Don Corrado Forest di Vittorio Veneto, 80 anni, viene ricoverato per il Covid – 19 e al vescovo che gli telefona per sapere come sta risponde: “Non è male che anche qualche prete prenda questo tipo di malattia per condividere quello che vivono molte altre persone”. Nel primo commento la notizia che di questa morte ha dato il settimanale della diocesi e nel secondo un mio richiamo a un’altra storia di pandemia con analoga riflessione di un prete poi deceduto.
“Non è male che qualche prete prenda questa malattia”
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Telefonata del vescovo. Dopo un ricovero in ospedale, prima ad Oderzo e poi a Treviso, inizialmente dovuto al complicarsi delle sue già fragili condizioni di salute, che si sono poi aggravate in quanto positivo al Coronavirus, il 3 aprile è morto don Corrado Forest.
Nato a Mansuè nel 1940, don Corrado era stato ordinato prete nel 1967 dal vescovo Albino Luciani: ha esercitato il suo ministero sacerdotale come vicario cooperatore nelle parrocchie di Vazzola, Mansuè e Caneva, come vice-rettore al Collegio Vescovile Dante Alighieri e poi come parroco a Farrò di Follina. Arciprete parroco di Fontanelle dal 1996 al 2004, e poi di Tempio di Ormelle.
Don Massimo Bazzichetto, moderatore dell’Unità Pastorale di San Polo-Vazzola in cui don Corrado era inserito, commenta così la sua scomparsa: “L’ultimo ricordo di don Corrado è quello della telefonata che gli ho fatto alcuni giorni fa, per sentire come andava la sua salute. Si sentiva dalla voce affaticata che portava il peso della sofferenza, ma non è mancata la sua battuta simpatica che ha strappato una fragorosa risata. Così, ancora una volta, ha voluto lasciare la sua impronta gioiosa che, credo, sia una delle caratteristiche principali del suo ministero sacerdotale”.
Don Corrado è il primo sacerdote della diocesi di Vittorio Veneto a morire nella pandemia. Il vescovo Corrado Pizziolo lo aveva contattato telefonicamente quando gli era stato confermato di essere positivo al Covid-19 e gli aveva così risposto: “Non è male che anche qualche prete prenda questo tipo di malattia per condividere quello che vivono molte altre persone”.
https://www.lazione.it/Attualita/DIOCESI-E-morto-don-Corrado-Forest
Nel segno della condivisione. Tra le storie di pandemia da me raccolte e qui narrate, ce n’è un’altra nella quale un altro sacerdote, don Orlando Bartolucci di Pesaro, poi deceduto, da me interpellato in un momento che era parso di guarigione, aveva avuto parole di accettazione della malattia nel segno della condivisione con la propria gente: “Anche se tutto è pesante, doloroso, non so per quale motivo, spiritualmente mi sento “contento” di aver fatto questa esperienza. E’ l’aver in certo qual modo condiviso una storia con la tua gente. Ammalati e non ammalati tutti, proprio tutti, siamo stati coinvolti in questa realtà. Nella mia parrocchia – in un mese – sono morte 20 persone”.
http://www.luigiaccattoli.it/blog/a-don-orlando-che-era-contento-di-questa-esperienza/#comments
Diciannove storie. Questa di don Corrado Forest è la diciannovesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/
Con l’amore spesso nascosto di ciascuno, un chicco di grano nella terra, camminiamo in Gesù e verso Gesù.
È avvenuta la vittoria del cuore immacolato di Maria?
Nel maggio 2010 Benedetto XVI chiese a Maria, a Fatima, che si affrettasse la vittoria del suo cuore immacolato entro il centenario delle apparizioni ai tre pastorelli (2017).
E davvero sono successe molte cose negli anni seguenti. A che punto siamo? Maria sembra stimolare un cammino semplice e gradualmente sempre più profondo in Gesù e verso il suo nuovo venire. Allora aiutiamoci a divenire vissutamente sentinelle. E forse questo è già un grande dono: al tempo di Gesù vi era un gran fermento per l’attesa del Messia. Una volta riconosciutolo il pericolo nel tempo può essere divenuto talora quello di impossessarsene. Rischiando di spegnere in varia misura la speranza, il desiderio di un continuo traboccamento delle varie tendenze nell’oltre del Figlio dell’uomo. Fin dall’inizio della sua predicazione Cristo comunicava alle persone non tanto di convertirsi, quasi con le proprie moralistiche forze, ma di lasciarsi portare oltre, perché il regno dei cieli è vicino. E verso la fine della vita pubblica Gesù ha aggiunto che aveva molte cose ancora da dirci ma per il momento i discepoli non erano capaci di portarne il peso. Ma lo Spirito avrebbe condotto la Chiesa verso la verità tutta intera, sempre facendoci tornare in modo rinnovato a Cristo stesso, ai vangeli, alla sua rivelazione virtualmente piena. E nei vangeli lo vediamo insegnare ai discepoli che il regno di Dio è in mezzo a noi, viene col contributo di ciascuno. La verità tutta intera non è un’arida dottrina ma Lui stesso, il suo amore meraviglioso, liberante, pacificante, vivificante, datore di ogni bene. Il cuore di Maria ci aiuta a dire sì alla grazia, a cercare di riconoscere i suoi sempre nuovi doni. Questa è la vittoria più profonda, ciò che dà vita al cuore di una persona. Ma forse siamo anche in un passaggio epocale, come accenno al link seguente: https://gpcentofanti.altervista.org/germogli-di-un-tempo-nuovo/
Rif. ore 18.32- Vittoria de che?
Io sto linguaggio della “vittoria del cuore di Maria” non l’ho mai capito e tanto meno oggi che lo usano i “senza Dio” della politica leghista.
Ritengo che nemmeno Joseph Ratzinger l’abbia mai usato questo linguaggio prima del 2010 (se diversamente, qualcuno porti i testi – grazie). Sta scritto: “saranno predicati nel nome di Gesù a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (Luca 24, 47).
Non si parla, nel Vangelo, della vittoria di nessuno, né prima né dopo il 2017.
Rispondo alla richiesta di Amigoni: “Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità”.. Sono le ultime righe dell’omelia pronunciata da Benedetto xvi a Fatima il 13 maggio 2010 (http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20100513_fatima.html ). Sono comunque d’accordo sul fatto che nei vangeli Gesù non usa il linguaggio di vittoria (a quanro pare comunque non estraneo al linguaggio biblico se certe traduzioni sono verificate. Si veda Genesi 32, 29, un episodio davvero decisivo (http://www.treccani.it/enciclopedia/israele_res-526de154-8bb0-11dc-8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/). Si può comunque recepire il senso di un dono, come fa Benedetto xvi nel testo sopra citato. E certo non mi pare abbia intenzioni strettamente politiche.
Nel post precedente Luigi parla per esempio di divulgazione, ossia di un un tenere presenti certe differenze di espressione. Divulgazione non è per esempio intuizione innovativa.
Nei vangeli Gesù parla per esempio di gloria, di venire glorificato. Ma certo non è una competizione il senso del suo esprimersi. Il trionfo cui si riferisce Benedetto xvi mi pare lui stesso lo legga come grazia di vita.
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-20-agosto-2020/
Carissimo Don Giampaolo,sono perfettamente d’accordo con i suoi commenti, li condivido e riporto, incollando, lo stralcio di un bell’articolo, tratto dal sito di Alleanzacattolica.org dedicato a Fatima e alla consacrazione del cuore Immacolato di Maria alla Russia.
In proposito riporta le parole dell’allora cardinale Ratzinger , nell’omelia della Messa «Pro eligendo Romano Pontifice», celebrata come decano del Sacro Collegio, prima del conclave dal quale sarebbe uscito Papa con il nome di Benedetto XVI. «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa». E aggiunge una frase che dovrebbe fare riflettere: «L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo» Queste parole inducono a credere in un collegamento fra i due periodi; il Novecento, che termina con la rimozione del Muro di Berlino nel 1989 e soprattutto con la fine dell’Unione Sovietica (URSS) nel 1991, quando la Russia «smette di diffondere i suoi errori nel mondo»; e il mondo post-moderno, quello attuale, successivo all’epoca delle ideologie, dominato dalla «dittatura del relativismo». Dalla fine della capacità di seduzione e di espansione del comunismo non nasce un mondo pacificato, tutt’altro. Il ciclo di morte e di terrore non è stato fermato. La storia, quindi, non finisce, come aveva invece previsto qualcuno , ma continua drammaticamente, seppure in un contesto cambiato…
Al reverendo Amigoni , citando Biffi, direi che in quanto a proclamare l’imminenza di ore tranquille e rasserenate sono piuttosto i falsi profeti tant’è. Un ultimo appunto a quel riferimento ai “senza Dio” che, detto da un sacerdote, lo trovo sgradevole, e offensivo nei confronti del popolo italiano che ne rappresenta la maggioranza. Ci penserà la storia a giudicherà chi sono “i senza Dio”, aro Padre Amigoni, a partire da tutti gli affari del Vaticano, ricco di significati politici e soprattutto terreni, in cui emergono non solo le ambizioni più indegne , ma anche gli aspetti meno pii dei suoi rappresentanti … fortunatamente, c’è un resto d’Israele di cui il nostro don Giampaolo ne rappresenta un fulgido esempio. Grazie a Dio!
Rif. ore 18.35 – Quali frasi?
Sono andato a rileggere l’omelia della messa “pro eligendo romano pontifice”
del 18.4.2005. Vi ho trovato tante cose utili, tra cui bellissime frasi sulla misericordia di Dio. Le frasi citate sopra sembrano appartenere a quella omelia; compaiono in realtà nella omelia di Fatima, sopra riportata, del maggio 2010.
Per la signora Clodine. Grazie. Nella mia piccolezza sono in cerca del cuore di Gesu’, come osserva lei del suo sempre nuobo. In comunione e obbedienza nella Chiesa, cercando di imparare da tutti, dove possibile in dialogo sereno e sincero. Cosi anche in politica il mio riferimento e’ Gesu’. Sono un po’ fuori, sotto certi aspetti, dal resto.
del suo sempre nuovo venire. Mi e partito l’invio mentre correggevo il testo.
Rif. ore 3.38 e 4.00 – Verrà nella gloria
Accenni e frasi richiamate del Vangelo si riferiscono solo a Gesù il Signore; a nessun’altra persona. Quanto a Ratzinger, invocavo testi idonei della sua sterminata produzione di teologo, fino al 2005; non dei suoi panegirici da papa.
Approvo i “Fatti di Vangelo” sul COVID19. Conviene che quanto di buono è emerso da questa pesante esperienza venga riposto come un tesoro.
Far parlare la vita delle persone è un gran dono.
Quanto a p Amigoni le lascio uno spunto di Ratzinger su come egli stesso vede la teologia:
Benedetto XVI, Prefazione al volume iniziale dei miei scritti, 29.VI.2008, in J. RATZINGER, Opera omnia. Teologia della Liturgia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, p. 5-9
Il Concilio Vaticano II iniziò i suoi lavori con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, che poi venne solennemente votato il 4 dicembre 1963 come primo frutto della grande assise della Chiesa, con il rango di una costituzione. Che il tema della liturgia si trovasse all’inizio dei lavori del Concilio e che la costituzione sulla liturgia divenisse il suo primo risultato venne considerato a prima vista piuttosto un caso. Papa Giovanni aveva convocato l’assemblea dei vescovi con una decisione da tutti condivisa con gioia, per ribadire la presenza del cristianesimo in una epoca di profondi cambiamenti, ma senza proporre un determinato programma. Dalla commissione preparatoria era stata messa insieme un’ampia serie di progetti. Ma mancava una bussola per poter trovare la strada in questa abbondanza di proposte. Fra tutti i progetti il testo sulla sacra liturgia sembrò quello meno controverso. Così esso apparve subito adatto: come una specie di esercizio, per così dire, con il quale i Padri potessero apprendere i metodi del lavoro conciliare.
Ciò che a prima vista potrebbe sembrare un caso, si rivela, guardando alla gerarchia dei temi e dei compiti della Chiesa, come la cosa anche intrinsecamente più giusta. Cominciando con il tema “liturgia”, si mise inequivocabilmente in luce il primato di Dio, la priorità del tema “Dio”. Dio innanzitutto, così ci dice l’inizio della costituzione sulla liturgia. Quando lo sguardo su Dio non è determinante ogni altra cosa perde il suo orientamento. Le parole della regola benedettina “Ergo nihil Operi Dei praeponatur” (43, 3: “Quindi non si anteponga nulla all’Opera di Dio”) valgono in modo specifico per il monachesimo, ma hanno valore, come ordine delle priorità, anche per la vita della Chiesa e di ciascuno nella sua rispettiva maniera. È forse utile qui ricordare che nel termine “ortodossia” la seconda metà della parola, “doxa”, non significa “opinione”, ma “splendore”, “glorificazione”: non si tratta di una corretta “opinione” su Dio, ma di un modo giusto di glorificarlo, di dargli una risposta. Poiché questa è la domanda fondamentale dell’uomo che comincia a capire se stesso nel modo giusto: come debbo io incontrare Dio? Così, l’apprendere il modo giusto dell’adorazione – dell’ortodossia – è ciò che ci viene donato soprattutto dalla fede.
Quando ho deciso, dopo qualche esitazione, di accettare il progetto di una edizione di tutte le mie opere, mi è stato subito chiaro che vi dovesse valere l’ordine delle priorità del Concilio, e che quindi il primo volume ad uscire doveva essere quello con i miei scritti sulla liturgia. La liturgia della Chiesa è stata per me, fin dalla mia infanzia, l’attività centrale della mia vita, ed è diventata, alla scuola teologica di maestri come Schmaus, Söhngen, Pascher e Guardini, anche il centro del mio lavoro teologico. Come materia specifica ho scelto la teologia fondamentale, perché volevo innanzitutto andare fino in fondo alla domanda: perché crediamo? Ma in questa domanda era inclusa fin dall’inizio l’altra sulla giusta risposta da dare a Dio, e quindi anche la domanda sul servizio divino. Proprio da qui debbono essere intesi i miei lavori sulla liturgia. Non mi interessavano i problemi specifici della scienza liturgica, ma sempre l’ancoraggio della liturgia nell’atto fondamentale della nostra fede e quindi anche il suo posto nella nostra intera esistenza umana.
In questo testo vi è anche una risposta al tema della gloria e del dono di Dio.
Bellissimo intervento Don Giampaolo, che ho letto con interesse. Mi soffermo e rifletto su quanto segue:
“È forse utile qui ricordare che nel termine “ortodossia” la seconda metà della parola, “doxa”, non significa “opinione”, ma “splendore”, “glorificazione”: non si tratta di una corretta “opinione” su Dio, ma di un modo giusto di glorificarlo, di dargli una risposta.”
E’ del tutto evidente: Dio è sempre un’esperienza, mai un’opinione, solo nella fede,e in fiducia assoluta si riesce a percepire,intuire,e infine cogliere e accogliere il sottile disegno divino.
“Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?”
Prima Lettera ai Corinzi (1, 17-19).
Un caro saluto a don Giampaolo, a padre Luigi Amigoni, ad Antonella agli scriventi tutti e ad Accattoli, ovviamente…
Un caro saluto a tutti
Rif. 19 agosto ore 23.02 – De Maria nihil quicquam
Nella sterminata ricopiatura di testi ratzingeriani (papali) la Madonna non è mai nominata. Di questo si stava discutendo, e di tempi anteriori al 2005.
Per p. Amigoni. Ha chiesto testi di Ratzinger su Fatima e glieli ho trasmessi. Ha chiesto testi teologici dell’autore in questione e le ho scritto, attraverso un testo teologico di Ratzinger, che per lui la liturgia è la fonte della vita e della teologia, dunque per lui le omelie sono di altissimo significato. Se lei, come scrive, le ritiene panegirici posso solo risponderle che io invece condivido il discernimento di questo teologo. Ma gli ultimi pontefici hanno tutti riconosciuto le parole di Maria a Fatima anche se la Chiesa non ritiene obbligatorio per la fede cattolica prestare loro assenso.
Padre Amigoni, suvvìa,forse Benedetto XVI non avrà scritto quanto lei vorrebbe sulla Vergine Maria, ma quello che ha scritto lo ha scritto più che bene! Probabilmente una mariologia breve, se vogliamo sintetica, ma per nulla insufficiente teologicamente e teologalmente, sotto tutti i punti di vista: antropologico,storico salvifico, ecclesiologico, cristologico, iconologico, profetico e chi più ne ha più ne metta rispetta alla Vergin Maria. Papa Benedetto XVI da grande teologo qual’è sempre stato mai avrebbe omesso di meditare la Parola di Dio riguardo Maria di Nazareth. Oltre a “Porta fidei” e altri 17 documenti del Magistero, c’è molto e tanto ancora da meditare, imparare, venerare…molto e tanto!
Rif. 10.11 – Testi specifici di Ratzinger
Ho chiesto (18 agosto, ore 23.05) testi del teologo Ratzinger (prima di essere papa) su cuore immacolato di Maria e cose annesse.
Padre Amigoni, come può dire che l’allora Prefetto della Congregazione
per la Dottrina della Fede Joseph Card. Ratzinger non hai abbia mai fatto menzione del “cuore immacolato di Maria”, ma certo che si. Ovvio che a gestire i commenti sui segreti di Fatima in sede opportuna furono i Pontefici “regnanti” -da Pio XII, che ebbe con suor Lucia Dos Santos continui contatti tanto da conservare il testo del Terzo segreto nel suo appartamento, a Giovanni XXIII, che al contrario lo ignorò- di certo chi più di tutti ne ebbe a cuore la devozione fu Giovanni Paolo II tanto che, nel passaggio dal secondo al terzo millennio, decise di rendere pubblico il testo della terza parte , In modo monco a detta di molti e lo sospetto, anche se non sta a me decidere se questo corrisponde al vero, e neppure ne avrei le competenza non essendo studiosa di Fatima. Certo è, che l’intervento dell’allora prefetto cardinal Ratzinger in merito all’intero commento teologico riferisce sul “Cuore Immacolato di Maria”spiegandone il senso…Non mi spingo nella ricerca perché francamente non trovo sia così rilevante ai fini della fede sapere quante volte l’allora Prefetto Ratzinger abbia citato il cuore immacolato di Maria.
«Eravamo tornati allo spirito più austero, più intenso della regola benedettina. L’ho considerato un momento di grazia particolare che ci ha consentito di vivere l’essenza della vita monastica. Nessun turista, nessun ospite, negozio chiuso. Meno distrazioni e questo ci aiutato a riflettere, ad approfondire, come se fosse stato un lungo periodo di esercizi spirituali».
Parole di Stefano Visentin, Abate dell’Abbazia di Praglia. Che tristezza nel leggerle. Soprattutto perché prive di pietà per i comuni mortali soggetti al virus. Per fortuna ci sono stati preti come Don Forest.
Alberto Farina