“Ogni parola scritta è una leggenda” ho detto qui una volta e figuratevi lo tsunami leggendario in cui mi trovo oggi e domani in visita al Salone del Libro di Torino. I padiglioni del Lingotto trasformati in una prateria di libri nella quale sciama una folla arguta e occhialuta alla ricerca di novità e vecchie conoscenze. Una foresta dove ogni foglia è un libro. E’ la terza volta che vengo e il naufragar m’è dolce. Domani ho due tavole rotonde nelle quali presento libri di altri, ma andrò anche a vedere i miei negli stand della Rubbettino e delle Dehoniane. Qualcosa forse racconterò nei commenti quando sarò in treno per il rientro a Roma.
Ogni parola scritta è una leggenda – 2
41 Comments
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Caro Luigi,
così ti sei saltato la cosiddetta lectio magistralis di Scola… alla fiera del libro.
Ma ho una cattiva memoria…
Io non ricordo 30 anni fa, di aver sentito parlare di tutte codeste lectio magistralis,
anzi non ne sentivo parlare nello specifico.
Ora tutti i mass media da qualche anno parlano di quello o quell’altro tizio che ha tenuto lectio magistralis
Come ha fatto sta lectio magistralis a diventare così famosa che chiamano papi, attori, comici e quant’altro a tenerla ?
stamane mi leggevo Scola da La stampa,
l’era una roba quasi filosofica, eppure
parlava di famiglia e dei suoi frutti.
Mentre leggevo mi chiedevo
come fa Scola a dir quelle cose astratte su l’Eros
che poi era soltanto la scusa per parlare della differenzazione tra omo e donna.
So’ 50 anni che se parla di crisi de la famiglia,
ma se non uscivano fori i finocchi
dubbito che avrebbero fatto tutte ste’ giornate de family festival
e tutte ste chiacchiere.
Avevo già letto ne’ giorni scorsi altri articoli scritti da Scola tipo sul sole24ore sempre sulla famiglia, ma…. accidenti quanto è astratto
Mi chiedevo se lo Scola ha avuto una famiglia vera o astratta
Comunque il prossimo anno mi vo’ fare anch’io il Salone del Libro, finalmente !
Buon soggiorno a Torino.
Bello, bellissimo essere al Salone del libro! Non sono mai stata a Torino, ed invece tutti gli anni, per dovere di ufficio, andavo alla Fiera del Libro di Bologna. Qualche volta abbandonavo lo stand del nostro Istituto per vagabondare negli enormi capannoni della Fiera. Una volta mi volevano vendere per più di un milione di lire una riproduzione perfetta di un codice antico; vista la mia perplessità, mi proposero una rateizzazione trentennale. Feci notare che avevo già 60 anni .. però fu bello vedere questo fac – simile di codice miniato, mi sembra che fosse Dioscoride. Noi operatori non avevamo mai la possibilità di dormire in città, perché c’era sempre il tutto esaurito; con un pulmino ci portavano magari ad un paesino a 50 km. di distanza: una volta trovammo la neve … Però era bello, era veramente una perpetua giovinezza, tra tutti quei libri.
Sì, quel codice (che penso proprio fosse Dioscoride) era veramente leggendario.
Beh, anche su Google, basta digitare un titolo e appare anche il commento. Che bisogno c’è di faticare tanto ?
“figlio mio, ricevi l’avvertimento: Al fare molti libri non c’è fine, e la molta dedizione [ad essi] è faticosa per la carne.” ( Eccl 12.12) – (Ecclesiaste 1:18)“Poiché nell’abbondanza della sapienza c’è abbondanza di vessazione, così che chi accresce la conoscenza accresce il dolore.”
“State attenti che qualcuno non vi porti via come sua preda per mezzo della filosofia e di un vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini, secondo le cose elementari del mondo e non secondo Cristo” ( Col 2.8);
@ antonella lignani
“Distillare è imitare il sole, che evapora le acque della terra e le rinvia in pioggia”. – Dioscoride
L’amica Antonella (bello il tuo ricordo del Salone del Libro di Bologna) sa già che quello là non merita risposta alcuna: è solo un provocatore che cerca d’infiltrarsi nel “blog”.
Un caro saluto a tutti gli amici del “pianerottolo”, ed a Luigi (da cui aspettiamo i racconti di questa edizione del “Salone del Libro” di Torino: Matteo, davvero l’anno prossimo ci vuoi andare ? Ci troveremo !).
Roberto 55
Grazie Luigi per quel “qui”, klikandoci sopra.. ho riletto attentamente e con interesse…è stato davvero illuminante…e…molto belle le cose che sono state dette…veramente!
Ti abbraccio, rinnovando il mio affetto per te
A presto
Clo
Sì, carissimo Matteo-inc,
da fedele della Chiesa Ambrosiana, ti confermo che il card. Scola è molto astratto…
Non lo fu nel discorso alla Città di Milano il 7 Dicembre scorso, ma, prima e dopo diede e dà proprio l’impressione di astrattezza…
Ciao Roberto55!
Un saluto a tutti.
A Luigi dedico il sonetto del G. G. Belli…
Ch’er mercordí a mmercato, ggente mie,
sce siino ferravecchi e scatolari,
rigattieri, spazzini, bbicchierari,
stracciaroli e ttant’antre marcanzie,
nun c’è ggnente da dí. Ma ste scanzìe
da libbri, e sti libbracci, e sti libbrari,
che cce vienghen’a ffà? ccosa sc’impari
da tanti libbri e ttante libbrarie?
Tu ppijja un libbro a ppanza vòta, e ddoppo
che ll’hai tienuto pe cquarc’ora in mano,
dimme s’hai fame o ss’hai maggnato troppo.
Che ppredicava a la Missione er prete?
«Li libbri nun zò rrobba da cristiano:
fijji, pe ccarità, nnu li leggete».
Ubi su un punto – quello del magnare – ha ragione il popolano del Belli: infatti dopo ore e ore che avevamo libbri per le mano quand’è arrivata l’ora giusta siamo andati nel padiglione centrale a mangiare un’insalatona con olive taggiasche.
Ma che i libbri nun zò rrobba da cristiano er popolano ha torto marcio. Vedi in Luca dove è detto al capo quarto: “Gesù venne a Nàzaret e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto”. Ubi tu che lo frequenti vedi di far sapere ar popolano der Belli che er rotolo sarebbe un libbro, ar giorno d’oggi, cor codice a bbare.
Insomma sono tornato da Torino a Roma: quattro ore e quantatré minuti con il Freccia Rossa passando per Milano. Meraviglie dell’alta velocità. Cesare impiegava venti giorni con la Decima Legio. Un bel saluto a tutti. Domani dirò ancora del Salone.
dopo aver letto der marchigiano Luigi che fa er verso ar romano,
un sorriso de compiacenza m’ha ‘preso.
Tranquillo m’addormento.
PS
a Roberto
da na vita me so ripromesso de scrivette,
ce la faro’……… 🙂
…a so drìo domandarme, davero, se lezare fassa tanto ben,,,
a la fin dea fièra te te cati che te barufi
o coi altri che no te capisse
o rento de ti par tegner sarà a boca…
mah…
(La mia lingua natia, così sonora e musicale da farmi riconoscere come veneta ovunque mi trovi…)
Luigi finge di ignorare la potente valenza anticlericare del sonetto del Belli, valenza che esprime nell’antitesi finale…
Certo, è divertente immaginare, se l’indice dei libri non fosse stato abolito, cosa sarebbe il Salone del libro oggi.
Forse un salottino, di quelli piccoli piccoli…
Certamente qualcuno che interviene su questo blog potrebbe vedervi un qualche vantaggio:
non si stamperebbe roba di “fanta-teologia” ecc…
A questi ricordo che S.Antonio il Grande diceva:
Togli le tentazioni, e nessuno si salva.
🙂
Ubi diabolicus…
O.T.
Mi perdonino Luigi e tutte le amiche e gli amici del Blog per questo off-topic, ma è un argomento che affrontammo non molto tempo fa.
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_maggio_14/de-pedis-apertura-tomba-201165788075.shtml
Simpatico Ubi l’Indice fu abrogato da Paolo VI nel 1966 quando la caduta dell’Ancien Régime e l’industria culturale l’avevano reso – da gran tempo – del tutto ininfluente. Da frequentatore del Salone e della Via del Sant’Uffizio – ora via Paolo VI – opino che se l’Indice non fosse stato soppresso il Salone sarebbe esattamente quello che è. Solo non vi sarebbero gli editori cattolici.
Ricordo però una battuta di Giorgio Pasquali (credo nelle Pagine stravaganti) che rimpiangeva i tempi di guerra (si riferiva alla prima), in cui il razionamento della carta aveva di molto ridotto la stampa dei libri. Lui pensava alle troppe, inutili
dissertazioni degli aspiranti ai concorsi a cattedre, ma il lamento si può universalizzare. L’indice dei libri proibiti non vi piace? E sia (anche perché sarebbe di poca efficacia), ma qualcos’altro che riducesse la produzione editoriale diciamo del 90 % non sarebbe male.
Famoso il mito di Theuth nel Fedro di PLatone. All’inizio Socrate condanna la scrittura come portatrice di oblio, non di memoria, ma alla fine asserisce che vi sono scritture chr vale veramente la prna leggere:
“SOCRATE: Poiché la scrittura, Fedro, ha questo di potente, e, per la verità, di simile alla pittura. Le creazioni della pittura ti stanno di fronte come cose vive, ma se tu rivolgi loro qualche domanda, restano in venerando silenzio. La medesima cosa vale anche per i discorsi: tu potresti anche credere che parlino come se avessero qualche pensiero loro proprio, ma se domandi loro qualcosa di ciò che dicono coll’intenzione di apprenderla, questo qualcosa suona sempre e solo identico. E, una volta che è scritto, tutto quanto il discorso rotola per ogni dove, finendo tra le mani di chi è competente così come tra quelle di chi non ha niente da spartire con esso, e non sa a chi deve parlare e a chi no. Se poi viene offeso e oltraggiato ingiustamente ha sempre bisogno dell’aiuto del padre, poiché non è capace né di difendersi da sé né di venire in aiuto a se stesso.
FEDRO: Anche queste tue parole sono giustissime.
SOCRATE: E allora? Vogliamo considerare un altro discorso, fratello legittimo di questo, in che modo nasce e quanto è per sua natura migliore e più potente di questo?
FEDRO: Qual è questo discorso e come, secondo te, nasce?
SOCRATE: è quello che viene scritto mediante la conoscenza nell’anima di chi apprende; esso è in grado di difendersi da sé, e sa con chi bisogna parlare e con chi tacere.
FEDRO: Intendi il discorso vivente e animato di chi sa, del quale quello scritto si può a buon diritto definire un’immagine.
SOCRATE: Per l’appunto. Ora dimmi questo: l’agricoltore che ha senno pianterebbe seriamente d’estate nei giardini di Adone i semi che gli stessero a cuore e da cui volesse ricavare frutti; e gioirebbe a vederli crescere belli in otto giorni, o farebbe ciò per gioco e per la festa, quand’anche lo facesse? E riguardo invece a quelli di cui si è preso cura sul serio servendosi dell’arte dell’agricoltura e seminandoli nel luogo adatto, sarebbe contento che quanto ha seminato giungesse a compimento in otto mesi?
FEDRO: Farebbe così, Socrate: sul serio per gli uni, diversamente per gli altri, come tu dici.
SOCRATE: Dovremo dire che chi possiede la scienza delle cose giuste, belle e buone abbia meno senno dell’agricoltore con le sue sementi?
FEDRO: Nient’affatto.
SOCRATE: Allora non le scriverà seriamente nell’acqua nera, seminandole attraverso la canna assieme a discorsi incapaci di difendersi da sé con la parola, e incapaci di insegnare in modo adeguato la verità.
FEDRO: No, almeno non è verosimile.
SOCRATE: Infatti non lo è. Ma a quanto pare seminerà e scriverà i giardini di scrittura per gioco, quando li scriverà, serbando un tesoro da richiamare alla memoria per se stesso, nel caso giunga «alla vecchiaia dell’oblio», e per chiunque segua la sua stessa orma, e gioirà a vederli crescere teneri. E quando gli altri faranno altri giochi, ristorandosi nei simposi e in tutti i divertimenti fratelli di questi, egli allora, a quanto pare, invece che in essi passerà la vita a dilettarsi in ciò di cui parlo.
FEDRO: è un gioco molto bello quello che dici, Socrate, rispetto all’altro che è insulso: il gioco di chi sa divertirsi coi discorsi, narrando storie sulla giustizia e sulle altre cose di cui parli.
SOCRATE: Così è in effetti, caro Fedro: ma l’impegno in queste cose diventa, credo, molto più bello quando uno, facendo uso dell’arte dialettica, prende un’anima adatta, vi pianta e vi semina discorsi accompagnati da conoscenza, che siano in grado di venire in aiuto a se stessi e a chi li ha piantati e non siano infruttiferi, ma abbiano una semenza dalla quale nascano nell’indole di altri uomini altri discorsi capaci di rendere questa semenza immortale, facendo sì che chi la possiede sia felice quanto più è possibile per un uomo.
E quindi Socrate distingue i libri apparentemente attraenti, ma effimeri e sterili, come i “giardini di Adone”, dai libri veramente profondi, che parlano all’anima, e che sono come un terreno che porta frutti utili e duraturi.
Ahhh…il Fedro…la mia passione! Grazie Antonella, mi sono deliziata, bellissimo brano e…illuminante, come tutto in Platone.
Grazie!
Bellissimo e di grande impatto interiore, spirituale, è il mito della caverna, e il gioco delle ombre: discorso allegorico che induce a profonda riflessione…
Sul concetto di verità e opinione! Nei “giardini di Adone”nascono fragili ranuncoli destinati a perire al tramonto, è vero! L’amore per la conoscenza, invece,porta l’uomo, la sua anima, a liberarsi delle gabbie incerte dell’esperienza comune e raggiungere una comprensione reale e autentica del mondo, e della vita.
In conclusione, Luigi, quanti libri del Salone di Torino parlavano all’anima e quanti invece erano del tipo degli effimeri giardini di Adone? Questo è il punto. Si potrebbe anche dire: quali e quanti porteresti con te in un’isola deserta? O quali salveresti da un naufragio? Senz’altro Dioscoride, ma penso anche i tre “Cerco fatti di Vangelo”.
Cara Clo, dal momento che vedo che anche a te piaccioo tante cose che a me piacciono, vorrei chiederti qualcosa relativamente ai “giardini di Adone”. A me sembra che tali siano i germogli di vecce e grano fatti crescere al buoi e poi messi ad ornare i cosidetti “sepolcri” di Giovedì Santo. Non sono questi? Così mi sembrava dicesse il nostro professore di letteratura greca, Aristide Colonna. Li ho trovati in Internet, ma non sono in grado di inserire qui l’immagine.
Insomma, ho trovato qualcosa. Ogni tanto dalle tradizione popolari emergono veri e propri esempi di “archeologia storica” che ci sorprendono; sono tradizioni così antiche che non è possibile e nemmeno augurabile cancellare.
http://www.canosaweb.it/canosa/informa/1878.html
Non sono stata al Salone di Torino però so che c’è stata personalmente e forse c’è ancora. una scrittrice americana geniale e amabile che veramente, come dice Antonella Lignani,” parla dell’anima”
Si chiama Elizabeth Strout e ha scritto tre romanzi bellissimi che si intitolano ” Resta con me” “Amy e Isabelle” “Olive Kitterige”( Premio Pulitzer 2009)
La consiglio a chi di voi ha amato scrittrici donne come Emily Bronte ed Elsa Morante, quelle che io definisco il “romanticismo spietato” cioè uno sguardo assolutamente spietato e realista ( che gli scrittori uomini non hanno, persino Tolstoj, persino Flaubert , sono un po’ sentimentali , un po’ letterari, un po’ narcisisti) insieme a una profonda meditazione “sull’anima”. Come appunto dice Antonella.
Conosce discepolo “Casa d’altri”, di Silvio D’Arzo? Qualora non l’avesse letto, se ama i libri assolutamente spietati (e non romantici, però), insomma quelli che prendono alla gola e fanno male, legga, la prego, questo che è il più bel racconto lungo del Novecento italiano.
A proposito , sto leggendo Renè Guenòn, che insegna , come nel mondo moderno , ahimè, si sia persa ogni nozione e ogni differenza fra “anima ” e “spirito” E’ vero!
La tripartizione classica, ortodossa, tradizionale, del microcosmo come del macrocosmo era ” spirito, anima , corpo”
Oggi spirito ed anima sono stati inglobati in un qualcosa di vago e di non ben definito che gli psicologi chiamano “psiche”, e che si può indagare con TEST!! La psicanalisi se ne è appropriata facendone lauti guadagni.
Dello” spirito “non si parla più.
Magari al Salone di Torino c’è ancora qualche libro che parla dell’anima, cioè della psiche, cioè di qualcosa , che tutto sommato è ancora materiale, cioè i neuroni cerebrali, i neurotrasmettitori, le catecolamine ecc. ecc.
Ma ci sarà mai qualche libro che parla di” spirito” cioè di intelletto diverso dalla “ragione” cioè di quello che la religione orientale chiama l'”ATMAN”
(QUELLO SEI TU!)
e che i cattolici ormai non considerano ( e non conoscono) neanche più?
( ma certo ..sì c’è lo Spirito Santo quella specie di colombella che vola nei quadri…)
MC
Prof, non mettermi 3, ti preg, almeno 5 —
Provo: se la memoria non m’inganna, certamente la figura mitologica di Adone,fin dai primi giorni della nascita, conteso tra Afrodire e Persefone- due archetipi molto importanti a livello simbolico- e fino alla morte prematura, rappresenta la scissione e al contempo la ricerca di unità tra la componente animica e quella fisica. I “Giardini di Adone” è quel percorso alla ricerca dei significati di un modello mitico che attraverso la figura del bell’adolescente amato dalle dee e consente di decifrare molte delle categorie di pensiero che stanno alla base della società greca antica. Adone diviene il personaggio centrale che dà avvio a una storia delle sostanze aromatiche-in riferimento all’uso degli aromi del lascivo Adone- la cui posizione nella cultura mitica e rituale dei Greci si inserisce nei rapporti tra l’Alto e il Basso, la terra e il cielo la sfera divina e quella umana, che orienta la vita quotidiana dei cittadini nell’ambito religioso. Vi è anche un nesso con le stagioni e la classificazione e la funzione delle piante; come la Menta, si associa all’amore e alla morte, così, nella tradizione popolare il grano può essere inquadrato nel contesto religioso…
Lev tolstoj for ever. Eppoi, Emile Zola [” Germinal”, “Le rève”, bellissimo] Deledda [tutti la serie da Canne al vento a Marianna Sirca.]…Verga….da Mastro Don Gesualdo a Rosso Malpelo…ce ne sono tantissimi che ad elencarli sarebbe una spatafiata, un papiro infinito.
Stupendo “casa d’altri”, l’ho letto….è sconvolgente. A me ha lasciato il segno!
http://youtu.be/hR7-JD00mpw
“casa d’altri” : un piccolo assaggio
Permettetemi una battuta un poco forse inopportuna o volgare secondo i gusti…
Non so quanto darei o pagherei per inventare la tracciabilità della carta da macero.
Perchè vedete, volete mettere la soddisfazione esorbitante, quale delirio dei sensi, sapere che la il rotolo di papier hygiénique è ottenuto dalla carta macerata di un determinato libro di un certo autore.
Vogliate scusarmi ma…
È una cosa antica questa: già Catullo (“Annales Volusi cacata carta …”) aveva di queste fantasie.
Comunque, se si è disposti ad un po’ di sacrificio, la soddisfazione si può avere subito, anche senza aspettare le vicende del macero e del riciclo. Si compra il libro … e si defalca, si defalca … certo bisogna rinunciare a quella morbidezza e a quella facilità ad intridersi a cui siamo ormai adusi, ma insomma per godere di una soddisfazione più sofisticata è un prezzo accettabile. Che ne dice l’umiltà?
Comprarlo? MAI! Sarebbe concorso…
Usarlo allo stato “grezzo” ? Mai! Sarebbe rendere troppo onore…
No, No! deve essere prima “trasformato”. Per se ruvido e non profumato, deve essere in rotolo da papier hygiénique!
Deve rendere l’idea di ciò che è e per cui è nato!
Ah, ma allora lei non è disposto a sacrificarsi per la causa! È un po’ come voler fare il frocio col culo degli altri, per citare l’immortale apoftegma di Ricucci. (Ma forse, scavando, si scoprirebbe che l’aveva già detto qualcuno dei padri del deserto che lei ama citare)
Leonardo, in questo tempo di crisi c’è poco da scherzare!
La questione è seria. Col metodo da me proposto si crea lavoro, occupazione, reddito, famiglie che fanno figli.
E poi non è solo un gusto dell’effimero, del superfluo, consumismo d’accatto.
No, la questione è cul-turale…