Montanelli e la paura della morte

E’ già scoccata, anche per me, l’ora in cui si tenta di familiarizzare con la morte, di spogliarla della sua orrenda solennità, di darle del tu. Invidio coloro che temono l’Inferno. Io non temo nulla. E per questo ho tanta paura“: è sempre una sagra dell’intelligenza leggere Indro Montanelli e queste righe sono alla pagina 83 de I conti con me stesso. Diari 1957-1978 curati ora da Sergio Romano per Rizzoli nel centenario della nascita. Quando scriveva quella pagina “inchiodato nel pensiero della morte” il “collega” Indro aveva sessant’anni. Dunque io ora ho più anni eppure non penso alla morte con tutta quella orchestra. Ci penso in maniera più piana, direi quotidiana. Non invidio chi teme l’Inferno, anzi lo temo io per primo. E non direi mai che “non temo nulla”: temo questo e temo quello. In un punto solo userei le sue parole: dove dice che ha “tanta paura”.

42 Comments

  1. Clara

    Tutto ciò che non conosciamo ci mette paura. Da buoni cristiani dovremmo essere sempre pronti alla morte, anzi come la chiamava S.Francesco “sorella morte” perchè temerla se ci apre le porte dell’eternità?

    1 Maggio, 2009 - 19:58
  2. Nino

    Da una trasmissione televisiva “Credere non Credere” del 1995.
    Registrato un mese fa su RaisatExtra nel ciclo di trasmissioni dedicato a Montanelli nel centenario della nascita.

    Siccome avevo trovato assai commovente questo spezzone d’intervista in cui non si vede nè si sente la voce dell’intervistatore, ma solo la risposta che da Montanelli, posso immaginare sulla stato della sua fede, l’avevo, “sbobinato”, inserendo la punteggiatura sulla base delle pause e del senso del suo racconto.
    Montanelli così risponde:

    “Attraverso la ragione non si arriva a Dio.

    Dio lo si porta in corpo.

    Dio è veramente una grazia che si ha da lui, io non ho avuto questa grazia.

    Per avere questa grazia, veramente, sono sincero, avrei dato tutto.

    Avrei dato quel po di successo che ho avuto nella vita, avrei dato la vita stessa perché che cosa m’importerebbe più della vita, se io credessi in Dio e nell’eternità.
    Cosa m’importerebbe di questa vita terrena.

    Non ci sono riuscito, e una volta con molta rabbia a un sacerdote che è del resto molto paternamente, molto umanamente, mi diceva:
    ma cosa dirai quando sarai di fronte a lui;
    e io gli dissi : gli dirò perché non mi hai dato la grazia?
    Non sei tu che devi fare il processo a me, sono io che devo farlo a te perché non mi hai dato la grazia.”

    E’ un “pezzo” che insieme ad altri sull’argomento “fine vita” e sulla fede, si commenta da solo e la dice lunga sull’autenticità di chi tenta sinceramente fino all’ultimo d’incontrare Dio nella sua vita.

    1 Maggio, 2009 - 20:03
  3. marta09

    Boh! … Io ho paura e la cosa mi angoscia un po’! Senza contare il nervoso che mi viene … Mi sembra una cosa così assurda e senza senso!
    Che vi devo dire … è così!! 🙂

    1 Maggio, 2009 - 21:50
  4. fiorenza

    “Paura di che?- diceva quella voce soave.”
    (A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap.XXXVI)

    1 Maggio, 2009 - 22:45
  5. plpl8

    Ciò che più mi fa paura é il dolore non la morte in sè che considero
    davvero una sorta di passaggio, meglio ancora un istante.
    Mi piacerebbe avere una morte improvvisa.
    L’essere coscienti che si sta per morire da’ il tempo anche alle persone più solari di diventare cupe e di riflettere come questa sia un’esperienza che dobbiamo fare da soli.
    Ecco la solitudine é ciò che temo di più.
    Sarebbe molto più bello andarsene tutti assieme !

    1 Maggio, 2009 - 23:01
  6. Marilisa

    Recentemente il cardinale C.M. Martini ha detto che per tanto tempo ha continuato a chiedersi,tormentandosi, perchè Dio permette la morte degli esseri umani.Con la morte di Gesù avrebbe potuto risparmiare la morte agli altri uomini.
    Poi ha trovato una giustificazione nel fatto che nella morte siamo costretti ad affidarci totalmente a Dio,a riporre ogni speranza in Lui.Può essere una risposta valida.
    Resta il fatto che la morte fa paura a tutti(o quasi),credenti e non.
    Del resto non ne ha avuto paura lo stesso Gesù Cristo?
    La morte è un passaggio drastico verso l’ignoto,è questo forse che fa paura.Ma per chi ha una fede salda dovrebbe essere un approdo nella Luce di Dio.
    Io che purtroppo non ho stabili certezze, mi sento tremare tutte le volte che uomini di comprovata fede esprimono la propria paura di fronte alla morte.Mi sembra che ciò contraddica in qualche misura la loro stessa fede .Ma probabilmente è una lettura superficiale.
    Mi piace affidarmi allora,per consolazione,ad una frase detta dallo stesso cardinale Martini secondo cui ci deve accompagnare la speranza che, dopo la morte, Dio stesso venga a prenderci per mano.
    Questo pensiero,accompagnandoci fino alle soglie della morte,potrebbe forse rendere meno penoso questo mistero che ci angoscia.

    2 Maggio, 2009 - 0:43
  7. discepolo

    Sonetto (Michelangelo Buonarroti)

    Giunto è già il corso della vita mia
    con tempestoso mar, per fragil barca,
    al comun porto, ov’a render si varca
    conto e ragion d’ogn’opra trista e pia.

    Onde l’affettuosa fantasia
    che l’Arte mi fece idolo e monarca
    conosco or com’era d’error carca
    e quel ch’a mal suo grado ogni uom disia.

    Gi amorosi pensieri, già vani e lieti,
    che fieno or, se a due morti mi avvicino?
    d’una so ‘l certo, l’altra mi minaccia.

    Ne’ pinger ne’ scolpir fia più che quieti
    l’anima volta a quell’amor divino
    ch’aperse a prender noi in croce le braccia.

    2 Maggio, 2009 - 8:45
  8. discepolo

    tutti, ma proprio tutti ,tutti, dal più grande al più piccino,
    abbiamo paura di morire, anche i santi, io credo .
    Non solo gli adulti , ma anche i bambini
    da una certa età in poi, quando la morte ha fatto per la prima volta la comparsa
    nel loro orizzonte , sotto forma di morte di una persona amata, un
    nonno, un amichetto…Solo i bambini molto piccoli, fino a quattro, cinque anni, che nulla sanno della morte, sono liberi dall’angoscia di morte.
    Del resto Pascal lo disse per primo, che cosa è tutto questo nostro affannarsi a riempire le giornate, tutta questa “distrazione” , se non un meccanismo di difesa contro l’angoscia del tempo che scorre , contro l’angoscia di morte?
    riempiamo il nostro tempo di cose da fare, per non fermarci a riflettere
    viviamo cercarndo di rimandare all’infinito il problema della morte..
    E’ come la partita a scacchi del cavaliere del Settimo sigillo di Bergaman
    (citato poco tempo fa da Nino)
    ..ma i malati, quelli che stanno per morire, ad un tratto, come all’improvviso
    su trovano a tu per tu, faccia a faccia, col problema …anzi col Problema

    2 Maggio, 2009 - 9:06
  9. Forse più che temere l’inferno possiamo desiderare il Paradiso, il cambio di prospettiva è netto e penso ci aiuti ad eliminare qualche paura….

    2 Maggio, 2009 - 9:15
  10. discepolo

    Secondo alcuni , le religioni non sono altro che un estremo, audace
    meccanismo di rimozione della morte, attuato dall’uomo fin
    dall’antichità per sfuggire all’ angoscia di morte…
    Glli uomini, i mortali, hanno ipotizzato l’esistenza degli immortali, degli DEi.
    hanno poi ipotizzato di poter , in qualche modo, entrare a far parte delle vita divina, cioè eterna, non morire veramente mai…hanno ipotizzato la morte
    non come fine, ma come passaggio da una vita limitata a una migliore
    o illimitata..la morte come passaggio “a miglior vita”.
    se siano illusioni, o se veramente ci sia una vita oltre la morte
    a ciascuno di noi rispondere secondo la sua fede o la sua
    incredulità (ma Montanelli dicono si sia convertito in punto di morte…)

    2 Maggio, 2009 - 9:20
  11. marta09

    Per tornare alla “paura della morte”, credo che la cosa sia perchè alla parola “morte” associamo “sofferenza senza ritorno, sofferenza fisica e sofferenza di cui non si vede la fine in vita”.

    Da quello che avverto io, da quello che sento, la vera paura è più su ciò che potrebbe condurre alla morte.
    Voglio dire, se ci dicessero che un bel giorno, moriremo senza alcuna sofferenza e magari senza neppure accorgerci e passassimo dall’una all’altra vita all’improviso, credo che nessuno avrebbe paura di morire.
    Ovviamente, sto parlando in termini umani … ma altrettanto ovviamente dico che è quasi giusta la nostra “avversione” alla morte perchè non è mai stata nei progetti di Dio, non è mai stata nel pensiero di Dio.
    La morte è anti-Dio, è quella che anche in vita e solo con il pensiero ci fà dubitare di Dio.

    Ecco perchè dico che mi fa paura. La morte credo sia la tentazione per eccellenza, quella dove solo una grande Grazia può attraversarla ed eliminarla.

    2 Maggio, 2009 - 9:30
  12. mamma

    Fino ad un certo punto della mia vita la morte mi angosciava fortemente, poi ho trovato che il pensiero per il mio finire mi agganciava a tutto il tempo che ho in questo vivere. Con Pascal la domanda fondamentale era: se Dio ci fosse? alla fine impostavo la mia vita come se tutto il credo cristiano fosse vero. Il cieco di Gerico ha dato una svolta a questa impostazione della mia fede: lui “vede” da che non aveva mai visto, una sola volta Gesù e poi crederà per sempre. Se hai l’occasione (e te la cerchi/ la riconosci quando ti capita/drizzi le tue antenne) di “sentire” a livello sensoriale la Presenza di Dio, anche una sola volta nella vita, poi te la porti sempre con te, e può darsi che parecchio tempo vivi di rendità, credi di testa, aderisci ad una fede razionale, ma ti viene sempre la voglia di riprovare quella sensasione fisica. Come quando ti innamori, rincorri le situazioni che ti fanno riprovare quelle sensazioni fisiche che hai provato la prima volta. E con S Teresa del Bambin Gesù:” .. non vedo l’ora di venire ad incontrarti di persona” o era mistica /pazza ne aveva avuto pa percezione sensoriale
    Certo mi attanaglia la tristezza di lasciare marito figli e quanti altri
    Auguro a tutti una fede di sensi e non di cervello

    2 Maggio, 2009 - 10:10
  13. discepolo

    E’ proprio questo che provoca l’angoscia, io credo, non tanto la propria morte
    ma lasciare le persone amate , o come diceva plpl la solitudine dell’esperienza di morte, solitudine ineludibile perchè non si può “morire insieme”.
    S. Agostino , nella “Città di Dio” dice che la morte è una “sensazione aspra e
    contro natura”.
    Chissà perchè io diffido da quelli, sia pure santi, che dicono
    di desiderare la morte “non vedo l’ora di venire a incontrarti”
    sì, sarà perchè non sono degno di capire una speranza così sublime
    ma mi sembra anche a me un po’ “contro-natura”.

    2 Maggio, 2009 - 10:21
  14. mamma

    discepolo,
    “lasciare le persona amate… contro natura… la solitudine…. del morire da soli” sì è proprio questo il punto, ma sai quando ti capita di dover affrontare la morte di un figlio, lasciarlo andare da solo, e tu non puoi farci niente, rimanere tu qui a vivere, quando muore la persona cara più debole e indifesa che tu sai non può neanche darsi da sola una certezza o una speranza per ciò che gli sta capitando, quando “maneggi” il dolore della morte, hai due possibilità: ti fermi al fatto umano e rimani inchiodato al dolore, come infilzato da una lama che ti trapassa in modo permanante oppure…………il bruciore della carne che avvolge le tue ossa,perchè è questo quello che provi, trapassa la pelle che ti riveste, e in tutto questo allora si risvegliano i tuoi sensi, prorio gli organi sensoriali, e può darsi, ma solo può darsi, che arrivi a quelle sensazioni di Dio di cui parlavo nel post precedente.

    2 Maggio, 2009 - 10:43
  15. plpl8

    “Auguro a tutti una fede di sensi e non di cervello”

    GRAZIE MAMMA . E’ DAVVERO UN BELL’AUGURIO.

    2 Maggio, 2009 - 11:19
  16. discepolo

    cara mamma.

    Scusa, ma forse l’augurio migliore è che abbiamo una fede
    di sensi e di cervello, ma soprattutto di CUORE.
    e’ il cuore , diceva Pascal che sente Dio.

    2 Maggio, 2009 - 13:39
  17. discepolo

    ed è lo stesso cuore umano, quello che sente Dio,
    che sente l’angoscia. e la tristezza di fronte alla morte
    del resto Gesù nell’orto del Getsemani non ha forse detto
    il mio cuore è triste fino alla morte….

    2 Maggio, 2009 - 13:45
  18. Nino

    In realtù Montanelli, almeno in questa intervista, sempre estratta da quella trasmissione di Rai Sat Extra di cui sopra ad un’eta ben più avanzata di quella che riferisce Romano sui diari, sostiene un’altra tesi. Cioè la paura del morire, ovvero del come morire, con o senza dolore fisico e morale.
    ———
    Da Porta a Porta anno 2000 “ Aiutami a morire o no?”
    In studio Mons. Maggiolini e Montanelli in collegamento esterno dalla redazione del giornale
    Vespa: hai detto l’altro giorno in un convegno di decidere il come e il quando della mia morte.
    Montanelli: si certamente, io lo trovo un diritto sacrosanto dell’uomo.
    Forse il sacrosanto non ci sta bene, chiedo scusa a mons. Maggiolini con cui litighiamo amichevolmente da 50 anni e se continuiamo a farlo non c’è niente di nuovo.
    Io credo che qui ci sia un equivoco su quello che intendo io. Io intendo questo: per venire al concreto io penso che Fogar, (in collegamento dalla sua abitazione in Milano) il quale accetta qualsiasi condizione pur di continuare a vivere, meriti una medaglia, e che la scienza debba mettersi al suo servizio per continuare ad aiutarlo a vivere. Questa è la mia posizione, quando uno non vuol morire ha diritto di subire tutto quello che la vita gli da di negativo pur di continuare a vivere.
    Però capisco anche molto bene la posizione della signorina Lancia ( colpita da SLA in studio in carrozzella) la quale dice: se le sofferenze, sofferenze senza speranza, perché purtroppo io sono condannata a queste condizioni che superano la mia possibilità di sopportazione, io ho diritto di morire e la scienza ha il dovere di aiutarmi a morire………
    Vespa: Vorrei ora tornare a Montanelli che ha raccontato una cosa che gli disse tanti anni fa Alex Munte (http://www.capridream.com/per-alex.htm) il cui ricordo vive ancora su Capri e vigila ancora su Capri, glielo disse in napoletano. Te lo ricordi cosa ti disse?

    Montanelli: eh! Ma è una domanda rivolta a me?
    Vespa: Si è una domanda rivolta a te, intanto dicci che cosa ti disse Munte e poi spiegaci cosa ti disse.

    Montanelli: beh io andai a trovare Munte quando era ormai vicino alla morte, del resto aveva 94 anni, ed era nel palazzo reale di Stoccolma perché lui era amicissimo del re di Svezia Gustavo Adolfo, che era suo coetaneo, andai a trovarlo perché eravamo amici da molti anni ed effettivamente era ormai vicino al grande passo.
    Ma con mia grande sorpresa, lui lottava contro questo passo, non voleva morire Axel Munte non voleva morire. Il che mi stupiva data la posizione che lui aveva sempre avuto verso la morte.

    Che era l’atteggiamento di un umo che non la temeva.
    Vederlo così in quelle condizioni tremebonde, mi sorprese e allora a un certo punto gli dissi, ma dottor Munte, non vorrà mica farmi credere che lei teme la morte. E lui che parlava malissimo l’italiano ma perfettamente il napoletano, perché aveva vissuto per molti anni a Capri, mi rispose:
    Guaglio, ma voi credete che io temo la morte? Io non ho paura della morte, io ho paura di morire.

    Li per li lo presi per un gioco di parole, non era un gioco di parole; lui non temeva la morte, temeva le sofferenze che di solito accompagnano la morte.
    Però questo è un episodio annedotico che non c’entra niente con la qustione che stiamo dibattendo (Eutanasia)

    Vespa: quindi tu dici che l’eutanasia sia giusta per evitare il dolore?
    Montanelli: assolutamente giusta quando il dolore è superiore alla forza di sopportazione dell’individuo ed è senza speranza.
    Allora quando un malato sa ormai di essere condannato e il poco o molto spazio che lo separa dalla morte sarà soltanto dedito ad una sofferenza.
    E per sofferenza intendo non soltanto quella fisica ma anche quella morale, perché un uomo che dipende completamente dagli altri, è un uomo privato della sua dignità. Allora quet’uomo ha il diritto di chiedere la morte.
    E il medico, senza invocare il giuramento di Ippocrate, giuramento che Ippocrate non pronunciò mai, di cui il medico si serve per evitare delle rogne con la giustizia, il medico ha il dovere di accompagnarlo in questo passo.

    Ricordo che all’epoca il caso Welby non era ancora gossip.

    X Discepolo
    La partita a scacchi di Antonius con la morte finisce con la morte consapevole e volontaria di Antonius Block. In realtà la morte non vince la partita con Antonius ad armi pari. È Antonius che lascia la possibilità alla morte di modificare la disposizione dei pezzi sulla scacchiera;
    egli infatti con un movimento del braccio colpisce intenzionalmente la scacchiera facendo cadere alcuni pezzi che la morte sposterà in maniera tale da poter vincere.
    Tutto ciò per lasciare la possibilità all’attore (della compagnia dei saltimbanchi) ed alla sua famiglia di scappare.

    2 Maggio, 2009 - 15:52
  19. Francesco73

    Io ho una fifa blu.
    Ma non del dopo, nè dell’ignoto che verrà.
    Un pò mi aiuta la fede, un pò l’impossibilità di rispondere alla domanda se non per fede.
    Il dopo, quindi, non mi preoccupa affatto.
    Temo moltissimo invece il prima, il distacco dalle persone di qui e da questa vita.
    In tal senso, ho paura anche della morte degli altri, non solo della mia.
    Il distacco mio e il distacco degli altri da me.

    2 Maggio, 2009 - 19:53
  20. ignigo74

    grande abbraccio alla manzoniana fiorenza: paura di che, se Iddio ci ama?

    la morte?
    quando c’è lei, non ci sono io.
    quando ci sono io, non c’è lei.

    mi fanno più paura certi vivi, e i miei peccati.

    2 Maggio, 2009 - 22:07
  21. marta09

    Beati voi ignigo74 … io, purtroppo, non riesco a vivere la morte così!
    Ma, sulla paura per certi vivi e per i peccati che potrei commette, concordo con te, concordo in pieno ed è autentico terrore … a volte.
    Buona domenica

    2 Maggio, 2009 - 23:09
  22. roberto 55

    Mi unisco ad Ignigo74 nell’applauso a Fiorenza per la citazione di Lucia Mondella, ne “I promessi sposi”: quanta semplice (nel senso più bello del termine) saggezza in quelle parole !
    Mi unisco, poi, a tutti gli amici del “pianerottolo” in questo “outing” collettivo; ricordo – mi pare d’aver già svolto questa considerazione mesi or sono e, quindi, probabilmente mi ripeto, e di questo mi perdonerete – un’intervista rilasciata da Alberto Sordi (sì, proprio lui !) in occasione del suo 80° compleanno in cui il vecchio attore, già malato (sarebbe mancato due anni dopo), parlò di tutto, della sua vita, della sua carriera, dei suoi successi e dei suoi amori e, ad un certo punto, alla domanda del giornalista, parlò anche della morte che fece capire d’avvertire ormai prossima e dise, pressapoco, così: “ci penso, sì, alla morte, con un pò di tristezza, ma senza angoscia, perchè credo, da cristiano, nell’immortalità della mia anima”.
    Io ho molto invidiato la serenità di quest’affermazione e cerco di tenerla presente, come pure tento di pensare alla gioiosa fede di Francesco che lodava Nostro Signore per il dono di “sora nostra morte corporale”.
    Cerco, tento, ci provo: non sempre ci riesco, ma so che Iddio grande e buono perdonerà i miei momenti di dubbio e paura e soccorrerà la mia angoscia.

    Buona 4° domenica di Pasqua (ci attende il Vangelo di Giovanni) !

    Roberto 55

    2 Maggio, 2009 - 23:16
  23. marta09

    Beh! … Io penso a quelli che erano sotto le macerie in Abruzzo da vivi e che sono morti, penso all’amico di mia figlia di 18 anni, ferito e sull’asfalto di notte mentre pioveva, cosciente che stava morendo e che nessuno ha soccorso; penso alla mia mamma che sentiva la vita che usciva dal suo corpo con le innumerevoli emoraggie; penso ai malati terminali; … penso a questo!

    Ho paura di ciò che può portare alla morte, ho paura di quella sofferenza spietata che reputo sia la tentazione suprema.

    Come cristiana non posso non pensare a quella sofferenza e come cristiana non potrei mai andare a cantare inni alla morte a queste persone e a quelli a cui sono legate da profondo affetto.
    Il mio canto è sempre alla vita vissuta con chiodi che trafiggono, ma sempre alla vita.

    Non si può scindere la morte dalla sofferenza (anche se a qualcuno è dato di morire con un soffio senza alcuna sofferenza). Ho visto gente con un Fede di diamante (tanto era ferma, luminosa e resistente a tutto) vacillare sotto questa sofferenza; ho visto pianti disperati che chiedevano a Dio “Perchè?” …

    E’ il “prima” che la morte arrivi che mi mette paura, ma quella paura di chi non sa se ce la farà a superare la tentazione di negare Dio e negarsi a Dio!

    La morte (con la sua tremenda sofferenza del “prima”) inganna e fà vedere una fine che per Parola di Dio non esiste, per volontà di Dio non esiste, perchè SIAMO GIA’ ADESSO NELL’ETERNITA’.
    O qualcuno mette in dubbio quel “chi mangia di questo pane ha la vita eterna”?

    Ma la morte (quella fisica perchè quella spirituale viene sconfitta in vita) verrà sconfitta e se Dio eliminerà la morte, significa che la morte è nemica di Dio.
    Ed io, lo ammetto, ho paura del nemico di Dio e mi affido tremante all’inventore della vita.
    Non sono una santa e lo so benissimo e questa è la dimostrazione.

    E per motivarmi l’assurdità della morte vedo la vita umana, non come un “preludio di morte” (vivere per morire), ma un preludio di vita vera (vivere per vivere) considerando la vita terrena come un’enorme gravidanza del genere umano (che si forma e si abbellisce diventando un’umanità figlia di Dio) che porterà ad un parto alla Vita … ed il parto è quella porta stretta della morte.

    3 Maggio, 2009 - 8:04
  24. discepolo

    la società occidentale e laicizzata in cui viviamo ha sicuramente operato una specie di rimozione collettiva della morte, non se parla, non la si nomina, è la parola tabù,quando deve avvenire la si nasconde anche al moribondo,la si confina nelle stanze d’ospedale fra flebo e defibrillatori, tra silenziosi passi felpati di infermiere, quando è avvenuta ci si affretta a far scomparire il “corpo”, spesso cremato, infine si spettacolarizza i funerali con battimano e con atteggiamenti che che più che a un funerale fanno pensarea una festa… Ben altro modo di vivere la morte (sì, vivere la morte, perchè non è vero Ignigo74 che quando c’è la morte non ci sono io, questa frase detta da Seneca va bene per gli antichi stoici, ma non per chi crede
    che un anima , dietro l’io, permanga), ben altro modo dicevo in paesi
    come l’India, sono stato una volta a Benares, la città sacra dell’induismo in cui i morti vengono bruciati per strada e poi i loro resti , non chiusi nelle bare ma esposti, portati in processione fino al fiume Gange e lì buttati…le processiioni funebri si snodano nelle viette,
    è difficile camminare senza incontrare almeno due o tre funerali.. all’inizio per l’occidentale è uno spettacolo triste, penoso, raccapricciante, secondo i nostri parametri persino osceno, questa morte così pubblicamente ostentata, non nascosta.. verrebbe da dire :via , un po’ di pudore.. ma poi
    più passano i giorni e più uno riflette, più si accorge della profonda , grande saggezza del popolo indiano. la morte fa parte della vita, la morte e la vita sono le faccia della stessa medaglia, capire l’una non si può senza capire l’altra…

    3 Maggio, 2009 - 8:48
  25. marta09

    Già!
    Spesso dico che la morte in qualche modo viene già sconfitta qui ed ora perchè insegna a quelli che sono ancora in vita a vivere e non a “sopravvivere” … e quando dico “vivere” dico anche “aiutare gli altri a vivere”.
    Non deve essere nascosta, non si può “far finta” che non esiste o che è una cosa che riguarda sempre l’altro: conviene prendere il coraggio della Fede e tremando, guardarla.

    Tu discepolo come medico devi averla guardata più di ogni altro e proprio nei momenti che la precedono.

    3 Maggio, 2009 - 8:57
  26. Luigi Accattoli

    Roberto55 puoi indicarmi una fonte di quell’intervista di Alberto Sordi che vorrei inserire tra i “fatti di Vangelo”? Grazie!

    3 Maggio, 2009 - 12:50
  27. Luigi Accattoli

    Marta09 grazie di queste parole: “la vita terrena come un’enorme gravidanza del genere umano che si forma e si abbellisce”

    3 Maggio, 2009 - 12:54
  28. Luigi Accattoli

    Discepolo VIVERE LA MORTE è un bella antologia curata da Enzo Bianchi (Gribaudi 1983, più volte ripubblicata con ampliamenti) sul modo dei cristiani antichi e moderni di vivere l’appuntamento decisivo.

    3 Maggio, 2009 - 12:59
  29. ignigo74

    caro discepolo,
    non mi ritrovo in molte delle cose che hai scritte nell’ultimo post di risposta al mio richiamo filosofico. Anzi, non mi ritrovo per nulla.

    Credo sarebbe interessante un tuo parere dopo la lettura di:
    Oscar Cullmann, “Immortalità dell’anima o risurrezione dei morti?”, Paideia.

    Grande confuzione, grande confusione tra immortalità dell’anima (generico platonismo) e fede nella risurrezione dei corpi.

    Grande confusione che impedisce di apprezzare, quando serve, Seneca.

    Un caro saluto.

    3 Maggio, 2009 - 15:14
  30. roberto 55

    Con tutto il beneficio d’inventario che, Luigi, devi concedere alla mia memoria, mi pare che l’intervista ad Alberto Sordi che ho citato sia stata pubblicata – nel 2000,perchè, se non erro, Sordi era nato nel 1920 – sul supplemento “Il Venerdì” de “La Repubblica”.
    Fammi, poi, sapere, Luigi, se ho ben rammentato o no.

    Buona serata !

    Roberto 55

    3 Maggio, 2009 - 20:50
  31. Cherubino

    parlare della paura della morte rischia di suonare sempre un pò astratto, un pò razionalistico, perchè già nel parlarne scattano le difese che la coscienza ha imparato ad azionare automaticamente.
    Per questo, sperando di non annoiare e sintetizzando al massimo, mi limito a raccontare la mia esperienza, perchè questo tema mi è particolarmente familiare. Molti anni fa infatti conobbi un gesuita, il p. Spicacci che sull’annuncio del kerygma come risposta liberatoria dalla “presa” paura della morte sulla nostra vita ha concentrato un approfondimento formidabile e tremendo insieme (si può leggere ora tutto in un suo libro). Sulla scorta del suo amico e maestro Martini (allora prof. al biblico di Roma) e su una linea condivisa dagli altri fratelli gesuiti di Villapizzone, il p. Spicacci parlava, vangeli alla mano, di quella p.d.m. che in modo quasi invisibile guida gran parte delle nostre scelte, spingendo l’uomo alla ricchezza, al potere e all’autosufficienza. Non quindi paura della fine e alla fine, ma paura oggi di ogni “diminuzione dell’essere” che rappresenta ora un passo, un avvicinamento, una frazione di quello spossessamento totale che è dimensione perenne. Infatti questa paura (la cui origineè descritta in Ebrei, 2,14) ci fa vedere la morte come effetto del nostro non appartenerci, del nostro dipendere dall’esterno, e in ultima istanza da Dio. E’ la diffidenza che genera la paura, come in chi si deve buttare nel vuoto sulla parola di un altro che promette di mantenerlo. Finchè crede che sia suo nemico non si butterà.
    Ed è proprio l’incontro con colui che la pdm non ha saputo rendere nemico dei suoi nemici, che non ha costretto a cercare la sua salvezza a costo di abbandonare i fratelli a loro destino… che rappresenta per noi l’unico antidoto alla pdm. Alzare gli occhi al “serpente innalzato”, adorare il Crocifisso a lungo è come abbeverarsi ad una fonte, l’unica esistente nel suo genere. Questa adorazione ci rende come Mosè, che scendeva dall’Oreb con il volto luminoso e con questa forza poteva affrontare ogni male. E come Mosè saremo “amici di Dio” e addormentati nella pace da Lui in persona.
    Non è sempre (per me) facile fidarmi, adorarlo, abbeverarmi a questa fonte, lasciandomi riconciliare (e quindi non mi sento per nulla “arrivato” e questa cose le dico e le ricordo innanzitutto a me stesso) però so che quando ho creduto l’ho sperimentato.
    E quindi la pdm non è solo l’evento che si combatte alla fine, ma quella radice di egoismo che si deve cercare di contraddire ogni giorno (“agere contra” dicono i miei amici gesuiti) attingendo all’armatura della fede.

    4 Maggio, 2009 - 19:05
  32. discepolo

    Cara Marta,
    io come pediatra ho visto più che altro la morte di bambini, e la morte di un bambino , come puoi immaginare ,è tremenda. Da far perdere la fede.
    ma. C’è un ma. Più sei di fronte ai fatti fondamentali della vita, ai fatti nudi e crudi, più ti poni problemi. Più ti poni problemi più forse sei vicino alla fede.
    La fede cristiana è per l’uomo che si pone problemi, secondo me.
    Non per chi è felice, sicuro, impassibile.

    4 Maggio, 2009 - 21:17
  33. discepolo

    per esempio ,
    leggo adesso che un bimbo di 18 mesi, epilettico, marocchino ,
    è morto per una crisi d’asma “perchè i genitori non avevano i soldi per curarlo”
    come non viene da dire, Dio , se esisti, perchè permetti questo?

    4 Maggio, 2009 - 21:42
  34. Luigi Accattoli

    Lyco mi chiedo per quale via tu abbia rintracciato quel testo. Grazie d’averlo letto.

    4 Maggio, 2009 - 22:04
  35. caro lyco, non è la sola bellissima testimonianza di Luigi su questi temi… io ne ho letta una che considero tra le “cose fondative” della mia “idea” di matrimonio.

    Glielo scrivo, così, anche al nostro ospite: non gliel’avevo mai detto…

    Ma non la cito senza il permesso suo.

    5 Maggio, 2009 - 9:52
  36. Luigi Accattoli

    Cita moralista, così l’apprendo anch’io!

    5 Maggio, 2009 - 16:02
  37. la tua testimonianza in un incontro nella parrocchia di S. Melania in Roma (che io ho trovato un dì per caso sul web), a proposito della malattia di tua moglie.

    (dimmi che eri tu!!!)

    5 Maggio, 2009 - 16:12
  38. ecco… ho sbagliato, almeno un po’… io l’ho letta sul sito della parrocchia di S. Melania… ma si riferisce a un tuo intervento a Camaldoli, nel 1992…

    5 Maggio, 2009 - 16:14
  39. marta09

    Luigi … un abbraccio

    5 Maggio, 2009 - 18:51
  40. Luigi Accattoli

    Ma sì moralista, ero io. Grazie a Marta09 e a tutti.

    5 Maggio, 2009 - 22:09

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