua bambina Alice. Durante gli week-end che trascorrevamo insieme, rimanevamo svegli per intere nottate, fino alle 4 del mattino, a discutere di tutto, in particolare di temi religiosi, che a Luciano stavano a cuore. Ripercorrevamo la storia della Chiesa, che lui conosceva bene, nei momenti salienti del passato; discorrevamo del libero arbitrio, del dogma della verginità della Madonna, degli angeli. Luciano era un credente in seria ricerca”: così don Antonio Tarzia, paolino, direttore del settimanale per ragazzi Il Giornalino, ricorda l’amico in un’intervista che sarà pubblicata da Famiglia cristiana di questa settimana. “Ogni volta che ci vedevamo mi diceva: ‘Dai don, andiamo dal tuo amico Papa?’. Negli ultimi mesi si stava dedicando a un lavoro discografico per Famiglia Cristiana: una raccolta di musiche sacre, scritte per lui da Marco Frisina, che avrebbe dovuto eseguire inserendo duetti con Mina, nell’ambito di un progetto sulla storia del canto gregoriano. Negli ultimi tempi, quando andavo a trovarlo, mi chiedeva: ‘Don, mi dai la benedizione?’. Era un uomo saggio, sereno, ottimista. Della morte, la sua o degli altri, non aveva timore. Aveva dubbi, non paure. Il suo è sempre stato un canto alla vita”. – Che Pavarotti e Mina si preparassero a duettare su temi cristiani e che Lucio Dalla abbia ultimamente intitolato INRI (Jesus nazarenus rex Judeorum) una canzone mi paiono segni.
«La domenica è nella Chiesa anche la festa settimanale della creazione – la festa della gratitudine e della gioia per la creazione di Dio In un’epoca in cui – a causa dei nostri interventi umani – la creazione sembra esposta a molteplici pericoli, dovremmo accogliere coscientemente proprio anche questa dimensione della domenica»: così ha poarlato poco fa papa Benedetto nella cattedrale di Santo Stefano, a Vienna, durante l’ultima celebrazione di questa visita in Austria. Dedico quello spunto ai visitatori domenicali del blog, aggiungendo il brano con cui il papa l’ha introdotto: “Molto presto la Chiesa ha preso coscienza anche del fatto che il primo giorno della settimana è il giorno del mattino della creazione, il giorno in cui Dio disse: Sia la luce”.
“L’Europa è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore, quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra, dove c’é Dio, c’è futuro”: dedico ai visitatori queste parole intense dette dal papa stamane durante la celebrazione al santuario di Mariazell. Esse raddoppiano la loro umanissima luce se le leggiamo insieme alla frase che le precede e le fonda: “Il bambino Gesù ci ricorda naturalmente anche tutti i bambini del mondo, nei quali vuole venirci incontro. I bambini che vivono nella povertà, che vengono sfruttati come soldati, che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori, i bambini malati e sofferenti ma anche quelli gioiosi e sani”.
«La sua sarà una momentanea assenza perchè considero la morte come la fine del primo tempo della vita di un individuo»: così Lucio Dalla ha parlato questo pomeriggio della morte di Luciano Pavarotti. Considero Dalla il più capace di parole cristiane tra i nostri cantautori e sono contento che abbia potuto cantare nel 1997 a Bologna davanti a Giovanni Paolo II e sabato scorso a Loreto nel concerto che Benedetto XVI ha aperto con una preghiera in collegamento televisivo dalla Santa Casa. Le parole di ieri sono belle come quelle di “Attenti al lupo”, di “4 marzo 1943”, di “Enna” dove un soldato della guerra di Bosnia dice: “Adesso basta sangue, è il dolore che ci fa crescere. Chi ci aiuta è l’amore“.
Intorno a Natale ci siamo occupati a lungo – in questo blog – della vicenda di Piergiorgio Welby che forse trova oggi una serena conclusione: parole di mite dissenso e cristiana comprensione sono venute da Mina Welby in risposta al cardinale Ruini che l’altro ieri aveva spiegato con l’abituale chiarezza come il suo “no” al funerale religioso fosse stato obbligatorio, stante la dichiarata intenzione di suicidio da parte di Piergiorgio Welby. Mina nega quella volontà, afferma di considerare quella del cardinale una “decisione affrettata” e così lodevolmente conclude: «Per il modo come Piergiorgio ci ha lasciati – cioè in pace con tutti dopo una vita spesa per gli altri – sono sicura che Dio misericordioso l’abbia accolto. Vorrei chiudere questo doloroso capitolo e dire a tutti che errare è umano e credo sia giusto che anch’io come cattolica convinta non serbi rancore verso nessuno».
(Nel primo commento a questo post le parole del cardinale e quelle di Mina Welby)
Batto le mani alla chiamata in Vaticano di Gianfranco Ravasi: l’uomo più colto a capo della cultura.
Le batto anche per la nomina di Francesco Giovanni Brugnaro ad arcivescovo di Camerino: è l’unico nella Cei ad aver fatto politica e potrà trattenere gli altri da quella tentazione.
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