Parole di Vangelo sono venute dal nuovo superiore dei gesuiti Adolfo Nicolás con l’omelia della Messa di ringraziamento seguita alla sua elezione, avvenuta sabato 19 gennaio. Ha ricordato le parole di uno dei confratelli che si congratulava con lui: “Non ti dimenticare dei poveri”. E ha così continuato: “Forse questo saluto è il più importante. I poveri, gli emarginati, gli esclusi; in questo mondo della globalizzazione aumentano coloro che sono esclusi da tutto. Tutti coloro che vengono diminuiti, perché la società ha posto per i grandi ma non per i piccoli; tutti coloro che si trovano in situazioni di svantaggio, che sono manipolati; tutti questi sono forse per noi le nuove nazioni, le nazioni che hanno bisogno del profeta, del messaggio di Dio che è per tutti”. Mando un abbraccio al padre Nicolas.
Nicolas non dimenticare i poveri
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Un uomo di gerarchia, un uomo di potere, il “papa nero”… Portatore però di un messaggio d’amore di lucida bellezza. E’ il carisma particolare che lo Spirito concede a chi assume un servizio difficile e necessario? E’ la caratteristica di chi, eletto a una carica di grande prestigio, non per questo rinuncia all’obbligo di porgere l’orecchio agli ultimi, che saranno i primi?
Le parole di padre Nicolas mi commuovono e mi spingono a guardare in alto.
(Però… E ti prego di non dirmi che sto guardando il dito invece che la luna… Non ti nascondo che le ultime tredici parole mi lasciano una sensazione di stonatura. “Il profeta”? Come, “il profeta”? Non era meglio, in tempi come questi, liberare da ogni ambiguità l’espressione?)
il profeta è con la minuscola, è colui che si fa testimone e voce per la parola di Dio, non la Parola stessa
abbraccio anche io padre Nicolas, auspico una gerarchia e dei superiori religiosi che – rimanendo tali e conservando dignità anche visibile al proprio ruolo – mettano i poveri al centro, rovescino le coordinate del mondo, offrano il proprio peso e il proprio carisma per quelli che stanno ai margini, buttati fuori pista dalla crudeltà della storia
Di cuore mi unisco all’abbraccio per padre Nicolas.
Vorrei anche tranquillizzare Sump (se posso usare anch’io la simpatica abbreviazione): il profetismo (o la profezia) è eredità comune alla tradizione biblica (ebraico-cristiana), prima di esserlo per il musulmani.. credo che padre Nicolas si riferisse alla profezia che in questa tradizione si riferisce all’annuncio del Regno di Dio, cioè del piano di salvezza per tutti gli uomini annunciato e realizzato da Gesù Cristo, disegno di amore per tutti, a cominciare da “poveri, emarginati, esclusi…”
Del resto, mica possiamo rinunciare alla croce perchè nel frattempo è anche diventata un richiesto ornamento per decolté…
Sump non c’era alcuna stonatura nel testo completo, perchè lì era chiaro il riferimento al profeta Isaia, capitolo 49, 3.5-6, che era stato letto nella messa e che il padre Nicolas commentava, dove il Signore dice al “suo servo” che lo renderà “luce delle nazioni”. Per farla breve riporto l’intero testo.
Omelia del P. Generale Adolfo Nicolas SJ, Chiesa del Gesù, domenica 20 gennaio 2008 (2a del Tempo Ordinario). Santa Messa di ringraziamento.
Prima di tutto vorrei dire che questo non è un messaggio per il mondo, ma è una semplice omelia, una riflessione in preghiera sulle letture di oggi.
Per i gesuiti che stanno qui: This is not a message for the world, it is a simple homily, a reflection on the readings of today. For a couple of minutes, I will be just a Christian reflecting on the Gospel.
Credo che la prima lettura di Isaia dia in certo senso a tutti noi cristiani la visione di qual è la nostra missione nel mondo. Isaia ci dice che siamo tutti chiamati a essere servi, a servire. E’ un messaggio chiaro su qual è la nostra missione, come gesuiti, come cristiani, come popolo di Dio. Dio ci fa servitori, e in questo Dio prova piacere. La traduzione spagnola che è stata letta dice che Dio è “orgoglioso” del suo servo. La traduzione italiana dice: Dio “si compiace”, prova piacere, e credo che sia più vicina a ciò che la Bibbia vuol dire. E più noi siamo servitori, più Dio prova piacere. Credo che questa sia un’immagine che oggi dobbiamo portare con noi.
I giornali, le riviste, stanno giocando in questi giorni con i “cliché”: il “papa nero”, il “papa bianco”, potere, incontri, discussioni, ma tutto questo è così superficiale, è così irreale. Questo è soltanto un po’ di nutrimento per coloro che amano la politica, ma non per noi. Isaia ci dice: servire dà piacere a Dio. E’ servire che conta. Servire la Chiesa, servire il mondo, servire gli uomini, servire il Vangelo.
Anche Ignazio ci ha detto, come riassunto della nostra vita: “In tutto amare e servire”. E il nostro Papa, il Santo Padre Benedetto XVI, ci ha detto che Dio è amore, ci ha ricordato l’essenza del Vangelo.
Subito dopo, Isaia ci dice dove sta la forza del servitore. E dice: la forza del servitore è soltanto Dio. Noi non abbiamo nessun’altra forza: né le forze esterne della politica o del denaro o degli strumenti di comunicazione sociale, né la forza interna della ricerca culturale, dello studio, dei titoli accademici. Soltanto Dio, come i poveri.
L’altro giorno conversavo con uno di voi, ricordando il tempo in cui ho avuto qualche esperienza di lavoro con i migranti. Un’esperienza che mi aveva colpito molto è quella di una filippina che aveva avuto molte difficoltà, aveva sofferto molto cercando di integrarsi in Giappone, di trovare una strada per la sua vita. Un giorno ha trovato un’altra filippina che le domandava consiglio: “Ho difficoltà con mio marito; non so se divorziare o continuare”, e così via con tutti questi problemi che purtroppo sono così comuni. Allora la prima filippina le ha detto: “Adesso io non so che cosa dirti, ma vieni con me alla chiesa e preghiamo, perché noi poveri ci aiuta soltanto Dio”. Questo mi ha colpito molto, perché è così vero. Per i poveri, soltanto Dio è la forza. Per noi, soltanto Dio è la forza. Per il servizio disinteressato, senza condizioni, soltanto Dio è la forza.
E poi il profeta continua, e ci parla di salvezza. Il nostro messaggio è un messaggio di salvezza. E poi continua ancora – e questo è il punto che oggi mi ha colpito di più -: il nostro Dio, la nostra fede, il nostro messaggio, la nostra salvezza sono così grandi, che non si possono mettere in un contenitore, in un paese, in un gruppo, in una comunità, nemmeno in una comunità religiosa. Queste sono notizie di salvezza per tutte le nazioni. E’ un messaggio universale, perché il messaggio stesso è grande. E’ un messaggio che non si può ridurre a null’altro.
Qui oggi abbiamo rappresentate tutte le nazioni. Tutte. Tutto il mondo è rappresentato qui. Ma forse le nazioni continuano ancora ad aprirsi. Io mi interrogavo su quali sono oggi per noi le nazioni, perché qui abbiamo tutte le nazioni geografiche, ma forse ci sono altre nazioni, altre comunità, non geografiche ma umane, comunità umane che chiedono il nostro aiuto. I poveri, gli emarginati, gli esclusi; in questo mondo della globalizzazione aumentano coloro che sono esclusi da tutto. Tutti coloro che vengono diminuiti, perché la società ha posto per i grandi ma non per i piccoli; tutti coloro che si trovano in situazioni di svantaggio, sono manipolati; tutti questi sono forse per noi le nuove nazioni, le nazioni che hanno bisogno del profeta, del messaggio di Dio che è per tutti.
Ieri, dopo l’elezione, dopo il primo shock, è venuto un momento di aiuto fraterno, e tutti voi mi avete dato un saluto molto generoso, offrendo appoggio e aiuto, e uno di voi mi ha detto, quasi in un sussurro: “Non ti dimenticare dei poveri”. Forse questo saluto è il più importante, come ha fatto Paolo con le chiese più ricche, ricordando loro i poveri di Gerusalemme. “Non ti dimenticare dei poveri”: queste sono le nostre nazioni. Queste sono le nazioni per cui la salvezza è ancora un sogno, un desiderio. Forse essa è già fra loro; io credo che sia già fra loro, però non la sentono ancora.
E poi gli altri. Gli altri sono i nostri collaboratori, se partecipano alla stessa visione e hanno lo stesso cuore che Cristo ci ha dato. E se hanno una visione più grande e un cuore più grande, allora noi siamo i loro collaboratori. Perché quello che conta è la salvezza, la gioia dei poveri. Quello che conta, quello che è reale, è la speranza, la salvezza, e noi vogliamo che questa salvezza si estenda. Che sia come un’esplosione di salvezza: è così che parla Isaia. Che sia una salvezza che tocchi a tutti, una salvezza secondo il cuore di Dio, la sua volontà, il suo Spirito.
Noi continuiamo la nostra Congregazione Generale. Forse questo è il punto che dobbiamo ancora discernere: a questo momento della storia, dove deve rivolgersi la nostra attenzione, il nostro servizio, la nostra energia? O in altre parole, qual è il colore, il tono, la figura della salvezza oggi, per tanti e tanti che hanno bisogno, per tante nazioni umane, non geografiche, che ancora chiedono salvezza? Quello che sembra salvezza per alcuni, non lo è per altri. Ci sono molti che aspettano una salvezza, che forse noi non abbiamo ancora capito. E allora, aprirsi a queste realtà forse è la sfida, la chiamata di questo momento.
E così – e con questo arriviamo al Vangelo – noi potremo essere veri discepoli dell’Agnello di Dio, quello che veramente ci ha portato fuori dai nostri peccati, che ci ha portato in un mondo nuovo.
E lui, l’Agnello di Dio, ha presentato se stesso come servitore, erede della dottrina di Isaia, del messaggio dei profeti. E questo essere servitori sarà il segno caratteristico, il marchio della nostra missione, della chiamata alle quale cerchiamo di rispondere in questi giorni.
Ora dunque preghiamo tutti insieme di vivere questo senso di missione per la Chiesa, missione per le nazioni, – non per noi – ma per le nazioni che ancora sono lontane, non geograficamente ma umanamente, esistenzialmente. E preghiamo di poter collaborare un poco alla gioia, alla speranza che viene con il Vangelo, e di poterlo fare con molto amore e con un servizio disinteressato.
Grazie dott Luigi per averci riportato questa bellissima omelia di Padre Nicolas. A dire il vero padre Nicolas mi incute un po’ di soggezione, così come la congregazione dei Gesuiti: la più antica in seno alla Chiesa, e forse quella che possiede la maggiore influenza.
La prolusione bellissima e densa di significato è la traccia di un programma rivolto all’intera ecumene, specialmente in quelle nazioni non ancora raggiunte dalla speranza del Vangelo e dove l’ombra lunga della povertà, e non solo, raggiunge l’intollerabile!
Però mi chiedo: come potrebbe realizzarsi un programma così ardito in favore dei povere e degli ultimi quando la chiesa stessa è frammentata e sofferente e quando all’interno di Essa stessa non è ancora arrivata la vera conversione? Lo so che adesso scatenerò l'” Ira Dies” però e così.
Come si può raggiungere il cuore degli individui, soprattutto gli ultimi quando ci sono spaccature nel tessuto stesso del Corpo di Cristo! faccio spesso questa riflessione, la faccio mia, e mi spavento!
La divisione della Chiesa è uno scandalo e una vergogna, chiunque non l’ha impedita, chiunque in qualsiasi forma ne abbia dato il pretesto ne condivide la colpa, una colpa che grava su tutti, così come le famiglie separate che non si sono riconciliate. Così come all’interno di queste ultime c’è chi patisce maggiormente le privazioni e la sofferenza della divisione ,similmente nella Chiesa ne soffrono gli ultimi, gli svantaggiati, che all’interno di questo Corpo visibile e al contempo invisibile non vengono riconosciuti: il litigio è il ventre molle dove si annida il male, la miseria, e il peccato.
Abbiamo una idea distorta del profeta, quasi fosse un vate che si straccia le vesti, o una Sibilla pronta a proferire chissà quale verità nascosta.
Non c’è più nulla da profetare perché è tutto chiaro -per chi vuole vedere naturalmente, e non si tappa gli occhi- l’ultima volta che Iddio ha parlato l’ha fatto con il Figlio Suo: “Questi è il Figlio Mio, l’Eletto: Ascoltatelo” , c’è solo da chiedersi se veramente Lo stiamo ascoltando! ” I carismi sono tanti -I Cor 13,1- ma uno è il più eccellente di tutti: la carità” che è il meno appariscente ma il più efficace e non avrà mai fine. Purtroppo l’uomo è sempre più incapace di produrre la carità.
Ma la carità postula una conversione: la metànoia ,anche e soprattutto nel cuore dei “pastori” dei Prelati nei quali spesso manca o se c’è talvolta è inefficace a causa del sistema che ne impedisce i frutti. Penso che solo in forza della giustificazione aperata da Dio, e in una fede incondizionata e incrollabile nel Suo aiuto si possono realizzare i grandi progetti di pace, unità solidarietà nei confronti degli ultimi, e non certo in un fanatismo religioso sterile, che non porta da nessuna parte!
E infine la sola parola che dovrà rimanere è questa:” così anche voi, quando avrete fatto ciò che vi è stato comandato dovrete dire:” Siamo servi inutili: abbiamo fatto ciò che dovevamo fare” (luca 17 e qualcosa..)
Per Fabricianus: sta tranquillo, ti porto nel cuore e nelle preghiere..
Il Profeta?
non è un vate.
[“Dunque questo Gesù di Betleem e di Nazareth è il profeta dei poveri?
è il rivelatore della loro dignità, della loro priorità, della loro fortuna?
Non è demagogia; è riabilitazione nell’eccellenza terrena e nella speranza ultraterrena dei diseredati dai beni della terra.”]
UDIENZA GENERALE DI PAOLO VI – Mercoledì, 5 gennaio 1977
PS.
per Paolo VI, il profeta è colui che legge nel presente i segni dei tempi
un saluto,
matteo
In Cristo sappiamo tutto ciò che c’era da sapere: non ci sono altre rivelazioni. E se non lo si è compreso in 2.000 anni dubito che le cose possano cambiare senza una radicale conversione.
Eppure il Signore è sempre lì, con La Sua promessa, non dobbiamo mai dimenticare che Egli è morto e risorto per la Sua Chiesa, e non solo: Dio ha concluso il Suo patto con l’Umanità intera, Gesù Cristo è morto e Risorto non solo per Lei (Chiesa) ma per tutti.
Tuttavia alla Chiesa è stato assegnato il compito di Evangelizzare, con tutto il fardello di difficoltà e fallimenti talvolta tragici, relativi a questo immenso compito, deve operare un servizio tutt’altro che facile, e non vi si può sottrarre: come potrebbe se “Per Cristo, Con Cristo, In Cristo” condivide l’universo intero dell’uomo nella sua totalità, Le è stato fatto questo dono: portare Cristo al mondo, anche se non può, né potrà mai risolvere i problemi di questa umanità alla deriva………..
…
Clodine hai scritto che “purtroppo l’uomo è sempre più incapace di produrre la carità”: credo che non sia vero e vorrei dirtelo prima che tu parta per la Terra Santa. Credo che oggi sia più arduo e forse più raro – rispetto, poniamo, ai tempi di Dante o a quelli di Cristo – l’atto di fede ma più spontaneo e forse più frequente l’atto di carità. Ci si occupa molto più che in passato dei forestieri, dei malati, degli svantaggiati, dei menomati. Gli ebrei sono stati sempre perseguitati dai cristiani ma solo in epoca contemporanea abbiamo avuto tanti cristiani che sono morti per salvarli. Tra i ragazzi della mia “pizza e vangelo” (vedi a questa voce nella pagina “Collaborazione a riviste” elencata sotto la mia foto) quelli che aiutano il prossimo sono più numerosi di quelli che si dicono credenti. La carità portata e insegnata da Cristo ha fatto lievitare anche fuori delle Chiese un’umanità più fraterna. Solo oggi si usano gli eserciti per missioni umanitarie. Clodine aiutami con la tua viva parola di sorella a completare quello che qui ho provato a dire.
anche io, Clodine credo che Luigi abbia ragione.
Stavo scrivendo in proposito uno dei miei pistolotti… ma mi sono auto-censurato. Comunque, volevo in qualche modo legare la vostra riflessione alla già discussa questione della irrilevanza (o presunta tale) di un certo modo di incarnare la fede.
Vabbè… comunque il Vangelo dei “servi inutili” è quello letto il giorno del nostro matrimonio (era domenica e abbiamo lasciato le letture del giorno – 7 ottobre 2001). Ci sono particolarmente legato.
ps. caro Sumpontcura: quello che Alessandro Iapino ha fatto del tuo nick è vergognoso… è la più classica delle “riduzioni giornalistiche”. Ribellati! 🙂
A Luigi: ho appena letto il testo integrale di padre Nicolas: non solo risolve alla radice il lieve disagio di cui parlavo nel mio intervento precedente, ma mi è sembrato – a una prima lettura – un riferimento nodale per il mio percorso di ricerca. Grazie di cuore.
A Clodine: la visione che presenti è drammatica. Non sarò certo io a giudicare la fondatezza delle tue argomentazioni, dalle quali traspare, oltre tutto, una sofferenza partecipe e vibrata: sono l’ultimo arrivato, con una preparazione lacunosa e – come dire – invecchiata. Ma, per quel niente che vale, voglio dirti che tendo a vedere le cose più in positivo. Le divisioni all’interno della Chiesa, le scelte superficiali e gli errori di alcuni Pastori… esistono e come, ma quando mai non sono esistiti? Persino fra i Dodici, anche a non voler considerare il traditore, quante miserie, quante incomprensioni, quanti difetti di fede e di carità! La Chiesa è questa, ma con tutti i suoi difetti si rivelerà – grazie a Cristo suo capo – più forte delle potenze dell’inferno.
Al moralista: ma no, “Sump” va benissimo! E’ molto meno pomposo, si pronuncia in un amen, e richiama comunque il titolo del motu proprio che mi piace tanto. (Ciao. Posso farti gli auguri più affettuosi per Luisa, per Miriam – e anche per la “strillona”?).
… certo, Sump che puoi farmi gli auguri… devi!… Ché la paura a volte si affaccia e mi lascia qualche secondo in apnea.
Quando, navigando sulle nuvolette, mia moglie e io ci siamo portati a casa, dall’ospedale dove era nato, quel simpaticone di nostro figlio Paolo, eravamo reduci da letture attente e meticolose sulla puericultura e sulle scienze connesse. Ma arrivati a sera, fra vaschette, disinfettanti, ciucci, pompette aspiralatte etc. etc., per un attimo mi son sentito mancare e mi è venuto in mente: “Ma che son matti, ad affidare una creatura a un imbranato come me?”. Poi, grazie a Santa Pupa, le cose sono andate benone.
(Per i non-romani: il popolo dell’Urbe ha sempre avuto una gran devozione per Santa Pupa, una santa che non c’è nei calendari, ma che doveva e deve esistere per forza: chi ci penserebbe, altrimenti, a proteggere dai pericoli questi fringuelli dolcissimi ma, a volte, scatenati e imprudenti?)
“Dio è Amore, ed è lo Spirito Santo che così tutti ci convoca.
È la vocazione dei Popoli, ciascuno con la propria lingua, cioè col genio suo proprio di esprimere la sua umanità;
ma tutti chiamati ad un’a sola e organica concezione dell’universo, della storia, dei destini essenziali della nostra esistenza;
tutti prediletti per costituire una sola e vera famiglia, la Chiesa unica e universale!
Venite! è lo Spirito che ci convoca alla giustizia, alla fratellanza, alla pace! Venite! esuli della terra senza speranza;
venite, poveri e sofferenti ed oppressi d’ogni società costruita senza basi di principii trascendenti;
venite, fanciulli bisognosi di gioia e di speranza;
venite, famiglie domestiche, che solo l’Amore invincibile può fare forti e felici; venite, anziani ed infermi, al giorno senza tramonto;
venite, alunni e maestri delle scienze nuove e superlative, alla lezione dell’ alfa e dell’ omega;
tutti venite alla civiltà dell’ Amore, all’ animazione incomparabile dello Spirito Santo! ”
(Paolo VI – ANGELUS DOMINI – Domenica 18 maggio 1975)
Caro dott.Luigi, lei dice una cosa di fondamentale importanza, cioè :”coloro che aiutano il prossimo sono più numerosi di quelli che si dicono credenti”, è vero, condivido e dico che, grazie a Dio, sono tanti coloro che hanno toccato il Cuore di Cristo!
Sono tantissimi i giovani – e ne conosco molti- che escono da situazioni di grandissimo disagio esistenziale i quali proprio per aver raschiato il “fondo del barile” -perché persi in situazioni talvolta senza ritorno- attraverso la Cristoterapia si sono accesi di un amore così incandescente verso Dio e il prossimo da diventare essi stessi portatori di luce, di carità infinita, e si piegano misericordiosi sulle pene di tanti derelitti.
Qui sta il punto nevralgico: potrebbe (parlo al condizionale) il “sale della terra” (i cosiddetti credenti, praticanti talvolta) essere diventato insipiente? Potrebbe la nostra Chiesa essersi allontana dal messaggio originale quasi da assumere l’aspetto -oso dirlo- di una sorta di “ierocrazia” di pastori che credono di essere i soli a possedere lo Spirito e che, proprio per questo motivo cercano di spegnere lo spirito negli altri tanto da spegnere anche quello dei profeti?
In questo contesto, se così fosse, è chiaro che l’annucnio perderebbe il suo sapore,e la chiesa: un’organizzazione dove tutto fila liscio esteriormente, dove forse tutto funziona ma..su strade ben delimitate , dove tutto è valutato in precedenza e ben studiato. I pastori che, forse, non vogliono più ascoltare , ascoltano loro stessi,che predicano i profeti del passato solo perchè non sono più pericolosi..
” Non chi dice Signore Signore entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la Volontà del Padre mio” – e ancora- ” abbiamo mangiato e bevuto insieme, scacciato demoni e fatto tante opere potenti”- ma egli risponderà-” non vi conosco, allontanatevi da me, voi tutti, operatori d’iniquità” (Mat, 7, 15)
Ecco, Paolo era convinto che ogni comunità avesse i suoi profeti : “Non estinguete lo Spirito. Non disprezzate le profezie. Esaminate tutto e ritenete ciò che è buono” (ITess 5 e qualcosa) Se si VUOLE ascoltarli allora essi parleranno : cosa sarebbe stata la chiesa senza un San Francesco, Madre Teresa, Padre Pio…ma spesso questi uomini e donne dei nostri giorni sono scomodi con i loro ammonimenti, intransigenti talvolta, sgradevoli…ma proprio perché tali , veritieri , e quanto diversi dai falsi profeti!
naturalmente nessun riferimento, nel mio commento sopra, a padre Nicolas, al quale va tutta la mia solidarietà e ammirazione perché so essere un grande Pastore, costruttore di pace !
x il moralista: è iniziato il conto alla rovescia, mi raccomando: in poleposition eh (si dice così in inglese vero?)…
a proposito del dialogo tra Luigi e Clodine (e matteo) sul tema della profezia:
un tal frate della Porziuncola suggerisce a tanti giovani in cerca della propria vocazione che per rispondere a Cristo, a volte, serve un “fuori schema”… la sequela di Cristo può richiederti di uscire dalla tue sicurezze, anche apparentemente cattolicissime, beneducate, innocue.
Ebbene, in effetti, anche la profezia (che non necessariamente sta solo in particolari figure carismatiche, ma anche in tante piccole scelte “radicali” di tanti battezzati) ha bisogno di pensarsi “fuori schema”.
Poi c’è qualcuno che, certo, deve governare la barca. Molto importante. Ma non sarebbe un buon nocchiero se non tenesse conto di quelli che dicono di poter indicare una rotta nuova o poter seguire venti e correnti mai considerate. L’importante è che a guidare tutto e tutti sia la meta, la Salvezza della nave e dei suoi marinai, il Regno, (che è qui ma non ancora pienamente, come un’isola nell’oceano) e non la convinzione di conoscere la rotta o la paura di abbandonare il certo per l’incerto.
Non so…
ps. x Sump: che la nostra santa Pupa ci protegga ancora…
concordo col moralista, e il senso della chiesa come istituzione è proprio questo: discernere la profezia con il suo patrimonio di sapienza, memoria, con la saggezza temperante di chi viene da lontano e guarda alle cose non con l’urgenza dell’oggi, ma con un altro senso del tempo
la profezia, d’altra parte, ha il compito di vivificare, spronare, segnare un punto ulteriore di cammino, in modo che l’istituzione sia sempre ricondotta al suo senso e al suo significato, e non divenga qualcosa che si giustifica per sè stessa
Bravissimi, e lasciatemi aggiungere una cosa che riguarda la meta: il Regno
Il Regno, nella predicazione di Gesù, non appare mai come qualcosa derivante dall’osservanza fedele della legge , anzi -il Sabato è per l’uomo,non l’uomo per il sabato- ma è la potente, sovrana azione di Dio stesso, è il Suo regno (venga il Tuo regno).
E’ così dobbiamo pregare: venga il tuo regno, e dovremo cercarlo con tutto noi stessi, anelare giorno e notte, chiedere, importunare Dio, attendere come le vergini vigilanti o i servitori buoni e fedeli, perchè non dipende da noi: non possiamo conquistare il regno di Dio perché è di Dio solo: una libera scelta.
Possiamo invece riceverlo, come bambini, come i tuoi bambini moralista! Perciò, voglio dire,è un dono che ci impegna tantissimo che ci viene offerto ma mai, dico mai, ne possiamo disporre con la forza o con l’ostinazione…
Se ci fate caso le parole oggi in uso:” edificare il regno di Dio”, “cooperarvi”, oppure “aiutare a stabilirlo” ecc.. non sono mai uscite dalla bocca di Gesù!
Solo una condizione si impone all’uomo:” ravvedetevi, convertitevi e credete al Vangelo” (Marco. 1..mi sembra)
Al Vangelo come libro?
Al contenuto del libro: la Buona Novella…Iypodium..dai…perché fai così…mi prendi sempre in giro!
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