C’è un pericolo che viene nei momenti di prosperità: è il pericolo che la comunità cristiana si “socializzi”, cioè che perda quella dimensione mistica, che perda la capacità di celebrare il Mistero e si trasformi in una organizzazione spirituale, cristiana, con valori cristiani, ma senza lievito profetico. Lì si è persa la funzione che hanno i poveri nella Chiesa. Questa è una tentazione della quale le Chiese particolari, le comunità cristiane hanno sofferto tanto, nella storia. E questo fino al punto di trasformarsi in una comunità di classe media, nella quale i poveri arrivano a provare anche vergogna: hanno vergogna di entrare. E’ la tentazione del benessere spirituale, del benessere pastorale. Non è una Chiesa povera per i poveri, ma una Chiesa ricca per i ricchi, o una Chiesa di classe media per i benestanti. Così il Papa ieri ai vescovi della Corea. Nei primi commenti altre parole di Francesco sullo stesso tema.
Chiesa povera per i poveri o ricca per i ricchi
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Tentazione della prosperità. Il Papa ai vescovi della Corea: E questo [pericolo] non è cosa nuova: questo cominciò all’inizio. Paolo deve rimproverare i Corinzi, nella Prima Lettera, capitolo XI, versetto 17; e l’apostolo Giacomo più forte ancora, e più esplicito, nel suo capitolo II, versetti da 1 a 7: deve rimproverare queste comunità benestanti, queste Chiese benestanti per i benestanti. Non si cacciano via i poveri ma si vive in modo tale che loro non osino entrare, non si sentano a casa loro. Questa è una tentazione della prosperità.
Togliere i poveri dalla struttura profetica della Chiesa. Ancora il Papa ai vescovi della Corea: Io non vi rimprovero, perché so che voi lavorate bene. Ma come fratello che deve confermare nella fede i suoi fratelli, vi dico: state attenti, perché la vostra è una Chiesa in prosperità, è una grande Chiesa missionaria, è una grande Chiesa. Il diavolo non semini questa zizzania, questa tentazione di togliere i poveri dalla struttura profetica stessa della Chiesa, e vi faccia diventare una Chiesa benestante per i benestanti, una Chiesa del benessere… non dico fino ad arrivare alla ‘teologia della prosperità’, no, ma nella mediocrità.
E quindi?
Ma possibile che sia QUESTA l’unica priorità? L ‘unico tema?
effettivamente…!…non avete tutti torti…Francesco non fa che ripetere come un mantra lo stesso tema: quello della poverità per altro irrisolvibile e antico quanto il mondo. Un tema accantonato, rimasto nelle retrovie perfino del Concilio Vaticano II. Tema che offrì la sponda a molti vescovi latinoamericani in sede conciliare, nel 62. L’iniziativa, conosciuta con il nome di «Chiesa dei poveri» proponeva una ricerca in chiave teologica della Chiesa come “mistero di Cristo nei poveri” . Una tesi interessante per carità,proposta dal cardinale Lercaro che si fece portavoce di questa iniziativa proponendola come centro dell’insegnamento dottrinale e fulcro dell’opera di rinnovamento di tutto il Concilio.
Si, certo che la tesi “Chiesa delle Catacombe” fu visionata da Paolo VI , apprezzata anche, ma tutte le proposte, per quanto interessanti non ebbero alcun riscontro nei documenti conciliari.
E’ evidente che Bergoglio sta rivendicando l’importanza che ebbe per lui, come per altri latinoamericani, quel testo snobbato in sede conciliare…
Spero stiate seguendo il programma di Mieli – Rai3, su Papa Luciani…veramente interessante…
Vi consiglio la lettura di questo documento, un po’ lungo, ma che vale la pena leggere. Se non altro per entrare nell’ottica di Papa Francesco, e il tema della povertà, che sente particolarmente proprio per il messaggio che veicola. Messaggio, che non appartiene tanto alla sfera “sociale” quanto a quella “Teologico/Sacramentale”. Solo leggendo questo testo, credo si possa arrivare a comprendere il perché di certa insistenza di Francesco sul voler smantellare l’immagine di una Chiesa che in piena “rivoluzione”estetica creò attorno a se una cortina fumogena che ottundì le coscienze delle alte sfere gerarchiche e portò, per conseguenza, all’imbarbarimento, e depravazione, in seno alla curia, perché la ricchezza, peggio ancora se nella Chiesa, è foriera di ogni vizio. Un ostacolo da rimuovere, insomma, perché la luce della Grazia potesse entrare nel vetro cristallino dell’amaro calice che ogni Papa, presto o tardi, sarà costretto a bere, e neppure a Francesco sarà risparmiata la sua dose di mirra…Il tema della Povertà sempre più dilagante, compresa quella spirituale [ vera lebbra dei ricchi come dei poveri] ha ora raggiunto dimensioni mondiali, ed è percepita dalla Chiesa, in questo momento storico, come una disfatta, una profonda ferita, e , a posteriori, la disattenzione del Concilio sul tema un’occasione mancata. Credo che Paolo VI ne avesse intuito la portata e quanto, nei tempi a venire, il dramma dell’ingiustizia sociale, avrebbe presentato un conto,sia alla Chiesa che al mondo, assai salato….
Leggete
http://www.ilregno.it/php/view_pdf.php?md5=6d61ba8ef7d847f42d8344616e7c5353
Sorry
http://www.ilregno.it/it/archivio_articolo.php?CODICE=52395
Clodine: “Solo leggendo questo testo, credo si possa arrivare a comprendere il perché di certa insistenza di Francesco…”.
Toglierei quel “solo” e metterei un “anche”. A cavallo degli anni settanta avevo letto qualcosa di quel documento delle Catacombe, non il testo originale. Sicuramente lessi vari lavori di Camara, uno dei suoi firmatari, che contribuirono a farmi riflettere. Era il momento in cui mi sentivo in crisi con il mio “cattolicesimo”.
Qualcuno qui ha parlato di un cattolicesimo da “pantofolaio”, ma non era il mio; io allora ero giovane e direi che, piuttosto, lo vivevo da “distratto” o in modo “inerziale”: all’inizio andavo a messa, felice soprattutto di osservare le ragazzine che, per l’occasione, erano tutte insieme (in fondo ero convinto che Gesù fosse d’accordo).
Qui uno dei passi di Camara, tratto dal sito della Parrocchia di Milanino: “Nell’interno, nelle campagne, vivevamo e ancora viviamo in pieno Medioevo; con grandi signori, baroni e baronesse… Nelle grandi proprietà agricole, c’è la casa grande – la casa del signore – e la senzala, dove vivevano gli schiavi della proprietà.
Un giorno volli conoscere personalmente, dall’interno, una di quelle grandi proprietà. Era un engenho de açucar, una piantagione di zucchero. Ci andai per la festa del santo protettore della proprietà, del Padroeiro, come diciamo noi. Volli vivere come vivono i preti di quelle “parrocchie”.
Verso le sei di sera, tutti erano riuniti attorno al proprietario e alla sua famiglia. Io ero ospite del proprietario. Dovetti parlare a quei lavoratori che erano riuniti lì senza potersi muovere e senza poter parlare. Dopo il mio discorsetto, il mio sermoncino, invitai tutti alla messa di mezzanotte. Non era Natale, ma era la festa del Padroeiro. E me ne andai alla casa grande per pranzare alla ricchissima tavola del proprietario, del grande signore, mentre i lavoratori rientravano nelle loro povere case, dove vivono in una condizione sub-umana…
Questo avvenne dopo il mio arrivo a Recife, verso il 1964 o il 1965. Avevo voluto vivere personalmente quell’esperienza, per dare una scossa a me stesso…”.
Credo che, ancor oggi, in gran parte pure la terra da cui Francesco proviene sia così.
Un caro saluto al pianerottolo. Giorgio Salvatori
Per amore di Clodine ho letto, ma devo dire che, se possibile, le mie perplessità sono aumentate.
Lasciamo perdere il lungo pippone pseudoteologico del dottor professor Appel e socio: per essere gentili basterà dire che non vale la carta su cui è scritto. E pensare che me lo sono sciroppato, digerendo anche il «nocciolo gesuano» (horribile auditu!), che arriva a un certo punto, e che secondo il dottor professor sarebbe «la povertà di Gesù» …
Comunque, con Google fai presto a trovare anche che faccia ha la gente. Cercateli, guardateli (Appel c’è sia con la Nutella che senza) e vi renderete subito conto che la povertà non hanno neanche idea che cosa sia. Sono dei ricchi che si dilettano di sproloquiare sui poveri.
Di quei poveri vescovi del “Patto delle catacombe” (che non conoscevo, quindi grazie a Clodine) dirò più tardi.
Diciamola tutta: chi parla (e scrive!, e pubblica!) dei poveri non è povero.
Intendiamoci: la povertà come la intendono i vescovi delle catacombe (e, temo, anche Bergoglio), dalle civetterie tipo la croce pettorale di latta, la macchinina piccolina, la borsa portata a mano, le scarpe risuolate … fino a cose un pochino più sostanziose tipo niente conti correnti, niente immobili a proprio nome, niente quello e niente questo … ecco quella roba lì non è una cattiva cosa ma è davvero un niente. Per carità, va bene. Solo che non si è poveri per quello.
Se posso portare l’esempio del più stronzo che conosco, cioè me stesso, a me papa Bergoglio come stile di vita non mi fa neanche un baffo: neanch’io vado mai in vacanza, ho una vecchia utilitaria, il mio guardaroba è modestissimo (indecente, dice mia moglie), non mi concedo nessun divertimento e le mie entrate sono una minuscola frazione di quelle, tanto per dire, del nostro Nino, il pensionato d’oro.
Ma forse per questo sono un povero? Neanche per idea, dato che ho la certezza di mangiare stasera e un tetto sulla testa. E uno stile di vita “low” costituisce forse un merito? Ma figuriamoci, è solo una questione di gusti. E fa benissimo Nino a godersi le sue vacanze nel suo bel casale in Umbria (tiro a indovinare), o Picchio nelle lontane Americhe.
Quindi per favore smettiamola di perder tempo su queste pinzillacchere (o di contare i metri quadrati delle abitazioni dei cardinali).
La povertà è un’altra cosa, sia che la si intenda in senso socio-economico, sia che la si prenda nel suo significato spirituale.
Il punto è che ho paura che i vescovi delle catacombe (e, a giudicare dal brano citato da Luigi, temo anche Bergoglio) confondono malamente i due sensi della parola povertà.
Sinceramente in certi ambienti lo stile low fa anche chic.
Per anni ho scritto nel blog di uan giornalista della stampa, giornalista lei giornalista il marito casa in città in campagna e Miami quotidianamente faceva l’elogio della bici sgarruapta contro il suv cafone.
Poiché conosco persone dal tenore di vita molto molto molto più basso del suo che magari hanno un piccolo fuoristrada per i più svariati motivi, mi veniva sempre una rabbia terribile, la snobberia di chi è così benestante da dover far finta di non esserlo che si rivoltava contro i segni del benessere di chi invece aveva duramente faticato per ottenerlo.
Per cui il rischio c’è però Bergoglio è sincero sincero.
Sì, ma vedi Sara1, è proprio la concezione che è sbagliata. Togliamo pure di mezzo quelli che giocano a fare i poveri e prendiamo chi seriamente e sinceramente fa con poco.
Se anche uno rinuncia a ogni proprietà, si anche si fa frate (o magari gesuita :-)), non sarà mai, per questo, un “povero” in quel senso che vagheggiano loro. Infatti, anche se non ha niente di suo, ha chi pensa per lui. Anzi, direi che è più ricco di quasi tutti gli altri, che si arrabattano per cercare vanamente di conseguire per conto proprio, coi soldi, la sicurezza (è questo, in fondo, che la gente cerca nella ricchezza). Più che povero è intelligente: un ottimo investitore, perché acquista con poco un enorme “capitale sociale”.
Ma di povertà in senso cristiano, fin qui, non abbiamo neanche incominciato a parlare.
Il papa fa benissimo a dire quel che dice e pure a fare quel che fa.
Il punto è un altro: il mondo, e i cristiani da pasticceria, pipistrello ecc hanno deciso e decretato questo:
i poveri possono e devono morire di fame, a noi non frega nulla.
Quelli del mondo col loro stile di vita hanno cosi decretato, i cristiani da pasticceria, pipistrello ecc idem, con la differenza che “si riempiono la bocca” oltre che di magnà, anche di parole smielate ed elogi a loro stessi ed al papa…
Radical chic gli uni e gli altri, nulla più.
Franti, come non condividere..tra l’altro, la maggior parte dei suffragetti, di quelli che saltano sul carrozzone per reclamare i diritti degli oppressi dei poveri e via discorrendo sono, da sempre, i camaleontici radikcal-scic : una razza, quella, che non andrà mai in pensione, che si perpetua come il cromosoma xy da padre in figlio! Tra i miei ricordi del liceo, i caporioni della lotta studentesca erano sempre loro: sciarpa arrotolata attorno ai colli, sempre secchi; capelli arruffati, aria assorta,ottenebrati da una sorta di nichilismo illuminante di cui loro, e solo loro son dotati in abbondanza, eccoli qui, sempre uguali con la solita bandiera del dissenso.
Comunque, per tornare in tema:la Chiesa povera non è mai stata né mai lo sarà, e neppure è giusto lo sia, perché “senza soldi non si canta messa”, i soldi , tanti, servono per le opere di carità punto
Allora credo che ciò che andrebbe messo a fuoco non è tanto “Chiesa ricca o Chiesa povera”, ma : cosa può fare la Chiesa per l’ingiustizia sociale. Ora, che i richiami continui di Papa Francesco siano in larga parte condivisibili, ripeterli ad ogni piè sospinto, ma neppure invocando scomuniche a destra e a manca, l’annoso dilemma potrà essere risolto. Ora, che la Chiesa ha una missione profetica per cui ha il dovere di criticare le ingiustizie è sacrosanto. Ma se non ci riuscì neppure Leone XIII con quel capolavoro che è la Rerum Novarum , e neppure Pio XI, con il “Quadragesimo anno”, documenti che sono capisaldi della Chiesa in epoche dove la miseria si presentava ancora più nera di questa attuale. Stesso tema è ripreso nella “Caritas in Veritate”, di BVI: importante testo denso di spunti. Ergo che l’adorazione del Vitello d’Oro non è mai cessata. E allora, forse, il problema è a monte. Forse lo stesso Vaticano è vittima dei poteri forti o massonici ebraico/americani se si teme a chiare lettere che bisogna “instaurare omnia in Christo”,ricostruire la società cristiana dalla base, unica che via che può garantire ai popoli la vera pace e la vera libertà…
Quoto Franti !
“Allora credo che ciò che andrebbe messo a fuoco non è tanto “Chiesa ricca o Chiesa povera”, ma : cosa può fare la Chiesa per l’ingiustizia sociale. ”
anche secondo me è così.
Dicendo Chiesa povera però si rimarca che è solo camminando a fianco alle povertà concrete che si possono risolvere le ingiustizie sociali, anche se i media sono interessati solo all’esteriorità anticasta in salsa grillina.
Che i cristiani debbano fare tutto quello che possono, ciascuno in rapporto alla situazione concreta in cui si trova, per aiutare i poveri non si discute.
Eviterei le frasi ad effetto come quelle dette da Nikolai Belinski, perché lasciano il tempo che trovano, e le colpevolizzazioni generali. Ciascuno di noi è responsabile delle omissioni di carità che commette personalmente (e per quanto mi riguarda sono tante), ma nessuno di noi è personalmente responsabile della fame nel mondo (prova ne sia che nessuno di noi ha il potere di farla cessare).
Ma la mia perplessità rispetto a ciò che dice papa Bergoglio è un’altra. Nel brano riportato da Luigi lui dice: «C’è un pericolo che viene nei momenti di prosperità: è il pericolo che la comunità cristiana si “socializzi”, cioè che perda quella dimensione mistica, che perda la capacità di celebrare il Mistero e si trasformi in una organizzazione spirituale, cristiana, con valori cristiani, ma senza lievito profetico». E fin qui mi pare che sia tutto chiaro, anzi trovo che sia un richiamo fondamentale, sacrosanto: la Chiesa esiste per vivere e comunicare a tutto il mondo il Mistero di Dio che si è incarnato ed è morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini, se si trasforma in altro tradisce la sua missione e perde la sua stessa ragion d’essere. Perfetto. Quello che non capisco è il collegamento con ciò che viene subito dopo. A me pare che ci sia un salto logico irrimediabile. Infatti il papa prosegue: «Lì si è persa la funzione che hanno i poveri nella Chiesa. Questa è una tentazione della quale le Chiese particolari, le comunità cristiane hanno sofferto tanto, nella storia. E questo fino al punto di trasformarsi in una comunità di classe media, nella quale i poveri arrivano a provare anche vergogna: hanno vergogna di entrare. E’ la tentazione del benessere spirituale, del benessere pastorale. Non è una Chiesa povera per i poveri, ma una Chiesa ricca per i ricchi, o una Chiesa di classe media per i benestanti». Quale sarebbe la funzione che hanno i poveri nella Chiesa? E, prima ancora, di quali poveri parliamo? Parliamo di povertà in senso sociologico ed economico o di povertà in senso spirituale?
Se la chiesa si mettesse a fare tutto per i poveri, ma lo facesse ad esempio nel nome di un umanitarismo o della giustizia sociale, non tradirebbe ugualmente (se non ancora più pericolosamente) la propria missione? Non correrebbe ugualmente il rischio di essere paga del proprio «benessere pastorale»?
Quando poi il papa dice ai vescovi coreani: «state attenti, perché la vostra è una Chiesa in prosperità, è una grande Chiesa missionaria, è una grande Chiesa», lo capisco ancora meno (anche perché non posso fare a meno di accostare queste parole alle scuse fatte ai pentecostali perché in passato la chiesa cattolica, con la sua soverchiante presenza, non gli aveva lasciato abbastanza spazio!). Che vuol dire? Che una chiesa si deve fare problema di essere in crescita, anzi addirittura di essere missionaria?
Franti a me ricorda molto questo:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1349634
Riguardo alla Chiesa ricca per i ricchi diciamo che il rischio c’è, il cristianesimo come ciliegina sulla torta, un modo per stare bene spiritualmente e basta.
Come i ricchi attori affascinati dalla Cabala.
Anche se la dimensione sociale in Francesco è molto più forte (e Magister interpreta le parole di Benedetto pro domo sua contro la Chiesa tedesca)
Cioè il tema della povertà è sempre legato al tema della radicalità cristiana.
“deve rimproverare queste comunità benestanti, queste Chiese benestanti per i benestanti. Non si cacciano via i poveri ma si vive in modo tale che loro non osino entrare, non si sentano a casa loro. Questa è una tentazione della prosperità.”
Giustissimo! Il papa però non scende (magari non può…) nei particolari di “chi” e/o “cosa”.
Ci vorrebbe un traduttore ufficiale. Se dovessi tradurre io tradurrei:
“Quelli che vivono belli acchittati e vanno belli acchittati, quelli che fanno il matrimonio in Chiesa e poi il ricevimento ipermegafaraonico tutto chic (e poi non danno un centesimo al povero, rinnegano le istanze sociali a favore dei poveri e votano chi favorisce i ricchi e non i poveri);
Quelli che per la comunione al figlio poi fanno il ricevimento ipermegafaraonico tutto chic (e poi non danno un centesimo al povero, rinnegano le istanze sociali a favore dei poveri e votano chi favorisce i ricchi e non i poveri).
Quelli che di niente si può fare a meno la borsa chic, il telefonino, la vacanza esotica ecc (e poi non danno un centesimo al povero, rinnegano le istanze sociali a favore dei poveri e votano chi favorisce i ricchi e non i poveri) e vanno in chiesa come fossero santi e non peccatori, e poi si sciacquano la bocca di tutto quello che, santamente, giustamente, dice il papa:
Quelli cattoliconi che fittano il monolocale ai giovani sposi a 1000 euro, e che poi parlano male dei giovani dicendo che sono chiusi alla procreazione”
E ti credo che a vedere queste comunità “cristiane” qui a quelli, i poveri,
“non osino entrare, non si sentano a casa loro”
Deve anche essere ricordato che “non ogni povertà è santa come non ogni ricchezza malvagia”.
La malvagità consiste solo nella NON “apertura” verso Dio e verso gli altri ( i due comandi evangelici), egoismo, e può essere sia dei ricchi che dei poveri.
La povertà di spirito (ecco il punto) consiste nell’apertura, disponibilità, umile sottomissione verso Dio e verso gli altri ( i due comandi evangelici), e quella disponibilità si manifesta fattivamente nel “date vi sarà dato”, che è in dare sia materiale, sia spirituale, sia morale (il bene comune, cioè la “dottrina sociale” della chiesa).
E sulla povertà di spirito se ne sono scritti libri.
Bravo NiKolai.
Insomma, io veramente non riesco a capire, qualcosa non mi torna. Non capisco il senso di questa ammonizione del papa, riferita da Franti, ai cattolici della Corea del sud -il 24% della popolazione- In questo vale la vecchia canzone di Antoine che diceva: “sei sei ricco, ti tirano le pietre, non fai niente , ti tirano le pietre, qualunque cosa fai , sempre pietre in faccia prenderai”. Perché , il papa, non ha focalizzato l’omelia sul pericolo vero che incombe sui cattolici coreani: quello del sincretismo religioso, vera piaga presente, in quella regione, e mi va ad indugiare, invece, sul tema solito della ricchezza materiale, sul pericolo incombente proveniente dalla ricchezza come fosse la sola causa di perdizione.
Mi meraviglia il fatto che, avendo gli occhi pieni della miseria più assurda, non abbia trovato, Francesco papa, parole di compiacimento per lo stato di decoro e benessere di quella gente buona, pacifica, che possiede, grazie a una politica interna rigorosa,non corrotta, né soffre, come noi Europei, di quel flusso migratorio causa prima di quelle sacche di miseria autentica così tanto denunciata che opprime.
L’errore, della Chiesa, secondo me, è quello di considerarsi “dentro al mondo” , mentre, seppure nel mondo, ne è necessariamente separata, e questa è una realtà, per quanto la si contesti. Ne e è prova che né poté, in passato, né può , attualmente, risolvere i problemi, che solo Dio, padrone della Storia può risolvere.. A volte noto una certa contraddizione in termini, quasi che la Chiesa, in questo tempo senza Dio, caratterizzato da squilibri politico sociali/globali possa farsi carico di tutte le nuove povertà materiali e spirituali di dimensioni colossali ,planetarie , e di avere la velleità di rimuoverle politicamente. Credo che la missione della Chiesa cattolica debba essere sempre evangelizzatrice e annunciatrice, ma del Cristo però, con Lui, attraverso Lui, con la Penitenza e la preghiera, possiamo, di fronte al caos universale implorare all’Onnipotenza divina. Unico e solo rimedio, non ce ne sono altri. A noi spetta solo fare nostro il dovere, come dice Franti, nel quitidiano. Per il resto: attendere il castigo che ci siamo ampiamente meritato per aver apostatato da Dio ed avergli preferito l’Uomo, che è diventato “l’asso piglia tutto” ….
Ultimo intervento (sono clandestino e abusivo, nonchè refrattario ad una specifica richiesta di Luigi).
Cara Clodine, è quello che dici tu.
Il fatto è che quella Chiesa “evangelizzatrice e annunciatrice, ma del Cristo però” si è convertita in Chiesa pasticciera pipistrello ecc.
E questo a partire dalla GERARCHIA fino “alle comunità”. Il papa lo sa, lo sa benissimo. E “parla a nuora perché suocera intenda” quanto più può.
Chi ha il serpe nel manico dalla gerarchia al fedele, si risente. Ecco la “speranza” di Francesco, denunciare affinchè si ravvedano. Una volta “ravveduti” potranno essere quel famoso “lievito” evangelico.
Io, sinceramente come metodo (la denuncia indiretta) lo vedo molto gesuitico, e personalmente partirei “di petto”, ma il Sant’uomo che è papa Francesco è un semplice ma al tempo stesso avveduto, e sa che se prende la situazione di petto probabilmente fa la fine di Ratzinger.
Da buon “Generale”, sa che quando il tuo stato maggiore non è con te, conviene guadagnarti i soldati (pur correndo il rischio di pasticciare un poco le cose).
“Ho detto che i poveri sono al centro del Vangelo; sono anche all’inizio e alla fine.” “l pericolo che la comunità cristiana si “socializzi”, cioè che perda quella dimensione mistica, che perda la capacità di celebrare il Mistero e si trasformi in una organizzazione spirituale, cristiana, con valori cristiani, ma senza lievito profetico. Lì si è persa la funzione che hanno i poveri nella Chiesa. ”
Mi sembra dire che i poveri non sono solo questione “sociale” ma un vero e proprio “luogo teologico”.
« Il popolo di Dio necessita consolazione,
di essere consolato,
il consuelo.
Io penso che la Chiesa sia un ospedale da campo in questo momento.
Il popolo di Dio ci chiede di essere consolato.
Tante ferite, tante ferite che hanno bisogno di consolazione…
Dobbiamo ascoltare la parola di Isaia: Consolate, consolate il mio popolo! »
http://www.cyberteologia.it/2014/08/ecco-le-parole-di-papa-francesco-ai-gesuiti-coreani/
Noto ancora una volta che qualcuno qui parte da un errore per me madornale, e cioè dal pensare che i problemi dell’umanità possano essere risolti solo “da Dio, padrone della Storia”. E la Chiesa dovrebbe solo evangelizzare e annunciare.
Come dire agli uomini: “armatevi e partite”. Io resto sempre allibita da discorsi di questa fatta.
Ancora c’è chi è rimasto a questo stadio incredibilmente retrogrado di religiosità.
Mi chiedo se sia tanto difficile capire che la Chiesa, il cui nucleo centrale è la persona stessa di Gesù a cui i devotissimi fanno sempre appello, deve identificarsi con Lui.
E Lui istituì la Chiesa non solo per lanciare messaggi, ma per seguirlo.
Gesù non solo parlava, ma anche agiva in prima persona. Indicava con parabole concretissime quale dovesse, e debba, essere il comportamento degli uomini.
Dio ha bisogno degli uomini per agire nella storia. Noi siamo gli strumenti nelle sue mani, anche noi siamo quella “matita” di Dio che Madre Teresa diceva di essere. Mi sembra anche strano che lo si debba ricordare.
Se un popolo o un individuo è povero (realmente povero) sta fresco se aspetta che Dio risolva la sua povertà. C’è una giustizia sociale che non ha niente di ideologico ( come molti sembrano credere), ma corrisponde alla volontà di un Dio, Padre di tutti, il Quale non può volere differenze fra i suoi figli. Non può accettare che molti siano ricchi o ricchissimi a discapito di tanti altri che sono poveri. A meno che con le loro ricchezze non aiutino socialmente quelli che non lo sono. C’è la parabola del ricco epulone che parla chiaro, se la si vuol capire.
San Francesco lo aveva capito bene. Ora, pur non pretendendo che tutti arrivino ad essere altrettanti san Francesco, non si può ammettere che esistano divari sociali che gridano vendetta. Ed è inutile fare equilibrismi verbali per giustificare certa ricchezza di determinati uomini e della Chiesa stessa. Anche perché se gli uomini vedono le immense ricchezze della Chiesa, se ne strainfischiano delle belle prediche ( di chiunque, compreso il Papa di turno) che arrivano dal pulpito.
Tutta la storia della Chiesa ha visto un alternarsi di periodi in cui era di fatto abbastanza indifferente alle condizioni dei poveri, tranne a parole naturalmente, e fin troppo schierata per opportunismo con i potenti del momento ( basti pensare ad un periodo neanche tanto lontano), e periodi in cui sembrava aderire di più al vero messaggio del Cristo ed avvicinarsi maggiormente ai poveri.
E non è del tutto vero che le ricchezze della Chiesa siano devolute ad opere caritative. Questo è un alibi fin troppo facile di cui si servono quelli che vogliono difenderla sempre e comunque.
Come si spiega che ogni tanto salta fuori la storia di qualche sacerdote di cui si sono ritrovate somme ingenti? Dove va a finire tutto il danaro che viene dato in offerta per le messe di suffragio? A me risulta che una parte va ai preti, che ne dispongono come meglio credono ( il mio parroco, per esempio, mi ha detto che servono per le varie iniziative della parrocchia, e questo mi sta bene, ma non so se tutti facciano così) ed una parte va ai vescovi. E poi ci sono le questue varie per questo o per quel motivo. E non dimentichiamo che i preti ricevono una specie di stipendio; e anche questo è giustificabilissimo. Ma tutto il resto no, per me non è giustificabile.
Qualcuno si è chiesto qui chi debba essere considerato “povero”. E ha fatto capriole verbali per districarsi fra tanti distinguo.
Senza almanaccare troppo, si può dire che i poveri sono quelli che si trovano in situazioni di debolezza, di umiliazione; che non dispongono di potere, di denaro, di influenza. E sono ancora tanti. Oggi si ingrossano le file di quelli che vanno alle mense della Caritas e di altre associazioni benefiche.
Poi è anche vero che non pochi di questi si accontentano di poco ( anche di indossare “abiti indecenti”) e sembrano più felici di tanti ricchi, ma non è una buona ragione per infischiarsene di loro e per prendersela con chi fa sentire la sua voce per sanare queste situazioni di estrema precarietà.
Che due…….
Ecco, Sara1, ci siamo arrivati: quella dei «poveri come “luogo teologico”» è da parecchio che la si sente cantare, però me la dovresti spiegare per benino.
Viene dal sudamericana, detta così come l’ha detta Bergoglio pare una novità anche a me.
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/127821
http://www.lastampa.it/2014/03/09/cultura/opinioni/editoriali/la-chiesa-povera-con-i-poveri-d0svtFWiKOY3UAwnRhRa2N/pagina.html
Perdoni, gentile Sara1, ma lei mi posta la fuffa di Bianchi. Io invece volevo sapere come l’ha capita lei, che è una ragazza sveglia. Perché il mio sospetto è che stiano a infiascare la nebbia.
Per Sobrino i poveri sono un luogo fondamentale (quasi esclusivo) per Francesco sono importanti e c’è diversità per il resto mi pare che il Papa qui sia molto vicino a questa corrente teologica. (Non solo per gli aspetti sociali)
Anzi contrariamente alle accuse solite di orizzontalismo sociale lui ricorda che è l’incontro con i poveri che da la dimensione mistica alla Chiesa.
C’è anche un richiamo esplicito alla Teologia della prosperità dei movimenti pentecostali ( che in Corea se non sbaglio dovrebbero andare forte).
“… la fuffa di Bianchi”
Che megagalattica fesseria!!
Andando oltre la “doppietta”calibro 12,anzi, la “tripletta” –
Mi sembra, Franti, che di quella teologia accennata da sara [ “teologia dei poveri”] ne parlammo, anche se di sguincio, nel primo post, quello del 15 agosto @ 21:07 e poi in quello del 16 @ 8:4, di cui il “documento delle Catacombe”, che si tradusse ,in seguito nella famigerata “Teologia della liberazione” osteggiata dallo stesso Bergoglio. L’intento era dare un nuovo volto, alla Chiesa, una nuova identità, fare della povertà un luogo teologico, obbligante, la cui chiave di volta doveva essere la ricomprensione e il rinnovamento della Chiesa. Perciò, partendo dallo slogan :”mistero della Chiesa madre dei poveri”, e dal conseguente asserto per cui, ‘ gli ultimi sono un “sacramento” di Cristo povero che la Chiesa deve riconoscere, onorare e servire, volontà dei 40 Vescovi firmatari il “Patto” , visionato anche da Paolo VI e tuttavia sorvolato, non venne mai tradotto fattivamente, -secondo volontà dei vescovi latinoamericani- in nessuno dei Documenti Conciliari, se non di rimando nel decreto” Ad Gentes”.
La Teologia dei poveri, richiamnadosi a Mc 6, 7-13 intendeva istituire un ottavo sacramento: quella della povertà intesa come ottavo sacramento, appunto.
Insomma Chiesa e dinamismo missionario fu il “leitmotiv ” nel CVII di questi vescovi che teorizzavano un’intrinseca connessione tra presenza di Cristo nell’eucaristia e i poveri che, in sostanza, la “pro-vocano”. Per conseguenza “logica” questi ultimi sono essi stessi un “sacramento” , o volto visibile del povero per eccellenza: Cristo, che da ricco si fece povero per arricchire noi uomini (cfr. 2Cor 8, 9). Una ipotesi teologica ardita, tamnebte sentita in Assise dai 40 che si batterono affinché il De Ecclesia venisse scritto di nuovo a partire dal mistero del Cristo povero e che quello della povertà della Chiesa fosse l’unico tema di tutto il Vaticano II …suggerimento prospettico che non fu accolto .
Questo è quanto.
la tdl ricorda molto da vicino le dispute sulla povertà del medioevo. (in fondo Gutierrez è un domenicano e Boff un Francescano) .
Francesco muore nel 1226 e Niccolò IV diventa il primo francescano a salire sul soglio pontificio nel 1288. 62 anni, 1971 il libro Teologia della liberazione di Gutierrez 2013 Francesco Papa 42 anni siamo lì, volendo.
Una volta eliminati gli eccessi. (come avvenne al francescanesimo nelle dispute tra spirituali e conventuali).
E’ vero…le dispute sulla povertà sono un tema ricorrente fin dal medioevo, anzi, è proprio in piena crisi medievale che si sviluppano tutte le tesi pauperistiche [ basti ricordare “In nome della Rosa” ad esempio] stessi punti in comune, stessa sintesi…
Luigi Franti scrive,
16 agosto 2014 @ 16:14
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Occhio a quel che dici ovvero che stai ripetendo da tempo tempo in numerose occasioni. La pazienza non è per sempre.
E a mio avviso sei assai vicino alle sanzioni disposte all’Art. 595 c.p.
Ripeto: OCCHIO!
Mi sono sempre interrogato sul significatovdella prima Beatitudine. Perche‘Gesu‘ha detto beati i poveri in ispirito e non semplicemente beati i poveri?
Se crediamo che ogni parola ,ogni iota dei Vangeli abbia un significato allora vuol dire che Gesu‘non intendeva parlare dei “poveri“in senso economico-sociale ,ma dei poveri in ispirito,che saranno beati. Ma chi sono questi misteriosi poveri in ispirito?E‘importante capirlo. Se si fraintende questo punto si arriva all‘attuale slofan “la chiesa povera per i poveri“che sempra lontano anni luce da quel “beati i poveri in ispirito“.
Mi pare che il messaggio di Gesu‘da profondamente spirituale e religioso sia stato semplificato a categorie politico-sociali propio da quella Teologia della Liberazione sconfessata dai due papi e adesso ,pare,riabilitata da Bergoglio. La teologia della liberazione poi ha in se‘una contraddizione logica:se i poveri,intesi come categoria sociale ed economica ,sono detti “beati“da Gesu‘ perche voler combattere la poverta‘e redistribuire la ricchezza?
Insomma l‘ideale marxista a me pare facccia a pugni ,logicamente,coll‘ideale cristiano.
Ripeto chiediamoci piuttosto fosa ha voluto dire Gesu‘beati i poveri in ispirito.
Cerchiamo di essere una Chiesa ne‘ricca ne‘povera,ma “povera in ispirito“e come ci ha detto Gesu‘nostro sara‘il Regno dei cieli ( non il regno di questa terra)
Cara Discepolo ci sarebbe pure : Vai vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, ma immagino che Bultmann e la demitologizzazione siano arrivati anche dai tradi.
Del resto tutti. grandi Padri della Chiesa hanno inteso in senso allegorico e spirituale sia il Beati i poveri in ispirito sia gli altri passi del Vangelovdove si dice va‘vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri poi vieni e seguimi. I Padri. hanno sempre parlato di “rinuncia“non tanto e non solo ai beni materiali ma la rinuncia al proprio io,ai propri desideri mondani,alle proprie ambizioni,insomma uno spogliamento spirituale ,una vera umilta‘dell‘anima,e non semplicemente portare vestiti straccciati,dormire per terra ecc.
A me pare cge sia in atto come una orrenda semplificazione in senso secolare dell‘insegnamento di Gesu‘ e della tradizione della Chiesa,uno svuotamemto del suo significato. Non si nega apertamente la dottrina,ma la si svuota del suo significato spirituale. Si cade cosi‘ nell‘errore di proporre le proprie Tesi umane,troppo umane?siano esse politiche,socuaki economichd al messaggio di Gesu‘.
Per questo Giovanni Paolo II e Benedetto si sono sentiti in dovere di sconfessare la Teologia della Liberazione. La liberazione che offre tale teologia non e‘la liberazione che offre Cristo.
Fa sempre piacere vedere con quanta velenosita‘i misericordiosi cristiani moderni dicono “tradi“. Come un tempo si diceva “negro“ o giudeo. Dal Manuale del cattolico moderno:Non farai passare giorno senza una qualche punzecchiatura ai tradi.
Roberto e Sara lo seguono alla lettera.
🙂
Fa sempre piacere vedere i cattoliconi fare i tripli carpiati con avvitamento quando devono seguire il Vangelo e la Chiesa su quello che non aggrada loro.
🙂
Cara Sara qualche altro insulto?Che me sai tu se io seguoono la Chiesa e i Vangeli?Chi sei tu per giudicare?Mi conosci? Con che diritto tranci giudizi PERSONALI?
Io non ti insulto ,chiederei soloche tu facessi lo stesso con
me,,anche se dissenti da quello che penso. E‘ chiedere troppo? alla tua b
🙁
Senta Discepolo la questione della povertà è cosa vecchia, è vero c’è la povertà spirituale ma da sempre nella Chiesa si è vissuta anche la povertà concreta è uno dei voti insieme alla castità non ricorda?
Poi certo che povertà è una scelta, non si impone però non si può ridurre l’impegno concreto ad una sviolinata spiritualeggiante che lascia tutto com’è.
Lasci perdere il vittimismo e provi a leggere bene i testi di Francesco.
“l pericolo che la comunità cristiana si “socializzi”, cioè che perda quella dimensione mistica, che perda la capacità di celebrare il Mistero e si trasformi in una organizzazione spirituale, cristiana, con valori cristiani, ma senza lievito profetico. Lì si è persa la funzione che hanno i poveri nella Chiesa. ”
se uno la rilegge per dire capisce che non c’entra nulla la socializzazione e il marxismo ma anzi si capisce che questo regno spirituale che lei cita si trova proprio così a contatto con le povertà umane, materiali e non, e del resto se le capitasse di leggere Gutierrez (mai condannato tra parentesi) si renderebbe conto che non c’entra nulla con le solite accuse di marxismo ecc.
Ho citato tempo fa un suo intervento su San Giovanni Della Croce, ecco volendo queste parole del Papa si possono anche interpretare così.
Fame, povertà, ingiustizia sociale, disuguglianza, e per contro: ricchezza, benessere, potere, ingiustizia, adorazione degli idoli, a me sembra sia da sempre. Non esiste epoca storica dalla fondazione del mondo, dalla prima disobbedienza Adamitica, in cui non si è parlato di ricchezza e povertà, di ingiustizia e arroganza del ricco. Anche la società ebraica del perido in cui visse Gesù esistevano la povertà e la ricchezza, e lui, stando ai Vangeli, bazzicò entrambe le condizioni: Zaccheo era ricco, anche Matteo , il “cravattaro” lo era. Ma il Nazareno non disdegnò affatto gli inviti a cena e a pranzo di questi personaggi ambigui, odiati dalla gente per il modo col quale si erano arricchiti. E lo erano, e moltissimo.
Ecco, allora, perché non cerchiamo di dare una spiegazione logica ai due lemmi in prospettiva cristologica !?
Io credo che il baricentro vada spostato più più suò tema “obbedienza”/ “disobbedienza” che ricchezza/povertà. Rilfettiamo: non sarà -alla luce del Vangelo- che il Signore s’ispiri più ad una povertà volontaria in funzione dell’obbediente e sequela che non ad una mera applicazione materiale, che dice poco o niente ai fini animici? Io credo che, se il giovane ricco se ne andò triste fu perché , comprese, in cuor suo, che gli era stata offerta una grande opportunità: diventare Apostolo; ma davanti a quella scelta obbediente. perché la richiesta di Gesù fu perentoria : “Vendi”! Egli rifiutò, a malincuore, però, non accettò la sequela. Al l contrario Matteo che,chiamato a lasciare la ricchezza lasciò immediatamente il dazio, obbedì alla voce del maestro e lo seguì. Perché, non ci può essere dubbio sulla serietà della chiamata di Gesù e questo vale per tutti, anche per noi..
La Parola ci pone dinnanzi una riflessione più acuta, più profonda, che va al di la delle categorie ricco/povero. Si tratta, almeno io la vivo così, di fare una scelta, un salto nel buio e ci si chiede fiducia, abbandono totale alla Sua parola che è solida come un terreno roccioso, stabile. Più di qualsiasi altra sicurezza del mondo.
Devo una risposta a Nino, che mi minaccia di querela per diffamazione, perché ho espresso l’opinione che lui sia ricco.
Vedo che è della scuola di Enzo Bianchi e di p.Alfonso Bruno (vedi, per esempio, qui: http://www.corrispondenzaromana.it/le-idee-imposte-per-decreto/).
Sono così spaventato che lo accontento subito, dichiarando che ho cambiato idea e mi sono convinto che è povero. Anzi, poverissimo.
(Poi, quando ha tempo e voglia, gli suggerisco di farsi spiegare da qualcuno esperto come sia possibile offendere la reputazione di un nickname, cioè in buona sostanza di un anonimo. Poiché quella è la fattispecie tutelata dall’art. 595 c.p. da lui gentilmente citato. Anche ammesso e non concesso che dare del ricco a qualcuno sia diffamante, chi è “Nino” e quale reputazione ha da difendere?)
: )))
Che monellaccio sei…
Per tornare al tema di Zaccheo, che trovo emblematico. La spinta che lo portò ad uscire per vedere Gesù, fu dettata da semplice curiosità, senza alcuna intenzione di una possible convertito , lontana anni luce dai suoi pensieri, e ben consapevole della modalità con la quale aveva accumulato la sua enorme ricchezza-sulla carne viva della povera gente- e se la teneva ben stretta.
Era pure consapevole, essendo stato escluso dalla comunità religiosa, di essere oggetto di mormorazioni alle quali non dava la minima importanza ,continuando a fare la sua bella vita e a riempire i forzieri straripanti. Un’immagine che è l’icona di situazioni che sono all’ordine del giorno. Però, la curiosità, il desiderio di vedere quell’uomo Gesù, di cui ha sentito parlare è autentica, “seria”, tanto da salire sul primo, e forse unico, albero di quella strada..
Ora, il fatto che Gesù non domandi a Zaccheo nulla circa la sua ricchezza, né chiede di vendere ecc, ma si pone dinnanzi a lui scevro da ogni giudizio, con l’atteggiamento di chi vuole instaurare un’amicizia senza schemi, calcoli, o possibili condizioni , non fa forse supporre che l’insegnamento è altrove?
Man mano che viene coinvolto da Gesù,Zaccheo entra in simpatia, anzi, si stabilisce tra i due una profonda empatia. Da un certo momento in avanti questi -che conosceva perfetamente le fraudolenze commesse, e come la legge imponesse la restituire del mal tolto cosa fuori discussione, impensabile – perché ora, davanti a Cristo si accinge a riconsegnare il quadruplo? Io credo, semplicemnete perché inizia a fare sue le norme, viste fino ad allora come un ostacolo, assumerle come proprie. Per questo dico che tutte le derive possibili , di povertà, miseria e tutto quanto afflige questo mondo allo sbando dipende dal relativismo personale, da quell’assenza di Dio, in Cristo., che [come dice Francesco] indebolisce qualsiasi identità
corrige @ una possible conversione…
@discepolo delle 09.21
Eppure carissima, io nel Vangelo di Luca leggo ciò:
“Beati voi poveri perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20)
Non vi è specificazione “in spirito”.
A proposito di povertà e ricchezza, o, meglio, di eguaglianza, mi piace ricordare ai molti che se ne sono dimenticati e che disquisiscono sulle due categorie, che i primi cristiani mettevano tutti i loro beni in comune.
Forse lo facevano perché erano dei folli (?!), ma così stavano le cose.
Oggi, se dicessimo che erano dei “comunisti” ante litteram, molti si ribellerebbero e troverebbero mille paraspifferi per non lasciare entrare nemmeno un refolo di aria secondo loro malsana.
Immagino alcuni di qui, che mi guardo bene dal nominare, che nel sentire quel termine (comunismo nel senso però di “comunione”) già si sentono nauseati.
Guardi, Marilisa, che la prassi attestata da Atti 2,45 per la prima comunità cristiana di Gerusalemme («chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno») era strettamente legata all’attesa dell’imminente ritorno di Cristo (e fine del mondo). Solo in questa prospettiva – che i primi cristiani concepivano in termini estremamente ristretti (forse addirittura di pochissimi anni, se non di mesi) – si può giustificare un sistema come quello descritto, cioè un’economia esclusivamente di consumo. Non si parla, infatti, marxianamente, di proprietà collettiva dei mezzi di produzione, ma di alienazione dei patrimoni e consumazione delle risorse ricavate. Questo lo può fare solo un piccolo gruppo di discepoli che, nei primi anni trenta, è convinto che tra poco sarà tutto finito. Per il resto, di quel comunismo lì non c’è traccia nel cristianesimo antico. È una delle tante balle moderne.
Basti dire che appena venti anni dopo Paolo di Tarso se la prende con quelli che, sempre aspettando la parusia, volevano continuare a vivere a spese della collettività: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3,10).
Se non crede a me, che sono un sempliciotto, se lo faccia spiegare da qualche persona istruita.
immagino alcuni di qui, che mi guardo bene dal nominare, che nel sentire quel termine (comunismo nel senso però di “comunione”) già si sentono nauseati.
No, non nauseati, ma disgustati, trattandosi di una ideologia con un un pedigree di milioni di vittime.
Il suo parere non mi interessa, signora.
Comunque, anche le ideologie di destra hanno prodotto milioni di vittime innocenti. Del resto, tutte le ideologie approdano ad un estremismo nefasto; anche quelle di stampo religioso, come stiamo constatando, ahimè, in questo periodo.
Il fatto che le ideologie di destra e il fondamentalismo religioso hanno prodotto milioni di vittime innocenti non diminuisce di un pelo l’orrore prodotto da un’ideologia che sovente viene accostata erroneamente al cristianesimo.
Quindi per rispetto di tanti innocenti trucidati evitiamo di riprendere l’orribile termine “comunismo” e di accostarlo a quello cristiano di “comunione”.
Sig. Luigi Franti(@ 15:56),
non è che io non le creda. Può essere che sia come lei afferma. Del resto, a me il marxismo, filosoficamente parlando, non interessa. Però, come dovrebbe aver capito da tempo, a me interessa, eccome!, la giustizia sociale.
Non per altro, ma perché tutti gli uomini hanno la medesima dignità, e a parer mio la povertà la calpesta, tale dignità, posto che i poveri vengono umiliati, consapevolmente o meno, da chi povero non è.
Lei dice:”Per il resto, di quel comunismo lì non c’è traccia nel cristianesimo antico. È una delle tante balle moderne.”
Le propongo, senza commento, una paginetta (da Treccani) dove si legge:
“Nel cristianesimo delle origini vi era una corrente radicale, la quale affermava che l’unione dei credenti richiedeva la condivisione paritaria della ricchezza prodotta. Sant’Ambrogio sostenne che la proprietà era usurpazione.
Nella tarda antichità e nel Medioevo fecero periodicamente la loro comparsa movimenti popolari ed esponenti religiosi, i quali predicavano l’avvento di un ‘millennio’ (millenarismo) che avrebbe visto il trionfo del bene sul male generato dalla divisione tra ricchi e poveri.
Nella prima metà del 15° secolo i taboriti fondarono nella Boemia settentrionale, in una città da essi denominata Tabor da un monte della Galilea, una ‘nuova Gerusalemme’ su base comunista. Nel corso della Riforma protestante nella prima metà del Cinquecento correnti del protestantesimo presero a predicare che il vero cristianesimo comportava il possesso collettivo dei beni. Tali furono quella guidata da Thomas Münzer in Germania nel corso della guerra dei contadini (1524-26) e il movimento degli anabattisti (così chiamati perché sostenevano il battesimo degli adulti), i quali crearono nel 1534 una repubblica teocratica comunista a Münster.
Nel Seicento in Paraguay i gesuiti, desiderosi di sottrarre alla schiavitù gli Indios, diedero vita a uno Stato comunista. Tutte queste comunità furono distrutte con la violenza.
I primi grandi teorici comunisti furono l’inglese Tommaso Moro (vissuto tra la fine del 15° secolo e i primi decenni del 16°) e il calabrese Tommaso Campanella (vissuto un secolo dopo). Moro, reagendo alla dilagante miseria, delineò nel saggio del 1516 Utopia (che significa “senza luogo”) una società quale non si era ancora mai vista, organizzata sulla base di un progetto teso ad assicurare la pubblica felicità mediante l’uso dei beni in comune. Nell’isola di Utopia tutti lavorano e dividono con equità i prodotti della terra, consumando insieme i loro pasti.
E Campanella in La città del sole (1602) immaginò una società teocratica, dove non esisteva la proprietà privata, guidata da una minoranza di sapienti.
Nel corso della Rivoluzione inglese, intorno alla metà del 17° secolo, emerse un movimento i cui componenti rivendicavano il diritto dei poveri di impadronirsi della terra e di zapparla in comune (di qui il nome di “zappatori”).
In Francia, durante la Rivoluzione, il comunismo trovò espressione nelle teorie e nell’azione di François-Noël Babeuf, soprannominato Gracchus (18° secolo), il quale propagandò l’introduzione del comunismo nelle campagne e nell’industria artigianale. Babeuf e i suoi seguaci sostennero nel Manifesto degli eguali la necessità di fare, dopo la rivoluzione del Terzo stato (la borghesia), quella del Quarto stato, formato dai lavoratori e dai poveri.”
Come può vedere, sig. Franti, l’esigenza forse discutibile di mettere i beni in comune non è proprio una balla colossale moderna che rimanda l’immaginazione esclusivamente all’ odiatissimo Marx e ai comunisti tanto vituperati.
Mancano solo i sette nani e i quaranta ladroni.