Matteo Merolla, 29 anni, positivo al Covid ma asintomatico, si fa ricoverare all’Ospedale del Celio insieme allo zio 50enne, affetto da sindrome di Down, che era arrivato in condizioni molto serie al Policlinico militare per un’infezione da Covid-19. «Non volevo lasciarlo solo», la sua spiegazione. A raccontare la vicenda a Carlotta Di Santo dell’agenzia “Dire”, il 20 novembre 2020, è lo stesso Matteo, agente immobiliare, nato e cresciuto nel quartiere romano di Montesacro.
Matteo si ricovera con lo zio down per non lasciarlo solo
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Piangeva tutto il tempo. Racconto di Matteo 1. Dopo due Tac allo zio Paolo è stata riscontrata una grave polmonite. Aveva febbre, tosse forte, giramenti di testa costanti, debolezza e malessere generale. La prima notte è stato molto male, continuava a svenire e ad addormentarsi, non gli arrivava abbastanza ossigeno e lui ha pianto tutto il tempo perché non capiva quello che gli stava succedendo. Era molto spaventato. Anche perché quando era molto piccolo allo zio Paolo è stata asportata una grossa porzione di un polmone, per cui è stato aggredito dal Covid in maniera seria. Ma non essendo autosufficiente, c’era bisogno che qualcuno si prendesse cura di lui. Ho pensato subito che farmi ricoverare con lui fosse un dovere. La direzione del Celio ha permesso “in via eccezionale” il nostro ricovero e ci ha messi in camera insieme così che io potessi spiegare allo zio passo passo il percorso di cura e lo rassicurassi, evitando così di intubarlo vista la sua condizione. Ho provato in qualche modo a spiegargli che adesso c’è questo virus e che lui si trovava in ospedale perché aveva bisogno di cure, ma lui spesso ripeteva, piangendo, che voleva tornare a casa.
Oggi siamo entrambi negativi. Racconto di Matteo 2. Quando i medici e gli infermieri entravano in stanza per fargli un prelievo, per dargli una medicina o anche semplicemente per aggiornarmi sulle sue condizioni, lui costantemente mi diceva: non ho capito niente. Per lo zio Paolo era come essere ricoverati in ospedale in un Paese straniero, dove conosci a stento la lingua. Siamo restati al Celio dal 3 al 18 novembre, oggi siamo entrambi negativi al Covid-19 e qualche giorno fa abbiamo fatto rientro a casa. Mio zio è stato molto felice di ritornare a casa, è uscito dall’ospedale esclamando, come se fosse un grido di vittoria: E bye! Ma soprattutto con la promessa di “non tornarci più in questo posto» e la richiesta molto netta di avere dei supplì per cena. E visto che ogni promessa è un debito io e mia madre siamo andati subito a comprarglieli.
https://www.dire.it/20-11-2020/213620-ragazzo-asintomatico-si-fa-ricoverare-con-lo-zio-down-non-volevo-lasciarlo-solo/
Mai più in ospedale da soli. Con riferimento alla storia di Matteo e dello zio down, l’Agenzia “Redattore sociale” il 28 dicembre 2020 ha formulato una petizione al Ministero della Salute intitolata “Covid e disabilità: mai più in ospedale da soli”. La petizione afferma che in caso di Covid (ma non solo), ricoverare un caregiver – una persona che se ne prenda cura – insieme alla persona con disabilità è “un diritto fondamentale” prima ancora che una necessità. Oltre alla vicenda di Matteo, la petizione fa riferimento al caso di Gabriele che ha 37 anni e una grave disabilità. A ottobre è stato ricoverato a Lecce, dopo i sintomi e il tampone positivo. Il fratello, grave, al piano di sopra dello stesso ospedale e mamma e papà, ultrasessantenni, positivi anche loro. La mamma, dopo tre giorni, è riuscita a farsi ricoverare con lui. “Oggi i medici mi dicono che l’ho salvato”, racconta. Ma c’è anche la storia, tanto drammatica quanto silenziosa, di Daniele, che al Covid non è sopravvissuto; del padre, che si è lasciato “portar via dal Covid” quando ha capito che questo si sarebbe preso suo figlio; e della mamma, che ha dormito in macchina per giorni, fuori dall’ospedale, pur di accompagnare fino alla fine quel figlio a cui aveva dedicato la vita, ma a cui non ha potuto stare accanto, nel momento più brutto.
Le associazioni di caregiver chiedono un protocollo dedicato in caso di ricovero, che preveda sempre la presenza e l’assistenza del caregiver familiare e percorsi personalizzati o alternativi al ricovero, per queste persone: “per esserci e assistere il proprio caro, per aiutarlo a guarire, quando questo sia possibile, o per accompagnarlo fino alla fine, quando non ci sia altro da fare”.
Già Franco e Adriana. Tra le storie narrate in questo blog ce n’è un’altra dove un marito – Franco Aloia, di Torino – ricoverato per Covid riesce a farsì mettere nella stessa stanza con la moglie Adriana, colpita da Alzheimer dal 2004 e completamente dipendente da lui: insieme contraggono il virus e insieme guariscono. La puoi leggere qui:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/franco-si-fa-ricoverare-nella-rsa-per-assistere-adriana/
Sessantadue storie. Questa di Matteo Merolla è la sessantaduesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/
Poesie al tempo del covid
Ave Maria
Apri come non mai tutte le porte
del cuore
ecco chi sei, chiara stella dell’alba.
Vieni come non mai dove alcuno
ti cerca
tersa aria nuova e non veduta.
Ah, come umilmente sei amorevole
e vera
che cerchi sempre i cuori e mai
le cose.
Povertà e sete e non sapere
e chiedere a tutti e mendicare,
ecco perché non ti si vuole.
Ah, si sapesse invece quanto è dolce.
–
Seconda Ave Maria
Sempre la sera quando scende la tua pace
domando che sia del mondo che non spera.
Potenti affannati a dominare gente
che cerca solo una vita più serena.
Oh Signore, tu sai perché permetti
queste cose, questi dolori, queste ferite
astruse. Quando le cose semplici e buone?
Quando la fede coltivata a scuola,
pure lo scambio col pensare altro?
Lasciateci campare, siamo stanchi.
Viene la sera, ogni voce si fa eco distesa,
si quieta il campo di girasoli, il faggio riposa.
Fuma il comignolo del casolare nella tenue rossastra
luce diffusa. E l’allodola dal nido ai margini del bosco
canta che questa vostra vita non è vera.
–
Preghiera del vespro.
La sera tu vieni sileziosa
come una pace segreta
tra il vento e la rosa.
Un raggio di luce rossa
ferisce per un solo istante
la siepe odorosa di gelsomini.
Qui nella campagna
tu parli confidenzialmente
come il marito e la sposa.
Come la mamma e il bimbo
che rotola sull’erba
senza farsi male.
E la mamma ride contenta
di questo gioco che
non le dà pensiero
ma solo infonde fiducia
in tale tempo di prova.
–
Compieta
Ci sia pace nel tuo cuore
lascia scendere la pace.
Senti? Bussa alle finestre
dalle brume della sera
e ti dona di ascoltare.
Tu aprile. Non temere
– ti dice – i fantasmi dell’inverno,
né la notte che viene.
Riposa. Io sono invece
nel crepitare del caminetto,
nel cagnolino beato
della tua presenza,
nelle semplici cose
contro le quali nulla
davvero può il male.
–
Breviario pasquale
In questo tempo di sera
sento un canto
come una sorpresa
che si rivela un appuntamento.
Non devo fare nulla, viene
ed io soltanto sento.
Sento il dolore per il vento
che scuote questo mondo
e più nel fondo una pace,
una speranza, in cui mi perdo
senza più alcun ragionamento.
https://gpcentofanti.altervista.org/una-chiave-per-la-vita-di-tutti/