Oggi non mangio per i morti di Napoli e per solidarietà con i napoletani. “Pregare e digiunare, due mezzi apparentemente insignificanti, che hanno la forza della debolezza e la potenza di attraversare le nubi e giungere al cuore del Padre”: così ha parlato il cardinale Crescenzio Sepe chiamando per oggi a una giornata di digiuno e di preghiera per la città, “colpita da un rigurgito di violenza che opprime e offende la dignità di ogni uomo”. Non vivo a Napoli ma mi veco coinvolto perchè sostengo che gli uomini di Chiesa dovrebbero ristabilire l’antico uso delle preghiere e dei digiuni pubblici come reazione alle sventure della città degli uomini. In un post del 12 aprile intitolato “Chiamare al digiuno” riportavo il grido di sgomento del vescovo di Arezzo per il ritrovamento di due morti ammazzati in un fosso, a Terranuova Bracciolini e scrivevo: “Perchè in casi come questi non si invita al digiuno oltre che alla preghiera?” Ora qualcuno invita e io digiuno.
Oggi digiuno per Napoli
32 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
E’ un piccolo gesto che nella società della panza piena fa ridere. Eppure è un silenzio più eloquente di tante prediche politiche.
Sì, è un’iniziativa davvero opportuna.
Speriamo che si torni anche alla pratica di un minimo di digiuno prima dell’eucaristia, come aiuto per “sapere e pensare chi si va a ricevere”. Un’ora (ma è un digiuno?!) sarebbe prevista anche adesso, ma chi ci bada?
Ci bado e mi vengono pure gli scrupoli, Leonardo…
Prego i digiuno anch’io, oggi, non solo per i morti di Napoli, ma soprattutto per i giovani, per le nuove e future generazioni, affinchè possano vivere in una Città senza cancro, senza camorra. Aderisco quindi volentieri all’iniziativa del Cardinal Sepe, raccogliendo peraltro un suo simpatico motto in napoletano: “E ca’ ‘a maronn c’accumpagn” (E che la Madonna sia con noi).
Un abbraccio
Mi unisco anch’io al momento di preghiera, permettendomi di ricordare, però, che Gesù mai ha invitato alla pratica del digiuno come espressione di religiosità per ottenere la benevolenza di Dio. Più che chiedere a Dio qualcosa che riguarda noi, chiediamogli di sintonizzarci sulla sua Buona Notizia, astenendoci da ogni forma di potere, di sopraffazione sull’altro, anche all’interno della Chiesa, per praticare un amore simile a quello del Padre.
Questo ci chiede l’Uomo di Nazareth, che ha dato la vita per il progetto del Padre: il Regno.
Ciao ragazzi. Secondo voi come sarà andato il digiuno? Napoletani/e sul blog, fatevi sentire!
perdonate il ritardo … ma ero senza email e senza pc. ora sono di nuovo in rete e aderisco alla forte logica del debole digiuno. Napoli è bella, da seminarista passavo le mie vacanze estive a Ponticelli (quartiere periferico non semplice) con le suore poverelle di Bergamo, lì ho già benedetto diversi matrimoni di miei amici, perchè ancora, da prete, vado in vacanza evangelica a Ponticelli … e digiuno dalle meritate comodità delle vacanze. Salute con il cuore tutti i ragazzi di Ponticelli – san Rocco e le suore che mi definiscono ” u prevete piccirillo”.
Buongiorno! Vorei solo fare una parentesi. Il post di Luigi Accattoli mi ha fatto riflettere sul digiuno al quale come cristiana, , lo ammetto, a parte l`ora prima della comunione e il Venerdì Santo non do molta importanza.
E mi ha fatto pensare a quello che ho visto in TV in Francia durante il Ramadan: non solo i giovani musulmani fieri di astenersi dal cibo solido e liquido durante la giornata ma anche tanti loro amici , fra i quali cristiani( si fa per dire…) che si univano a loro per solidarietà! Non persone anziane ma giovani, adolescenti ,fieri di mostrare la loro appartenenza culturale e religiosa . Apparentemente un fenomeno nuovo che ha stupito gli osservatori.
E mi domandavo, quei giovani nati cristiani, come reagirebbero se la Chiesa domandasse loro di digiunare come a Napoli ? Avrebbero il coraggio cardinali, vescovi, in Francia o altrove di domandare alla popolazione di digiunare non fosse che per una causa meritevole ?
Eppure si fa in cliniche lussuose per affamarsi, per desintossicarsi….dal troppo pieno della nostra società ! Ah.. ma è un atto liberamente consentito e non imposto dalla Chiesa retrogada e oscurantista (?).
Saluti, Luisa
Il Digiuno! Un valore che abbiamo perso.
Ma potremmo toglierci qualche altra cosa invece del cibo?
Potremmo impegnarci , che so , per un giorno intero ad essere leali, sinceri, schietti e “cooperatori della Verita”?
Sarebbe più difficile, ma anche molto più utile.
Angela
Luisa, già nel 1993, a Denver, Giovanni Paolo II aveva chiesto ai giovani di digiunare (Luigi correggimi se sbaglio) per i coetanei dei Paesi sottosviluppati.
E poi il digiuno, come dice Angela, può togliere qualche altra cosa invece del cibo: sempre Giovanni Paolo II nel 1994 chiese il famoso “digiuno televisivo”.
Che tutto sommato disintossica da tante fesserie. E testimonia la dignità dell’uomo. Quella che nessun reality o trenino potrà mai ottundere.
A Lorenzo Tommaselli, benvenuto nel blog! Io guardo al digiuno come a un raddoppio della preghiera: il non mangiare seriamente – cioè per tutto il giorno, come nel Ramadan dei musulmani – tiene svegli e aguzza l’anima. Gesù dice che “certi demoni” non si possono vincere se non “con il digiuno e la preghiera”: ecco, metterei tra questi demoni la violenza che scuote Napoli.
Ad Angela. Considero pienamente recuperabile il digiuno nella cultura di oggi. Senza togliere spazio, ovviamente, ad altre esercitazioni magari più impegnative.
Luisa accennava al digiuno terapeutico: la nuova attenzione al corpo dovrebbe facilitare il recupero che dico.
Leonardo ricordava il digiuno prima dell’Eucarestia: penso che vada recuperato anche quello – e persino il “digiuno eucaristico”, cioè l’astenersi volontario dall’Eucarestia in particolari circostanze, che pure si praticava nella Chiesa antica e che era un’idea cara al cardinale Ratzinger. Poniamo che la mattanza napoletana raddoppi, invece di scemare. Il cardinale Sepe potrebbe proporre il digiuno eucaristico: questa domenica non si celebrano eucarestie nelle chiese della città, per richiamare all’avvertenza del peccato sociale che si sta consumando.
Luigi
Per continuare con Angela…. e se per un giorno ( o anche di più) facessimo a meno di giornali, televisione, radio , altrettanti cibi che ci gavano, che tante volte ci intossicano e dei quali sembiamo incapaci di astenersi ?
Io ci ho già provato e non ne sono morta ! Anzi…. mi sono molto riposata ! Luisa
Scusate, non ha a che vedere con questa discussione, ancor che …., vi segnalo, prima che se ne vada negli archivi, un post interessante di ieri nella discussione : ” Telepace l`annunzio dei licenziamenti”. Luisa
Omelia del cardinale Sepe durante la veglia di ieri nella cattedrale di Napoli:
«Se siamo qui è per affermare, e gridare a voce alta, che le forze del male – la camorra, il «sistema», la malavita organizzata e non, i cultori, grandi e piccoli, dei soprusi quotidiani – troveranno il passo sbarrato. La condanna che la Chiesa di Napoli esprime contro ogni forma di violenza e di malaffare è senza limite, come è senza limite la sua capacità di amare. È per questo che non daremo tregua, con la parola, con la denuncia, con il contrasto delle opere, a chi attenta con la violenza e il malaffare alla speranza e al futuro della città. Quel «Mai più la violenza» pronunciato da Giovanni Paolo II a Scampia, sarà il marchio a fuoco del nostro impegno. E continueremo, come Chiesa, con l’apporto dei nostri sacerdoti, a percorrere la città passo per passo per esserle più accanto e per capire meglio i suoi bisogni, pronti a colmare anche i nostri ritardi. Non daremo tregua, insomma, neppure alla nostra capacità di amare, consapevoli che Napoli – la sua storia e la sua gente – ha diritto a un impegno alto e totale. È questo che si chiede oggi, in vista di un autentico riscatto morale e sociale; e per questo, a partire da me, suo Pastore, siamo oggi convocati.
«Per tutti noi sono giorni di grande sofferenza e di forti tensioni. Come già in passato, noi napoletani, credenti in Cristo, ci riuniamo per pregare, certi che il Signore, soprattutto in questo momento difficile e drammatico, non ci ha voltato le spalle, ma sta in mezzo a noi e ascolta il nostro grido di angoscia e di dolore, pronto a chinarsi sulle nostre ferite per guarirci e infonderci speranza. La recrudescenza della violenza, che infanga le nostre strade e abbruttisce il volto bello delle nostre città, non può e non deve lasciarci indifferenti, ma indurci a gridare il nostro no contro ciò che offende Dio e opprime la dignità dell’uomo. Certamente quello che sta accadendo nelle nostre città, questa esplosione di violenza e di morte, organizzata o meno che sia, ci interpella tutti: istituzioni civili, Chiesa e tutti i cittadini di buona volontà. Ben vengano, perciò, progetti a breve e lungo termine che siano capaci di estirpare efficacemente e radicalmente i mali profondi che deturpano la bellezza materiale, morale e religiosa del nostro popolo. Ma ognuno di noi, soprattutto se cristiano, deve assumersi le proprie responsabilità senza delegare ad altri la soluzione di ogni problema. Dobbiamo confessare che forse anche noi, invece di testimoniare la carità e la speranza contro le tante forme di sfiducia e di disfattismo, di apatia, di indolenza o, peggio ancora, di omertà, ci siamo resi colpevoli di quel peccato sociale non opponendoci con coerenza e determinazione, a quella cattiva condotta civile che hanno fatto del furto, dello strozzinaggio, della violazione delle regole del vivere onesto e civile quasi una mentalità che giustifica i propri atteggiamenti illegali con l’alibi che “così fan tutti”. Tutti dobbiamo rispettare le regole, comprese le istituzioni, le quali sono tenute ad esigere che esse siano osservate da tutti i cittadini (…)
???Voi giovani venite indicati come il futuro della città. Oggi siete chiamati a essere qualcosa in più. Vi si chiede di essere anche il presente, l’oggi, la realtà più viva di una città che dovete sentire vostra più che mai, ora che ha più bisogno del vostro amore, delle vostre energie e del sano orgoglio di sentirvi napoletani, cittadini di una comunità che, pur nei momenti più drammatici, ha saputo mettere mano alla propria storia e costruirla grande, e degna di essere vissuta e ammirata. In una parola siete chiamati non solo a rappresentare ma ad essere il volto autentico di Napoli. Come e più di Napoli voi siete le vittime di una violenza sempre più cupa che cerca disperatamente di portare sfregio non solo ai volti, ma all’anima della città e dei suoi giovani. Davanti alla vostra generosità e ai vostri impegni abbiamo il dovere di dare ragione della nostra speranza (…)
«Ai tuoi piedi, Signore, rinnoviamo l’impegno di fedeltà al messaggio perenne del Tuo Vangelo: mai più offese contro i nostri fratelli, mai più ricorsi alla logica della violenza, mai più discriminazioni, esclusioni o oppressioni, mai più disprezzo del povero e dell’abbandonato. A tutti vogliamo annunziare la Buona Novella della civiltà dell’amore».
A tutti vogliamo annunziare la Buona Novella della civiltà dell’amore
(C. Sepe, Arcivescovo di Napoli)
…Perché in fondo, in questo momento occorre una Chiesa missionaria, che va verso l’uomo e non si spaventa. Ma che paura dobbiamo avere della criminalità? In fondo chi sono? Uomini come noi: ne ho conosciuti tanti, e mi ha sempre stupito la loro pochezza, la deformazione interiore. Soldi e basta, la vita non conta nulla. Sono poveri uomini, in Sicilia si direbbe che sono quaqquaraqquà, veramente dei quaqquaraqquà.
(Mons. Antonio Riboldi)
E’ relativamente facile per noi sacerdoti lavorare qui.. Io ci sto da 38 anni, gli altri parroci da 28, 25….questi ragazzi li abbiamo cresciuti e poi si sono trasformati poiché lo Stato, le Istituzioni, a Chiesa (ma che poteva fare?) non possono o non vogliono fare niente per loro: devono sopravvivere senza il lavoro.
(Don Vittorio Siciliani, parroco a Scampia)
Che dite, ne usciremo da ‘sto casino che vive Napoli?
Ieri il card. De Giorgi ha annunciato che presto (il 5 dicembre) la congregazione dei santi accoglie il parere favorevole dei telogi sul “martirio” di Pino Puglisi. Il martirio a Palermo di Pino Puglisi è la scelta di dare “corpo alla speranza”.
Questa è davvero una bella notizia! Io sogno il giorno in cui i martiri verranno riconosciuti tali – come in antico – da coloro che sono stati testimoni della loro “prova”. Luigi
In Mc 9,29 il testo originale è “Questa razza non si caccia se non con la preghiera” (=Niente può far uscire questa genia [=riformismo violento]; bisogna chiederlo); in ambiente monastico, dove l’influsso della religione è forte, è sorta un’aggiunta “e con il digiuno”, che non fa parte del testo. Gesù non ha mai praticato il digiuno, nemmeno nel deserto quando sta 40 giorni e 40 notti senza mangiare e bere. Il digiuno religioso è quello che inizia all’alba e termina al tramonto, Gesù nel deserto non compie un digiuno religioso, pratica che era una maniera di mettersi in un atteggiamento di morte per attirare la benevolenza di Dio, e soprattutto era un segno di lutto che Gesù esclude categoricamente dalla sua comunità. La comunità di Gesù è quella dove c’è lo sposo, c’è l’allegria e le persone che digiunano sono fuori posto, perchè il digiuno, quello religioso, è un’espressione di morte.
Altro è il senso che ognuno può dare ad una scelta personale che si può esprimere con il digiuno, ma è una scelta personale, che, comunque, non viene per nulla incoraggiata da Gesù.
Sono affermazioni suggestive. Lei mi pare sia un biblista e sarei curioso di sapere di più sul digiuno. Al quale lei mi appare totalmente contrario, interpreto bene? Grazie per l’illuminazione su Marco 9, 29. Luigi
Caro Luigi,
ti chiedo di darmi del tu, così come mi sono già permesso di dartelo. Sul digiuno posso inviarti (ma dovrei avere la tua e-mail) alcuni illuminanti testi di p. Alberto Maggi (www.studibiblici.it), dai quali ho tratto le notizie che ti ho scritto. Mi preme anche ringraziarti di tutto cuore per l’affettuoso “benvenuto” che mi rivolgi: sono felice di poter comunicare con te, dopo aver letto tanto di te, tra cui quelle straordinarie pubblicazioni “Cerco fatti di Vangelo”.
Mi è capitato recentemente di parlare di te con p. Ortensio da Spinetoli nel corso di un’affettuosa conversazione a Recanati.
Nell’attesa di leggerti ancora, ti saluto con grande affetto e porofonda stima
Caro Lorenzo, sotto la mia foto trovi la riga cliccabile “Manda un’e-mail”. Salutami Ortensio e Alberto. A risentirci. Luigi
Che il “digiuno religioso” sia necessariamente e univocamente una “espressione di morte” è un’opinione che Lorenzo dà per apodittica, ma in realtà tutta da dimostrare (come anche alcune altre affermazioni contenute nel suo messaggio).
Nella tradizione cristiana il digiuno ha piuttosto un significato di purificazione e di libertà, quindi la morte (se non come ‘mortificazione’ del peccato) c’entra ben poco.
Non sono biblista e non possonon capisco perché il gesto del digiuno – che è, se non sbaglio, proprio di svariate culture – dovrebbe essere così privo di importanza o addirittura nocivo se assunto consapevolmente, e senza storture, in un contesto cristiano.
Spero che almeno il digiuno di 40 giorni di Gesù non sia un’aggiunta di qualche copista affamato e vendicativo.
Sicuramente il cristianesimo si caratterizza come religione della gioia e della pienezza (anche se la compagnia dello Sposo ora non la godiamo, la pregustiamo solo: annunziamo la sua morte e risurrezione, attendiamo la sua venuta) Del resto, non per nulla siamo forse l’unica religione che non ha cibi proibiti. Ma non ci si dice anche di piangere con chi è nel pianto?
Non c’è nulla di peggio che un digiuno fatto per “senso del dovere” o, peggio, per senso di colpa o paura superstiziosa. O per presunzione e ostentazione. Se è così, meglio non farlo.
Ma un digiuno consapevole, un semplice gesto di penitenza offerto “a gratis” al Signore mi sembra assolutamente ricco di dignità umana e cristiana. E chi dice che è inutile mi spaventa un pochino, perché potrebbe fare lo stesso discorso pari pari per la preghiera. E se non ci resta nemmeno quella siamo perduti.
Detto questo faccio ammenda. Predico bene (forse) e razzolo malissimo. Sono pregatore scadente e pessimo digiunatore. Abbiate pazienza.
Abbiamo la grande fortuna di avere Don Vito con noi…allora vorrei chiedergli ,
se mi legge, di darci il suo avviso sul digiuno nella tradizione cristiana.
Devo dire che il post di Lorenzo mi ha per lo meno stupita.
Grazie , Don Vito, di trovare qualche minuto per chiarire un pò la nostra lanterna !
Luisa
Neanche io sono un biblista e mi limito a leggere la versione ufficiale CEI.
In Matteo 6, 16-18 l’incoraggiamento al digiuno mi sembra abbastanza chiaro. Quello che Gesù condanna è la sua ostentazione.
“E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.???
Vedo che la questione del digiuno suscita considerazioni, le più varie. Non avendo assolutamente la pretesa di avere la Verità in tasca, ma ritenendo di fornire una proposta di interpretazione, che ognuno può accettare o no (tra l’altro, non è mia personale), mi permetto di aggiungere alcune considerazioni alla luce di quanto ho letto in questo blog dopo il mio intervento. Non basta accontentarsi, caro Fabrizio, di leggere la versione ufficiale della CEI, se si vuole cercare di capire il significato profondo di espressioni o intere pericopi del Vangelo. Anche le traduzioni possono essere imperfette, siamo appena all’inizio di una primavera di riscoperta del testo evangelico, perchè solo da alcuni decenni (più o meno dal post Concilio) ci si basa sul testo originale greco e non sulla traduzione latina di s. Girolamo, che ha in sè tante imperfezioni e tanti fraintendimenti, con conseguenze disastrose sulla teologia e la spiritualità della chiesa. A proposito dei 40 giorni, notate cosa dice l’evangelista, “dopo avere digiunato quaranta giorni e quaranta notti (..)”…Potevano bastare i quaranta giorni… Ma perché l’evangelista aggiunge le quaranta notti? Perché il digiuno religioso si seguiva dall’alba al tramonto, poi si poteva mangiare. Quindi il digiuno fatto per motivi religiosi – conosciamo tutti che cosa è il ramadan, è un periodo di digiuno che inizia all’alba e termina al tramonto, e dopo il tramonto si può mangiare – iniziava all’alba ma terminava al tramonto, e serviva sempre per ottenere il perdono da Dio. Era una povera espressione di lutto per ottenere la benevolenza di Dio. Ma qui è qualcosa di diverso. Non è un digiuno religioso, dura quaranta giorni e quaranta notti perché l’evangelista Matteo scrive ad una comunità che ha accettato Gesù, ma a condizione che sia come Mosè. Siccome nel Libro dell’Esodo si legge che Mosè stette quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare pane e bere acqua, ecco che Gesù viene presentato come colui che sta quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare. Gesù, cioè, non è inferiore a Mosè né all’altro grande personaggio che incontreremo sul monte della trasfigurazione, Elia, che digiunò anch’egli per quaranta giorni.
L’evangelista quindi vuole dire che Gesù non è inferiore a Mosè. Quindi per i 40 giorni, caro Luca, nessuna “aggiunta di qualche copista affamato o vendicativo”…
Per il digiuno giustamente Leonardo scrive che fa parte della tradizione cristiana: proprio così! Ma non appartiene al Vangelo, che è il testo fondante della successiva tradizione cristiana, e quindi norma normans, come dice il Concilio. Per quanto riguarda Matteo 6, 16-18, citazione segnalata da Fabrizio, per Gesù quelli che digiunano sono commedianti (questo è il senso della parola greca “ipocriti”) che si sfigurano per figurare agli occhi della gente e del Signore. In sintonia con i profeti, Gesù insegna che il Padre non chiede ai suoi figli di digiunare, ma di “dividere il pane con l’affamato” (Is 58,7; Mt 25,35). La pienezza di vita che il Padre comunica loro è incompatibile con ogni forma di mortificazione, per questo Gesù non ha mai praticato il digiuno devozionale e mai ha invitato i suoi discepoli a farlo (Mt 9,15. Mentre Matteo toglie visibilità a queste pratiche giudaiche della sua comunità relegandole nella sfera interiore del credente, nel Vangelo di Tommaso (14) le tre colonne della spiritualità ebraica (digiuno, preghiera, elemosina) saranno drasticamente abbattute, riecheggiando la denuncia dei profeti sull’inutilità e nocività delle pratiche religiose (cf. Is 1,11-15). (Cf. Alberto Maggi, Gesù ebreo per parte di madre. Il Cristo di Matteo, Cittadella editrice, Assisi, 2006, pp.64-65; e in generale tutta la sua produzione esegetica soprattutto a scopo divulgativo).
Ripeto, è una proposta di interpretazione, che però si basa su alcuni dati difficilmente smentibili, come l’aggiunta di “e con il digiuno” di Mc, 9,29, i 40 giorni e 40 notti (=Gesù non è inferiore a Mosè) in Mt 4,3 ed il non incoraggiamento di Mt 6, 16-18 nei confronti di una pratica, che dall’evangelista viene svuotata del suo aspetto religioso e solo tollerata come espressione interiore di solidarietà col dolore della morte, come anche in Mt 9, 14-17 (il digiuno come conseguenza del dolore, come quando non abbiamo fame in occasione di un lutto: il tutto, però, dura un solo giorno, poi riprendiamo a mangiare, non è un periodo fisso, come il digiuno religioso).
Tutto questo non toglie valore o costituisce un giudizio sulla scelta che un uomo o una donna fanno di praticare il digiuno in particolari occasioni; l’importante è sapere che la pratica del digiuno proviene dalla successiva tradizione cristiana, ma non dal Vangelo, così come lo stiamo capendo sempre meglio e lo capiremo sempre meglio, grazie soprattutto agli studi benemeriti di tanti esegeti, che ci aprono la mente ed il cuore nella comprensione del messaggio di Gesù. Ringrazio i benevoli blogghisti della paziente lettura di quanto ho scritto e colgo l’occasione per inviare un forte abbraccio a tutti nella speranza indefettibile nella Buona Notizia dell’Uomo di Nazareth, carne di Dio nella nostra storia.
Scusa, ma spiegami meglio.
La critica agli ipocriti (o commedianti) è nei versetti Mt 6, 16-17. Il versetto 18 “il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” a me sembra un’approvazione chiara di quella pratica e equipara il digiuno alla preghiera e all’elemosina commentate nei versetti precedenti 1-6.
Saluti
Fabrizio
Veramente la Dei Verbum dice che la sacra tradizione e la sacra scrittura sono sullo stesso piano: «perciò l’una e l’altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e rispetto».
Io aggiungerei che, cronologicamente, viene prima la tradizione della scrittura e che la scrittura è prodotta all’interno della tradizione nascente. Gesù non scrive nè ordina di scrivere, e per i primi anni (ma a me non farebbe problema neanche se fossero decenni, come i neotestamentaristi tendevano a pensare una volta) c’è la tradizione ma non c’è la scrittura. Poi per molto tempo la scrittura non è definita in un canone … quindi ci andrei piano. Quanto poi agli esegeti contemporanei: tutto il rispetto che meritano per il loro lavoro, però anche un po’ di scetticismo. Tot capita tot sententiae: credo che non si dia una tesi o un’interpretazione che, per quanto bizzarra, non abbia il suo o i suoi sostenitori e la sua brava bibliografia scientifica di appoggio. Metodologicamente, suggerirei di far precedere un «forse» a tutte le affermazioni che fanno.
Amo il digiuno e un poco lo pratico. Ho sempre pensato che Gesù lo raccomandasse. Sono interessato a capire se in quelle ore in cui non mangio e dunque sto più sveglio, anche nell’ascolto, io sono in qualche modo sulle sue orme o se sto facendo l’indiano! Luigi
Concordo pienamente con Leonardo.
Rileggendo il post di Lorenzo mi chiedo, sulla base della sua analisi, che senso avrebbe la Quaresima.
Come cattolico, poi, faccio fatica a scindere l’insegnamento di Gesù dalla tradizione cristiana. Gli ultimi sei mesi di udienze di Benedetto spiegano il maniera esemplare il legame tra Cristo e la Chiesa, e mostrano come la tradizione sia un fiume vivo che parte direttamente da Gesù e dai testimoni della sua vita terrena e della sua Resurrezione.
Fabrizio
Vorrei consigliare a tutti di leggere il discorso che Papa Benedetto ha rivolto , a braccio, ai vescovi svizzeri. Vi è un lungo passaggio dedicato all`esegesi storico-critica e all`importanza della lettura spirituale dei testi sacri, della Scrittura come attuale Parola di Dio. Il testo è già stato tradotto in italiano.
Premettendo che sono una grande ignorante in matieria di esegesi,e che non ho l`abitudine di digiunare, vorrei dire però che non vedo il nesso fra lutto, morte e digiuno.
Il solo legame lo vedo nel digiuno patologico di tante , troppe ragazze ( e ragazzi) che sfidano la morte e che purtroppo spesso perdono questa sfida .
Mi sembra che il digiuno cristiano sia piuttosto un digiuno purificatore che permette di toccare ancor più da vicino la grazia della vita ,la forza della vita.
È in ogni caso quello che mi descrivono le persone che conosco e che regolarmente , restando nel quotidiano della loro vita o ritirandosi per un tempo, praticano il digiuno. Tutti dicono sentirsi più , svegli, attenti e… vivi ! Saluti, Luisa