Neretta pepata gridacchia sulla Metro B in un crocchio di compagne d’università, tant’è che scendono tutte a Policlinico: “Ero con mi’ nonna e dovevo traversa’ sulle strisce. Je faccio ‘annamo’ e me sposto de lato per prendela sotto braccio. Un tipo isterico se crede che je volevo tajà la strada e me fa ‘ma torna al tuo paese’. Mi’ nonna je dice: ‘Guarda che il suo paese è questo, è italiana, è mia nipote’. ‘Ma che italiana! I negri mo’ saranno italiani’. ‘Si parla così davanti ai giovani?’ je fa mi’ nonna e quello fa il gesto de mandamme a quer paese mentre io dentro de me ce l’avevo già mannato: ‘Ah razzista! Ah stronzo’. M’aveva preso p’a badante de mi nonna”.
M’aveva preso p’a badante de mi’ nonna
24 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Lo sai che è successo pure a me? Ho assistito per un periodo un’anziana signora malata di alzaimer, madre di una cara amica di famiglia, che ho amato tanto. Spesso la portavo ai giardini, dove si trova l’ex Acquario, ora “casa dell’Architettura”, oppure a Santa Maria Maggiore essendo lei di via Giolitti. Ricordo che all’altezza dell’ex torrefazione “Trombetta”, in via Gioberti, costretta -dal traffico pedonale da un lato, dall’incedere incerto della signora dall’altro- a passo di formica, un tizio spazientito mi fa :” ao, e mettila sulla carrozzella sta pora vecchia si nun cammina! Se non c’hai la forza pe’ fa la badante due so le cose: o magni de più (pesavo poco più di 40 chili) oppure tornatene in ucraina va, nun ce sta a rompe …” etc etc etc..
Gulp! ..oddiooo…Sono rimasta malee…Mi aveva scambiato per una russaaa, no, dai…per via della chioma probabilmente, che ne so…oh Gesù…beh…sono rimasta di pietra. Però, come dargli torto poveretto…
Dedico a papa Francesco, per il terzo anniversario di pontificato, questa melodia.
https://youtu.be/jR2NHVgklyI
Credo che Lui (ma è solo una mia riflessione e me ne assumo le responsabilità) sottovalutò inizialmente il carico toccatogli in sorte, nel senso che non mise veramente a fuoco se essere il “primo tra i pari” -in relazione all’ordine dei Gesuiti- o ultimo tra i primi. Ebbi l’impresione che Bergoglio fosse in fuga dal suo ruolo. C’è un fermo immagine che ancora, a pensarci, mi angoscia: quel pastorale spezzato, riparato con lo scotch, poco al di sotto del crocifisso, a Sarajevo, prima della Messa…(penso anche a Merjugorie) un anno fa.Un periglioso cammino, quello di Bergoglio. Come non esserlo, con quel nome li: “Francesco”…nel nome vi è sempre un presagio, nomina sunt omina!
Ma – non ho capito, Luigi – le invettive “A’ razzista ! A’ stronzo !” sono state (meritatamente) pronunciate dalla ragazza o da sua zia ? O forse sono state, dalla ragazza stessa (che, quindi, ha mostrato d’essere ben più educata di quell’ignorante), solo “pensate” dentro di sé ?
Buona domenica a tutti !
Roberto Caligaris
Nell’esercito, Clodine. Ora vado alla mostra dei documenti della prima guerra mondiale, che oggi chiude.
Si vede, Clo, che hai sempre avuto il carisma delle buone azioni. Pensa quando mi.sei venuta a salutare a Roma!
Roberto Caligaris. Le invettive sono pensate e sono della ragazza. In una circostanza impegnativa e di fronte a sconosciuti la nonna parla in italiano. Lo so io che sono un nonno.
oh, bè…..
Mi prendono per “badante”, per ” portantino “, per ” volontario”.
Immediata conseguenza pratica : a mia moglie si rivolgono dando del lei e chiamandola signora, a me , dando brutalmente del tu , e non chiamandomi proprio. Precisazione trasversale: sarà anche razzismo sociale, ma evidentemente è contagioso, perché anche i posteggiatori extracomunitari intorno all’ufficio si adeguano assolutamente allo stesso andazzo.
Io generalmente lascio credere tutto, è molto piu’ divertente .
Salvo il caso di domande dirette.
In questo caso ,alè: grande e non celato stupore alla rivelazione dello status di marito e bislacche considerazioni di contorno, del tipo ” ah, lei fa il marito e il badante insieme(!)” . Il che la dice lunga sul numero di occasioni sprecate in famiglia nel rinunciare a vivere insieme situazioni deprecabili ma di vita ( e di che vita!), e anche sulla mentalità stracomune e stracorrente secondo la quale la normalità è che ci sia un badante ( orripilante definizione) a prendersi cura di una persona che necessita di cura.
Cosa che può benissimo essere, ma non è né normale, né automatica.
La cosa migliore è successa quando, in uno stabilimento balneare,mi hanno preso per un ispettore ASL che controllasse i requisiti della struttura alla normativa sui servizi per i disabili.
Più lo negavo, più quelli si convincevano del mio esserlo in incognito, con agitazione in rapida crescita….
Situazione diversa, ma in realtà non poi tanto, si verifica negli ospedali e negli ambulatori, dove sono etichettato giustamente, con la definizione di marito. Ma poi l’utilizzo del termine è tale ” dov’è il marito? venga il marito! Marito, la sposta lei la signora sul lettino? ” che il ruolo di ” badante” , anche se non il termine, ti viene assegnato sul campo, e senza nessuna investitura solenne.
In entrambi i casi, c’è di che farsi alcune buone risate di cuore insieme a mia moglie.
Il che va sempre bene.
Lorenzo belle le traversie del badante. Ho riso anch’io a leggerle. Però ti dico che a me la parola “badante” non dispiace. Voglio dire: non è solo un termine burocratico, come la registrano i dizionari più pigri. Nel mio dialetto della campagna tra Recanati e Osimo dove sono nato si diceva, quando non era ancora arrivata la burocrazia immigratoria: “bada le pecore”, “bada i piccoli”. Non si diceva “bada ai piccoli”. Dunque era verbo transitivo. Badante viene da lì. Ne ho una riprova dal “Supplemento 2009” del Dizionario Battaglia che segnala un passo di Alberto Savinio (1891-1952) che attesta come la stessa forma badante – cioè di participio presente del verbo badare – fosse già radicato nell’italiano regionale del Centro Italia: “Quelle mansioni intermedie tra la bambinaia e la governante, che in Romagna sono affidate alla badante”.
La prossima volta che ti chiameranno “badante” mi dirai se questa mia divagazione ti sarà giovata. Saluta lei caramente.
Silvia bentornata. Tu non intervieni da tanto, credo dall’agosto 2014 e forse non sai che ora qui – dal 1° gennaio – c’è la regola di firmare i commenti con nome e cognome: è una misura contro l’aggressività che è favorita dall’anonimato, nella Rete come in spiaggia. Hai due scelte: ti firmi per esteso rispondendo a questo mio avviso, o – d’ora in poi – ti limiti a leggere. Un bel saluto.
Ps. Strinacchiare è ottimo: fusione di strinare e bruciacchiare. Non vedo l’ora di usarlo…
Antonella Lignani è una forza della natura! E’ stato un onore e un piacere per me averti incontrata Antonella. Ti ricordo sempre con tanto affetto
Quattro figli ,hai, Silvia! Che bello! Hai ragione sugli impiccioni…sono odiosi.
Sai che Antonella Lignani mi ha presentato una sua amica, sembrava una bambina lei stessa, ed aveva già 6 figli. Mia nuora sembra, così le hanno detto, che ha due gemellini in arrivo, piccoli piccoli in due camerette separate.
Così, se Dio vuole, a Ottobre,con la doppietta, sarò nonna di cinque..
Spero tu voglia continuare ad intervenire…
Un caro saluto
Clo
Vedi, Silvia, anche se la tua fede fosse più piccola di quei due embrioncini che se ne stanno rintanati al buio, nelle loro camerette gestazionali, tu sei già grande agli occhi di Dio per il tuo essere moglie fedele, e madre attenta…sei già sulla via della santificazione..
Ciao Luigi, ti prometto che dopo la tua digressione semantica considererò con maggior benevolenza il termine ” badante”. Scommetto che ne trarrò giovamento di sicuro.
🙂
Lei ringrazia per i saluti e li ricambia affettuosamente.
Ciao Silvia d!
Abbraccio calorosamente te.
Ma, non avertene a male, due volte calorosamente tuo marito, tre volte calorosamente la tua…” fede sgangherata”.
( detto fra di noi: sarà sgangherata come quella di tutti. Solo che c’è chi se ne rende conto, ed è una botta di consapevolezza e di fortuna, e chi no… e lì so’ dolori.)
🙂
Ti ringrazio Silvia D’Argliano per aver accettato la regola della firma integrale. L’averla posta ha comportato l’abbandono di molti, ma altri hanno approvato e nuovi amici sono arrivati. Tu nuova a metà. Io non bado al numero dei visitatori o dei commenti, che sono diminuiti, ma alla qualità del confronto che è salita e – immagino – salirà ancora.
Confesso, amico Lorenzo, d’essermi divertito molto anch’io, come Luigi, alla lettura delle tue traversie di “marito / badante”, che, osservo, sei riuscito a descrivere con invidiabile autoironia.
Buon inizio di settimana a tutti !
Roberto Caligaris
Mi unisco anch’io al caloroso saluto per Silvia
Ciao a tutti. Buona settimana.
La comunicazione virtuale è un vero dilemma…
In assenza di voce, di quelle vibrazione così personali e uniche che dicono molto di noi. Lo sguardo poi ha un potere sconvolgente che abbraccia il cuore, un torrente che “fertilizza e devasta”…
Nella comunicazione virtuale manca il segno , la gestualità riferita all’oggetto di un incontro. La contingenza può assicurare il pensiero, un concetto, ma anche il “pensare” può essere interpretato e tradotto in maniera soggettiva e distorta per un problema non tanto d’intelligenza , quanto di essenza. Lasciare libero spazio alla spontaneità è altrettanto rischioso, c’è sempre quel margine di dubbio per cui non si sa, con precisione, cosa sia conveniente dire. Si richiede uno sforzo da parte dello scrivente non indifferente: fare sintesi tra sensazione e pensiero affinché si materializzi qualcosa di costruttivo, di edificante e questo avviene solo se si è fedeli al proprio volto, alla propria personale storia…non si trasmette ciò che non si possiede!
Cara Silvia, mi permetti di usare questo aggettivo? Del resto non abbiamo una certa parentela in Cristo? Io ho molti più anni di te, scrivo e ho dipinto. Ma ti sento “cara” perché sento la tua “fede sgangherata” vicino alla mia “fede sgarrupata”. Mi sento meno solo in questo blog, che frequento da molto anche se da pochissimo mi sono messo in evidenza, dove molti hanno la fortuna di avere una fede adamantina, granitica. E poi io per gli atei, quelli coscienti e tali per scelta, provo una certa simpatia. Vuol dire che a Dio hanno pensato, ma non l’hanno trovato. Anch’io sono stato ateo. Ho avversato l’idea di Dio, l’ho anche maltrattato, purtroppo. Ma alla fine non sono stato più capace di resistere al suo amore, e me ne sono fatto sommergere. Anche se non riesco a ricambiarlo come meriterebbe. Da qui la mia fede sgarrupata e il mio cuore travagliato. Perciò anche per me il posto adatto è quello dell’ultimo banco di questo blog.
Un caro saluto a te e a tuo marito. Saluto anche tutti i frequentatori e Luigi, cortesissimo “badante” di questo blog. 🙂
Caro giuseppe dell’ultimo banco, e cara Silvia: che la fede sia un dono è fin troppo scontato, ma vi assicuro che non è affatto uno svantaggio: credete che Dio non sappia che quel seme, per una infinità di motivazioni non è riuscito ad attecchire? Dunque non chiederà altro, nella misura in cui l’orientamento della coscienza è volto al bene.
Mentre in chi, per pura Grazia, quel seme ha trovato terreno fertile, allora le cose cambiano: è come avere un tesoro in un fragile vaso d’argilla . Immaginate un po’che responsabilità. Dio chiede, chiede che porti frutto, eh voi capite cosa significhi in termini d’impegno portare acqua nella giusta misura, togliere le piantacce che continuamente lo minacciano, lo soffocano,fare attenzione perché le turbolenze non lo scavicchino!? Non è facile restare nella fede e non è per niente detto che Dio ci sostiene in questo compito. Anzi, probabile che lascia in balia, al buio o nell’ aridità.
Il Vangelo dice che ” a chiunque ha sarà dato, e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha”.
In quanto agli atei, cara Silvia, sono cresciuta con un nonno ateo , che si definiva, “combattente”, e un papà, tanto amato, ma un gran mangiapreti…
Non perdere la speranza, se sono sopravvisuta io…puoi farcela!
; ))
Eh, avanti c’è posto! Mica possiamo stare tutti all’ultimo banco… 🙂
Ahahahahahaahh…
Eppure, cara zullino, sapessi quanto ho invidiato quelli dell’ultimo banco. Loro potevano scopiazzare, tirare palline di carta, sbruffettare l’antipatico davanti , e tutto impunemente. Poi all’ultimo banco ci mettono sempre i più grandi, quelli più alti. Feci tutto nella vita per occupare quel posto ambito, se non altro, almeno il mediano. Ma niente. tutto inutile, neppure con i tacchi…
sempre davanti, per via della statura, sotto lo sguardo implacabile, censorio, delle prof….
Una vera jattura!
Anche a scuola, Clodine-Claudia, ero all’ultimo banco, anche se ero molto bravo in italiano, latino e greco. Una volta la prof. di latino mi mise in cattedra per non farmi passare la versione del compito in classe di latino. Ma la passai lo stesso, appallottolando un foglio e lanciandolo a una ragazza, mentre la prof era girata. Avevo bisogno dell’aiuto degli altri in matematica… Scusa la nostalgica digressione ai lontani tempi della gioventù… 🙂
ebbene si, caro giuseppe di melchiorre,come non condividere in un impeto di solidale comprensione la comune avversione per la matematica, e la medesima generosa, mercenaria, comune “generosa” abilità nel far passare, di banco in banco, mappe concettuali con date, suggerimenti, dritte e riferimenti …eh…bei tempi…