Rientrato ieri dal Canada, oggi all’Angelus Francesco è tornato a implorare la pace tra russi e ucraini: “Anche durante il viaggio non ho mai smesso di pregare per il popolo ucraino, aggredito e martoriato, chiedendo a Dio di liberarlo dal flagello della guerra. Se si guardasse la realtà obiettivamente, considerando i danni che ogni giorno di guerra porta a quella popolazione ma anche al mondo intero, l’unica cosa ragionevole da fare sarebbe fermarsi e negoziare. Che la saggezza ispiri passi concreti di pace”.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
Rileggendo in questi giorni pagine argute del linguista Serianni – vedi post precedente – ho trovato una bizzarra rispondenza tra un suo esempio di lingua e il modo della sua morte, protagoniste d’entrambi le strisce pedonali. Ne è venuta una mia immaginazione, due volte bizzarra, sul suo ultimo pensamento, o processo mentale, come avrebbe detto lui. Nel primo commento le sue parole forse preveggenti, nel secondo l’affettuosa bizzarria con cui invito a rileggerle.
Ero stamane a Ostia, nella chiesa Regina Pacis, alla messa di addio per Luca Serianni, grammatico e storico della lingua italiana, docente per tanti anni alla Sapienza, dove ieri si era tenuta la Camera ardente alla quale aveva partecipato anche il Presidente della Repubblica. Morto il 21 luglio, a 74 anni, essendo stato investito tre giorni prima da un’auto a Ostia, mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. Era un cattolico praticante. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e nei commenti voglio dire qualcosa della sua grande cultura e del suo modo di essere maestro a tante generazioni di studenti e ai tantissimi lettori delle sue opere.
Quello che la fede cristiana ci dice è che si è trattato di un errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo. Addolora sapere che quel terreno compatto di valori, lingua e cultura, che ha conferito alle vostre popolazioni un genuino senso di identità, è stato eroso, e che voi continuiate a pagarne gli effetti. Di fronte a questo male che indigna, la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli (S. Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis mysterium, 1998). Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza: chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene. E’ il cuore del discorso tenuto oggi da Francesco nell’incontro con i popoli indigeni del Canada, a Edmonton. Un discorso di straordinaria importanza che riporto nei commenti in tutti i passaggi essenziali.
Con una dichiarazione della Santa Sede, Francesco rivolge un monito e un invito ai cattolici tedeschi: il monito ricorda che non è lecito al loro Sinodo “obbligare i Vescovi ed i fedeli ad assumere nuovi modi di governo e nuove impostazioni di dottrina e di morale”; l’invito suggerisce che “le proposte del Cammino delle Chiese particolari in Germania confluiscano nel percorso sinodale che sta percorrendo la Chiesa universale”. E’ il secondo diretto intervento del Papa sul Sinodo tedesco, dopo la Lettera al popolo di Dio che è in cammino in Germania del giugno 2019, di cui la dichiarazione di ieri riporta una delle affermazioni centrali. Nel primo commento il testo della dichiarazione.
Ho ascoltato il discorso del premier al Senato e dico la mia sulla crisi di Governo: i Cinque Stelle si sono divisi perdendo con la scissione Di Maio l’ala governista e forse si divideranno ancora su quella stessa frontiera; chi di loro non ha seguito Di Maio è ragionevole che voglia tornare, a fini elettorali, alle pulsioni antisistema delle origini; finiscano dunque di contarsi e Draghi, se davvero alla fine della conta avrà ancora una maggioranza, vada avanti senza di loro. E senza cedimenti ad altri malumori elettorali. Io leggo così la severità del suo discorso. Che condivido.
3 Commenti