Nuova strage di italiani a Nassiriya. I giornalisti vanno a cercare i familiari dei carabinieri che morirono nel novembre del 2003. “Sono sempre in contatto con altre vedove. Ci siamo messe a piangere. Ho perso tutto, con mio marito” dice dolente Sabrina Brancato alla collega Elisabetta Rosaspina del Corsera. E Tiziana Ragazzi: “Veglio che i miei bambini crescano senza odio e senza desiderio di vendetta, fieri del padre”. “Io e lui eravamo quasi uguali – confida Marco Intravaio, gemello di uno dei morti di allora – e quando mi chiamano Mimmo, anzichè Marco, mi rendono felice”. Infine un padre, Enzo Vanzan, parla così dei parenti delle nuove vittime: “La loro sofferenza durerà per sempre, ma tutto quello che si può fare per loro è pregare che non si smarriscano, come sto facendo io nel solo modo che conosco, andando a trovare i lagunari”. Questo padre amputato del figlio ci insegna che infiniti sono i modi di pregare. Lo si può fare andando a trovare i lagunari, essendo contenti d’essere chiamati “Mimmo anzichè Marco”, aiutando i figli a crescere senza odio, piangendo i morti degli altri come una piange quello che era tutto per lei.