“Fin dai primi tempi della Chiesa esiste la tentazione di intendere la dottrina in un senso ideologico o di ridurla ad un insieme di teorie astratte e cristallizzate”: così ha parlato stamane il Papa alla plenaria della Congregazione per la dottrina della fede, riaffermando la sua radicale contrarietà alla tentazione delle ideologie, comprese quelle cristiane, che aveva già esposto nella Evangelii gaudium (39-42) e prima ancora in varie omelie e nell’intervista alle riviste dei Gesuiti. Su quella contrarietà ho scritto un pignolissimo articolo pubblicato dalla rivista “Il Regno”: Bergoglio allergico alle ideologie. Comprese quelle cristiane.
No alla tentazione delle ideologie cristiane
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“Tenendo conto dell’intero contesto della citazione potremmo dedurne questa descrizione del concetto di ideologia secondo Bergoglio: ogni ermeneutica di vita che prescinda dalla Croce.”
Chiarissimo e vincolante per ognuno.
Mi pare però evidente che non ci sia nulla di “originale” in questo.
E’ la stessa impostazione su cui si basa il Vangelo tutto intero.
Metti tra parentesi la Croce ( vissuta e intesa come la vive e intende Cristo) e il cristianesimo ti si sfarina in mano.
http://www.zenit.org/it/articles/la-vera-teologia-unisce-la-teologia-che-divide-e-una-ideologia
Le differenze ideologiche creano le divisioni nella Chiesa. Ma questo succede anche in Europa dove ci sono per esempio dei cosiddetti cattolici progressisti e conservatori. Questo ricorda la situazione in Corinto dove c’era chi si riferiva a Paolo, c’era chi si riferiva a Pietro, gli altri invece a Cristo. Ma noi tutti dobbiamo essere uniti in Cristo, perché Dio unisce, il male divide. La teologia che crea le divisioni è piuttosto una ideologia. La vera teologia deve indirizzare a Dio allora non può creare le divisioni.
La contrapposizione tra legge e grazia non mi sembra una novità nel cristianesimo, basta pensare a San Paolo e al fatto che i comandamenti vanno interpretati secondo il comandamento dell’amore.
Come dire che la fedeltà cristiana non è perbenismo borghese ma un darsi completamente all’altro.
http://www.news.va/it/news/il-papa-se-perdiamo-il-senso-di-dio-il-peggiore-de
Vale la pena sottolineare anche questo aspetto.
Che non solo ogni ermeneutica di vita che prescinda dalla croce si perverte in ideologia, ma che ” Il mistero della Croce lo comprendono solo quelli che rinunciano a ogni altra ermeneutica di vita e sanno che bisogna lasciare che i morti seppelliscano i loro morti” (In Lui solo la speranza, Jaca Book-Lev 2013, p. 92s). “. Tradotto: puoi essere un teologone e rimanere estraneo al mistero della Croce, e dunque fare della ideologia, piu’ che della teologia.
Posso essere un “cristiano” che rifiuta la strada esclusiva della Croce, e che sarò?Un ” seano”.Uno che segue se stesso, magari vagamente ispirandosi a quello che gli piace di Cristo.
La cosa forte della questione è che seguendo questo ragionamento non solo è possibile facilmente individuare una ” ideologia della poverta’”(L’ideologo non sa cosa sia l’amore, perché non sa darsi) , ma anche una “ideologia dell’amore”, una “ideologia del darsi”. Che consiste nell” amorismo”, quel parlare & parlare di amore, e dono di sé, e poi-banalmente- non passare ai fatti.
Per questo la strada della Croce che ci viene proposta come scelta da Gesù, è il vero momento-verità e la vera cartina di tornasole .
La tenerezza, l’amore e la mitezza di Gesù fossero rimaste parole, sarebbero parole tra le tante.
Sono via di libertà e di pienezza per ognuno di noi perchè si sono ” tradotte” nella sua Croce. Allo stesso modo( e non ce ne sono altri) io posso scegliere se fermarmi al mulinobianco del sentimentalismo- anche religioso- o andare fino in fondo.
Amore, tenerezza , mitezza, dono di sè, sono tutte entrate della stessa autostrada che tardi o tosto ci porta – senza manco troppe curve- al calvario.
E se non fosse così, saremmo perduti in partenza!
Senza troppe parole mettiamola così:
la vita è fatta di piccole e grandi croci, ed è la verità più vera che possa esserci. Ognuno ha le sue.
Accettarle come un retaggio “normale”, senza cercarle come “indispensabili” per la via della salvezza, e senza dolorismi di nessun genere,significa mettersi alla sequela del Cristo.
Chi è cristiano unisce le sue ai patimenti di Gesù e Lui conosce molto meglio di noi i meriti che ne derivano per il Bene dell’umanità e per la realizzazione del Regno.
Le analisi minuziose mi sembrano alquanto oziose.
solito equivoco da evitare, difatti, Marilisa.
Non c’è niente da “cercarsi”, quando si parla di croci.
Sono già tutte lì, presenti in scandalosa e schifosa abbondanza, come sanno benissimo tutti, compresi i non credenti, che ne sono afflitti quanto noi.
Ma sull’accettazione, ci andrei cauto…anche il fatalista accetta, e chiunque, in determinate circostanze, lo fa: non si puo’ fare diversamente.
E’ il “rinnega te stesso, prendi ogni giorno la tua croce e seguimi” che fa la differenza.
Non è la croce in sè, la libertà.
Niente, ma proprio niente di bello, nella croce.
La sequela di Cristo è in quell’altra ricettina.
Il resto, hai ragione tu, è tutta robetta oziosa.
il che vuole poi dire che io posso anche barrare la casella B e “prendere ogni giorno la mia croce” fino all’erosimo, ma se non barro la A e la C,- rinnega te stesso; seguimi- sarò anche eroico, ma sempre pervicace seano resto.
quanto al dolorismo, è l’ideologia in cui è stata pervertita la proposta liberante di Gesù. teniamocene ben ben alla larga , perchè il rischio di scivolarci dentro è sempre altissimo.
Dire cristianesimo senza croce vuol dire cristianesimo senza redenzione e allora si si rischia di ridurre il cristianesimo ad una filosofia o ideologia politica come via di salvezza.
Quando si parla di Regno e di messaggio di speranza C’è questo da tenere in considerazione.
La differenza tra ideologia cristiana , e fede è secondo me il “punto di partenza” . L’ideologia cristiana parte dal proprio IO, dalla propria idea di Dio, dalle proprie opinioni e dai propri gusti, Partendo dall’IO tenta di appropriarsi di Dio e di definirlo: Dio è così e così….
La vera fede invece è quando è Dio che si appropria dell’anima, è quando l’anima rimane stupefatta ed annientata e non può più che dire: Mio Signore e mio Dio! come Tommaso quando mise le mani nei segni dei chiodi.
L’ideologia cristiana è partire dalle proprie idee di come dovrebbe essere DIO .
Quanto più siamo pervasi dall’importanza del nostro EGO e delle nostre idee tanto più rischiamo di essere ideologi piuttosto che fedeli,
del resto salire sulla croce è meno difficile che rinunciare a se’ stessi.
la vera agonia di Cristo fu nell’Orto del Getsemani , dove rinunciò a se’ stesso al proprio Io: non la mia ma la TUa volontà sia fatta. E se fu così difficile per lui, rinunciare a se’ stesso e alla propria volontà tanto che i Vangeli ci dicono che sudò sangue, figuriamoci come è difficile per noi!
Rinunciare al proprio IO è la cosa più difficile in assoluto e l’unica che viene
richiesta perchè Dio si appropri dell’anima e la trasformi .
per questo l’ideologia cristiana è così diffusa , mentre la vera fede scarseggia anche o soprattutto fra chi si dice cristiano.
Ho letto l’articolo: molto bello, ed anche l’omelia del papa che esordisce dicendo:“i compiti della Congregazione per la Dottrina della Fede sono legati alla missione del Successore di Pietro di confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22,32)” con l’impegno di “«promuovere e tutelare la dottrina sulla fede e i costumi in tutto l’orbe cattolico». Musica per le mie orecchie: parole che mi riempiono di vibrante soddisfazione;
sull’ideologia religiosa, intesa come distorcente l’idea fondante il Cristianesimo – così come il Vangelo ce lo trasmette e al quale attingiamo per alimentare la fede [almeno per quanto mi riguarda]- credo che se infiltrazioni e contaminazioni “ideologico-religiose”ci siano state, nella Chiesa, ho grossi dubbi che a dover fare “ mea culpa” sia il povero Cristo che tenta la via della sequela e ad un certo punto del percorso venga assalito dalla tentazione di appropriarsi dei doni della salvezza -che, sola, viene da Dio- per addomesticarli , come dice il Papa. Ma penso che il processo, assai più complesso e di più ampia portata, risalga a “monte”, e neppure tanto imputabile al ” nucleo primordiale” che tentò i primi passi nella nascente Chiesa, ma a quelli successivi con ben altre mire, i quali a loro volta ne alimentarono di più grandi [nuclei] con sempre meno conoscenza della dottrina e del Vangelo e, proprio come per i vasi comunicanti, alla fine il tutto confluì in un flusso di idee o ideologie che proprio come si propaga un virus infetto, come un fiume in piena ha investito tutti: i singoli soggetti, interi stati che diventano “strutture di peccato” fino a costruisce una rete, anzi un tessuto collettivo smagliato, fragile proprio come lo è l’odierna società impregnata d’ anarchia, disuguaglianza, oppressione e corruzione a tutti i livelli …
Lorenzo, forse ti sono sfuggite le mie parole dell’ultima parte del post.
Le ripropongo:
“Chi è cristiano unisce le sue ai patimenti di Gesù e Lui conosce molto meglio di noi i meriti che ne derivano per il Bene dell’umanità e per la realizzazione del Regno.”
Il che vuol dire semplicemente che nell’accettazione e nell’unione dei nostri patimenti a quelli del Cristo, è insito e sottinteso–a me sembra– il rinnegamento di sé.
Se sbaglio, correggimi.
Secondo me nella critica alle ideologie c’è sempre la volontà di mettere in risalto la grazia e la tenerezza di Dio.
Anche la croce e’ segno infinito amore e per questo infinito amore passa la salvezza.
Un amore tenero anche nella carità, attento a chi di ha davanti.
Però non mi sembra così nuovo.
Ratzinger durante un corso di esercizi spirituali tenuti nel 1986 (pubblicati nel 2009 con il titolo «Guardare Cristo: esempi di fede, speranza e carità» dall’editrice Jaca Book) aveva affermato: «L’altra faccia dello stesso vizio è il pelagianesimo dei pii. Essi non vogliono avere nessun perdono e in genere nessun vero dono di Dio. Essi vogliono essere in ordine: non perdono ma giusta ricompensa. Vorrebbero non speranza ma sicurezza. Con un duro rigorismo di esercizi religiosi, con preghiere e azioni, essi vogliono procurarsi un diritto alla beatitudine. Manca loro l’umiltà essenziale per ogni amore, l’umiltà di ricevere doni a di là del nostro agire e meritare. La negazione della speranza a favore della sicurezza davanti a cui ora ci troviamo si fonda sull’incapacità di vivere la tensione verso ciò che deve venire e abbandonarsi alla bontà di Dio. Così questo pelagianesimo è un’apostasia dall’amore e dalla speranza, ma in profondità anche dalla fede».
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francis-francisco-benedetto-xvi-benedict-xvi-benedicto-xvi-25586/
Dice bene Sara, non è “tanto nuovo.”
Perché è un richiamo al nucleo- implicito o esplicito – del vangelo.
ma figurati, che vuoi che corregga, Marilisa 🙂
volevo solo dire che un conto è unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo (certo una grande cosa, e non cosa da tutti): quello è un modo di vivere la sofferenza inevitabile che comunque ci toccherebbe almeno sopportare.
Un altro è rendersi conto che il suggerimento della strada indicata da Gesù quando parla di “noi e croce” NON serve solo in casi di sofferenza acuta patita inevitabilmente su di sé. Il rinnegamento di sé parte molto prima , si fa carico di molte altre cose davanti alle quali possiamo anche girarci dall’altra parte – e quindi evitabilissime, di per sé- e continua molto dopo, con la cd. sequela….
La “proposta della croce” non mira tanto ad avere sacrifici viventi, quanto ad offrirci la strada della liberazione, della realizzazione piena, in ultima analisi della felicità.
Certamente la CdF ha compiti legati alla missione del Successore di Pietro di confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22,32)” con l’impegno di “«promuovere e tutelare la dottrina sulla fede e i costumi in tutto l’orbe cattolico»… e ci mancherebbe pure, che dovrebbe dire un papa?
Bella anche la sottolineatura successiva
” In realtà, la dottrina ha l’unico scopo di servire la vita del Popolo di Dio ed intende assicurare alla nostra fede un fondamento certo.Fin dai primi tempi della Chiesa esiste la tentazione di intendere la dottrina in un senso ideologico o di ridurla ad un insieme di teorie astratte e cristallizzate (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 39-42).”
Credo comunque che non solo Papa Francesco ma anche i suoi predcessori sono stati allergici alle ideologie anchecristiane. Non dimentichiamo che Giiovanni Paolo II il papa santo ha combattuto tutta la sua vita l’ideologia marxista e la sua variante cristiana la teologia della liberazione,pronunciando giudizi inappellabi e ex-catedra contro di ssa. Benetto poi ha combwttutto l’ideologia del relativismo e la sua variante cristiana finche’le forze non lo hanno abbandonato. Essere allergici alle ideologie non basta ,spero che anche Francesco se e’davvero cosi’allergico alle ideologie come dice Luigi dica parole chiare e inequovocabili. Perche’anche l’ambiguita’e’una specie di ideologia.
Come si vede , le parole chiare e inequivocabili Francesco le dice, e le dice eccome.
Il problema è quando io mi fisso che dica esattamente le “parole chiare e inequivocabili” che io mi aspetterei che dicesse , che vorrei tanto che dicesse, che ” non è possibile che non le dica “. che ” vedrai che prima o poi le dirà e allora …”.
E’ per questo, che “non basta” mai.
Anche molta teologia approssimativa,calcolatrice, contraddittoria , assai più attenta a fare proseliti, interprete di vaghezza di contenuti che inganna ein- genera quell’ideologia della fede di cui parla Francesco. Motivo per il quale perfino la summa teologica di Tommaso D’Aquino -punto cardine per la concezione cattolica dell’ uomo- non trova più casa. Mi duole dirlo, ma ravviso una contraddizione quando si pretende di arginare l’ideologia, da un lato, e si affossa il dogma, dall’altro, è come scomporre l’anima , chese ne va da una parte, dal corpo , che ne se vadall’altra, mentre la dimensione dello spirito, principio universale, è smarrita del tutto [ tema, ahinoi, obsoleto,sancito dal concilio di Costantinopoli nell’896] . Allora,come stupirsi della deriva lamentata dal papa….
Anche il dialogo ecumenico intrapreso dal CVII, è a mio avviso, ideologico: ci si sforzi nel voler creare “un’armonia che valorizza le differenze in modo dialettico e trascendente”. Non è forse ideologico e in più utopistico esigere la conversione alle vie di Dio sapendo in partenza che tale impegno postula una maturità che non esiste nell’ordierno “ordine mondiale costituito”?
Non mi pare ci sia nulla di idelogico nel dialogo ecumenico intrapreso dal CVII.
Ci sarebbe, se si esigesse da una qualunque delle parti un convergere delle altri sulla propria posizione. Ma nel momento in cui si indica la direzione di tendere a una armonia che valorizzi le differenze in modo dialettico (necessariamente) e trascendente ( necessariamente), si indica solo una meta difficilissima, nulla di ideologico.
Al limite, “utopistico” a viste umane.D’altra parte non è utopistico a viste umane proporre come f Gesù a ciascuno di noi la conversione alle vie di Dio sapendo in partenza che questo impegno postula una maturità che non esiste affatto- di suo- presso nessun uomo?
Chiedo scusa: non ho capito bene, e chiedo lumi.
Chi ha sfrattato la summa teologica di san Tommaso?
Chi ha affossato il dogma?
“Molta teologia approssimativa,calcolatrice, contraddittoria , assai più attenta a fare proseliti, interprete di vaghezza di contenuti che inganna e in- genera quell’ideologia della fede di cui parla Francesco..
Ho risposto …mi sembrava di averlo fatto abbastanza chiaramente.
Sul resto, lorenzo, che dire, lei è un inguaribile idealista, felice per lei,ci mancherebbe!