Dall’UCSI di Verona [Unione cattolica stampa italiana] ho ricevuto il 19 dicembre – in collegamento da remoto – il premio “Giornalismo e Società”, uno dei riconoscimenti previsti dal “Premio UCSI Natale 2020”: del fatto e della cerimonia di premiazione avevo dato conto nel post del 19 dicembre, nel quale avevo anche inserito il link all’intera registrazione audio e video dell’evento. Qui evidenzio la sola parte di motivazione del riconoscimento a me attribuito e del mio ringraziamento. Il conduttore che introduce, legge la motivazione e mi dà la parola è Stefano Filippi, presidente dell’UCSI di Verona. Il link che metto a conclusione di questo post riporta queste sole parti della cerimonia, che nella registrazione complessiva erano sparse in più momenti. Nei commenti riporto la motivazione del Premio, il mio ringraziamento, la risposta a una domanda rivoltami da Filippi.
Mio ringraziamento per il premio Giornalismo e Società
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Motivazione del premio a me attribuito. Il Premio speciale della Giuria “Giornalisti e società: la professione giornalistica al servizio dell’uomo”, sostenuto dalla CET-Conferenza Episcopale del Triveneto, è stato assegnato a Luigi Accattoli, giornalista vaticanista prima di “Repubblica” poi del “Corriere della Sera”, racconta la vita della Chiesa e del Vaticano e, inoltre, colleziona “fatti di Vangelo” (esperienze di italiani dei nostri giorni che egli definisce «direttamente ispirate alle beatitudini e all’esempio di Gesù»), raccolti lungo gli anni in alcuni volumi. In questi ultimi mesi sul suo blog Accattoli ha avviato anche una raccolta di “storie di pandemia”, testimoniando come da un male possa sempre rifiorire il bene.
Mio ringraziamento. Buongiorno, ho poca voce. Sono stato 17 giorni in ospedale per polmonite da Covid e avevo perso completamente la possibilità di parlare, poi l’ho recuperata e ora sono a questo punto di cattiva voce, ma riesco a farmi sentire. Ringrazio tutti quelli che hanno preso parte alla decisione per questo riconoscimento. Io fin dal marzo scorso ho immaginato che avrei dovuto occuparmi delle storie di pandemia con lo stesso spirito con cui da 30 anni mi occupavo di storie di vita che chiamavo “Fatti di vangelo”, perché mi era sembrato evidente che in questa stagione straordinaria di bene e di male fosse necessario avere cuore puro, sguardo limpido, per cogliere manifestazioni di bene che non avevano precedenti, che erano specifiche di una situazione drammatica. Ne ho raccolte 60 nel mio blog, mirando a quelle che avevano un elemento testimoniale più vivo. Cioè le persone che erano morte lasciando un messaggio, cosa che purtroppo spesso non potevano fare, ma qualche volta è avvenuto. Poi quelli che erano guariti e avevano interpretato, umanamente o cristianamente, in qualche modo positivo, la vicenda che avevano vissuto. E infine, la sezione più ampia: quelli che si erano fatti soccorritori, samaritani, volontari, nella situazione terribile che si era creata, e – in particolare – che erano tornati a fare i medici e gli infermieri dopo che avevano cambiato professione, e tutte le straordinarie forme di volontariato. Poi sono stato confortato in questa scelta dall’enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco, che al paragrafo 54 parla proprio dei “semi di bene” che lo Spirito continua a seminare nel mondo anche in questo momento drammatico, ed elenca le manifestazioni positive di questa stagione: da quelli che danno la vita, medici, infermieri e tutti gli altri di cui parlavo prima; il Papa dice che dobbiamo ripartire da qui per recuperare speranza nell’umano. Ecco questo era un incoraggiamento ulteriore. Poi mentre facevo tutta questa ricerca ed ero arrivato a 60 storie, mi sono ammalato anche io. Non sono stata in terapia intensiva, sono stato in crisi respiratoria, sostenuto dall’ossigeno giorno e notte. Insomma ho fiancheggiato, senza entrarvi, la terapia intensiva. Poi mi hanno rimandato a casa, ormai sono un mese e qualcosa che sono in cura, prima a casa, poi in ospedale e poi di nuovo a casa. Sono sempre positivo e sono sempre con la polmonite, ma sembrerebbe che io ne possa uscire. Grazie a tutti, buon Natale a tutti.
Mia risposta alla domanda sulla specificità delle storie che vado cercando. Ogni storia ha il suo seme particolare, portatore di bene e di speranza: si tratta di cercarlo, di metterlo in evidenza. Faccio un esempio, perché mi è stato chiesto in un’intervista mentre ero in ospedale – non avevo voce per parlare ma potevo rispondere per iscritto a domande che mi venivano inviate – quale fosse a mio parere la storia più interessante tra le 60 raccolte. Io ho risposto che è la storia che riguarda un prete di Pesaro, Orlando Bartolucci, che è morto ma ha potuto dare una testimonianza piena, sovrabbondante, perché è uno di quelli che è morto dopo essere guarito. In marzo è stato colpito dalla polmonite da Covid, in aprile lo hanno dichiarato guarito ed è tornato alla sua parrocchia. E siccome io lo conoscevo l’ho intervistato per la mia raccolta di storie. In maggio è morto per un ritorno, una forma incredibile e imprevedibile delle ricadute di cui abbiamo sentito parlare tante volte. Nella fase in cui sembrava guarito, io l’ho intervistato e lui mi ha detto: “Io sono, nonostante la terribile fatica, sofferenza, impressione di morte in cui sono vissuto per molti giorni, sono contento di aver fatto questa esperienza, perché nella mia parrocchia sono morte 22 persone (a quel tempo, poi ne sono morte altre) e in questo modo io mi sono sentito partecipe della sofferenza comunitaria, vivevo quello che viveva la mia gente e da questa sofferenza – dell’aratro che è passato nel cuore e ha aperto un solco, da qui dovranno venire semi di nuova profezia”. In queste parole io trovo una lettura evangelica forte, di resurrezione – erano i giorni della Pasqua quelli nei quali lo intervistavo – trovo un’evidenziazione di come possa essere interpretata positivamente una vicenda terribile come la sua malattia, poi terribilmente conclusa con la sua morte in un secondo momento. Ecco con le parole del Papa nell’enciclica: “Lo Spirito continua a seminare semi di bene anche in questa stagione dove sembra prevalere il male”. Occorre sguardo limpido, povertà di spirito per distinguere il bene dal male, le modalità nuove di bene e di male che in questa stagione si manifestano.
http://www.redattoresociale.it. “L’incoraggiamento che trasmettono è il dono di questa stagione tribolata”: Luigi Accattoli, giornalista vaticanista e autore di tre antologie intitolate “Cerco fatti di Vangelo”, riassume così il senso delle 60 storie di pandemia e di Vangelo che ha raccolto finora sul suo blog . Storie di persone che, come lui, hanno dovuto affrontare sul loro corpo il Covid-19. Oppure di chi è stato loro vicino fisicamente se si tratta di medici, infermieri o operatori socio sanitari o “vicino ma a distanza” se sono mogli, mariti, genitori, figli o nipoti. “Mi interessa ogni vicenda vera e narrabile -scrive Luigi Accattoli sulla rivista Il Regno-: di persone che sono morte lasciando un’ultima parola magari in una chat o affidata a un’infermiera; di guariti che hanno sofferto il morso del Covid e ne hanno dato un racconto utile a chi l’ascolta; di scelte di volontariato compiute da uomini e donne impegnate nel lavoro ospedaliero, nel soccorso a domicilio, in tante attività confinanti con le varie facce dell’emergenza. Sono convinto che non dovremmo trascurare nessuno dei “semi di bene” che lo Spirito continua a seminare nell’umanità”.
E’ l’attacco di un servizio che Redattore Sociale dedica alle storie di pandemia di Luigi Accattoli:
https://www.redattoresociale.it/article/quando_dal_male_puo_rifiorire_il_bene