Ho due figli a Parigi che tornano per Natale. Aspetto il loro ritorno: è la mia attesa più viva in questo momento. “L’uomo è vivo finchè attende” ha detto Benedetto all’inizio dell’Avvento (vedi post del 28 novembre). Nei nove giorni che ci separano dal Natale dirò qui, una al giorno, le mie attese.
Nove giorni a Natale: aspetto il ritorno dei figli
6 Comments
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Che bella idea questa della Novena. Complimenti.
Jean Josipovici, che ci invita a coltivare e far crescere la particella divina che è dentro ognuno di noi scrive:
“Beati coloro che coltivano la voluttà dell’attesa”.
A volte però l’attesa diventa angoscia, penso ai miei figli quando tornano tardi la notte;
Altre volte l’attesa si logora e rischia di trasformarsi in noia: duemila anni sono tanti!
Duemila anni sono tanti se la visione è … tolemaica. In una diversa prospettiva (meno antropocentrica e avente invece come punto di fuoco il singolo uomo concreto) sono ben poca cosa. Il computo del tempo è soprattutto quello del nostro tempo, il tempo della nostra vita, che non è una lunga ricapitolazione, ma un sempre nuovo iniziare, simile a molti ma identico a nessuno. Cristo viene presso ciascuno di noi personalmente, come personale e sempre nuovo è il nostro incontro con Lui e come personale per noi è la Croce che porta e su cui viene issato, oggi come ieri.
I problemi della seconda attesa in questo nostro tempo di mezzo tra il Natale e la parusia non mi appassionano particolarmente: la nostra attesa vera è la vita che viviamo, che si fa attesa ogni qual volta cerchiamo di essere uomini nuovi. Maràna tha.
Da una visitatrice che si firma Ombretta ricevo questo messaggio:
E’ davvero una bella idea – quella esposta in questo post – perché rende merito dell’attesa ed ha i piedi per terra. So che sei creativo – Luigi – e mi complimento… poi ti emulo perché anch’io attendo i figli e un marito preso dai problemi dei suoi genitori… e quando non vado con lui, mentre aspetto a casa, prego perché i ragazzi realizzino il frutto del loro impegno e i miei suoceri si sentano coccolati affrontando al meglio possibile e giorno dopo giorno l’attesa dell’accettazione che è per me il miracolo primo e vero di fronte alla malattia. Auguri a te ed alla tua famiglia, ma anche agli amici di cui leggo i commenti nel tuo blog. Ombretta.
Gerry: “I problemi della seconda attesa in questo nostro tempo di mezzo tra il Natale e la parusia non mi appassionano”. Io invece non trovo nulla di più appassionante. Le parole del Vangelo che mi calamitano di più sono queste, in Luca 21: “Alzatevi e levate il capo perchè la vostra liberazione è vicina“. Ma immagino che potremmo intenderci, Gerry. Le attese della vita come come segno e invocazione dell’attesa più grande. Può andare?
Caro Luigi, ti debbo una risposta, che non può essere che affermativa.
Io volevo solo ribadire la validità dell’insegnamento paolino quando ricorda a tutti noi di vivere la nostra vita in Cristo lavorando e sporcandoci le mani, non di sospendere ogni cosa in attesa della seconda venuta del Signore, che verrà a giudicarci su quel che avremo fatto (aspettandoLo, certo, ma su quel che avremo fatto).
Riguardo alla parusia, ti faccio parte di un mio piccolo segreto: quando a Messa ripeto “in attesa della Tua venuta” tra me e me soggiungo: “ultima”.