Per primo viene il Memoriale di Pascal: “Gioia, gioia, gioia, pianti di gioia”. Subito dopo metto il rovesciamento evangelico: “Beati voi che piangete perché riderete” (capitolo sesto di Luca). Per terzo le allodole che alla morte di Francesco “cantavano un gioioso pianto e una gioia dolorosa” (Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano n. 32). La lacrima del riso della poetessa polacca Wislawa Szymborska: “Versi per una sola voce, / slanci privati, / talenti non indispensabili, / curiosità superflua, / afflizioni e paure di modesta portata / e tu, voglia di guardare le cose da sei lati. /…chiaroscuri e semitoni, / capricci, ornamenti e dettagli, / stupide eccezioni, / segni dimenticati, / innumerevoli varianti del grigio, / gioco per il gioco / e tu, lacrima del riso”. Per finire con il caro Luzi: “A volte si tocca il punto fermo e impensabile / dove nulla da nulla è più diviso, / né morte da vita / né innocenza da colpa, / e dove anche il dolore è gioia piena” (A volte si tocca il punto fermo e impensabile, in “Su fondamenti invisibili” 1971)
Ossimori 7: Pianti di gioia
28 Comments
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Debbo una spiegazione per i versi della Szymborskachi riportati nel post, che sboccano sul bellissimo ossimoro lacrima del riso”. Non li conoscevo finchè non li riportò in un suo commento una visitatrice che si firmava Fiorenza, già assidua e ora fugace. Il suo commento rispondeva a un mio post intitolato BEATE VOI CHE PIANGETE: UN BACIO ALLE DONNE DEL BLOG nel quale riferivo una diceria sul fatto che “Una donna piange 47 volte all’anno, mentre un uomo solamente sette”. Così reagiva Fiorenza: “Chi ha detto che le donne piangono 47 volte all’anno è molto lontano dalla verità. Che è questa: le donne piangono sempre. Ma non perché fanno tragedie: anzi, piangono proprio per non fare tragedie. E piangono anche quando ridono”. Poi metteva di versi della Szymborskachi.
In Ossimori 6: Pace e guerra avevo riportato un sonetto del Petrarca dov’era l’endecasillabo “Pascomi di dolor, piangendo rido” che si addice anche a questa nuova finestra.
Luigi, mi provochi
🙂
E adesso se posto un’altra mia poesia? Poi prometto che non lo faccio più.
“Lasciatevi amare”
Quanta fatica per volervi bene,
accudirvi senza opprimervi,
stanchezze allegre,
ironia stridente col cuore
sciolto in nascoste lacrime.
Quanta fatica diventare piccola,
giocare favole ridere di niente,
poi narrare ancora
e ancora e ancora
e ancora
per ciascuno di voi lo stesso domani.
Quanta fatica specchiarsi negli sguardi
non speciale, né magica
soltanto quotidiana
e rispondere con un passo più avanti
scavalcare l’ostacolo per camminare insieme…
…lasciatevi amare!
Bella!! Complimenti, Nico.
Interessante il tema del riso e del pianto.Osservando i volti meravigliosi nei ritratti di donne rinascimentali -da Leonardo a Raffaello e giù fino alle soglie dell’impressionismo- si notano solo abbozzi di un tenue, velato sorriso, a volte ironico oppure equivoco e invitante [come la bella “Primavera” del Botticelli- chiaro invito sessuale sottolineato dalla mano bella primavera che “spinge” all’inebriante invito. Sorrisi talvolta sarcastici ma sempre contenuti all’interno di un codice. Era sconveniente per una donna ridere. La comparsa dei denti era addirittura considerata volgare e diabolica.
Singolare invece l’approccio della cultura ebraica al riso il quale non è mai disgiunto dal pianto tanto che il verbo ridere [ litzhok ] è simile al verbo piangere [lizo]. Nella lingua ebraica le due lettere sono interscambiabili – litzohk e lizok- così tra il riso e il pianto c’è un profondo legame: gioia e dolore si intrecciano.. Sarah e Abramo scoppiano a ridere all’annuncio di Isacco, quel figlio improbabile la cui radice-Isacco- è tratta dal verbo ridere
[ Signore ha riso”]. Lo stesso riso -che è il riso gioso di Dio- si trasforma in angoscia e pianto quando, per un ordine incomprensibile e crudele, viene chiesto ad Abramo di offrire in olocausto quel bambino tanto amato.
..Interessante il tema del riso e del pianto…
Ricordo scoppiai in un pianto irrefrenabile, e imbarazzante per certi aspetti perché non riuscivo a trattenerlo, quando mi trovai a Cafarnao, proprio sulla casa di Pietro dove avvenne il miracolo del paralitico calato dal tettuccio.
Dico “sulla” casa di Pietro perché la cappella è costruita sopra la casa, il pavimento è di vetro, trasparente, in modo tale che metre il sacerdote celebra sotto, i resti della csa di Pietro, muti testimoni, stanno li, a rammentarci il luogo dove Gesù amava stare, passare il suo tempo, danzare, ridere, mangiare. Li avvenne anche il miracolo della suocera di Pietro…
Fu sconvolgente….piansi tanto….spiegarlo…non si può!
O forse si, ce lo spiega Luzi :” A volte si tocca il punto fermo e impensabile / dove nulla da nulla è più diviso, / né morte da vita / né innocenza da colpa, / e dove anche il dolore è gioia piena.
In sintesi, le lacrime sono la vera gioia del cristiano.
http://www.esicasmo.it/Lacrime/isacco.htm
poscritto
In fondo alla pagina trovate altri collegamenti sull’insegnamento di alcuni Padri sulle lacrime.
“I’ piango, i’ ardo, i’ mi consumo , e ‘l core
di questo si nutrisce.O dolce sorte!
chi è che viva sol della sua morte
come fo io d’affanni e di dolore???
MICHELANGELO BUONARROTI, sonetto LXXV
E’ vero Ubi, anche “il dono delle lacrime” può essere considerato un ossimoro.
“Cambierò il loro lutto in gioia“, Geremia 31.
Mi succede a volte di commuovermi guardando un film,
ma davanti a Urla del Silenzio scoppiai scoppiai proprio un pianto.
Le urla del silenzio sono urla agghiaccianti…urla che nessun mortale è in grado di decifrare…urla che ti fanno solo venire i brividi e gelare il sangue…
Un film reale che racconta fino a che punto possa arrivare la distopia dell’applicazione di una ideologia atea.
Un giovane cambogiano, Pol Pot, va a studiare a Parigi dove entra in contatto con i circoli marxisti comunisti e decide di applicare il metodo rivoluzionario nel suo paese.
L’esito?
Le stime variano da 700.000 a 1.700.000 di persone sterminate sotto Pol Pot, tra le quali ci furono molti anziani, disabili e bambini. Fra le torture effettuate dai Khmer rossi ve ne sono fra le più inimmaginabili: scariche di elettroshock, dita mozzate, unghie strappate, detenuti costretti a mangiare i propri escrementi. Spesso la ferocia dei Khmer rossi si attuava uccidendo le persone a bastonate, badilate, colpi di zappa e armi da taglio, per evitare lo “spreco” di pallottole.
Pol Pot interruppe le comunicazioni del paese con l’esterno, avvolgendo le sue violenze in un velo di silenzio. Un silenzio denso di urla, urla le cui eco sono rimbombate nel mondo intero nel momento in cui il regime dittatoriale non poté più continuare.
Urla che dovrebbero ancora oggi risuonare nell’orecchio di quei cattolici che si lasciano irretire da ideologie solo apparentemente morte, ma che ancora bruciano come braci sotto la cenere pronte a divampare in nuove orrende distopie.
Silenzio – Urla – Urla del silenzio
Complimentissimi, Nico! E io che avevo osato “incrociare” qualche mio giocoso endecasillabo con te…
@ Fides
Ma come puoi partire da Pol Pot e arrivare a quei cattolici che si lasciano ecc.?
Non è, anche questa tua, una dispotia?
Libero, ovviamente, di replicare, ma io mi limito a questi due interrogativi senza tornare sull’argomento per non innescare polemiche fuori tema.
Mi associo agli elogi per la bella lirica di nico: brava nico, è molto bella.
Toccante il riferimento di Fidel alle atrocità dei Khmer rossi….stesso impasto rintracciabile nella psiche criminale nazista , ahinoi, in piena recrudescenza.
Non è poi così peregrina la preoccupazione che queste frange estreme di pazzi , bestie senza anima riciccino come la malaerba: mai estirpata veramente dalla radice, solo recisa, pronta a nuovi gettiti…sempre lì, in agguato…….
Lazzaro, ti senti chiamato in causa?
La riflessione di Fides è assolutamente condivisibile. Ci sono cattolici che disprezzano la dottrina sociale della Chiesa e, orgogliosi e della propia adultità e del diritto al “dissenso”, preferiscono rincorrere altre ideologie, apparentemente più attente ai “poveri”, ma, alla prova dei fatti, feroci e sanguinarie.
Esattamente, Federico e Clodine, esattamente!!!
E gli stessi semi devastanti, sempre pronti a germogliare come la zizzania non è difficile non scorgerli anche in questa terribile fase della nostra società.
Basta leggere gli accadimenti di oggi con un occhio rivolto alla storia…
Qualche esempio?
http://www.ilvelino.it/AGV/News/articolo.php?idArticolo=1590973
http://www.ogginotizie.it/139133-grecia-scontri-fra-neonazisti-e-polizia-a-patrasso/
Sopra riportavo Geremia che accostava lutto e gioia. L’aveva letto – io credo – Gesualdo Bufalino: “Nei nostri occhi, finchè non li chiudiamo, sono destinati a combattersi e ad amarsi per sempre la luce e il lutto” (La luce e il lutto, Sellerio 1988, p. 33).
Per questa scodella di ossimori che mescolano lacrime e festa eravamo partiti dai “pianti di gioia” di Pascal. Vedo in essi il momento esplosivo della consegna paolina “afflitti ma sempre lieti” che è nel capitolo sesto della Seconda lettera ai Corinti. Intendo dire: quando l’afflizione e la letizia invece di convivere confliggono e pare che ambedue prevalgano.
I primi poeti a parlare di “gioia nel pianto ” o meglio di” doglia e piacere” uniti sotto il segno delle lacrime e del riso e dell’Amore sono stati gli stilnovisti.
Non a caso reputati “esoterici” nei loro versi. C’è un significato letterale e un significato più profondo e forse mistico nelle loro poesie cortesi. I Fedeli d’Amore o servi d’Amore forse descrivevano ,sotto le apparenze e le formule dell’Amor corteseper una donna , un più alto e più spirituale Amore ( come del resto i loro contemporanei musulmani che nelle liriche persiane apparentemente dedicate all’Amato terreno , al Coppiere dalla guancia di rosa, velavano un significato mistico, vedi le quartine di Omar Khayyam)
Cavalcanti , amico di Dante , esprime questo in maniera sintentica oltre che poetica:
“D’angosciosi diletti i miei sospiri
che nascon dalla mente ov’è Amore”
ANGOSCIOSI DILETTI è un ossimoro che potrebbe riassumere tutto il piacere dell’amore romantico che è sempre contrastato e che si pasce di “impossibilità” .
In un poetico ossimoro del 1300 sono riassunti e condensati almeno mille noiosi e retorici romanzi di centinaia di pagine dell’1800 e altrettante poesie per non parlare delle opere liriche!
“C’era letizia e abbattimento in quel pensiero”: Mario Luzi, Rosales, BUR 1983, p. 65.
Proprio bella l’idea di questo post, caro Luigi!
Ed un forte abbraccio a tutti gli amici che vi hanno preso parte con le loro citazioni e/o le loro creazioni poetiche!
Dal vero. Piansi di gioia per una bella bambola regalatami dal mio papà che ritornava a casa dopo una lunga assenza ( più di un anno) per lavoro. Un ricordo bellissimo.
A proposito di letizia e abbattimento, trovo ora un ossimoro vertiginoso:
essere lieti nella speranza della propria morte.
Le parole esatte sono queste:
“Ma la speranza dell’uomo non è limitata alle vie da percorrere in questo mondo. Anche i limiti posti inalterabilmente all’uomo non sono affatto sottratti alla sua speranza. Al contrario, la speranza cristiana riguarda proprio questi, nella misura in cui essa conosce l’uomo come delimitato definitivamente solo dal Dio veniente. La fine … del tempo della propria vita è al tempo stesso oggetto della speranza più intensa. Infatti quando Dio pone una fine c’è lui, Dio” (E. Jungel, “Dio mistero del mondo”, 511)
Da un visitatore che sempre legge ma non ama profilarsi ricevo questo commento:
Letto il tuo messaggio, son corso a riprendere un romanzo che ho molto amato da adolescente, in collegio, e che non rileggevo da diversi anni: Il figlio di due madri, di Massimo Bontempelli (in Due storie di madri e figli, Mondadori, 1956; prima edizione 1929). A me pare un capolavoro della letteratura fantastica europea del Novecento. Vi si narra la vicenda (misteriosa, sospesa, incomprensibile) di un bambino di sette anni in cui si reincarna in qualche modo un altro bimbo, morto sette anni prima. Impossibile raccontare la trama (che peraltro ti tiene col fiato sospeso fino all’ultima pagina, e oltre) senza rovinare il fascino di un romanzo che è grande soprattutto per lo stile, grazie a una scrittura nitida e tersa come un classico dei secoli d’oro.
Davanti a un tribunale chiamato a emettere un’impossibile sentenza, il bambino abbraccia felice e radioso la madre numero uno: “Luciana e Ramiro non pensavano niente, splendevano nella delizia di sentirsi abbracciati… Erano un’immagine ingenua d’amore e di felicità”. Un avvocato invita tutti a guardarli, “un volto solo in due incarnazioni”. “Infatti i due volti, in quella espressione di letizia, avevano assunta una somiglianza maravigliosa” (p. 132). Ma ecco, qualche minuto dopo, l’altra madre, che rievocando, dal banco dei testimoni, il momento terribile in cui il suo bambino ha cominciato a non riconoscerla più, a chiamare mamma una donna sconosciuta, a ricordare perfettamente un quartiere mai visto, ha un crollo emotivo, e anche il bimbo scoppia a piangere. Lei lo prende in braccio e “i due volti si unirono e confusero nel pianto senza conforto”. Il paradosso del riso e del pianto: “Sotto la tempesta delle lacrime, parevano l’uno immagine specchiata dell’altro. Un vento di follia corse sulla gente. Non v’erano più opinioni o dissidi: tutti erano perduti in una comune maraviglia, di fronte a quel bambino che nel pianto somigliava a una madre e nel riso a quell’altra, di una somiglianza perfetta oltre ogni immaginazione” (p. 134).
A proposito dei detti evangelici “beati voi che ora piangete perché riderete – guai a voi che ora ridete perché sarete nel dolore e piangerete” (capitolo sesto di Luca):
O birro, birro, birro,
a te ritorneranno,
gli occhini che hanno pianto rideranno;
gli occhini che hanno pianto rideranno
quegl’occhi che hanno riso piangeranno.
[Ritornello di un canto di galera raccolto da Caterina Bueno in provincia di Grosseto – Caterina è morta a Firenze il 16 luglio 2007, all’età di 62 anni – devo anche questo richiamo al visitatore che vuole restare invisivo]
«Irenista militante» potrebbe piacere a Luigi, come suo ossimoro personale, per il biglietto da visita?
Geniale!
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