Almeno in tre occasioni Papa Bergoglio ha parlato del gesuita come persona “dal pensiero incompleto”, cioè “aperto”. Sto lavorando su questo per la rivista “Il Regno” e chiedo aiuto: l’origine dell’espressione, se qualcuno l’abbia usata prima, o sia sua. Se l’usasse prima del Pontificato. Come intenderla per completo. Nei primi commenti riporto e linko le tre fonti.
Inchiesta sul “pensiero incompleto” del gesuita Bergoglio
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Guardando l’orizzonte. Intervista alle riviste dei Gesuiti – 19 settembre 2013: La Compagnia si può dire solamente in forma narrativa. Solamente nella narrazione si può fare discernimento, non nella esplicazione filosofica o teologica, nelle quali invece si può discutere. Lo stile della Compagnia non è quello della discussione, ma quello del discernimento, che ovviamente suppone la discussione nel processo. L’aura mistica non definisce mai i suoi bordi, non completa il pensiero. Il gesuita deve essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto. Ci sono state epoche nella Compagnia nelle quali si è vissuto un pensiero chiuso, rigido, più istruttivo-ascetico che mistico […]. No, il gesuita pensa sempre, in continuazione, guardando l’orizzonte verso il quale deve andare, avendo Cristo al centro. Questa è la sua vera forza. E questo spinge la Compagnia ad essere in ricerca, creativa, generosa.
http://www.laciviltacattolica.it/articolo/intervista-a-papa-francesco/
Inquietudine della nostra voragine. Omelia nella chiesa del Gesù a Roma – 03.01.2014: Il cuore di Cristo è il cuore di un Dio che, per amore, si è «svuotato». Ognuno di noi, gesuiti, che segue Gesù dovrebbe essere disposto a svuotare se stesso. Siamo chiamati a questo abbassamento: essere degli «svuotati». Essere uomini che non devono vivere centrati su se stessi perché il centro della Compagnia è Cristo e la sua Chiesa. E Dio è il Deus semper maior, il Dio che ci sorprende sempre. E se il Dio delle sorprese non è al centro, la Compagnia si disorienta. Per questo, essere gesuita significa essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto: perché pensa sempre guardando l’orizzonte che è la gloria di Dio sempre maggiore, che ci sorprende senza sosta. E questa è l’inquietudine della nostra voragine. Questa santa e bella inquietudine! Ma, perché peccatori, possiamo chiederci se il nostro cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o se invece si è atrofizzato; se il nostro cuore è sempre in tensione: un cuore che non si adagia, non si chiude in se stesso, ma che batte il ritmo di un cammino da compiere insieme a tutto il popolo fedele di Dio. Bisogna cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo ancora e sempre. Solo questa inquietudine dà pace al cuore di un gesuita, una inquietudine anche apostolica, non ci deve far stancare di annunciare ilkerygma, di evangelizzare con coraggio. È l’inquietudine che ci prepara a ricevere il dono della fecondità apostolica. Senza inquietudine siamo sterili.
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/01/03/0004/00006.html
Sempre aperto al maius di Dio. Udienza alle Comunità della Gregoriana, del Biblico e dell’Istituto Orientale – 10.04.2014: C’è bisogno di una vera ermeneutica evangelica per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, non di una sintesi ma di una atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione e di fede. La filosofia e la teologia permettono di acquisire le convinzioni che strutturano e fortificano l’intelligenza e illuminano la volontà… ma tutto questo è fecondo solo se lo si fa con la mente aperta e in ginocchio. Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo, secondo quella legge che san Vincenzo di Lerins descrive così: «annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate» (Commonitorium primum, 23: PL 50, 668): si consolida con gli anni, si dilata col tempo, si approfondisce con l’età. Questo è il teologo che ha la mente aperta.
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/04/10/0257/00576.html
Spadaro nell’introduzione del libro di Bergoglio” Nel cuore di ogni Padre: Alle radici della mia spiritualità” ( un libro che riporta le meditazioni che Bergoglio , provinciale, tenne ai suoi compagni gesuiti) ritorna sul concetto di pensiero incompleto e aperto affermando che ” nel cuore di ogni padre” è un a sorta di lunga spiegazione di quelle parole.
Non dice però se altri prima di lui l’abbiano usate.
cristina vicquery
Caro Luigi,
tu scrivi: «Papa Bergoglio ha parlato del gesuita come persona “dal pensiero incompleto”, cioè “aperto”». Se quel “cioè” vuole indicare una equivalenza, non va mica bene. “Incompleto” non equivale ad “aperto”. Il “mare aperto” non è affatto incompleto e una “mente aperta” è tutt’altro che incompleta. Incompleto è ciò che potrebbe (e quindi dovrebbe) essere completo ma non lo è. La Pietà Rondanini è non-finita, ma è completa.
Mi pare che l’espressione usata da papa Bergoglio, che ti ha tanto colpito, sia solo un modo sbagliato di dire una cosa giusta e che vale per tutti. Non c’è bisogno di essere gesuiti per saperla: aperto e completo è anche il pensiero di san Tommaso, tanto per dire.
Farò un esempio opposto.
Il Sig Lugaresi ritiene di avere un pensiero completo. Non sara’ mai aperto a considerare pensieri nuovi, diversi da quelli che ha, e quindi sarà chiuso, rigido, si perdera’ dietro a quisquiglie, ad analisi filologiche e etimogiche pur di non modificare il suo pensiero. E quindi mostrerà nei fatti, oltre che una sterile rigidità, l’incapacità a comprendere il reale.
L’intervento delle 9,11 e’ un esempio di quali livelli di specioso psedoragionamento si possono raggiungere quando si ritiene di avere un pensiero completo
che incompleto non sia equivalente ad aperto non mi pare uno pseudo ragionamento ma un fatto.
La parola incompleto non e’ sinonimo di aperto. Ci potrebbe per esempio essere un pensiero imvompleto E chiuso.
Cioe’ L’ apertura del pensiero non dipende dall’ incompletezza. Mi pare che sia giustissimo dire che ci furono grandi teologi dal pensiero aperto e completo.
La Summa Teologica di San Tommaso e’ appunto un opera completa.
Certe opere di filosofi e teologi contemporanei sono incomplete e pure illeggibili e per nulla aperte.
Personalmente, giuro,non riesco a comprendere il concetto secondo il quale il buon teologo o filosofo sarebbe quello dal pensiero aperto, incompleto, sempre in sviluppo, rispetto al mediocre che viceversa lo avrebbe chiuso.
Ma soprattutto, mi chiedo: in base a quale presupposti si potrebbe stabilire, e chi lo stabilisce, ammesso si possa, cosa significhi essere “chiuso” o “aperto”, completo o incompleto rispetto ad un contesto di fede in Dio che già di per sé contiene delle verità che per il loro contenuto attentano, si direbbe, alla dignità del pensiero.
Allora le categorie ” aperto” / “chiuso” – completo/incompleto sono, appunto, mere categorie umane, di linguaggio.
E’ vero che la ragione umana è sollecitata da un’ansia inguaribile di comprensione, mai scevra da ambizioni senza misura e che nulla di ciò che è, o potrebbe essere, è in grado di appagare pienamente la sete di conoscenza. Ma, allo stesso tempo -e questo è innegabile- è anche legata indissolubilmente ai condizionamenti della materia, e, siccome il regno del sensibile è il punto di partenza ineliminabile per “dedurre”, sarà la stessa creaturalità a delineare e delimitare l’orizzonte ultimo.
Pertanto il pensiero, per così dire, “pensato” dovrebbe -per suffragare quanto detto gesuiticamente- superare il baratro del “sensibile” , diventare “pensiero pensante” e adeguare lo “scarto” che intercorre tra la brama di conoscenza di Dio rispetto al sapere effettivo e questo richiede un surplus trascendente, ovvero, il dono di una Rivelazione di ordine soprannaturale la quale, in quanto tale è inverificabile. Per questo sostengo che quei concetti, contestualizzati, siano inefficaci ai fini, diciamo, ” investigativi”
Insomma, e qui mi piace sottolinearlo, entra in scena ciò che molti vorrebbero eliminare: il DOGMA. Qui è fondamentale ricordare l’importanza fondamentale che il Dogma riveste, in quanto la stessa ragione, costretta al “salto nel buio”, è costretta a rinunciare a ciò che le è più proprio, il ragionamento.
Pertanto, secondo me, l’intelligenza è chiamata ad accettare,per sua natura in base all’evidenza, ciò che la fede impone come dogma indubitabile – San Tommaso appunto, accennato sopra da Leonardo e MCV- il quale, in forza come dicevo sopra, di una Rivelazione Trascendente e , purtroppo per l’intelletto che lo si voglia aperto o chiuso, completo o incompleto, costitutivamente inverificabile…
…nella prospettiva di Dio, infatti, l’uomo , il creato, tutto è in cammino verso una meta che apre a orizzonti ultimi, a venire, di ordine trascendente. La stessa storia è destinata, come dire, a sublimarsi ,come pure il tempo: chiamato a sfociare nell’eternità… dinamismi che sfuggono all’umana intelligenza, per quanto aperta, acuta, investigativa o genuinamente “gesuitica”…
L’aggettivo “aperto” nel Dizionario Italiano Sabatini Coletti ha ben sei accezioni, tra le quali “Persona a. || essere aperto a qualcosa, dimostrarsi senza pregiudizi, disponibile al confronto”.
Buona notte a tutti.
Clodine,
allora cosa ci stanno a fare i teologi? Abbiamo già Vangelo e dogmi, di che altro abbiamo bisogno? Anche il Papa emerito ha perso e sta perdendo tempo?
Se l’esistenza dei teologi ha un senso, allora quello che dice Francesco è un’ovvietà, che però va detta perché il teologo può rischiare di ritenersi soddisfatto delle quattro cose su cui ha ragionato e non spostarsi più da lì.
Maria Cristina,
un pensiero completo sarà sempre chiuso, uno incompleto non è detto che sia sempre aperto, come giustamente osservi. Per questo il Papa nei suoi discorsi non parla solo di ‘pensiero incompleto’ ma aggiunge ‘pensiero aperto’.
caro Enrico, non sono d’accordo che un pensiero completo sarà sempre “chiuso”.Questo è il punto di vista dei relativisti per cui chiunque asserisce una verità e’ un dogmatico da combattere . persino ha detto il gesuita padre Spadaro 2+2 nella moderna teologia può non fare quattro. E il gesuita padre Sosa ha detto che non sappiam o cosa realmente ha detto gesù perchè non c’erano i registratori. Chiunque oggi dica che due + due fa quattro e che Gesù ha condannato l’adulterio è accusato di essere “chiuso” e rigido.
Facciamo l’esempio appunto della teologia scolastica , siamo d’accordo tutti che è un sistema “completo”, nel senso di non ambiguo, non contradditorio, si si non no e non come va di moda oggi ni-ni so-so, forse, potrrebbe essere, ma anche ………
Ma non è assolutamente CHIUSO!
San Tommaso D’ Aquino infatti fa una differenza enorme fra ciò che la ragione umana può “dire” di Dio( la teologia è il discorso su Dio) , quello che da Dio stesso ci è stato rivelato su di se’ attraverso le Sacre Scritture, e ciò infine che è un mistero per la mente umana e che nessun uomo può comprendere con la ragione ma solo ctredere per fede.
Saprai certo caro Enrico l’episodio che si racconta di San Tommaso che alla fine della sua vita dopo aver avuto una visione mistica di Dio, disse che tutto quello che aveva scritto non era nulla, era carta straccia , a confronto diretto con la Verità che Rivela se stessa.
dunque san Tommaso era “APERTO” : aperto al trascendete, al mistico, al mistero, San tommaso alla fine considerò nulla le sue elucubrazioni.
Non pretendeva certo di aver “spiegato” tutto di Dio!
L’umiltà di san Tommaso purtroppo non si ritrova nei moderni teologi che presumono, senza averne neppure le competenze specifiche, di spiegarci Dio secondo le loro categorie mentali, le loro opinioni.
Chiediamoci fare teologia aperta e in ginocchio sì , ma aperta verso cosa? verso il mistero indicibile di Dio , o verso la modernizzazione del dogma?
in ginocchio si’: ma in ginocchio davanti a Dio o in ginocchio davanti al mondo?
Tutto è iniziato col gesuita Karl Rahner : dopo di lui non so se si può ancora parlare di “teologi” visto che si sono trasformati in antropologi. Il discorso su Dio, la ricerca di Dio si è trasformato in discorso sull’uomo. aperto a tutte le “nuove scoperte”della sociologia, psicologia, antropologia , psicanalisi ecc.
ma non è più “teologia” cioè discorso su Dio.
Era più umile e aperto oltre che santo, il vecchio buon san Tommaso di tutti i vari Hans kung, Karl Rahner e Kasper.
Un sano relativismo sta alla base della considerazione del punto di vista dei credenti come accettabile anche da chi può vivere e vive benissimo senza la fede. Ma da quell’orecchio non ci sentite.
‘siamo d’accordo tutti che è un sistema “completo”, nel senso di non ambiguo, non contradditorio,’
In quel senso sì, concordo, ma l’opposto dell’incompleto di Francesco è: che sa già tutto, che non ha bisogno di cercare altro (riguardo alla Verità). Francesco per due volte parla di Dio e una di Cristo, per cui mi pare sia chiaro quello che vuol dire.
Ma, caro Enrico, tu non hai idea in quale maremagnum sia immerso il discorso teologico. Di quanto ampio lo spettro investigativo che sottende questa scienza per sua natura destinata ad argomentare in modo razionale/ filosofico la realtà di Dio e oltrepassato l’ostacolo della Teodicea (giustizia di Dio), partendo dal dato empirico si risale la corrente fino a raggiungere, e spesso scontrarsi, con argomenti alti propriamente sacri/metafisici.
Capisci bene che qui il tacere rispettoso dinnanzi al mistero degli addetti ai lavori ,spesso incauti, sarebbe d’uopo? Basterebbe uno scatto dell’intelligenza , consapevole di entrare in corto circuito e, con la dovuta umiltà evitare di divulgare eresie come le tantissime,aberranti, che circolano liberamente e indisturbate causando danni incalcolabili.
Ora qui, caro Enrico, non si tratta di “perdere tempo” dietro a cose di nessuna utilità, io non ho mai detto che la Teologia in prospettiva sia di nessuna utilità, anzi…ma di stabilire con argomentazioni valide e serie tutto quanto concerne la Presenza di un Essere Supremo, Assoluto, Trascendente e al contempo analizzare se e in quale misura l’intelligenza umana sia in grado di predicare con Verità ciò che riguarda sia la natura, che gli attributi divini stessi partendo dell’ itinerarium hominis in Deum, o più propriamente itinerarium mentis in Deum, e stabilire a quale delle funzioni dell’intelligenza -che non è a compartimenti stagni ma coinvolge sentimenti, Volontà, cuore- l’affermazione di Dio fa più propriamente ricorso in modo razionale.
Altrimenti si entra nella concezione Kantiana della fenomenologia, e come dice MCV giustamente, se è ha otto, se un bicchiere è vuoto non posso dire che è pieno. Allora, capisci bene che in questo contesto siamo dinnanzi ad un dono di Grazia oltre che di sforzo umano in cui è l’Altissimo stesso a farsi trovare e l’unico atteggiamento da assumere è lo stare in ginocchio, supplici, dinnanzi a Colui di cui invochiamo la manifestazione suprema? Penso tu sia d’accordo.
@…”e come dice MCV giustamente, se il tavolo ha quattro zampe non posso dire che ne ha otto, se un bicchiere è vuoto non posso dire che è pieno”
Chiedo venia,ma il cellulare mi ha interrotto la frase che risultava monca.
Clodine,
devi tener conto del pubblico a cui si rivolge Francesco. Solo nell’ultima citazione abbiamo un pubblico di un certo livello, i discorsi delle prime due sono destinati anche alla casalinga di Voghera.
Francesco si rivolge al pubblico, di un certo livello, la casalinga di Voghera…
Recentemente nel blog di magister è citato il Gesuita Gaston Fessard:
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/12/07/tutti-i-maestri-di-bergoglio-che-pero-fa-di-testa-sua/
Sono stato frettoloso,ho messo il link ma non avevo ancora letto l’articolo , forse non è attinente