Ora che sono paralizzato dico: ti voglio bene

“Quand’ero verticale ero alto un metro e novanta e non davo troppa confidenza. Adesso tutti mi toccano, mi baciano e anch’io mi sono fatto più vicino e mi riesce più facile dire: ti voglio bene”: parole di Giorgio Ronzoni prete di Padova che un incidente d’auto ha reso tetraplegico nell’agosto del 2011. Ma continua a fare il parroco di Santa Sofia, la chiesa più antica della città che incanta i visitatori. Gliel’hanno chiesto i parrocchiani di restare con loro e il vescovo li ha ascoltati. Brindo a Giorgio con un bicchiere di Vino Nuovo in attesa di fargli visita nella sua Santa Sofia.

10 Comments

  1. Clodine

    “Non dobbiamo avere paura della tenerezza” viene ripetendo Papa Francesco.Non penso che don Giorgio abbia avuto una cattiva formazione, ma è vero che in quella formazione era carente il dono della tenerezza”
    Ma ben radicata la virtù della prudenza!

    22 Gennaio, 2014 - 14:59
  2. FABRICIANUS

    Un caro saluto a don Giorgio

    22 Gennaio, 2014 - 16:25
  3. Luigi Accattoli

    Da don Giorgio ricevo questo messaggio:

    Carissimo Luigi, grazie per avermi scritto! Da quando ti ho ascoltato la prima volta al seminario lombardo in Roma, ho continuato a seguirti, invero un po’ a singhiozzo, ma con gratitudine per la tua pazienza nel raccogliere semi di luce e di bontà da riproporre agli altri. Spero che verrai davvero a salutarmi quando passi per Santa Sofia: non so da quanto tempo non la vedi, ma è stata restaurata (mettendo a dura prova il sottoscritto) ed ora è più splendida che mai. Un abbraccio, Don Giorgio

    22 Gennaio, 2014 - 18:29
  4. Luigi Accattoli

    Scopro così che don Giorgio mi conosce, e non ne avevo idea. Così come non sapevo che parroco ci fosse a Santa Sofia, dove sono stato anche ultimamente, il settembre scorso, godendola dunque nello splendore recuperato con il restauro.

    22 Gennaio, 2014 - 18:41
  5. Luigi Accattoli

    Grazie don Giorgio per quello che sei e fai e dici. Ti do un bacio sull’una e l’altra guancia e anche in fronte, promettendo che verrò da te appena ricapito al CUAMM, per esempio, che è dalle tue parti.

    22 Gennaio, 2014 - 18:47
  6. Marilisa

    Sarebbe fin troppo facile dire che spesso ( non sempre) una maggiore umanità scaturisce dallo scoprire i limiti che una malattia o un handicap fisico ci mostrano senza veli.
    Vero è che a quel punto la fragilità fisica dell’essere uomini rivela che l’uomo non è un padreterno, ma è semplicemente uno fra tanti fratelli a cui ci si rapporta con semplicità radicale mettendo in primo piano il cuore: un sentimento di amore e tenerezza per i propri simili. Quelli con i quali vale la pena condividere ogni sorte.
    Ciò che io vivo sulla mia pelle, oggi fa parte di me e domani potrebbe essere la condizione dell’altro. E naturalmente, e a maggior ragione, lo stesso discorso può essere fatto da chi sta dall’altra parte, con la stessa valenza.
    E infatti quasi sempre la tenerezza è un frutto spontaneo che la vicinanza di un malato o di un disabile fa germogliare dal cuore compassionevole ( non commiserante) delle creature umane fatte a immagine e somiglianza di Dio. La luce di Dio, il più delle volte schermata da uno spesso strato di egoismo, illumina allora l’esistenza di chi la esprime e di chi la riceve. E il suo riflesso si riverbera su chi assiste a questo miracolo.
    Quando si arriva a dire con sincerità ( con sincerità!) “ti voglio bene”, si parla il linguaggio del Signore, ed è il punto di arrivo per ogni singolo uomo.

    22 Gennaio, 2014 - 22:04
  7. Clodine

    Spesso vado a rileggermi il “Visconte dimezzato”, di Calvino. Bellissmo!
    Medardo: figura emblematica. E’ il visconte dimezzato non tanto nella sua fisicità a seguito di un incidente di percorso, ma colui che non riesce a fare sintesi tra la parte buona e quella cattiva. La morale è che tenerezza,mollezza,eccessiva premura è altrettanto noiosa e insopportabile quanto lo è la durezza, il disamore e il disinteresse. Le persone che vogliono a tutti i costi essere buone e misericordiose nei confronti degli altri finiscono per essere comunque dei grandi seccatori.
    Morale: è meglio mantenere l’interezza del proprio giudizio piuttosto che filtrarlo attraverso la propria ottica di parte. Troppo tenero o troppo coriaceo è sintomatico di una personalità dilaniata tipica dell’uomo incompleto. Allora , credo che il riferimento più appropriato sia “imitare Cristo ” e dire :” In lumine tuo videbimus lumen”, piuttosto che esortare a categoria umane [tenerezza]sempre molto fraintendibili…

    23 Gennaio, 2014 - 7:41
  8. luca73

    Don Giorgio, mi hai commosso: ti voglio bene “è la frase più vera e più giusta che mi viene alle labbra. Non c’è niente di più prezioso, più importante e più vero di questo.”

    Grazie tantissime Luigi per avermi (-ci) fatto conoscere questa preziosissima storia di Fede vissuta.

    23 Gennaio, 2014 - 8:38
  9. discepolo

    Stessa storia e’successa al grande direttore Claudio Abbado recentemente scomparso. Per sua stessa confessione da quando fu colpito da un cancro nel 2000,divenne una persona diversa,riscopri’il legame d’affetto coi figli e coi familiari,divenne piu’dolce. meno duro..nei modi .Questo succede a quasi tutti quelli colpiti da una grave infermita’o malattia.Ache se la dolcezza di modi il saper dire ti voglio bene non significhi bonta’d’animo. Ci sono persone dai modi terribilmente burberi e bruschi che mai direbbero ti voglio bene e sono persone ottime e interiormente tenerissime.

    24 Gennaio, 2014 - 8:55
  10. FABRICIANUS

    Ciao Clo condivido il tuo intervento delle 7.41 del 23 gen.

    Riflettevo sulle tematiche da te introdotte proprio in questi giorni: il problema forse risiede nel fatto che non è facile trovare il “giusto equilibrio” tra tenerezza e atteggiamento coriaceo.
    Ci proviamo, camminiamo.
    Ciao, un abbraccio.

    24 Gennaio, 2014 - 11:38

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