Ieri pomeriggio nell’Aula del Sinodo, presentazione dei volumi Magnum Jubilaeum, Sede Apostolica Vacante, Inizio del ministero petrino – tutti e tre a cura dell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche, pubblicati dalla Libreria Editrice vaticana. Io tra i relatori, gli altri due erano il liturgista Corrado Maggioni e lo storico Roberto Rusconi. Soprassalto per me dei sentimenti, essendo stato le cento volte in quell’aula come giornalista ad ascoltare i santi padri e trovandomi ora lì, al tavolo dei cardinali e del papa! C’ero per invito dell’arcivescovo Piero Marini, Maestro uscente ed era presente anche Guido Marini, Mestro entrante. Per non intrecciarmi avevo un testo scritto e avevo anche fatto le prove di lettura al fine di restare nella mezz’ora prescritta. Nel mio testo c’era questo passaggio sull’ampliamento dell’Ufficio realizzato da Marini senior con il coinvolgimento di consultori (che prima non c’erano) di varia provenienza: “Mai in precedenza quell’Ufficio aveva avuto una conduzione altrettanto allargata e collegiale. I frutti che ho elencato sono stati possibili grazie a quella larga confluenza di ingegni e di energie. Un’esperienza che ora è affidata al nuovo Maestro Guido Marini che molto eredita e dunque molto avrà da vagliare e valorizzare”. Qui al testo scritto ho aggiunto: “Vedo in quest’aula il nuovo Maestro al quale rivolgo un saluto a nome dei colleghi, benchè nessuno a ciò mi abbia incaricato. Perchè noi giornalisti siamo grati al Marini uscente ma vorremmo anche gettare dei buoni ponti verso il Marini entrante”. C’è stato un appluso e un poco si è sciolta la tensione che fin dall’inizio teneva in silenzio l’assemblea, mentre i due Marini accennavano l’uno all’altro come commossi e divertiti.
Mi sono trovato tra i due Marini e così me la sono cavata
44 Comments
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… come è andata con pizzi e rocchetti??? 🙂
Non so se il moralista si riferisce a mons. Guido Marini se tale è il caso mi permetto di dire che trovo il suo “humour” di cattivo gusto. E la faccina accanto non allegerisce quella che trovo una mancanza di rispetto .
Del resto tutta la discussione, in un post precedente, fra i maschi di questo blog sui sacerdoti svirilizzati o emasculati mi ha lasciata molto ma molto perplessa.
suvvia,
non si sta parlando di Gesù Cristo,
è solo un Marini,
e un Marini vale l’altro,
o questo è particolarmente ricoperto di sacralità, che ha dato la sua vita per tutti gli uomini facendosi appendere ucciso ad una croce??????
Suvvia,
un po di humor non guasta,
c’è ben altro che guasta in questa nostra madre Chiesa……….
In questo caso
http://www.diocesi.genova.it/immagini/immagine.php?id=2173
in Liguria, mi sembra andata molto bene, a “pizzi& rocchetti” !
[Monografia] – Dio padre misericordioso / a cura di Francesco Moraglia – Genova – [1998]. (PUV0398346)
http://opac.bncrm.metavista.it/cgi-bin/bncrm/Result.pl?=&maxdocumenti=20&form=WebMod&autore=seminario&founditems=487&session=1192170688.1&ordinamento=4050%2B3028%2B31&&startat=41
[Nota : due libri di Mons. Moraglia sinora scovati (di cui uno scritto a quattro mani col Marini Guido, sul Beato arcivescovo genovese Tommaso Reggio) ,entrambi hanno “Dio” nel titolo… ]
sono stato sempre tra i camici da celebrazione e non sono i certosini lavori fatti da fantastiche suore su straordinari camici, che rimangono un bellissimo esempio di sartoria ecclesiastica a lasciare perplessi…..
Quello che può inquietare e come ci siano persone che si eccitino particolarmente davanti a questi camici, nostalgici dei bei tempi andati, piuttosto che del complemento che essi sono al servizio liturgico, coime lo sono stati da sempre.
Certo è che al Seminario Romano, ormai non si era abituati più a portare particolari cotte, per una questione di uniformità, e per una questione non indifferente di costo.
Le nostalgie non c’entrano nulla, per chi ne avesse di codesti pruriti.
Dedicato a chi chiede di Moraglia:
http://www.clerus.net/clerus/dati/1999-01/19-2/Moraglia.rtf.html
“La struttura della Chiesa trascende in toto il modello ” democratico ” e quello “autocratico”, perché si fonda sull’ ” invio ” del Figlio da parte del Padre e sul conferimento della ” missione” attraverso il dono dello Spirito Santo ai Dodici e ai loro successori (cf Gv 20,21). E’ questo l’insegnamento già presente in Presbyterorum Ordinis quando il decreto conciliare tratta dell'” autorità con cui Cristo fa crescere, santifica e governa il suo popolo” (cf PO 2). “Autorità ” che non ha origine dal basso e che non può essere autonomamente definita nella sua estensione ed esercizio da nessun consesso di base.”
Da l’organico dei docenti della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, sede di Genova:
Mons. Dott. MORAGLIA FRANCESCO,
Corso Carbonara, 10a /5 – 16125 Genova
Storia della Teologia -Teologia dogmatica
http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=402
Syriacus,
La Chiesa come la conosci oggi,
è estremamente diversa dalle sue origini,
quando anche il vescovo in non pochi luoghi veniva deciso dai fedeli nella cattedrale……!!!!!
E ancora in qualche diocesi, oggi si conserva la tradizione che il vescovo è scelto dalla base e verificato dal papa, ma immagino che sai di cosa parlo….
E’ bene non fare di tutta erba un fascio.
con stima
Una volta c’erano i precettori, ora c’è la scuola dell’obbligo, c’erano scienziati che ricercavano in casa loro, e ora ci sono istituzionalizzati centri di ricerca, ci si scriveva lettere, e oggi e-mail; c’erano le bestie, poi il vapore, ora l’atomo o il petrolchimico… Una volta uno sguardo cambiava o diceva una vita, ora corpi nudi o loquenti compaino -noi inerti nelle nostre spelonche- in tubi catodici o foto digitali… Tutto cambia, tutto per fortuna o purtroppo… Qualcosa DEVE rimanere. Ma cosa è l’Essenziale?
Nella Germania post-prussiana, c’è ancora l’uso di proporre la terna di candidati vescovi al capitolo della cattedrale. In Baviera, no. A Coira in Svizzera invece, a luglio Mons. Huonder è stato eletto dal Capitolo sulla base della terna proposta da +Benedetto. Non è stato un nuovo “caso Haas”, ma quasi. (Un locale ex-gesuita ribelle, ha descritto sarcasticamente la procedura come una improponibile scelta “fra Peste, AIDS e Colera” .) Questo per un pò di cronaca…
In un recente incontro con Monsignor Bettazzi, abbiamo discusso proprio anche della democrazia della Chiesa, e mons. Luigi ci ha erudito affermando che la Chiesa non è democratica, ma è comunione che è molto di più della democrazia, per cui le voci dovrebbero essere molte e la voce del Papa dovrebbe essere l’ultima eventualmente ma non l’unica.
Questo post è riferito a Luisa, a Raffaella, ecc. che in molte occasioni apprezzo ma con cui talvolta dissento quando mi sembra che sono più papiste del Papa, (un esempio soltanto l’errore di Ratisbona che ancora molti
si ostinano a difendere, mentre è stato un semplice sbaglio), e dico questo se possibile senza polemizzare.
Scusa Leone, una semplice domanda, per capire : ma “Ratisbona” , secondo te, è stato “un errore” in senso meramente ‘pastorale’ (inoppportunitòà di luogo e momento) o anche ‘contenutistico’ (le parole dell’erudito emerito Professor Ratzinger erano imprecise, meglio ordinabili, o financo sbagliate, etc…) ?
Caro Syriacus, intanto complimenti per la tua erudizione, a volte mi lasci strabiliato per la competenza e le citazioni.
Sul caso di Ratisbona, il nostro circolo culturale che si chiama IN DIALOGO ha organizzato due incontri sulla conoscenza della cultura e della religione islamica con Padre Giuseppe Scattolin, che insegna sia all’università islamica del Cairo, la più prestigiosa del mondo Arabo che al PISAI di Roma, (Pontificio Istituto di studi Islamici), e a precisa domanda del sottoscritto, l’illustre islamista, da oltre 30 anni vive in egitto e studia l’Islam, ha semplicemnete risposto che Papa Benedetto XXI aveva semplicemente detto un concetto sbagliato, che tra l’altro non c’entrava con il contesto perchè se devi fare un esempio sbagliato del rapporto tra fede e ragione ne prendi uno della tua religione se non altro per umiltà, e anche noi cattolici ne abbiamo commessi di errori nella storia. Ma riprendere un concetto che sostanzialmente dice che dall’Islam non e mai venuto niente di buono, e non almeno distanziarsene subito, (come poi è avvenuto nella versione ufficial edel testo dove è stata aggiunta la frase “che io non condivido” , è un errore si adel luogo ma soprattutto del concetto stesso e Padre Scattolin ne dava la colpa più che al Papa ai suoi consulenti che per quanto riguarda l’Islam almeno in quell’occasione hanno sbagliato.
E’ per questo che quando vedo che su certi BLOG CI SI ARRAMPICA SUGLI SPECCHI per difendere un errore rimago un po’ stupito…..
Sono d’accordo con chi sottolinea il concetto di Chiesa come comunione, che è ben di più di una democrazia.
Ben di più vuol dire qualcosa di immensamente più ricco e più bello, ma anche di più difficile ed esigente.
Quanto a Gigi Accattoli, vorrei dirgli che ha fatto proprio bene a “saldare” nel suo intervento in Aula Nervi le esperienze e le attese circa i due Marini.
Tutta questa storia del cambio del Maestro ha assunto echi e contorni un filino grotteschi, e trovo comunque ingiusto e inaccettabile (comunque da suo critico, a volte) il trattamento che molti commentatori hanno riservato al Marini predecessore.
Speriamo che – nella differenza di stili e sensibilità – si possa vivere almeno così quel senso di continuità nell’aggiornamento, nella messa a punto e nella migliore comprensione, che è la ricchezza della Chiesa.
Leone, non conosco granchè di Mons.Bettazzi, so di lui che è il vescovo emerito di Ivrea, mi ricordo la sua presa di posizione sui Dico che definiva un male minore, o i suoi dubbi( è dir poco) sul Family day, testimone del Concilio so che ebbe da dire che sul piano pastorale il concilio constituiva una discontinuità, forse mi sbaglio ma mi sembra aver capito che nella famosa classificazione del clero sinistra-centro-destra. mons. Bettazzi si troverebbe piuttosto a sinistra.
Penso sia sua libera opinione credere che la voce del Papa dovrebbe eventualmente essere l`ultima ma non l`unica.
È mia libera opinione credere che è cosa giusta che all`interno della Chiesa si esprimino diversi correnti e opinioni, ma sempre nel rispetto e nella fedeltà al Successore di Pietro, in caso di cacofonia, il Magistero petrino è la sola voce alla quale riconosco l`autorità di guidarmi.Non esistono magisteri paralleli.
Insistere poi nel dire che Ratisbona è stato un errore ,e continuare a non tenir conto di tutti i passi che sono stati compiuti in seguito al discorso fondamentale del Santo Padre,per non dire i frutti che si stanno raccogliendo, è un`opinione personale che non condivido. Le lascio anche la sua opinione sul mio essere papista, io mi considero solo una cattolica . E se poi si deve aggiungere degli aggettivi ,direi che sono una cattolica leale, fedele, al Vescovo di Roma .
Grazie Leone, per la precisazione.
[Curiosità: la cosa è stata di così ampia portata, che i wikipediani ci hanno pure messo sù un bell’articolo (a suo tempo avevo letto pezzi in tedesco sul discorso, ma rintracciarli ed eventualmente tradurli, andrebbe oltre le mie risorse di tempo ed energie) :
http://it.wikipedia.org/wiki/Controversia_con_l'Islam_sulla_lezione_di_Ratisbona_di_Papa_Benedetto_XVI ]
Link funzionante:
http://it.wikipedia.org/wiki/Controversia_con_l'Islam_sulla_lezione_di_Ratisbona_di_Papa_Benedetto_XVI
( Non funziona di nuovo: va bè, andate in fondo a questo
http://it.wikipedia.org/wiki/Ratisbona ,
e troverete il link
“Controversia con l’Islam sulla lezione di Ratisbona di Papa Benedetto XVI” )
Vi invio il pensiero di Pietro Stefani della settimana mi sembra molto bello condividerlo con Voi
Il pensiero della settimana, n. 178
Il sorriso di Lavoisier
Era una mattina grigia ma non fredda. Simone aveva dormito in un alberghetto. Era sicuro che il bagno non fosse stato pulito: c’erano ancora in giro carte, mezze saponette, asciugamani spiegazzati. Aveva avuto sospetti anche sulla pulizia delle lenzuola. La sera era rientrato tardi e, invece di fare indagini e scenate, aveva preferito dar ascolto alla sua stanchezza fingendo che tutto fosse immacolato. Quando si era ridestato aveva pensato alla civiltà (o inciviltà) dell’usa e getta. Gli albergatori sognano – pensò – il giorno in cui potranno fare come le carrozze cuccette: federe e lenzuola di carta. Allora saranno esonerati dalla seccatura del lavaggio. Per la biancheria sarebbe una morte rapida: le verrebbe risparmiato il lento logorio del bucato dopo bucato, non passerebbe più per la lunga trafila destinata, senza scampo, a tramutare in stracci lenzuola e asciugamani.
Il pensiero gli si allargò. Gli vennero in mente le pezze che un tempo erano il modo per prolungare la durata degli abiti, segni di una povera tenacia volta a far durare il più possibile un vestito. Oggi il loro uso è per lo più metaforico: «Metterci una pezza» è espressione ancora attuale. A Simone passò velocemente per la testa la situazione di molti giovani italici. Poi pensò a quell’arte perduta. In senso proprio la gente non sa più compiere rattoppi. Gli venne in mente lo stato miserevole di molte strade. Gli stradini hanno perduto la capacità di riempire i buchi e livellare l’asfalto. I loro interventi parziali di solito non fanno che rendere ancor più sconnesso il manto stradale. Per avere una pavimentazione decente occorre attendere, con molta pazienza, che entrino all’opera le grandi macchine bituminose. L’unica situazione in cui le pezze sono ancora in auge è trascinare avanti l’esistenza delle istituzioni, ma anche delle vite umane, attraverso interventi su interventi. I medici ormai sono paragonabili agli stradini. Scacciò però il riferimento. Simone ogni tanto si irritava delle proprie associazioni mentali, specie quando si tingevano di frivolezza.
Nel frattempo era uscito e si stava dirigendo presso la basilica del Santo. Quando si trovava a Padova cercava sempre di andarci, non per entrare in chiesa e ancor meno per chiedere grazie a S. Antonio: era affascinato dai chiostri. In particolare il primo, con la sua immensa magnolia. Quel gioco di cupole orientaleggianti, archi acuti e il maestoso edificio vegetale gli pareva una sintesi irripetibile tra Occidente e Bisanzio, tra natura e cultura.
Mentre camminava era accompagnato dall’ombra dell’”usa e getta”. Il flusso delle idee lo portò a riflettere sul Lager. Non era uno storico e men che meno aveva avuto, nella sua esistenza, esperienze paragonabili all’universo concentrazionario. Gli incontri che aveva avuto in sorte di compiere l’avevano però condotto a collocare Auschwitz nell’ambito delle realtà che, “ad ora incerta”, tornavano nella sua mente. Quella mattina l’assalì l’idea che il campo di concentramento fosse stato la realizzazione completa della logica dell’ “usa e getta” applicata agli esseri umani: li si sfrutta, li si esaurisce, li si elimina. Anche là sorse perciò il problema tecnico dello “smaltimento rifiuti”. L’empia espressione gli suonò adeguata. Come trattare i cadaveri fu per i nazisti un problema paragonabile a quello che vale per le nostre discariche: seppellirli in massa, incenerirli? L’inciviltà della distruzione programmata è ossessionata dall’accumulo dei residui. Si getta ma non si annichilisce. Il sorriso ironico di Lavoisier si para di fronte alla società legata all’eccesso di consumo: «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». La legge del padre della chimica moderna non teme smentite. Le società opulente moriranno nelle discariche a meno che non ritrovino una povera via di salvezza nel riciclo; vale a dire, nel riuscire a dare una svolta virtuosa al “tutto si trasforma”. Ma per farlo, pensò, i ritmi dovrebbero essere meno vorticosi.
Appena tratta questa conclusione alzò gli occhi e si trovò davanti alla magnolia: essa aveva riciclato per secoli l’humus della terra. L’aveva assorbito e con pazienza era cresciuta e si era dilatata fino a giungere all’attuale status di cattedrale vegetale. L’enorme pianta gli parve il simbolo della durata. Anche le cupole e gli archi della basilica hanno alle loro spalle secoli e secoli. I mattoni però non crescono, anzi, sia pure con lentezza, si sgretolano. La pianta invece si alimenta e si espande. Vive del lento riciclo di foglie che cadono e rispuntano. I grandi alberi – disse tra sé e sé Simone – non hanno peccato. La loro vita ha ancora la durata dei patriarchi antidiluviani. Da ora in poi chiamerò questa magnolia Matusalemme».
I passi lo condussero verso gli altri chiostri. Giunse al terzo, il più ampio, con i tavoli per i pranzi al sacco. Improvvisa gli venne una stretta al cuore. Anzi, fu una di stilettata. Avvertì un vuoto incolmabile. Anni fa lei era lì. Già anziana, ma ancora capace di dare una testimonianza ineguagliata sul mondo dei Lager: l’ascolto si faceva esperienza e il racconto dell’orrore si trasformava, in virtù di una straordinaria chimica spirituale, in affermazione della dignità umana. Si ricordò di lei seduta e delle persone che le portavano da mangiare ed erano a propria volta alimentate dalla sua parola. Adesso c’era solo vuoto. Il chiostro era deserto. Simone udì il grido che usciva dalla ferita dell’animo: «Lavoisier hai torto, la morte annichilisce, distrugge non trasforma». Nel contempo percepì però anche una voce più leggera e sottile: «nulla è assicurato, qui non vige la necessità delle leggi chimiche; eppure se la memoria agisce da fermento catalitico anche la mancanza può trasformarsi in altro da sé. L’oblio è il modo in cui i vivi uccidono i morti, ma il ricordo è la maniera in cui li si può ancora far parlare. La dimenticanza è una specie di “usa e getta” spirituale; la memoria è un pio riciclo. Quando l’atto di ricordare si presenta come un puro, immobile conservare, tutto è bloccato; il vuoto è mantenuto ma non diverrà mai l’alambicco nel quale avvengono nuove reazioni. I ricordi vanno condivisi, trasmessi allora diventano come le foglie di ‘Matusalemme’: hanno ancora un domani».
La seconda voce lo consolò ma non del tutto. Simone si accorse perché si dava tanto da fare per tenere desta la memoria di lei. Dietro c’era anche un moto egoistico: mascherare un vuoto. Il suo impegno equivaleva a somministrare una cura palliativa a una perdita. L’istanza, più che altruistica, era in definitiva egoistica. Il suo stato d’animo subì però un’ulteriore oscillazione. Gli tornò in mente il detto rabbinico che invita a servire Dio anche con l’“inclinazione cattiva”. Si disse: «È egoismo ma posso confidare che si produca una reazione che lo trasformi in qualcos’altro».
Piero Stefani
Per Luisa, Io rispetto il suo modo di vivere la fede, rispettabilissimo, mi permetta però di ricordarle che ce ne sono altri penso altrettanto validi.
Monsignor Bettazzi è un caro amico forse un po’ più vicino alla sinistra ed al movimento pacifista in cui mi riconosco, (ma sa di gente di Destra che manifesta per la pace non ne ho mai vista molta ma forse sono miope…)
ma sicuramente un uomo di grande fede e mi consenta a mio avviso anche profetico.
Sul Concilio VATICANO II a cui partecipò come segretario del Cardinale Lercaro, ed amico di Dossetti, altro cristiano che ammiro come Panikkar o Martini, ma a volte mi piace pure Biffi non ho pregiudizi di sorta anche se sono più vicino alla visione di Bettazzi sul Concilio, Concilio di continuità sul piano teologico, in quanto non vi furono cambiamenti dei nostri dogmi di fede ma di DISCONTINUITA’ sul piano pastorale e LITURGICO, e questa mi pare una definizione di grande buonsenso che potrebbe metercio d’accordo tutti.
O no?…..
Dimenticavo, io non ho problemi a dire che il Papa poi ha riparato ampiamente al suo errore, e apprezzo quello che sta facendo BENEDETTO XVI sul dialogo con l’ISLAM, e tutti frutti che si stanno raccogliendo e concordo anche su quelloche mi dira nella sua risposta ma questo che c’entra, una volta nella vita avrà sbagliato pure RATZINGER o no?
E sì , Leone, non posso che essere d`accordo con lei quando, riportando il pensiero di Mons. Bettazzi, parla di discontinuità sul piano pastorale e liturgico,ma non nel senso che io approvi o apprezzi questa discontinuità, non posso che constatarne la realtà, una realtà nella quale ho sofferto, sopratutto in campo liturgico.
E continuo a sostenere che Benedetto XVI non ha commesso nessun errore a Ratisbona ,il che non vuol dire che in 80 anni di vita non ne abbia commessi….lui stesso ha ammesso recentemente di essere stato troppo timoroso negli anni che hanno seguito il Concilio, di fronte agli abusi .
Solo ora rispondo al Moralista che subito dopo il mio post che riferiva dei due Marini mi chiedeva “come è andata con pizzi e rocchetti”. E’ stato il mio primo incontro con il nuovo “maestro” delle celebrazioni. Vedendolo nell’Aula, dimesso, a un posto qualunque, in nero, sono andato a salutarlo, mi ha detto “la conosco dal suo lavoro”, gli ho detto che gli avrei chiesto un incontro e non c’è stato tempo di dire altro. Mi è parso gentile e timido. Quando poi – durante il mio intervento – ho fatto il riferimento a lui che ho narrato nel post, mi è sembrato molto sorpreso, mi è parso arrossisse in maniera vistosa e che facesse cenni come di approvazione e divertimento. Ma va tenuto conto che io avevo da dire ancora e non potevo badare più che tanto a quello che succedeva. – So che prima di entrare in carica è stato per una settimana accanto a Marini senior, andando ogni giorno in Ufficio, per seguirne il lavoro ed entrare nel meccanismo. I collaboratori dell’Ufficio ne parlano tutti con rispetto e dicono che a loro è parso essere “un bravo sacerdote”. Solo osservano che ha una formazione giuridica e non liturgica, ma sono fiduciosi sul futuro del loro lavoro. Da una prima riunione del nuovo Maestro con i “cerimonieri” pare sia venuta un’indicazione di sobrietà, rigore nel rispetto delle norme, riserbo, attenzione a non pensare per cesure la storia della liturgia – prima e dopo il Vaticano II. – Il fatto della centralità del Crocifisso e dei candelabri sull’altare che si sono visti nella prima celebrazione papale da lui accompagnata non mi preoccupa, pur essendo io – come qui ho sempre dichiarato – un sostenitore della riforma liturgica. Mi paiono elementi secondari, opinabili e sui quali non sarà grandanno – o gran miglioramento – un ritorno indietro. Gli auguro buon lavoro con la stessa schiettezza con cui ho sempre augurato buon lavoro al Marini senior quando lo vedevo sull’aereo papale all’inizio dei tanti viaggi internazionali che abbiamo fatto insieme. Buona domenica, Luigi
Cara Luisa, sul piano pastorale e liturgico bisognava rinnovare ed adeguare l’annuncio del vangelo ai tempi, non i significati ma il modo di annunciare, fu per questo che venne convocato il CONCILIO.
Ora, pur con qualche abuso anche il Papa riconosce i frutti di quell’evento, e se oggi parliamo di queste cose è anche perchè c’è stato un Concilio che ha consentito a tutti di poter parlare confrontarsi, discutere, litigare su argomenti che prima di esso erano quasi solo argomento di specialisti.
Se la Chiesa è comunione è come un coro dove tutti cantano ma le voci sono diverse anche se la canzone è una sola, se la Chiesa è un’orchestra tutti contribuiscono alla Sinfonia, dal violino al tamburo…..
Leggendo la sua parola Sinfonia ho subito pensato che questa è effettivamente una bella maniera di esprimere la realtà Chiesa, mi sono venute alla mente le parole che Papa Benedetto,musicista, ha espresso in diverse occasioni, ma ho scelto di riportare qui qualche passaggio del suo discorso dopo il concerto offertogli dal presidente della Repubblica tedesca,il 18 novembre 2006.
” Il suonare insieme da solisti richiede dal singolo non solo l’impegno di tutte le sue capacità tecniche e musicali nell’esecuzione della propria parte, ma al contempo sempre anche il sapersi ritirare nell’ascolto attento degli altri. Solo se questo riesce, se cioè ciascuno non pone al centro se stesso, ma, in spirito di servizio, si inserisce nell’insieme e, per così dire, si mette a disposizione come “strumento”, affinché il pensiero del compositore possa diventare suono e raggiungere così il cuore degli ascoltatori, solo allora si ha un’interpretazione veramente grande – come quella che abbiamo or ora sentito. È questa una bella immagine anche per noi che, nell’ambito della Chiesa, ci impegniamo ad essere “strumenti” per comunicare agli uomini il pensiero del grande “Compositore”, la cui opera è l’armonia dell’universo.
In effetti, possiamo immaginare la storia del mondo come una meravigliosa sinfonia che Dio ha composto e la cui esecuzione Egli stesso, da saggio maestro d’orchestra, dirige. Anche se a noi la partitura a volte sembra molto complessa e difficile, Egli la conosce dalla prima fino all’ultima nota. Noi non siamo chiamati a prendere in mano la bacchetta del direttore, e ancora meno a cambiare le melodie secondo il nostro gusto. Ma siamo chiamati, ciascuno di noi al suo posto e con le proprie capacità, a collaborare con il grande Maestro nell’eseguire il suo stupendo capolavoro. Nel corso dell’esecuzione ci sarà poi anche dato di comprendere man mano il grandioso disegno della partitura divina…
…Così, cari amici, vediamo come la musica possa condurci alla preghiera: essa ci invita ad elevare la mente verso Dio per trovare in Lui le ragioni della nostra speranza e il sostegno nelle difficoltà della vita. Fedeli ai suoi comandamenti e rispettosi del suo piano salvifico, possiamo insieme costruire un mondo nel quale risuoni la melodia consolante di una trascendente sinfonia d’amore. Anzi, sarà lo stesso Spirito divino a renderci tutti strumenti ben armonizzati e collaboratori responsabili di una mirabile esecuzione in cui si esprime lungo i secoli il piano della salvezza universale.”
Buona domenica a tutti !
… credo che essere spiritosi (e non prendersi troppo sul serio) aiuti nella vita (anche quella di un cristiano)… Luisa che le devo più dire… vedo ora con quale “leggerezza” abbia accolto il mio post per solleticare le impressioni di Luigi. Che infatti ha capito a cosa alludessi e ha risposto seriamente (come mi aspettavo e volevo).
Ho solo fatto riferimento ad una precedente discussione (cui ho solo marginalissimamente partecipato e per nulla poi sul virilità o meno dei pizzi, su cui altri hanno dissertato). Il tema poi era un puro “divertissment” (non sono sicuro del francese).
Comunque, visto che proprio mi ci trascina… i pizzi non mi piacciono nemmeno addosso a mia moglie (che ne è felice, peraltro) … e un fatto di carattere: mi piacciono le cose sobrie. Arrivederci…
Hai ragione Matteo, l`auto-derisione è salutare .
Quando invece l`oggetto della derisione o humour è un`altra persona, trovo che la linea che separa l`humour dalla mancanza di rispetto, quando non è cattiveria, (non è il caso qui) è molto ,molto tenue.
Evidentemente mi rivolgevo al moralista ….
Caro Accattoli, ero presente all’incontro del 9 Novembre. Complimenti a lei per la sua relazione. Ho trovato veramente interessante anche l’intervento del Rev. Padre Corrado Maggioni per il grande equilibrio della sua disanima sui grandi avvenimenti liturgici di cui parlavano i tre volumi in questione. Finalmente parole sulla liturgia che non dividevano, ma aiutavano a capire…
così come di grande spessore l’intervento dello storico Rusconi. Non è stata la ” celebrazione” di Mons. Piero Marini, ma della LITURGIA, come primario veicolo dell’incontro con Dio. Mons. Piero Marini è stato “servo” di questo…alcune cose potranno non essere piaciute, ma la sua opera è stata di grandissimo valore e di grande amore per la Chiesa e la liturgia. Anche a me il nuovo Maestro è apparso timido, spero proprio che il giudizio sul suo operato non sia “viziato”, da pregiudizi. A lui auguri e un grazie al suo predecessore.
l’humor, essere spiritosi, NON è assolutamente auto-derisione,
quando è che si manca di rispetto?
fare humor su un personaggio del clero è derisione?
accidenti! come siamo rovinati!
Si dovrebbe prendere un po tutti esempio dai nostri amati Ebrei
il loro “jewish humor”, è parte di una particolare spiritualità, che ha molto da dirci, non si scompongono nemmeno ùse devono farci entrare anche l’Onnipontente, ma che per questo non diminuisce in sacralità.
D-o dice a Mose: Non cucinare l’agnello nel latte della madre
Mose: Ho capito, non si puo mangiare carne e latte insieme.
D-o : No Mose, non cucinerai l’agnello nel latte della madre
Mose: ho capito, non si puo mettere sulla stessa tavola latte e formaggio.
D-o: Ho detto non cucinerai l’agnello nel latte della madre.
Mose: Useremo piatti e posate diverse per il latte e la carne.
D-o: Insomma, ho detto non cucinerai l’agnello nel latte della madre.
Mose: va bene lasceremo passare almeno 4 ore tra un pasto di carne e uno di latte
D-o: va bene Mose, fai come ti pare!!
Si può definire timido qualcuno che è riservato, discreto, che non ama mettersi in avanti.
Mi sembra che sia questo un profilo perfettamente adatto ad un cerimoniere pontificio. Mons. Guido Marini è stato preceduto da pre-giudizi positivi, ho letto molte testimonianze di chi l`ha conosciuto da vicino e rimpianto la sua partenza per Roma. Benedetto XVI l`ha scelto, una grande prova di stima e fiducia .
Riporto qui un` intervista rilasciata da mons. Guido Marini a Petrus.
http://www.papanews.it/images/pezzosopra.gif
http://www.papanews.it/news.asp?IdNews=3696
…..rimetto il link ,sperando che la pagina si apri.
Monsignor Guido Marini:
“Basta alle Messe-spettacolo, d’ora in avanti sobrietà e rispetto della liturgia”
di Bruno Volpe
A Suo avviso, ci sono stati abusi liturgici negli ultimi tempi?
“Sa, la Chiesa è grande. Ma, come ha riconosciuto lo stesso Pontefice nella lettera illustrativa al Motu Proprio ‘Summorum Pontificum’, gli abusi e le interpretazioni stravaganti ci sono state. Quello che posso dire è che sicuramente io non sarò autore di nessuna invenzione, mi limiterò ad applicare con scrupolo le regole oggi esistenti”.
A proposito: cosa pensa del Motu Proprio che ha liberalizzato la Messa con rito tridentino?
“Condivido il Motu Proprio al 100%, un atto di buon senso, di giustizia, libertà e lungimiranza”.
Roma capitale della vera liturgia
di Bruno Volpe
CITTA’ DEL VATICANO – Si sono appena spenti i riflettori sul Congresso dei Tradizionalisti di ‘Una Voce’, ed ecco Roma al centro di un altro importante evento: dal 14 al 17 novembre, la Capitale d’Italia diventera’ anche la Capitale della Liturgia. Roma, infatti, ospitera’ il Congresso del ‘Ciel’, il Centro di studi specializzato sulla Liturgia del messale di San Pio V. All’incontro di studio, che si terrà presso l’Università Urbaniana, parteciperanno fior di liturgisti provenienti da ogni parte del mondo. Ovviamente, ad essere al centro dell’attenzione sara’ il messale di San Pio V, ma gli studiosi, a leggere con la dovuta attenzione il programma, affronteranno anche alcuni temi di scottante attualita’ relativi al Novus Ordo, come i gravi abusi liturgici.
“dal 14 al 17 novembre, la Capitale d’Italia diventera’ anche la Capitale della Liturgia. Roma, infatti, ospitera’ il Congresso del ‘Ciel’”
http://www.liturgie.fr/fra/programmedetaille.htm
CIEL : “Centre International d’Études Liturgiques a été fondé en 1994 en France par un groupe de jeunes laïcs. Le CIEL est une association libre de fidèles, qui ouvre pour faciliter la piété par une meilleure connaissance des trésors de la liturgie et de la Tradition de l’Église, dans la fidélité au Magistère et aux directives de l’Église.”
Ringrazio Syriacus vera fonte inesauribile di informazioni, per avermi fatto conoscere il CIEL .
Buona settimana a tutti !
A Raffaele Terzi. Sono contento che lei fosse a quella presentazione, così il mio racconto trova un riscontro in presa diretta! L’avversione verso Marini senior e il sospetto verso Marini junior sono malesseri clericali. Occorre evitare quella trappola e guardare alla disputa con sano distacco. Stavo per dire “con sana laicità”. Luigi
Luigi, abbi pazienza ma su un punto non ti capisco.
Tu scrivi: “Il fatto della centralità del Crocifisso e dei candelabri sull’altare che si sono visti nella prima celebrazione papale da lui accompagnata non mi preoccupa, pur essendo io – come qui ho sempre dichiarato – un sostenitore della riforma liturgica.”
Ci mancherebbe anche che la centralità del crocifisso debba preoccupare qualcuno! Ma dove sta scritto nella riforma liturgica che il crocifisso non debba essere al centro dell’altare?
Dalla versione corrente dell’Ordinamento Generale del Messale Romano:
“117. L’altare sia ricoperto da almeno una tovaglia bianca. In ogni celebrazione sull’altare, o accanto ad esso, si pongano almeno due candelabri con i ceri accesi, o anche quattro o sei, specialmente se si tratta della Messa domenicale o festiva di precetto; se celebra il Vescovo della diocesi, si usino sette candelabri. Inoltre, sull’altare, o vicino ad esso, si collochi la croce con l’immagine di Cristo crocifisso…”
Più in generele ho l’impressione che spesso si confonda la riforma liturgica con le sue applicazioni.
Leggendo l’OGMR e c’è da rimanere sorpresi per come molte sue indicazioni vengano ignorate nelle nostre messe.
Il significato del Crocifisso al centro è poi ben spiegato nel cap. 3 dell’”Introduzione allo Spirito della Liturgia” del nostro Joseph:
“La croce dovrebbe servire come l’oriente interiore della fede. Essa dovrebbe trovarsi al centro dell’altare ed essere il punto a cui si rivolgono lo sguardo tanto il sacerdote che la comunità orante. In tal modo seguiamo l’antica invocazione pronunciata all’inizio dell’Eucaristia: Conversi ad Dominum”.
“Tra i fenomeni veramente assurdi del nostro tempo io annovero il fatto che la croce venga collocata su un lato per lasciare libero lo sguardo sul sacerdote. Ma la croce, durante l’eucaristia, rappresenta un disturbo? Il sacerdote è più importante del Signore? Questo errore dovrebbe essere corretto al più presto e questo può avvenire senza nuovi interventi architettonici. Il Signore è il punto di riferimento….”
Buona giornata a tutti
Fabrizio
Grazie Fabrizio per la precisazione. Nessuna preoccupazione per la croce, certo! Volevo dire che trovo strano il mugugno di chi si preoccupa per il ritorno – nella liturgia papale – del crocifisso al centro dell’altare. E certo che quello spostamento non faceva parte della riforma, ma appunto – come tu citi – è dall’applicazione di essa che viene la possibilità di porre la croce “accanto” all’altare. – Il punto è la centralità di Cristo, non del Crocifisso. E la centralità nei cuori, non nel centro geometrico dell’altare. Il Crocifisso al centro può aiutare, ma può aiutare anche un grande crocifisso a lato, o pendente dall’alto, o dominante dall’abside. Che il papa lo rimetta al centro dell’altare può essere uno stimolo a esaminare la posizione – a volte troppo defilata – che gli è stata data in ogni luogo celebrativo. Ma immaginare che così si ristabilisce la centralità di Cristo che era stata oscurata dallo spostamento vuol dire confondere il segno con la realtà. E ritenere che per richiamare una realtà invisibile e incommensurabile come la centralità di Cristo vi possa essere un solo segno, collocato in un’unica posizione. Luigi
Luigi, siamo d’accordo. Se lo stesso Ratzinger ha aspettato 2 anni e mezzo per mettere il crocifisso al centro dell’altare, significa che non considerava un’eresia la sua collocazione a lato.
Ritornando all’OGMR, se prendo ad esempio il canto liturgico (che è un mio pallino), in molti casi è strabiliante la distanza tra quello che è prescritto e la prassi domenicale.
Come mai? Secondo me è perchè la (benedetta) partecipazione attiva di noi laici alla preparazione della liturgia è piena di buona fede e di entusiasmo ma per forza di cose “ignorante” e poco approfondita.
Spetterebbe ai sacerdoti veicolare le proposte di noi laici all’interno di quello che è previsto dalla riforma liturgica.
I sacerdoti però si trovano a dover mediare tra le diverse anime della parrocchia (nella mia tutti si offendono e sono ipersensibili), forse c’è un po’ di timore di perdere qualcuno per strada e soprattutto la paura che bocciando qualche proposta si passi per antiquati. Il risultato sono soluzioni spesso artigianali e pasticciate e a volte in chiaro contrasto con le norme liturgiche.
Basterebbe poco, dare in mano agli animatori della liturgia qualche testo di riferimento (qualche estratto dell’OGMR ad esempio), studiare un pochino non farebbe male.
Comunque accontentiamoci pure, il Signore capirà.
Notevole notizia da Genova: il segretario di Mons. Bagnasco, Don Marco Galli, è stato appena nominato nuovo Maestro delle Celebrazioni Liturgiche dell’Arcivescovo; succede in quel ruolo a Mons.Guido Marini.
http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=2074
(Si noti che il 32enne Don Marco è stato ordinato sacerdote neanche sei mesi fa.)
Auguri!
Auguri alle croci processionali