Chi insegna qualsiasi materia in ogni tipo di scuola e ha ragazzi musulmani in classe, racconti qui la sua esperienza o mandi un’e-mail con l’indirizzo che trova sotto la mia foto. Mi sono appassionato all’argomento (vedi post precedente) e vorrei approfondirlo in vista di un articolo per la rivista IL REGNO. Chi non ha questa esperienza ma conosce colleghi che l’hanno, trasmetta questo messaggio. Grazie.
Mi scriva chi ha ragazzi musulmani in classe
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Cosa dobbiamo raccontare in particolare? Io ho tanti aneddoti, ma poche osservazioni generali. Ti interessano episodi riguardanti la religione?
Qualche storiella, niente di speciale.
1) Un bambino di seconda (famiglia cristiana), mi ha chiesto: “maestra, è vero che quelli che non credono in Gesù, credono in Lallà?”
2) In quarta elementare, lezione sulla storia ebraica, partecipano anche gli esonerati, tra cui una bambina musulmana. E’ molto bella, sveglia, marocchina (credevo si sentisse italiana, invece mi ha detto di essere principalmente marocchina, ci sono rimasta un po’ male perché ero orgogliosa di averla come connazionale), è la più interessata di tutti.
Ha fatto più domande di tutti ma si è interessata soprattutto quando ho raccontato che gli ebrei in Europa stavano meglio durante la dominazione araba perché c’era più tolleranza religiosa.
3) Questa però è sui bambini cristiani riguardo alle altre religioni.
La cosa che li colpisce di più sono sempre le restrizioni alimentari, si rallegrano di non essere ebrei o musulmani perché possono “mangiare tutto” per il resto le differenze non li preoccupano anzi direi che non li interessano, le somiglianze invece li appassionano.
4) Bambina musulmana, innamorata di un bambino cristiano. E’ andata dalla mamma del bambino e ha chiesto, preoccupata: “ma a tuo figlio piace il maiale?”.
5) Molto spesso i bambini cristiani ripetono frasi con sfondo di intolleranza religiosa, solo una volta però mi è capitato, in seconda, un bambino che non ha accettato il finale di un film (Azur e Asmar di Ocelot, ve lo consiglio, è meraviglioso!) perché i protagonisti si sposavano fra “razze” diverse. Per lo più però l’intolleranza riguarda la nazionalità o il colore della pelle e non la religione, da entrambe le parti.
6) Quando si parla di altre religioni si insegna sempre, per prima cosa, la correttezza, per cui i bambini imparano a dire sempre “grande e misericordioso” di Allah e “pace e benedizioni su di lui” per il profeta. Appena giunti in visita alla moschea, hanno rimproverato l’imam che non aveva detto queste parole (probabilmente lo aveva fatto perché si trovava di fronte a loro).
Di solito le famiglie musulmane lasciano che i bambini partecipino alle lezioni di religione cattolica, se si fidano della maestra. Maggiore diffidenza ho visto nelle sette cristiane e nei testimoni di Geova.
Grazie Nicol, chiedevo proprio questo.
Mi piace molto il punto 3), sul quale penso che sarebbe opportuno far leva per dimostrare persuasivamente ai pargoletti l’intrinseca superiorità del cristianesimo sulle religioni. Sul punto 6) io non insegnerei affatto ai bambini cristiani a dire una formula che non gli appartiene. E poi, scusate, una volta che avete trovato un imam di buon senso, lo andate anche a provocare?
Nicol,
grazie per le esperienze,
contribuiscono al mio senso di speranza.
C’è da sperare che gli insegnanti soprattutto di religione diventino tutti dei pontefici, dei grandi costruttori di ponti, per far incontrare da rive fronteggianti.
Il Signore è grande.
La sura V del Corano, “la sura della tavola imbandita”, dice al v.53:
“Se Dio avesse voluto, avrebbe fatto di voi tutti un solo popolo, ma ciò non fece, per provarvi con ciò che vi ha dato. Gareggiate quindi nel compiere le buone opere; tutti ritornerete a Dio ed Egli vi farà allora conoscere ciò intorno a cui ora siete discordi”
Grazie Matteo,
a scuola (e non solo) se non hai la speranza non sei niente.
buona giornata.
In un Liceo scientifico alla periferia di Milano avevo in classe una alunna musulmana nata a Milano, figlia di immigrati marocchini. Frequentava l’ora di religione – a differenza di alcuni Scout dell’agesci – e aveva nei confronti della religione gli stessi pregiudizi (diciamo un pò eccessivamente e sgangheratamente illuministici) che caratterizzano i ragazzi della metropoli. Però era coraggiosa contro il velo islamico e parlava con competenza distinguendo tra educazione religiosa fondamentalista e serena spiritualità islamica. Difficile però provare con lei una critica testuale al Corano. Allucinanti le nozioni di islamismo nei suoi compagni cosiddetti cattolici: in tutti un senso di guerra aperta, di livore, di distanza radicale. Interessanti le reazioni di questi crociatini di fronte a due tre righe di Corano da me lette nelle quali si fa riferimento agli arcangeli a Gesù e Maria: è il vangelo hanno detto in massa. Ma era il Corano: stupore e incredulità. Provvidenziale poi una sintesi da Piero Stefani sulle fedi abramitiche, biblicamente fondata e interessante: aprì nuovi orizzonti. Il nemico è l’ignoranza che abbruttisce tutto ciò che contamina, dall’islamismo al cristianesimo.
Un ragazzino di terza media non è battezzato. E’ acutissimo, sveglio e geniale: figlio di mamma islamica e papà cattolico. Viene sempre a servire messa e non ha mai mancato la processione cittadina del Corpus Domini. Veste talare rossa e cotta, assieme ad una ventina di compagni cammina con l’Eucarestia e il vescovo lungo le strade della città.
Dal racconto che mi ha fatto una maestra:
In una classe V Elementare arriva, ad anno scolastico già iniziato, un bambino musulmano. E’ già stata programmata da quesa maestra, prima di Natale, una visita in duomo per vedere il presepio. Parteciperanno anche genitori e alcuni nonni. Il bambino dice che lui non potrà entrare in chiesa e tutti lo rassicurano: qualcuno rimarrà fuori con lui. La maestra, che non è cattolica e si dichiara agnostica, è molto rispettosa dell’entusiasmo con cui i bambini, quasi tutti di famiglie cattoliche praticanti, vivono la loro fede. Essi, a loro volta, curiosi e vivacissimi, hanno molto rispetto per lei che, nuova arrivata in questa classe considerata prima da tutti ribelle e ingestibile, l’ha vista trasformarsi in un gruppo di appassionati e solidali “ricercatori”. E questo rispetto reciproco pieno di calore è rivolto anche verso la “diversità” del nuovo compagno di classe di altra religione. Giunti al duomo, mentre vede gli altri entrare -composti ed emozionatissimi- all’improvviso lui si rivolge ad uno dei nonni che lo teneva per mano e gli chiede se per favore può accompagnare anche lui dentro la chiesa perché queesto presepio, che non sa cosa sia, lo vuole proprio vedere.
Mi è tanto piaciuto, questo racconto. Mi sembra, anche, nello spirito della sura 5,53 che avevo citato.
Carina la faccenda degli scout dell’AGESCi che non frequentano l’ora di religione (ridiamo per non piangere).
Sulle tre “fedi abramitiche” direi di lasciar perdere: sul piano storico religioso non sta in piedi e su quello teologico se annulliamo l’abissale differenza che c’è fra ebraismo (quello biblico) e cristianesimo da una parte e islam dall’altra, abbiamo finito. Tutto il rispetto che volete per l’islam, ma non è una costola della Rivelazione e Maomentto NON è un profeta ispirato da Dio. Sarà un genio religioso, se volete, ma non un profeta.
La prima carità che possiamo fare ai musulmani che vivono tra noi è testimoniargli la nostra fede, se l’abbiamo, far loro capire che è aperta a tutti perché tutti gli uomini sono chiamati all’incontro con Cristo, accoglierli e proteggerli (contro i loro ex correligionari) qualora decidano di convertirsi.
Ho davvero l’impressione che Leonardo scriva per divertirsi (per carità, un po’ vale per tutti) e poter giocare, alla Oscar Wilde, con i paradossi ! A parte che nessuno ci pensa proprio a convertirne qualcuno, perché mai dovrebbero convertirsi i musulmani? Per essere disprezzati dai loro ex-correligionari (disprezzati in Europa, perché nei paesi musulmani correrebbero ben altri rischi) e non essere assolutamente compresi dai cristiani, perché tutti (conservatori o progressisti, continuisti ratzingeriani o seguaci della scuola di Bologna) siamo ormai convinti (chi teologicamente, chi nella pratica) che tutte le vie siano buone e quindi tutte le fedi, compresa la stessa mancannza di fede. L’incontro con la persona Gesù puo avvenire in forma implicità.
Se proprio si vogliono convertire… diventano un problema. Certo, qualcuno magari diventa anche parlamentare europeo, ma credo sia una forma di tutela delle minoranze!
Gerry, comunque le cose non vanno così.
Molti islamici si convertono al vangelo e lo fanno senza i riflettori e – oggi possiamo dirlo, approvati anche da qualche prelato della Santa Sede – senza l’astio di un Magdi “cristiano” Allam. In Duomo a Milano è stato ordinato presbetero (sabato u.s.) un giovane proveniente dalla religione islamica (ma non credo lo si possa definire ex musulmano… il tema è delicato e la parole faticano a star dietro alla realtà. Voi direste di Paolo che è un ex ebreo? E io cosa sono, un ex pagano?… discorso difficile questo degli ex… ) arrivato a Milano anni fa come clandestino e marocchino generico. Ora è prete ambrosiano. Molti sono i battezzati: non orde ma ci sono, quelche numero all’anno e il percorso per il battesimo è lungo e impegnativo, delicato e personalizzato. Francamente il partito di Magdi “Cristiano” Allam lo trovo grottesco e triste: sui cartelloni per l’elezione al parlamento europeo c’era scritto “islamicamente scorretto”. Credo che un vero convertito al cristianesimo dovrebbe avere più rispetto per il destino religioso che – nel bene o nel male – gli ha fatto incontrare il Vangelo e Gesù, perchè dall’Islam proviene Magdi e questo nella vita non potrà mai cancellarlo. E’ un cristiano di cultura e identità islamica. Che gli piaccia o no.
Io la trovo una ricchezza, possibile tra l’altro solo in ingresso nel cristianesimo che arricchisce e vivifica tutto ciò che incontra – persino il male: si pensi alla croce – lui la trova una cosa da rinnegare, o almeno così pare. Questo mi lascia perplesso. Ma la discussione è interessante e credo non breve.
Caro Ignigo,
l’argomento è serio, lo so, ed io l’avevo affrontato tra il serio ed il faceto. La drammaticità e la serietà della scelta c’è soprattutto nelle conversioni – poche, ma reali – che avvengono nei paesi a maggioranza islamica (penso al Nord dell’Africa) dove si realizzano nel silenzio e nel nascondimento, evitando – o cercando di evitare – le “conseguenze” dell’apostasia. Lo dico perché lo so di certo, in modo indiretto ma sicuro, da persone che lì hanno vissuto.
Il senso di quello che dicevo è un po’ una polemica interna, rivolta a chi tra di noi, nella Chiesa, sembra non comprendere che il dono più grande e liberatorio per ogni uomo è l’incontro personale con la persona Gesù Cristo (scusate l’enfatizzazione), quel Gesù che camminava per le strade della Palestina duemila anni fa e cammina sulle nostre. Niente è più lontano da me del pensiero di incrementare conversioni o simili, però se Gesù è il tesoro trovato nel campo della nostra vita che facciamo, lo nascondiamo? Pensiamo che sia fungibile ad altro? Tutto qui. Scusate, ma per me è quasi un dovere, ricordo ancora le parole di un… sacerdote che quando sentiva parlare di Dio parlava di Cristo.
Gerry io sono con te. Ogni volta che sento di un battesimo di un adulto, se lo conosco organizzo una festa. Qui ho festeggiato – nei modi del blog – il battesimo del collega Magdi Cristiano Allam (vedi post del 23 marzo 2008). Suggerisco ai visitatori questa semplice iniziativa: organizzare una cena al ristorante – se non è possibile in una casa privata – alla quale invitare tutti i conoscenti del battezzato. La dimensione conviviale e festosa della vita cristiana va riscoperta in modalità inventive. Se in parrocchia ci sono battesimi di adulti si dovrebbero avere tavolate sotto gli alberi, Non vi pare?
a Milano purtroppo c’è il record degli “sbattezzi”. molti adulti si fanno sbattezzare .. che non so cosa significhi e se abbia un senso (secondo me non ha alcun senso) ma denota certo una ripulsa netta verso la religione in cui uno è stato educato.. non bisognerebbe mai , secondo me, rinnegare del tutto la religione in cui uno è stato educato, anche se ci si converte , ma mantenere
le cose buone, vere, che vi sono in ogni tradizione religiosa.. e anche se si diventa atei o agnostici, non ha senso rinnegare il proprio battesimo…
La festa dei battesimi potrebbe contrastare la voga dello sbattezzo.
Ignigo74 … se alcuni scout dell’AGESCI hanno abbandonato l’ora di Religione lo hanno fatto personalmente e non in nome dell’AGESCI, anzi direi che vanno proprio contro alle linee educative dell’Associazione….
E come ex Capo Scout (ASCI) te lo posso garantire (tra l’altro il fatto religioso e dentro le parole della nostra Promessa), anche se esiste il problema AGI (scoutismo femminile prima della fusione) che effettivamente era fastidiosamente supponente riguardo a tutto, riducendo un movimento educativo ad un movimento politico-impegnato …
Non mi è mai stato simpatico come movimento per i gran casini che combinava!!
Insegno ( non religione) in una scuola superiore, e ho vari allievi mussulmani, alcuni già cittadini italiani.
Nella mia scuola conformente al trend regionale (http://www.uaar.it/news/2008/12/15/valle-daosta-giovani-meno-praticanti-tutta-italia/) sono pochissimi i giovani italiani che frequentano le lezioni di religione. In alcune classi, nessuno. Anche i mussulmani, pur essendo legati alle pratiche del ramadan, del non mangiare maiale, per alcune ragazze di indossare il velo, sono abbastanza slegati dalla religione come culto. Non ho mai assistito a dialoghi a carattere religioso, è un argomento che non interessa generalmente molto le classi.
Sono abbastanza integrati, anche perchè non sono molti. Una ragazza velata è la migliore amica di una ragazza valdostana da 100 generazioni. Molti ragazzi giocano in squadre di calcio locali.
Alcuni vanno bene a scuola, alcuni no, come gli altri insomma.
Dai racconti sereni e “positivi” di Nicol al resoconto in “chiaro&scuro” di Ignigo 74: la via italiana alla convivenza.
Buon mese di luglio !
Roberto 55
Inoltro un articolo, pubblicato sul quindicinale Insieme della Diocesi di Ragusa, che potrebbe essere utile. L’articolo è di Mario Tamburino.
Una definizione semplice di integrazione a scuola? “Io voglio bene ai miei compagni come loro ne vogliono a me”.
Nel dibattito in corso sul modello di società da realizzare, tra proposte-shock di vagoni della metropolitana separati, Presidi-spia e, dal versante opposto, disponibilità ad avallare situazioni di fatto illegali come lo stato di clandestinità in nome della comune cittadinanza planetaria, si inserisce la definizione del mio alunno Ahmed.
Ahmed, esprime con la semplicità dei suoi diciannove anni, quattro dei quali trascorsi in Italia, la propria soddisfazione per un percorso esistenziale che lo ha portato dal cuore della casbah di Casablanca, in cima alla collina dalla quale Chiaramonte Gulfi domina uno squarcio di Sicilia. Essendo una sezione staccata, la mia scuola raccoglie una realtà multiforme di studenti provenienti dal circondario. Nessuna pretesa di rappresentatività, eppure le dinamiche in atto tra queste aule sono interessanti e soprattutto reali. La percentuale di alunni stranieri per classe, ad esempio, non supera mai il 20%. Gli effetti si notano nell’evidente miglioramento delle competenze di partenza, nell’incremento dei ritmi di apprendimento, come pure nella qualità dei rapporti interpersonali.
Il segreto di questo felice esito del percorso di integrazione di Ahmed? Semplice, dice lui, il superamento della barriera linguistica “grazie all’aiuto degli insegnanti e dei cartoni animati”.
Ma qual è il contesto che permette di integrare positivamente questo nugolo di ragazzi provenienti da Albania, Marocco, Tunisia e Romania? Oltre alla ragionevole proporzione dei numeri, conta certo l’identità tranquilla fatta di storia, di cultura e di tradizioni di questo popolo.
Tornando in classe, dopo le vacanze pasquali, mi ha colpito il commento di Giuseppe, diciassette anni, sulla mancata autorizzazione agli studenti, da parte delle autorità scolastiche, di partecipare alla funzione religiosa del Precetto. “Abbiamo tanto parlato di questo Gesù -ha affermato perplesso- abbiamo visto il film The Passion, si fa vacanza, ma non ci fanno andare a messa. Che senso ha?”.
La nostra identità sta nelle radici da cui proveniamo. Censurare o valorizzare, nel rispetto della libertà di ciascuno, tale eredità non costituisce una scelta neutrale.
Il nostro Paese è e deve restare un luogo di integrazione, ma questa è possibile solo nel rapporto con una identità matura. L’identità “selvaggia” che vede nello straniero soltanto un “nemico” è certo da rifiutare, ma spesso tale posizione è solo il rovescio della medaglia di una apertura indiscriminata, senza regole, priva di ragioni adeguate e dunque incapace di dialogo autentico. Un tale atteggiamento finisce per stabilire una “terra di nessuno”, una zona franca senza storia e senza memoria alla mercé della gang più violenta.
Il medioevo cristiano aveva dato dignità di fratellanza a tutti i rapporti tra gli uomini anche quando essi erano “gli infedeli”. La domanda del mio alunno ci interpella, dunque, in un senso per nulla confessionale e ben al di là del fatto specifico. La scuola moderna, quella di Ahmed e di Giuseppe, intende dare dignità a questo retaggio valori che viene dal nostro passato oppure ritiene di troncarli per sostituire alla coscienza di un’origine e un destino comuni, magari un progetto di “educazione alla civile convivenza”?
Mi colpisce, per il suo contenuto di verità e per la sua semplice bellezza, in questo articolo inoltrato da Rgale, l’espressione: “dignità di fratellanza”. E’ proprio nella “coscienza di un’origine e un destino comuni” la fonte di questa “dignità” che nessun “progetto di educazione alla civile convivenza” riuscirebbe mai neppure a far intravedere..