“Io mi sono rallegrato per la bontà con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Penso, però, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perché si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro. E mi riferisco, in particolare, ai divorziati risposati. Non a tutti, perché non dobbiamo favorire la leggerezza e la superficialità, ma promuovere la fedeltà e la perseveranza. Ma vi sono alcuni che oggi sono in stato irreversibile e incolpevole. Hanno magari assunto dei nuovi doveri verso i figli avuti dal secondo matrimonio, mentre non c’è nessun motivo per tornare indietro; anzi, non si troverebbe saggio questo comportamento. Ritengo che la Chiesa debba trovare soluzioni per queste persone […] Sono, però, problemi che non può risolvere un semplice sacerdote e neppure un vescovo. Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via di uscita”.
Così il cardinale Carlo Maria Martini in un’anticipazione pubblicata oggi dal “Corriere della Sera” di un libro in dialogo con don Luigi Maria Verzé e Armando Torno (Editrice San Raffaele) che sarà domani in libreria. Dedico queste rare parole ai visitatori del blog che vivono quel problema. (Segue nel primo commento)
Martini a Benedetto: pensiamo ai risposati
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(Segue dal post) Aggiungo una battuta di una intervista al cardinale ucraino di rito orientale Lubomyr Husar – uno degli uomini di Chiesa che ammiro di più – che in occasione di un Sinodo in cui si parlò di questo problema così rispose a una mia domanda sulla diversa posizione della Chiesa di Roma e delle Chiese Orientali riguardo alle seconde nozze: “La questione teologica da affrontare è questa: se la disciplina di misericordia da sempre praticata dall’Ortodossia abbia qualcosa da dire alla Chiesa di Roma, o se valga solo per l’Oriente”. Io credo che abbia da dire. Credo che solo il papa possa prendere l’iniziativa e sono contento che esista un uomo di Chiesa come il cardinale Martini, dotato di autorità e libertà, che possa porre la domanda.
Eh già… “dotato di autorità e libertà”… definizione raffinata e puntuale.
benchè ammiri molto Martini questa volta le sue parole non mi piacciono
quando dice “la chiesa deve trovare delle soluzioni per queste persone” la frase mi suona molto moderna, potrebbe parlare così una qualunque persona che chiede a una qualunque istituzione di trovare delle “soluzioni”.
ma la Chiesa è una istituzione umana che trova delle “soluzioni” o è una maestra di spiritualità e di verità? se è il primo caso allora le parole di Martini sono ragionevoli, ma se è il secondo caso allora sono le persone che dovrebbero
confrontarsi con la “verità” e cercare di vivere alla luce della verità se vogliono vivere autenticamente, e non il contrario.
quello che voglio dire è o esiste una verità (il matrimonio cristiano è indissolubile) o non esiste. non si tratta di trovare delle”soluzioni” di compromesso , delle mezze verità degli opportunismi .
in questo Martini mi fa venire in mente gli avversari gesuiti di Pascal e di Port Royal . non dico di essere giansenista ma la morale gesuitica mi
ripugna.
aggiungo una nota personale, anch’io come tutti, in quasi vent’anni di matrimonio
ho pensato molte volte di divorziare. non l’ho fatto perchè ho sempre creduto
che la promessa scambiata il giorno delle nozze fosse sacra, non un patto qualsiasi , un contratto qualsiasi. molti amici e conoscenti invece hanno tranquillamente divorziato quando ne avevano voglia, magari anche più volte
( e naturalmente vanno alla messa e fanno la comunione, perchè io non ho mai visto nessun prete rifiutare la comunione )
Che diranno Martini e don Verzè ai poveri fessi che ci hanno creduto e che
pur tra difficoltà e sacrifici hanno optato per la scelta più difficile cioè non divorziare? gli diranno: beh, potevate anche divorziare tanto è lo stesso?
Così, di getto, a discepolo e a tutti gli sposi che hanno perseverato mi verrebbe da rispondere come il padrone nella parabola: Mt 20,13-15.
E comunque… meno male che Carlo c’è!
Un saluto a tutti.
Sì, penso anche io che ci voglia una riflessione.
Mi piace la serietà con cui Martini pone due condizioni: che non si favoriscano (soprattutto involontariamente, ipso facto) leggerezza e superficialità, e che sia tutta la Chiesa a pensarci su, perchè non basterebbe – su simili nodi – qualche pur autorevole documento vaticano.
C’è sempre il sottofondo conciliare dietro le parole del Cardinale, questo suo desiderio che ricorre e che è pure una provocazione salutare.
L’intervista parlava pure del clero celibe o sposato, e anche qui – si vede che è stato vescovo diocesano e che conosce anche le implicazioni derivanti dagli aspetti pratici – egli ha detto cose sagge.
Io però resto convinto che il clero debba essere celibatario, nonostante tutti i gravi pesi (anche di sistema) che pendono su tale condizione.
Discepolo io in 17 anni di un primo matrimonio e in 16 di un secondo ho avuto la fortuna di non avvertire mai neanche la tentazione della separazione ma ho visto tanti intorno meno fortunati e ho pianto con loro e “quel giorno” – se si troverà una via analoga a quella della “benedizione” praticata dalle Chiese Ortodosse – direi a me stesso: festeggia per questi che tornano a tavola con te.
Vivere o non vivere con un altra persona è una scelta personale, che può valere per sé e non può essere imposta agli altri. Se Discepolo ha scelto di rimanere accanto alla propria moglie nonostante le difficoltà, mi auguro per lui che non se ne sia pentito. Certamente non è un “povero fesso” ma una persona che ha ritenuto di anteporre l’impegno assunto davanti al suo Dio a ogni altra considerazione. Lasci gli altri liberi, senza giudicarli, di fare le scelte che li aiutino a vivere meglio l’unica vita che è dato loro di vivere.
Ciò detto, non è affatto vero che la strada più difficile sia sempre quella percorsa da Discepolo. Infine, trovo che l’indissolubilità del matrimonio sia contro natura.
caro Luigi,
il problema non è festeggiare chi torna a tavola con te e neppure avere o no
le tentazioni. Non so se si capisce cosa voglio dire: io vorrei sapere come cristiano se è vero o no che il matrimonio è indissolubile. se uomini di chiesa mi rispondono si è vero, in linea di principio ,MA ,in pratica NEL CASO TU DIVORZIASSI, non sei fuori dalla
Chiesa , il tuo è un comportamento umano e scusabile , non cambia nulla nel tuo essere cristiano, beh allora molti, non dico tutti, potrebbero pensare
allora il matrimonio non è poi così indissolubile come dicono.
E allora il messagio cristiano scusate ma mi sembrerebbe molto simile a quello che pensano tutti, molto annacquato per così dire.. non più un messaggio forte ma un messaggio debole, relativo, io dico nei confronti della
verità. cioè un messaggio relativo , non un messaggio assoluto.
molti forse preferirebbero così, un cristianesimo “debole” come direbbe Gianni Vattimo il teorico del pensiero “debole”.
io invece sarei disgustato e allontanato da un simile cristianesimo.
Le parole del Cardinal Martini sono equilibrate e sagge, ma …, se posso permettermi di dirlo, io non vorrei essere al posto di chi, “dotato di autorità” (come Martini), ma, in un certo senso, non di altrettanta “libertà,” dovrebbe farsi carico di prendere la decisione auspicata. Penso che sia di gran lunga preferibile la posizione di chi si limita a “porre la domanda.” E mi sorge spontanea una domanda: che risposta si sarebbe dato il Cardinal Martini se fosse diventato papa?
L’indissolubilità del matrimonio è contro natura, infatti non c’è nulla di umano che la giustifichi. solo un orizzonte trascendente può giustificarla “non divida l’uomo ciò che Dio ha unito” certo se Dio non esiste tutto è lecito.. come diceva
Ivan Karamazov
non voglio entrare in dialogo con discepolo su una cosa così delicata… non ci conosciamo abbastanza e lui è più “anziano”. Rispetto i presbiteri… 🙂
Ma proprio ieri mi è capitato un bellissimo testo tra le mani (di cui per ora non posso dirvi di più) in cui, tra gli altri spunti, si ricordava a destinatari maturi nella fede, che la coerenza non è sempre una virtù: si può essere coerenti nel male, e addirittura la coerenza nel bene “se è autoreferenziale, se diventa una specie di arma solo per presumere un vanto davanti a Dio, come i farisei, diventa una maschera che può ingannare gli uomini”.
Inoltre, “non è la coerenza la base del nostro impegno, bensì la volontà di camminare nella luce, la nostra onestà, la nostra apertura semplice e totale alla Sua grazia”… “La base non è la nostra coerenza, ma la fedeltà di Dio, le cui promesse e i suoi doni valgono per sempre”…
Oso oltre: “mi corigerete”.
Ecco, cosa c’entrano per me queste considerazioni sulla coerenza con l’interpretazione di indissolubilità che propone discepolo: ciò che nel matrimonio è indissolubile è la fede di Dio in noi, il suo amore, e aggiungo io, la sua Presenza (sacramentale) financo nel dramma della separazione, della frattura del rapporto umano tra gli sposi… la fedeltà di Dio a noi è indissolubile.
Potete esercitarvi in tutti i cavilli e i gesuitismi e i “distinguo” che volete ma nessuno mi da’ una risposta diretta e semplice : il matrimonio cristiano è o non è indissolubile? E’ una domanda semplice che esige una risposta semplice. sì o no,.
E ricordatevi che se mi rispondete di no magari avrete sulla coscienza
un divorzio in piu! 🙂
Per le risposte sì e no c’è il Catechismo della Chiesa Cattolica, o meglio ancora il Compendio dello stesso. Caro discepolo, questi testi sono facilmente reperibili su internet.
Su questo pianerottolo facciamo solo stomachevoli, disgustosi, lunghi, intricati gesuitismi.
Ringrazio Martini perchè aiuta a pensare e a porsi domande, per le risposte rivolgersi altrove.
gesuitismi? a volte certe cose proprio non le vogliamo contemplare… è più rassicurante.
il catechismo dice che Gesù “lo ha voluto” indissolubile e che nessuna potestà umana può sciogliere il matrimonio rato e consumato tranne la morte… dopodiché sta di fatto che alcuni divorziano (per la legge civile, ovviamente) e che il divorzio ha delle conseguenze di morale cristiana… salvo ottenere a tutti i costi annullamenti presso la Sacra Rota – mi riferisco alle forzature e non ai casi seri – che fa molto più cattolico e mette a posto con la coscienza…
embé? vuoi sentirti dire che se pecchi sei fuori dalla Chiesa… perché stai dicendo questo… e quindi la risposta per me (in questo senso) è: no, se pecchi non sei (eternamente e comunque) fuori dalla Chiesa…ergo, Martini dice bene.
se n’era già parlato in occasione della remissione della scomunica… ci sono tanti altri cristiani (almeno al pari dei lefebvriani) che si sentono lontani o allontanati dalla Chiesa… anche per casi meno gravi… la stessa ammirevole cura pastorale mostrata verso i lefebvriani sarebbe non solo bella ma opportuna per questi fratelli e sorelle…
Secondo me, il matrimonio è fatto per l’uomo e non l’uomo per il matrimonio. Al centro dell’azione di gesù e della chiesa c’è sempre il singolo uomo e la sua felicità / realizzazione piena!
L’indissolubilità del matrimonio la professano anche le Chiese ortodosse. Anzi, la professano perfino di più: per loro (mi esprimo all’ingrosso) il matrimonio non termina neanche dopo la morte di uno dei coniugi.
Solo, gli ortodossi applicano – a determinate condizioni – una “disciplina di misericordia” (che se non erro contemplerebbe anche un periodo di penitenza) alle persone che hanno contratto una seconda unione (vedovi compresi). Il che non significa che il primo matrimonio sia, ontologicamente, sciolto, ma che la seconda unione viene in qualche modo tollerata (o riconosciuta: non so quale sarebbe il termine migliore) da quella Chiesa.
Discepolo, parlando del divorzio, parla dell’essere “fuori dalla Chiesa”. Orbene, in nessun caso il divorziato (e neanche il divorziato risposato) è “fuori dalla Chiesa”. Questo il magistero cattolico lo afferma chiaramente. Anche se esclusi dalla comunione sacramentale, i divorziati risposati rimangono membri della Chiesa (il non consentir loro di accostarsi al sacramento è quindi una sanzione ecclesiastica volta alla conversione della persona, in nessun modo una scomunica).
Caro discepolo a volte non è il cristianesimo a essere debole ma la consapevolezza cristiana di chi contrae matrimonio davanti al Padre Eterno. E’ solo una scusa? No, non credo. Anche perché non mi sembra di vedere una fioritura di cristianesimo maturo. Nel dibattito sull’indissolubilità aggiungerei il delicato tassello sulla preparazione al matrimonio cattolico: le due cose non possono essere disgiunte. Che Chiesa sarebbe quella che sbatte fuori qualcuno perché ha commesso un errore dal quale, però, lo ha messo in guardia in modo superficiale con poche frasi fatte? Se si scomunica chi viola l’indissolubilità non sono immuni nemmeno coloro che non contribuiscono a farla comprendere e rispettare. Insomma, chi è senza peccato…
ragazzi/e, no, dai … non mi fate partire con i miei pistolotti sulla “riscoperta del matrimonio nella Chiesa” (chi proprio ne volesse sapere di più: http://motividifamiglia.blogspot.com)
(l’altro mio “webfiglio”)
ps. mi sento in linea con Pika, Luca e andreacs
Discepolo ci può aiutare a cogliere i diversi aspetti della questione il modo in cui ne parlò il papa il 25 luglio 2005 in risposta a un prete della diocesi di Aosta, durante un incontro avvenuto mentre Benedetto era in vacanza a Introd:
“Un altro sacerdote ha sollevato il tema della comunione ai fedeli divorziati e risposati. Ecco la risposta del Santo Padre:
Sappiamo tutti che questo è un problema particolarmente doloroso per le persone che vivono in situazioni dove sono esclusi dalla comunione eucaristica e naturalmente per i sacerdoti che vogliono aiutare queste persone ad amare la Chiesa, ad amare Cristo. Questo pone un problema.
Nessuno di noi ha una ricetta fatta, anche perché le situazioni sono sempre diverse. Direi particolarmente dolorosa è la situazione di quanti erano sposati in Chiesa, ma non erano veramente credenti e lo hanno fatto per tradizione, e poi trovandosi in un nuovo matrimonio non valido si convertono, trovano la fede e si sentono esclusi dal Sacramento. Questa è realmente una sofferenza grande e quando sono stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ho invitato diverse Conferenze episcopali e specialisti a studiare questo problema: un sacramento celebrato senza fede. Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito. Ma data la situazione di sofferenza di queste persone, è da approfondire.
Non oso dare adesso una risposta, in ogni caso mi sembrano molto importanti due aspetti. Il primo: anche se non possono andare alla comunione sacramentale non sono esclusi dall’amore della Chiesa e dall’amore di Cristo. Una Eucaristia senza la comunione sacramentale immediata non è certamente completa, manca una cosa essenziale. Tuttavia è anche vero che partecipare all’Eucaristia senza comunione eucaristica non è uguale a niente, è sempre essere coinvolti nel mistero della Croce e della risurrezione di Cristo. È sempre partecipazione al grande Sacramento nella dimensione spirituale e pneumatica; nella dimensione anche ecclesiale se non strettamente sacramentale.
E dato che è il Sacramento della Passione di Cristo, il Cristo sofferente abbraccia in un modo particolare queste persone e comunica con loro in un altro modo e possono quindi sentirsi abbracciate dal Signore crocifisso che cade in terra e muore e soffre per loro, con loro. Occorre, dunque, fare capire che anche se purtroppo manca una dimensione fondamentale tuttavia essi non sono esclusi dal grande mistero dell’Eucaristia, dall’amore di Cristo qui presente. Questo mi sembra importante, come è importante che il parroco e la comunità parrocchiale facciano sentire a queste persone che, da una parte, dobbiamo rispettare l’inscindibilità del Sacramento e, dall’altra parte, che amiamo queste persone che soffrono anche per noi. E dobbiamo anche soffrire con loro, perché danno una testimonianza importante, perché sappiamo che nel momento in cui si cede per amore si fa torto al Sacramento stesso e l’indissolubilità appare sempre meno vera.
Conosciamo il problema non solo delle Comunità protestanti ma anche delle Chiese ortodosse che vengono spesso presentate come modello in cui si ha la possibilità di risposarsi. Ma solo il primo matrimonio è sacramentale: anche loro riconoscono che gli altri non sono Sacramento, sono matrimoni in modo ridotto, ridimensionato, in una situazione penitenziale, in un certo senso possono andare alla comunione ma sapendo che questo è concesso “in economia” – come dicono – per una misericordia che tuttavia non toglie il fatto che il loro matrimonio non è un Sacramento. L’altro punto nelle Chiese orientali è che per questi matrimoni hanno concesso possibilità di divorzio con grande leggerezza e che quindi il principio della indissolubilità, vera sacramentalità del matrimonio, è gravemente ferito.
Da una parte, dunque, c’è il bene della comunità e il bene del Sacramento che dobbiamo rispettare e dall’altra la sofferenza delle persone che dobbiamo aiutare.
Il secondo punto che dobbiamo insegnare e rendere credibile anche per la nostra stessa vita è che la sofferenza, in diverse forme, fa necessariamente parte della nostra vita. E questa è una sofferenza nobile, direi. Di nuovo occorre far capire che il piacere non è tutto. Che il cristianesimo ci dà gioia, come l’amore dà gioia. Ma l’amore è anche sempre rinuncia a se stesso. Il Signore stesso ci ha dato la formula di che cosa è amore: chi perde se stesso si trova; chi guadagna e conserva se stesso si perde.
È sempre un Esodo e quindi anche una sofferenza. La vera gioia è una cosa distinta dal piacere, la gioia cresce, matura sempre nella sofferenza in comunione con la Croce di Cristo. Solo qui nasce la vera gioia della fede, dalla quale anche loro non sono esclusi se imparano ad accettare la loro sofferenza in comunione con quella di Cristo“.
Discepolo, ti farò anch’io una domanda…
Il matrimonio rato e consumato tra due battezzati è sempre e necessariamente (questione di diritto canonico: due battezzati quando si sposano fanno sempre un sacramento ipso facto) sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa (questione teologica: l’uomo non osi separare ciò che Dio unisce…)?
Attenzione, però.
Tenete conto che un’eventuale “disciplina di misericordia” deve sempre trovare un suo contesto, altrimenti verrebbe meno qualsiasi proposta educativa della Chiesa.
Senza maledire il mondo, occorre ammettere anche che c’è molta disinvoltura rispetto al vincolo matrimoniale. Non siamo (più) in un contesto di cristianità.
Ecco allora che diventano importantissime le precisazioni di Martini, e danno ulteriore serietà alla sua proposta: “Non a tutti, perché non dobbiamo favorire la leggerezza e la superficialità, ma promuovere la fedeltà e la perseveranza.”
Ricordiamolo: leggerezza e superficialità, che sono poi la divisa apparente del tempo che viviamo, rispetto a cui la Chiesa deve comunque costituire un argine potente, collocato – anche in modo fastidioso – dentro le coscienze.
Il matrimonio cattolico è un sacramento, come l’eucarestia. Leggerezza e superficialità, allora, dovrebbero scomparire anche nel benedire nozze tra persone palesemente impreparate alle nozze cristiane. Credo che l’espressione “promuovere la fedeltà e la perseveranza” usata da Martini sia da riferire non solo al contesto delle coppie in crisi ma anche a quelle in formazione. In quante parrocchie i corsi preliminari vanno al di là dei 6-8 incontri o addirittura del week end intensivo? Quanti sono i parroci che annunciano la “bellezza e spiritualità dell’amore coniugale” (cito non a caso il titolo di un volumetto della Cantagalli che ricorda l’esperienza del giovane don Karol Wojtyla alla guida del gruppo Srowodisko) anziché invitare avvocati e ginecologi agli incontri con i futuri sposi? E’ ipocrita, poi, mettere in guardia dalla superficialità nell’affrontare l’indissolubilità se prima si è superficiali nell’affrontare il matrimonio.
Vi ringrazio molto tutti delle risposte, ma resto ancorato al buon vecchio Catechismo della Chiesa cattolica. Spero che non vi offenderete se credo di più al catechismo che non a voi o a Don Verzè ( il quale naturalmente tira acqua al suo mulino e a quello dei suoi potenti amici).
Inoltre preferisco non dover dipendere dal giudizio dei preti e degli altri cristiani se il mio matrimonuio è veramente indissolubile oppure no, se quando mi sono sposato la “mia consapevolezza cristiana era debole” e quindi posso piantare la moglie con la benedeizione della Chiesa e degli altri cristiani . Quando Martini dice “non a tutti” io chi chiederei : e chi decide a chi’ Lo decidono i preti? E quando anche un prete mi assicuri che ho fatto bene a divorziare da mia moglie ?…
scusatemi ma preferisco credere al buon vecchio catechismo..mi fido di più
🙂
per don78 e maioba
sono un po’ amareggiato però che i sacerdoti di questo pianerottolo mi abbiano così poco appoggiato nella mia forse ingenua idea di matrimonio cristiano..e anzi quasi attaccato.. lo trovo ..come dire? poco cristiano !
caro don78 forse un po’ di umanità a parlare coi fedeli non guatsa
Mi dispiace che evidentemente discepolo non abbia letto la mia risposta.
discepolo, scusa… sei tu che hai chiesto… e te lo abbiamo citato noi il buon vecchio catechismo… che mi pare confermi sostanzialmente quello cui allude Martini e quello che fa capire BXVI…
poi, i preti e gli altri cristiani sono “la Chiesa”… e nella Chiesa che si cresce nella fede, ci si salva (dice la tradizione)… che ce voi fa?
Il vangelo di oggi dice chiaro che Gesù doveva andarsene, perché noi cominciassimo a capire tutto, soprattutto le cose più dure… se no, se tutto tutto è chiaro e cementato, se tutto tutto è scritto, che ce sta a fa sto povero Spirito Santo?
ps. andreacs… teniamo un filo sul tema… abbiamo un “corda” comune…
Caro Luca, ho letto con interesse ed attenzione la tua risposta.
La Chiesa ortodossa opta per una “misericordia” che nessuno, tantomeno io
vorrei negare a nessuno. e anche la Chiesa cattolica infatti, come dici tu, non la nega, infatti i divorziati non sono fuori della Chiesa. forse, come auspica Martini la potrebbe estendere la “misericordia “fino a dare la comunione anche ai risposati e a permettere un secondo matrimonio non sacramentale , fermo restando che il primo matrimonio è l’unico sacramento .
ma quello che volevo dire è che è “normale” ormai considerare il matrimonio anche quello cristiano non indissolubile, ho sentito tanti cristiani dire , se non ami più tuo marito/ tua moglie fate bene a separarvi , anche per i figli è meglio piuttosto che stare insieme e litigare ecc. ecc.
è la mentalità corrente , chiedete a 10 cattolici e 9 su 10 vi risponderanno così, perchè purtroppo il conformismo alla mentalità corrente è più forte dell’appartenenza e della fede a un messaggio diverso e contrastante col mondo
Io sono quell’uno su dieci che non la pensa così, non penso che la mentalità corrente sul matrimonio a”termine” debba contagiare anche la Chiesa cattolica.
Dice il reverendo: «Per le risposte sì e no c’è il Catechismo della Chiesa Cattolica, o meglio ancora il Compendio dello stesso. Caro discepolo, questi testi sono facilmente reperibili su internet».
E pensare che, se non ricordo male, al reverendo l’hanno fatto studiare! Tanti sacrifici, tanti danari spesi … e non riconosce la profondità del catechismo?
«Meglio si te ‘mparave o zappatore …»
discepolo, non volevo amareggiarti.
Volevo solo chiedere quanti battezzati si sposano davvero intendendo celebrare un sacramento (la quale intima convinzione è fondamentale per la validità).
Per quetso chiedevo se ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto sacramento (così dice il Codice), e anche il catechismo.
Tu fai bene a credere al catechismo.
Io però in parrocchia faccio gli “interrogatori” ai nubendi e mi sembra di essere un cretino a volte, perchè ricevo delle risposte positive con estrema leggerezza ad affermazioni che mi fanno tremare i polsi…
Se un seminarista fosse ordinato presbitero con leggerezza mi lamenterei lo stesso!
Il sacramento è certamente ex opere operato, ma i ministri del sacramento del matrimonio, come sai bene sono gli sposi. L’ex opere operantis a volte rasenta lo zero… Tutto qui.
Io sposo totalmente la dottrina dell’indissolubilità e piango quando due si separano o divorziano, e cerco – dove posso – di mettere pace.
PS: Leonardo, mi devi una risposta…
Secondo me la Chiesa svolge la sua missione se rappresenta un segno “altro” rispetto all’andazzo del tempo.
Questo – nella nostra ora – è caratterizzato anzitutto da un senso di precarietà dei legami e dei significati, dal rifiuto o dalla banalizzazione dell’ordine simbolico della permanenza e dell’eternità. L’uomo non si trascende in nessun impegno/dono che si costituisca (a prescindere poi dall’effettiva riuscita) come perenne. In tal senso c’è da chiedersi quale sia il significato attuale della parola a-more, se stiamo alla sua etimologia che rimanda a un dono definitivo di sè, senza tempo, senza fine.
Quindi la Chiesa (sempre a mio avviso) non deve e non può cessare di richiamare tutti a un diverso senso del tempo, delle scelte e degli impegni che ne derivano, ed è per questo che occorre moltissima prudenza anche nell’utilizzo di espressioni “occorre una soluzione”, perchè Discepolo ha ragione nel dire che il tono potrebbe apparire un pò organizzatorio e politicistico, mentre invece si tratta di compiere davvero uno sforzo di comprensione ulteriore, non solo teologico e nemmeno solo pastorale, ma le due cose assieme, e circa questioni che non sono “disponibili” come fossero atti di legislazione civile.
Da qui anche la necessità di un discernimento accuratissimo circa quali condizioni consentano di mettere in atto una vera misericordia, che a quel punto non sarebbe nemmeno più tale.
Certo, questo amplifica il ruolo di chi deve giudicare: ovvero i preti, i direttori spirituali, coloro che seguono tali situazioni avendone carisma e investitura anche sacramentale.
Ma questo mi spaventa meno, perchè se si sta nella Chiesa occorre anche anticipare un pò di fiducia verso chi in essa ha specifiche responsabilità di annuncio, comunione e riconciliazione, e perchè comunque – alla fine – è sempre la coscienza umana che giudica, una coscienza alla quale nessun prete, nessun vescovo o nessun papa può dare facilmente a intendere delle cose senza una loro reale persuasività.
X Discepolo:
Sui gesuitismi, o li conosci, i gesuiti del III millennio, li frequenti e sai di cosa e di chi stai parlando o lascia stare, parla d’altro.
A me frega nulla, anzi un beneamato nulla, dei formalismi ipocriti e preteschi di laici catechismo cattolico centrici intorno alla indissolubilità del matrimonio e ad altre non meno importanti robe come il fine vita che riguardano, in ultima analisi, l’individuo e il rapporto che ha con la sua coscienza e con il suo credo, se ne ha uno.
Sul divorzio mi basta di vedere l’assurda situazione creatasi con l’istituzione dell’anglicanesimo solo perché un papa rifiutò di concedere il divorzio a Enrico VIII, non già per un problema di coscienza o per rispettare i codici e le regolette di un libello del tipo “catechismo della chiesa cattolica”, bensì per puro POTERE.
E solo 10 anni fa quando la Sacra Rota della diocesi di Lima annullò per la seconda volta precedenti matrimoni della figlia di Pinochet, affinché potesse risposarsi per la terza volta in chiesa con il beneplacito di SRC.
Sarà o no il caso che su certe questioni che toccano esclusivamente la sfera individuale ognuno rimanga nudo e solo con se stesso, con le sue miserie, con le sue fragilità, i suoi dubbi, i suoi errori, il suo essere un nulla rimettendo il giudizio finale nelle mani della misericordia di DIO?
Oppure predicare il gesuitismo della controriforma e sostituirsi a DIO nel giudizio e nella condanna?
.
Bè, in effetti la Sacra Rota non ha una grande fama.
🙂
Forse dovrebbero fare qualcosa per recuperare un pò di immagine.
Leonardo (sempre e rigorosamente in terza persona) si rammarica della poca attenzione che ho dedicato nei miei studi alla profondità del Catechismo.
Non sa che per leggere e apprezzare il Catechismo non ci vuole una laurea in teologia, infatti lui ci riesce benissimo. Qualche studio in più, però, avrebbe sviluppato il suo pensiero critico. E’ della mancanza di questo che sono io a rammaricarmi.
Diciamo che io “non mi sono rallegrato” della figura retorica con cui il Card. Martini esordisce (o esordirebbe, è solo un’anticipazione): alle mie orecchie, forse troppo rizzate dopo le notti gerosolimitane, sembra proprio che l’ex arcivescovo di Milano voglia dire o sottointendere altro, ma occorrerebbe pur dire che si tratta di questioni anche giuridicamente diverse perché i quattro vescovi lefebvriani erano scomunicati, mentre i divorziati risposati – come è stato ben precisato nei post – mai lo sono o lo possono essere. A parte (si fa per dire!) le parole di Benedetto XVI ricordate da Luigi, voglio ricordare la “Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione” (dal titolo “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito”, Epifania 2008) dell’attuale Arcivescovo di Milano, Card. Dionigi Tettamanzi. Ne riporto un passo:
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“Chiedo dunque a voi, sposi divorziati risposati, di non allontanarvi dalla vita di fede e dalla vita di Chiesa.
Chiedo di partecipare alla celebrazione eucaristica nel Giorno del Signore.
Anche a voi è rivolta la chiamata alla novità di vita che ci è donata nello Spirito.
Anche a vostra disposizione sono i molti mezzi della Grazia di Dio.
Anche da voi la Chiesa attende una presenza attiva e una disponibilità a servire quanti hanno bisogno del vostro aiuto.
E penso anzitutto al grande compito educativo che come genitori molti di voi sono chiamati a svolgere e alla cura di relazioni positive da realizzare con le famiglie di origine.
Penso poi alla testimonianza semplice, se pur sofferta, di una vita cristiana fedele alla preghiera e alla carità. E ancora penso anche a come voi stessi, a partire dalla vostra concreta esperienza, potrete essere di aiuto ad altri fratelli e sorelle che attraversano momenti e situazioni simili o vicine alle vostre.”
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Io personalmente non sono uno di quei cattolici “adulti”, così adulti, da non aver alcun interesse per questioncelle cattolicocentriche su indissolubilità del matrimonio et similia, sono – come discepolo – uno che prende sul serio le parole del Signore, anche quando sembrano (ripeto: sembrano) dure e pesanti, quasi insopportabili per i nostri tempi a cui tutto va bene, tranne parole che non passano. Figuriamoci parole che Cristo stesso ha definito come contrarie alla “durezza” del cuore degli uomini, anche di quelli della Palestina di 2000 anni fa, figuriamoci i nostri.
Vi porto la mia esperienza in corsi parrocchiali prematrimoniali: l’esistenza del divorzio è ormai vista come una sorta di riserva mentale che corrode il vincolo ancor prima che sorga e mi è capitato di ascoltare fidanzati (certo, “semplici”, ma non è loro il regno dei Cieli?) che si domandavano perché la Chiesa lo permetta…
Io credo che non si tratti, in realtà, di misericordia verso tanti fratelli che soffrono nelle loro carni e nel loro spirito, si tratti invece di blandire ed esorcizzare le nostre paure per noi stessi e/o per i nostri figli (o fratelli, ecc): assicuriamoci una via di fuga, magari non sacramentale, una benedizione penitenziale (del resto questo sacramento cos’è, dov’è, l’importante non è amarsi? Il primo comandamento non è l’amore, perché allora attardarsi in questioni giuridiche ed istituzionali: l’amico Nino, nel suo post delle 15.50, fa bene intendere come il rapporto sia con Dio – tutto maiuscolo – ovviamente in diretto dialogo con la nostra anima o la nostra coscienza).
E quelle parole, che non sono della Chiesa “docente”, del Magistero, ma dello stesso Cristo: la durezza del nostro cuore, perché al principio non fu così, l’uomo non osi separare…? Caro discepolo, vanno interpretate, alla luce del, del, del… Del cosa? Vedi tu, l’importante è interpretare. Una cosa posso dirti, alla luce della Croce no, perché quella l’abbiamo conservata da qualche altra parte.
P.S. Preciso che la Croce non la vorrei neppure io, che come tutti ne ho paura; peraltro non ho paura per il mio matrimonio, che è la strada che il Signore mi ha proposto e per la quale ogni giorno Lo ringrazio.
ho letto con grande interesse le varie risposte ed oggettivamente la questione è delicata e complessa, tale che ogni risposta “definitoria” suonerebbe per certi versi riduttiva e per altri eccessiva. Ho cercato di fare ordine mentale innanzitutto per me stesso e devo dire di aver trovato conforto nel bel brano di Ratzinger che rivela propria questa straordinaria sensibilità verso la complessità e il travaglio di queste situazioni.
Innanzitutto ho la sensazione che a volte si confondano due piani, quello etico (o del dover essere) e quello spirituale (dell’essere), privilegiando il primo, forse per una tentazione atavica. Mi è venuto in mente allora il brano paolino che dice “non è l’essere circonciso o il non esserlo che conta, ma l’essere nuova creatura in Cristo”. E allora mi viene da dire che non è tanto in questione la moralità o la naturalità dell’indissolubilità, tutte da dimostrare. Infatti essa è l’espressione di un essere più di un dover essere, ma di un essere soprannaturale più che naturale, nel senso di una natura non come la conosciamo qui e ora nella sua autonomia da Dio, ma di come è e sarà nella trasfigurazione dello Spirito Santo.
Se quindi natura e morale seguono l’essere nuova creatura in Cristo, veramente ci si deve chiedere se un atto sostanzialmente contratto nel contenitore del gesto sacramentale, ma senza alcun riferimento effettivo ad esso abbia veramente un effetto sul piano dell’essere, cioè sacramentale. Ossia, se un sacramento celebrato (gli sposi celebrano il matrimonio, non lo ricevono) senza l’intenzione di “fare ciò che fa la Chiesa” (si dice così in teologia), quindi da “uomini vecchi” che in quel momento non hanno alcun fine di divenire uomini nuovi in Cristo abbia il valore del sacramento. Per far un parallelo, è come se si celebrasse l’eucarestia con pane non di frumento o vino non di uva: l’eucarestia non si realizza. Così, se la persona globalmente intesa che si offre a Dio per e con il coniuge è la materia del sacramento matrimonio, l’assenza di tale offerta credo non realizzi di fatto il sacramento stesso…
a questo però si deve aggiungere una secondo pensiero: nell’intelligente brano del cardinal Martini (a proposito, per me la parola gesuitismo suona come un complimento…) egli parla di persone “incolpevoli”… e questo aggettivo apparentemente poco importante e secondario a mio parere richiama la vera problematica: perchè se non è colpa di certe coppie l’essersi sposate in Chiesa senza la fede -tanto che lo stesso Ratzinger parla per lo meno di una colpa attenuata- allora la colpa va cercata e attribuita (anche) alla Chiesa. Forse è questo il passaggio che la Chiesa stessa non ha fino in fondo il coraggio di fare, l’ammissione e la domanda di perdono per non aver saputo o voluto aiutare -per mezzo dei sacerdoti- i laici in una visione “alta” del matrimonio, non come semplice atto della tradizione, non come solo “remedium concupiscentiae”, non come condizione limitata contrapposta alla vera Vocazione (sacerdotale)… retaggio di una svalutazione del matrimonio sacramentale che il clericalismo ha prodotto nei secoli passati…
e giusto perchè il discorso non resti apparentemente astratto: molti anni fa si sposava mia sorella, nè lei nè il marito avevano alcuna espressione di fede, neanche esteriore (tipo messa domenicale). Perplesso sulla loro decisione di sposarsi “in chiesa” scrissi loro una lettera, in cui li invitavo a valutare seriamente l’opportunità del matrimonio sacramentale e ciò che esso significava… non mi ascoltarono e il sacerdote (che non era nemmeno il loro parroco ma quello della parrocchia di nostro padre che manco li conosceva) fece loro il consenso con cui andarono a sposarsi sulla costiera sorrentina, in una chiesa dove, inutile a dirlo, non erano conosciuti… dopo alcuni anni hanno divorziato. Ma a mio parere non erano ancora sposati sacramentalmente. E la colpa principale di tutta la “sceneggiata” fu di quei sacerdoti …
A Gerry,
che brutta tentazione quella di credere che gli unici che prendono “sul serio” le parole del Signore siano quelli che la pensano come noi.
A Cherubino,
la gerarchia della Chiesa ha da sempre dato i sacramenti a chi li chiedeva. L’unica vera selezione, a mio avviso giustamente, la fanno sul sacramento dell’ordine e in maniera molto ridotta, a riguardo della riconciliazione. E’ una scelta pastorale che ha fatto della Chiesa una comunità di popolo e non una setta elitaria. Ogni tanto, fin dai primi secoli, c’è qualcuno che balza con la brillante idea di cominciare a negare prime comunioni, battesimi e matrimoni et cetera. Io sono convinto che la scelta dei nostri pastori sia quella giusta, se cominciamo a fare troppe selezioni ci trasformiamo in una setta… giansenista?
Per don78
Le tentazioni al mondo sono tante ed io sono peccatore (forse anche un po’ giansenista, chissà…), però davvero non penso di essere migliore di chi non la pensa esattamente come me. Ho tanti peccati e limiti umani, ma non questo.
Sono completamente d’accordo con Cherubino quando dice
“se non è colpa di certe coppie l’essersi sposate in Chiesa senza la fede -tanto che lo stesso Ratzinger parla per lo meno di una colpa attenuata- allora la colpa va cercata e attribuita (anche) alla Chiesa. Forse è questo il passaggio che la Chiesa stessa non ha fino in fondo il coraggio di fare, l’ammissione e la domanda di perdono per non aver saputo o voluto aiutare -per mezzo dei sacerdoti- i laici in una visione “alta” del matrimonio, non come semplice atto della tradizione, non come solo “remedium concupiscentiae”, non come condizione limitata contrapposta alla vera Vocazione (sacerdotale)… retaggio di una svalutazione del matrimonio sacramentale che il clericalismo ha prodotto nei secoli passati…”
Il matrimonio è una vocazione ed ha un’altissima dignità: ma pensiamo davvero che qualche parroco avrà il coraggio di rifiutarsi di collaborare alla celebrazione pur sapendo, quando lo sa, che i due nubendi non hanno fede o sono immaturi? Ma se in alcune diocesi, mi dicono, i vescovi hanno consentito il matrimonio tra non cresimati (non perché il sacramento della cresima sia una “garanzia” in sè, ma che cristiani maturi possono essere – parlando in generale – se nemmeno hanno completato l’iniziazione cristiana)?
Sono, ahimè, convinto che anche negando qualche matrimonio il problema non sarebbe certo risolto (essendo il male alla radice, in tutti i tempi, ma soprattutto nel mondo di oggi), ma una qualche riduzione ci sarebbe, proprio dei casi maggiormente dolorosi. Voglio una setta, solo un “piccolo gregge” di eletti (Dio mi guardi, già ho problemi con i neocatecumeni…)? Tutte le pecore sono del Signore, ma lo devono pur volere, si devono far caricare sulle spalle del Buon Pastore!
«Sposatevi: ve ne pentirete. Non sposatevi: ve ne pentirete ugualmente. Sia che vi sposiate, sia che non vi sposiate, ve ne pentirete». Kierkegaard, mi pare in “Aut-Aut”.
Il gentile don Maioba dice che gli devo una risposta, ma non capisco perché. Nel mio precedente bigliettino mi riferivo all’altro reverendo, che infatti ha risposto piccato (a proposito, io pensavo che studiare teologia servisse anche a comprendere meglio la profondità del catechismo, se no perché perderci tempo?), non a lui.
Pensatela come volete, ma non poter ricevere Gesù nell’Eucarestia per me è tremendo!
Se Leonardo studiasse teologia capirebbe a cosa serve.
caro don78 il sacramento non è a richiesta, tant’è che il mio parroco in quel di Bergamo, prima di concedere il matrimonio a me e mia moglie ci ha seriamente interrogati sulla nostra intenzione, su quello che pensavamo del matrimonio e ha deciso per l’autorità conferitagli dalla Chiesa che c’erano le condizioni spirituali per il matrimonio sacramentale.
Mi risulta che i sacramenti possono essere tanquillamente rifiutati dalla Chiesa e ultimamente un rifiuto garbato ma fermo è stato opposto anche al Presidente del Consiglio italiano …
… allo stesso modo il sacerdote che sta dando l’eucarestia se si presenta una persona pubblicamente in condizione di peccato mortale o scomunicata deve rifiutare di dare il sacramento.
Per non parlare poi nella confessione di chi affermi apertamente di non essere pentito… non può essere assolto…
come vedi altro che dare i sacramenti a chi li chiede… perchè c’è chiedere e chiedere e non si tratta di fare selezioni, ma di chiamare le cose con il proprio nome perchè nessuno inganni se stesso e soprattutto, come nel matrimonio, inganni la persona che sta sposando.
D’altra parte l’inganno sulle proprie disposizioni è un elemento oggettivo di nullità del sacramento… ma perchè dovere fare tutta la trafila di un riconoscimento ex post, quando è già apertamente chiaro ex ante ?
A mio parere poi, e lo dico fraternamente, sbagli nel concetto di “comunità” e di setta, perchè la comunità cristiana offre comunione a tutti, ma la comunione di Cristo è anche impegnativa e la condizione peggiore è quella dei tiepidi, di chi “non è nè caldo nè freddo” come si dice in Apocalisse. Tant’è che credo sia più in comunione con Cristo chi onestamente si sposa solo civilmente, ma si avvicina con umiltà al Vangelo, si interroga e coltiva la giustizia, di chi vive di formalità esteriori, e poi odia e disprezza il prossimo, magari ricacciandolo sulle coste libiche…
quindi ci andrei piano con il concetto di comunità… ma anche con quello di “setta”, perchè la setta non è quella che riconosce le diversità, e opera in relazione ad esse, ma quella che non rende trasparente la propria proposta spirituale e l’affida al potere della casta. Il rifiuto del sacramento non è questo, perchè i criteri, la carità e la sequela di Cristo, sono noti a tutti, e Gesù non ha detto “venite e fate quello che volete”, ma ha parlato di “strada stretta” e di tanti che si perdono, ha chiesto agli apostoli se anche loro volevano andarsene, ha detto che il Messia al suo ritorno non avrebbe trovato un mondo pieno di fede… egli ha posto la sua Croce come pietra di salvezza ma anche di scandalo, perchè la sua misericordia è incompatibile con la nostra superbia. Egli non ha detto alla peccatrice che non contava nulla quello che aveva fatto di male, ma che la perdonava e il segno dell’accoglienza di questo perdono sarebbe stato il non peccare più. Tanto è fondamentale questo passaggio, che dimenticare che la comunità cristiana è la comunità dei perdonati-che-si-sono-lasciati-perdonare e non di tutti quelli che c’hanno voglia di passarci del tempo, che il Signore raccontò la parabola degl iinvitati a nozze, tra i qual ce n’era uno senza “vestito della festa” … e fu cacciato via. L’ha detto Gesù.
Al reverendo: «und leider auch Theologie …»
Sono pienamente d’accordo con maioba con il commento del 20 maggio 2009 @ 15:10 😉
… e comunque è bene leggere tutto il discorso di Gesù da cui è tratto quel Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi in Matteo 10 … e – tra l’altro – a leggere bene, bene, qualche sorpresa ci è riservata.
Mi sono sempre chiesta, però, la moglie di Pietro che fine abbia fatto. Voglio dire, Pietro era sempre in giro con Gesù … e la moglie? Si sono separati?
Anche alcune donne che seguivano Gesù erano sposate, ma dei loro mariti si dice solo il nome … e anche le donne seguivano Gesù … quindi?
Leonardo, come tu stesso dicevi “Domandare (con tanta amabilità, poi) è sempre lecito, rispondere è cortesia”.
La risposta me la dovevi nel post “Semper ad maiora…”.
Ma data la tua canutezza non pretendo che tu possa ricordare tutto… 😉
Riguardava la mia appartenenza alla “froufroutheologie”, come tu l’hai amenamente definita…
Saludus! 🙂
Spesso mi sono soffermata a pensare circa la realtà del matrimonio del quale –lo dico per non essere tacciata di superficialità- sono fautrice.
Tuttavia …..
ritengo che questo sacramento esista essenzialmente in virtù del fatto che a contrarlo siano dei battezzati. Infatti, analizzandolo bene, e con un occhio attento, si potrebbe dedurre che il matrimonio non è un sacramento di per se,poichè la benedizione del prete in fondo ne è priva . Questa pseudo sacramentalità troverebbe il suo quid in virtù del fatto che si muove sulla “realtà” ontologico di quel sacramento primigenio per eccellenza che è il battesimo. Il matrimonio quindi, non sarebbe altri che l’espressione di un consenso (che in niente si differenzia dal consenso prestato nel matrimonio naturale). Potremmo anche dire, come direbbe San Tommaso, che è inscritto nell’essere umano la condivisione tra uomo e donna, intesa come attrazione reciproca, mutuo scambio ma questo a prescindere che siano vincolati da matrimonio o meno. Tra l’altro: non ha come materia alcun elemento sensibile, non deriva la sua efficacia dalla passione di Cristo in quanto include il piacere fisico (che spesso più che unione dei corpi è occasione di carnalità (concupiscenza, come direbbe Agostino): carnalità non è corporeità, nota bene), non è segno efficace poiché non produce ciò che significa [unione di Cristo e della chiesa (?)] manca l’elemento res-et-sacramentum che si riscontra in altri sacramenti di conseguenza non produce neppure la grazia benché ne sia segno….
Io dico che bene fa il cardinal Martini a suggerire un ravvedimento circa la riabilitazione dei separati, divorziati. Tutti su questa terra abbiamo diritto di vivere, sbagliare, tornare indietro, rivedersi, dubitare, tradire, riprendere il cammino ed andare avanti, tutti: preti, religiosi, separati, ecc…
Fidiamoci di Dio e della Sua Misericordia che tutto copre.
Che splendida serata, aria pura, musica per le orecchie.
Grande, sobrio, toccante il Card. Dionigi Tettamanzi.
Càspita, Clodine ti dovrebbero assumere alla Sacra Rota!!! Complimenti! 😀
Reverendo, in effetti non mi ricordo bene ma direi di aver sentito puzzo di quella retorica teologica che oggi va tanto, piena di frasi ad effetto che sembrano profonde, ma se vai a vedere voglion dir poco. Invece, proprio perché tratta del Mistero, la teologia, se vuol essere scientia, ha da esser chiara. Analogia non vuol dire oscurità. (Ma d’altro canto, è pur vero che chiarezza non vuol dire mancusaggine, o mancuseria). Lei, mi pare, disse che no, che i suoi apoftegmi son pieni di senso, e io se vuole le credo, sulla parola.
Nella tua chiarezza, d’altronde, Leonardo, ci si può anche specchiare!
Grazie per la tua scientia dispensata a noi poveri mortali.
Torna sovente tra noi a portarci il tuo verbum, ma con qualche argomento un po’ più sostanzioso per favore.
saluti e baci
Grazie Marta09…
A proposito di Sacra Rota: ultimamente ha dichiarato di aver annullato 1 matrimonio su 5. Dal 1 gennaio 2008 le cause aperte provenienti dall’Italia erano 421, contro le 215 del 1999 o le 331 del 2003. E per fortuna che le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità, e che “ciò che Dio unisce è For Ever”.
Questi dati a riprova che le perplessità espresse nel post non sono del tutto infondate, anzi….
Ciao Marta.
Al carissimo Leonardo.
Mi pare che tu abbia un concetto abbastanza sgangherato di teologia.
Infatti questa non serve a capire il catechismo bensì ad indagare il mistero inesauribile di Dio.
Leggo sempre, sempre. Intervengo poco.
Anche perchè mi pare che ci sia molta gente che non ha nulla da farsi dire: gente sicura di sè, certa della propria fede, della sicurezza ortodossa della propria morale, della rettitudine esemplare che sprizza lampi di luce su tutti coloro che hanno la grazia di incontrare discepoli, cherubini & soci. Gente che ha una esperienza di chiesa mille miglia lontana dalla mia, un pò come Formigoni, i giussaniti, Allam, Casini, gente così.
Di me preferisco che si dica pubblicanus ille piuttosto che varda che brava persona, che bravo catechista, ma uomo coerente. Ma va là, che noia.
Ovviamente viva viva viva (purtroppo in sente letterale) il cardinale Martini e don Verzè: coraggiosi araldi della fede con il cuore e con il cervello.
scusate, ho scritto al buio causa zanzare e ho visto molti errori: vedete di capire ad sensum ma poi non è così importante che capiate del tutto.
un abbraccio sincero a tutti e reciproco ricordo ad Dominum Nostrum.
non so di cosa parli Clodine, ma non del matrimonio cristiano. E’ un sacramento, in quanto tale e come tutti gli altri sacramenti è espressione del Sacramento fondamentale della Passione di Cristo e dell’immersione in esso (battesimo), è celebrato dagli sposi i quali sono i ministri del sacramento, la materia del sacramento è l’unione sessuale completa… e quanto al rapporto con l’eros (o amore di desiderio) come dice s. Tommaso in esso agisce quella Grazia che “non distrugge ma perfeziona la natura”. Il vuol dire che egli non equipara assolutamente il matrimonio naturale: questo ha una sua dignità, ma senza l’azione del sacramento (e comunque dello Spirito Santo) è incapace di superare la corruzione insita nella natura e di generare un l’amore-dono di Cristo fra i coniugi.
Le proprietà fondamentali del matrimonio CRISTIANO sono:
1) che ci si sposa in 3: lui, lei ed il Signore. Se non si riconosce il Signore come legame e fusione non c’è matrimonio cristiano.
2) è un Sacramento … quindi vd. il punto 1. con tutti gli annessi e connessi
3) l’indissolubilità ed unità non sono un obbligo, ma sono conseguenza logica del punto 1 e 2. Si perdona di più in un matrimonio cristiano che in altri ambiti.
Poi:
a) ci sono gli incidenti di percorso e sono tremendi, gravissimi … tanto gravi che persino Gesù nella Sua dichiarazione in Matteo 10 pone un “a meno che …” … Se Gesù rende lecito il ripudio (divorzio/annullamento) per una causa grave … un motivo ci sarà, no?
b) la legge non deve interferire con la pastorale che ci deve sempre e comunque essere, perchè la Legge è fatta per proteggere l’uomo/donna e non per colpirlo quando è già colpito dalla vita. La Legge non deve essere orba o strabica .. la Legge di Dio, almeno (ed è sperabile) la Legge della Chiesa
c) giudicare a grandi linee e per quanto sappiamo non ci è lecito e chi è chiamato a giudicare … (poveretti!!!) deve “mettersi nei panni di …”, deve affrontare situazioni in cui è richiesto oltre che “partecipazione e comprensione” anche “obiettività” evangelica (mica bau bau micio micio)! 🙂
d) per quanto riguarda il negare la Comunione … ho la mia idea, ci ho studiato un po’ su, ma dato che non sono un’addetta ai lavori sto zitta e non do pareri … Ma mi arrabbio quando viene negata per mooooolto meno!
Voglio salutare Ignigo e dirgli un bacio: ciao Ignighino!
@cherubino.
Riguardo al matrimonio cristiano ribadisco: matrimonio e sacramento sono identificati nel caso di cristiani in virtù del loro Battesimo, identificazione dovuta a un fattore ontologico estrinseco e anteriore alla loro volontà matrimoniale. Ma questo non lo dico io è lo stesso “Enchiridion Vaticanum” a sottoscriverlo. Tra l’altro esiste anche una certa difficoltà nel precisare quali siano gli eventuali diritti/obblighi peculiari del matrimonio cristiano, considerati giuridicamente essenziali i quali per nulla differiscononon rispetto a quelli del matrimonio naturale, questo mi sembra ovvio. La forma canonica, poi, non ha in sé niente a che fare col sacramento… Per dei battezzati, quando c’è accordo delle volontà e dei cuori, il sacramento è già realizzato:è quello dell’Amore, sacramento per eccellenza che tutti investe, e la forma canonica non vi aggiunge niente di sacramentale; essa è là solo per autentificare la cosa agli occhi della comunità, perché essa vi è direttamente interessata, a causa della natura emimentemente sociale del matrimonio.Ragione anche questa per pensare che “inseparabilità” è un termine non del tutto adeguato per sintetizzare la verità teologica che ogni valida “alleanza” matrimoniale tra cristiani è sacramento. L’ “Inseparabilità” che tende a creare l’impressione che matrimonio valido tra cristiani e sacramentalità sono due realtà o elementi distinti ma “indissolubilmente” uniti, mentre in realtà matrimonio e sacramento sono identificati, nel caso di cristiani,come già specificato, in virtù essenzialmente del loro Battesimo sic et simpliciter.
E questo è quanto cherubino, anche analizzare il matrimonio dal punto di vista antropologico lo si evince….ma sono punti di vista ovviamente.
Non stupisce constatare come alle famose “Nozze di Cana” il Cristo non si soffermi sugli sposi, non un accenno sul matrimonio in quanto tale, ma concentra l’attenzione sull’acqua trasformata in vino.
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Nella curia di ticiodiocesi gia si è perdonato a tutti i divorziati e li si ammette al banchetto !
Ticiodiocesi: Ticio-dicio nelle vicinanze di Machu-picchu.
Peccato, Ignigo, che ti limiti a leggere sempre e a scrivere molto poco, perché mi riconosco in quello che scrivi (e mi piace molto come lo scrivi). Difatti io non ho la “fortuna” di potermi riconoscere in “gente sicura di sè, certa della propria fede, della sicurezza ortodossa della propria morale, della rettitudine esemplare che sprizza lampi di luce su tutti”.
Grazie a Marta e Clodine, per il fervore, l’amore e la scienza! Se Gesù aveva delle donne che lo accompagnavano, ci sarà stato un motivo!
Lo scandalo che grida vendetta è la presunzione di decidere la lista degli invitati alla mensa del Signore.
La forza della chiamata all’Eucaristia, all’unione con il Corpo di Cristo e con la sua Chiesa e alla Redenzione contro l’ignavia dei vecchi e nuovi farisei del “ non possumus“.
Marta Marta, tu ti preoccupi in troppe cose…
🙂 però ci si sposa in due, eh: il Signore non regge nessuna candela… 🙂
Allo stesso modo in cui il prete non si sposa con Gesù, né con Dio né con la Madonna… 🙂
Clodine ben tornata! Non ti affacci più dalle mie parti… ti sei fatta spaventare dalla “bolla” di scomunica (in nomine dei, Patriae e Familiae) di quelli di Blog Cattolici?
ps. vorrei dire tante cose… ma la discussione ha aperto troppe porte… la mia passione sul tema a volte non mi fa essere lucido nell’immediato… comunque grazie, mi avete dato tanto “materiale” per la ricerca di fondo della mia/nostra vita (con mia moglie) in questo periodo…
Caro Moralista, ho colto il tuo invito e ho spiato l’altro tuo “webfiglio”. Mi permetto di riportare in questo contesto qualcosa che ho trovato lì e che mi sembra simpaticamente pertinente a proposito di “consapevolezza debole”:
Scambio di “battute” carpito in libreria:
“Marianna sposa in chiesa?”
“Eeeeh certo! … se no i suoi la uccidono!”.
Esempio di matrimonio “remedium mortis” o esempio di “matrimonio riparatore”?
In ogni caso non si tratta di sacrilegio perché si applica la legittima difesa.
PS: ho letto anche un tuo recente post su quel blog (Luigi, perdonaci, in fondo non è la concorrenza, ma la fratellanza mediatica) e confermo: su questo tema abbiamo una corda comune
come è umano lei… 😀
quel post specifico è “colpa” di Marcello recente commentatore anche qui sul pianerottolo… do a Marcello quello che è di Marcello… non si sa mai… 🙂
Lui è il braccio ironico del gruppo dei 4.
@ maioba
Preoccuparmi per troppe cose? Chi io? Ma figurati!
(adesso divento leggermente e delicatamente caustica)
Semmai sono “altri” che si preoccupano troppo poco … 😀
Ma … saranno anche sbagliate, saranno anche … (quello che vuoi tu) … ma con queste “idee” balorde sono rimasta in piedi e – mio malgrado – sono state mezzo per tenere in piedi altri.
… e se l’albero si vede dai frutti …
Mio caro Maioba, quando mai dovessi deciderti a dedicare una scuola (ma andrebbero bene anche una rivista o un ciclostile) alla froufroutheologie, sappi che avrai almeno un converso, nella persona del sottoscritto. “Comprendere meglio per spiegare di più”, scriveva quell’anima persa e nera di Paul Ricoeur, gran maestro di noi oziosi (che, sitibondi del tedesco per mezzo secolo, ce la facciamo da qualche tempo col francese). Del resto: perché compiacersi delle oscurità di cui sovrabbonda il linguaggio teologico, a fronte del testo chiaro e aperto del CCC? Domande simili poneva al proprio tempo (San) Pier Damiani, fustigatore di logici e dialettici del secolo, senza esclusione di colpi. Senonché imprevisto e indesiderato, dall’accapigliamento del XII secolo sortì fuori Tommaso. Con scorno di Pier Damiani, e con profitto di tutta la cristianità medioevale. Che facciamo dott. Leonardo, si fa il gioco delle parti?
per: discepolo: io non penso che l’indissolubilità del matrimonio sia intrinsecamente “contro natura” (espressione per altro ambigua in questo contesto).
Se due persone di promettono “fedeltà reciproca incondizionata per sempre”, in modo libero e senza far ricorso al trascendente, non è forse un gesto altamente umano? Dare la propria parola non è forse una atto concreto libero? cosa c’è di “contro natura” ad un atto di libertà umano come questo?
Penso invece che il matrimonio indissolubile sia innanzitutto un atto di libertà che viene dall’uomo. Il Credente, poi, che ha una visione trascendente, che cioè unisce l’umano al divino, sa che questa volontà trova forma e sorgente dallo Spirito, che quindi viene da Dio ed assume un carattere appunto trascendente. Quando Gesù dice “non divida l’uomo ciò che Dio ha unito” si sta rivolgendo a dei credenti che hanno Dio come prospettiva e non a persone che escludono la prospettiva divina. Quella frase di Gesù, cioè, presuppone la fede. Ma questo non vuol dire che l’indissulubilità abbia una validità esclusivamente in ambito di fede. Non dimentichiamo che Gesù non predicava in un contesto ateo, ma dava a compimento la legge e i profeti, predicava cioè in un contesto già religioso (non una religiosità qualsiasi, ma quella di Israele!) e non rivolgeva le sue parole ad un contesto ateo o pagano.
Presa in senso puramente umano una promessa fatta per sempre ha una validità umana, che se non mantenuta implica l’infedeltà alla propria parola. E questo non è un discorso religioso, ma puramente umano che chiama in gioco la libertà, l’uso della parola e la relazione umana.
sarò prosaico.
La “sentenza” della liturgia: “non divida l’uomo ciò che Dio ha unito” (a cui io nel silenzio, se partecipo alla celebrazione di un matrimonio rispondo sempre “amen”)… mi emoziona sempre…
io la sento rivolta a quelli che stanno intorno agli sposi, a quelli che potrebbero insidiarne l’unione che da quel momento è sacramentale… è come se vedessi Gesù, mettersi davanti tra gli sposi e l’assemblea e dire: ” Questi qui ora sono con me, del Padre… non vi azzardate a toccarli…”.
Io mi emoziono quando la risento. Al mio matrimonio, questo passaggio della liturgia più che come un insopportabile impegno morale/mistico, l’ho avvertita come un immenso abbraccio protettivo…
A don78 e Leonardo:non serve a nulla contrapporre la teologia al catechismo, o viceversa; né contrapporre chi pone le domande a chi dà le risposte (e viceversa). Io non sono per l’aut-aut ma per l’et-et: ogni catechismo presuuppone una teologia; ed ogni teologia deve comunque tradursi in qualche modo in scelte pastorali, in “catechismi”, in norme e in forme di “misericordia”.
Ho notato nei vostri interventi ed anche in qualche altro intervento) un astio che non mi è piaciuto.
Una certa tensione tra la norma e le situazioni concrete in cui vivono i cristiani (e quindi tra il riore dei principi e le esigenze della carità pastorale) è a mio avviso inevitabile, fa parte dello statuto della Chiesa in quanto immersa nella storia. Ma il problema non si risolve elimando con l’accetta uno dei due poli in tensione: la norma o la cariotà pastorale; il catechismo o la teologia.
“Lo scandalo che grida vendetta è la presunzione di decidere la lista degli invitati alla mensa del Signore”.
Veramernmte san Paolo questa presunzione l’aveva (vedi 1 Corinzi). Era fuori strada anche lui?
C’è presunzione in molte persone pronmte a negasre misericordia; ma anche in chi pretende di legittimare ciò che Dio non ha legittimato affatto.
Quanto al matrimonio, sono d’accordo con Marta piuttosto che con Maioba.
ggiungo questo: il Vangelo parla di “strada stretta”,. Dobbiamo essere misericordiosi come Gesù verso chi sbaglia. Ma non abbiamo il diritto di rendere larga e comoda la via del Vangelo.
ma la strettezza della strettoia (mi si perdoni il calambour), “la cruna dell’ago” (la porta doganale di Gerusalemme, dicono alcuni biblisti) non è data dalle norme (morali, teologiche o cosa)… ma dalle bisacce che il cammello porta in groppa.
Dalla porta non si passa, spesso, perché noi ci portiamo un sacco di soma inutile, comprese certe idee di Dio… non perché Dio si è divertito a farla stretta…
(gesuitismo moralista)
Sì, moralista, quello del post delle 14.52 è il modo giusto di intendere, mettersi nelle mani del Signore con fede e fiducia (la radice è la stessa).
Quel che contraddistingue il matrimonio cristiano, cara Clodine, è – io credo – l’essere non solo aperto, ma destinato agli altri (dal primo, l’altro coniuge, ai figli se verranno, alla Chiesa tutta) facendo morire, per quel che umanamente possiamo, il nostro egoismo (il nostro particolare), gettandoci nel buon terreno della vita e sperando di portare molto frutto.
Ti sembra che sia questo quel che c’è nel matrimonio “naturale”, quello in cui l’amore è bello finché dura e che, nella migliore delle ipotesi, vive di reciprocità (ti amo perché mi ami), e non di dedizione? Capisco bene che è un’aspirazione, una tensione ideale che si scontra con la pesantezza della materia, ma tutto il cristianesimo è così, tanto varrebbe dire che è una bella ma pia illusione, inadatta ai nostri tempi moderni. Solo Dio è fedele, sempre, nonostante le nostre infedeltà, ma dalla Sua fedeltà possiamo (mi piace ricordare la vicenda matrimoniale del profeta Osea, umanamente pesantissima) trovare la forza per essere imitatori del Suo amore.
Attenzione, poi, al sacramento del matrimonio, potrebbe esserci anche dove non te lo aspetti: ci sono situazioni (canonicamente “estreme”, tipo assenza di sacerdoti) in cui il matrimonio sacramento può essere presente, qualora ve ne siano le condizioni. Non mi interessa le questione giuridica in sé, volevo segnalare come lo scambio del consenso in un rapporto a tre con il Signore possa essere matrimonio sacramentale, al di là del suo riconoscimento sociale e giuridico.
Consentitemi un’ultima parola a chi pensa non ci sia nulla da dire a “gente sicura di sé, certa della propria fede, della sicurezza ortodossa della propria morale, della rettitudine esemplare che sprizza lampi di luce su tutti coloro che hanno la grazia di incontrare”. Consentitemela perché non sono (forse per indegnità ) nel breve elenco dopo riportato. Ma davvero pensi, pensate, che l’Arcangelo Michele scriva su questo blog? Perché, in verità, a parte S. Michele, solo un povero illuso (o peggio) potrebbe vantare tanta sicumera. Siamo tutti poveri viandanti appesantiti da fardelli visibili e nascosti e la fede ci aiuta, certo, è la nostra ricchezza, ma la strada è erta e difficile e aspra per tutti. Capisco una certa vis polemica (talvolta la uso anch’io), ma ricordiamoci che dietro il nick c’è una persona, con cui dialogare. I giudizi lasciamoli a chi può giudicare.
@ Raffaele Savigni
In cosa sei d’accordo con Marta piuttosto che con me? non mi pare di aver contrastato Marta
cara Clodine, apprezzo il tu ovoler tenere il discorso in termini “alti”, ma mi sembra che fai un pò di confusione. Innanzitutto erri quando distingui la forma del sacramento dalla sostanza. Tant’è che intendi il sacramento sostanza nel battesimo e quello forma negli altri… invece -dottrina alla mano- il Sacramento fondamentale è la morte-resurrezione di Gesù, gli altri sono sacramenti in quanto portatori dell’efficacia salvifica del Sacramento. Distinguere poi forma da sostanza è già una contraddizione in termini, dato che “sacramento” è un “segno efficace” e in quanto segno deve avere sempre una sua forma e materia, non basta “l’amore dei cuori” per avere il sacramento, anche se si può avere nel’amore presenza della Grazia (che è l’effetto del sacramento non la sua sostanza). Infatti per il matrimonio è indispensabile almeno il consenso, con la consapevolezza di “fare ciò che fa la Chiesa”. Attenzione quindi a non confondere la forma-elemento-esteriore-necessario con la forma ecclesiastica (CCC 1631), importante ma non essenziale al sacramento. Quando elimini la necessità della esternazione sacramentale (consenso sacramentale) confondi il sacramento strumento della Grazia con la realtà pneumatica spirituale che si realizza ordinariamente appunto con il sacramento, per virtù del Sacramento pasquale di Cristo, o straordinariamente per le vie che solo il Signore conosce.
Resta dunque il fatto che è impossibile negare, all’interno della dottrina cattolica, che il matrimonio 1) sia un sacramento alla stessa stregua della Riconciliazione, dell’Ordine, della Eucarestia, del Battesimo (vedi CCC, 1601), 2) che esso richieda gli atti (minimi: non tutto il rito è necessario) che la Chiesa insegna (CCC, 1626).
In coda si dovrebbe notare che se ogni amore umano tra uomo e donna o se ogni consenso reciproco fossero “sacramenti”, si arriverebbe ad equiparare il matrimonio naturale con quello cristiano con due conseguenze aberranti: 1) la confusione tra ciò che è potenza soprannaturale dello Spirito Santo e ciò che viene dalla natura, in alcuni contesti si indica ciò con due parole distinte eros e agape), 2) la conclusione che l’indissolubilità riguardi anche il matrimonio non cristiano, mentre sappiamo che mai la Chiesa ha considerato un ostacolo al matrimonio sacramentale la presenza di un precedente matrimonio solo civile.
Un applauso a Moralista per la bella lettura di Matteo 19, 6 (L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto): “Io mi emoziono quando la risento”.
rilegegndo i vari post sul matrimonio ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa, una prospettiva importante ma trascurata. Ho pensato all’azione della Grazia nell’unione tra i coniugi. E questo è vero, ma sposarsi nel Signore è ancora un’altra cosa. E’ la promessa di Dio che Lui sarà fedele per sempre a quell’unione. Ed è da questa sua fedeltà che viene l’indissolubilità. Perchè lui non ritira mai le sue promesse e il suo giuramento è per sempre.
Occorre quindi rispecchiare la visione spiritualista -imporatnte e bellissima- nella sua equivalente dimensione storica, esistenziale.
In pratica, se sperimento che Gesù cammina con noi famiglia, se sperimento il suo soccorso, la sua ispirazione (pensiamo all’angelo che diceva a Giuseppe di andare in Egitto, poi a Betlemme…), se so che mia moglie sarà per me benedizione anche nei suoi difetti e addirittura nel suo egoismo, non per sua virtù, ma per la fedeltà del Signore… e per lo stesso motivo posso “perdermi”, rinunciare, fidarmi e affidarmi anche contro ogni speranza… allora potrò resistere alla tentazione della separazione.
Una visione quindi attiva, da protagonista, di Dio. E non a caso anche per noi cristiani, si riversa su di noi la benedizione di Abramo e Sara, nei quali “saranno benedette tutte le famiglie della terra”. E credo che ogni coppia che si sposa nel Signore a modo suo ripercorre la storia di Abramo e Sara, nella promessa di una fecondità impossibile e inimmaginabile, come inimmaginabile è il numero delle stelle del cielo e della sabbia del mare.
in effetti un pò quello che diceva ilmoralista con quella bella immagine” Questi qui ora sono con me, del Padre… non vi azzardate a toccarli…”
A Maioba: alludo (senza polemica) alla tua risposta all’affermazione di Marta: “Le proprietà fondamentali del matrimonio CRISTIANO sono:
1) che ci si sposa in 3: lui, lei ed il Signore. Se non si riconosce il Signore come legame e fusione non c’è matrimonio cristiano”
Maioba, così hai risposto:
“Marta Marta, tu ti preoccupi in troppe cose…
però ci si sposa in due, eh: il Signore non regge nessuna candela…”.
ops! Matteo 19 … mi sono accorta di aver scritto Matteo 10! Sorry e grazie Luigi! Ho fatto un mix con l’evangelista Marco che pone questa affermazione in modo netto, senza “eccezioni” … mentre in Matteo 19 …
@maioba … no, davvero non mi hai contrastato … Solo una piccola cosa aggiungo: il Signore non regge la candela, figurarsi, E’ CANDELA=LUCE … ma per capire questo è necessario passare sotto le forche caudine …
Ma … mi sono accorta che hai scritto: “… tu ti preoccupi IN troppe cose” …. volevi dirmi qualcosa in particolare? Mica l’ho capito sai!!! Uè … sono un po’ tonta …
Sono quasi le dieci e, dopo un’intera giornata passata immerso nei miei prediletti studi di teologia, posso finalmente ristorarmi con un delizioso bocconcino come il messaggio che Ignigo, l’amor mio, mi ha riservato (mi spiace per altri, ma sono un po’ selettivo nelle mie simpatie).
Dunque quel delizioso giovinetto mi informa che la teologia «non serve a capire il catechismo bensì ad indagare il mistero inesauribile di Dio». Lo ringrazio di vero cuore: io, meschino, pensavo che non ci fosse opposizione tra le due cose, ma quel “bensì” mi ha illuminato. Sempliciotto qual sono, pensavo che il catechismo fosse il modo, autorevole e chiaro, con cui la Madre Chiesa insegna ai suoi figli ciò che Ella sa del Mistero inesauribile di Dio (e con questo ho esaurito la mia scorta di maiuscole). Pensavo anche, nella mia crassa ignoranza, che il teologo fosse uno che pronuncia le stesse parole di fede dei pusilli, ma commuovendosene molto di più, perché meglio ne penetra la profondità.
Quanto al resto del suo messaggio (da «Anche perchè mi pare che ci sia molta gente » fino a «Ma va là, che noia»), di dubbio gusto come spesso gli capita, che dire? La signora Veronica forse commenterebbe: «è un uomo che non sta bene». Io la metterei così: è uno che, per sentirsi, ha bisogno di risentirsi.
Chiedo perdono: «commovendosene», per il dittongo mobile.
Carissimo Leonardo, grazie per il buon sapore di antico, di naftalina della zia marianna, per l’aria gozzaniana dei tuoi interventi. Quando scrivi avverto come un effluvio che sa di sorelle Materassi, di Teresa Carolina Giselda, di tomboli uncinetti e poltrone, polvere biscotti secchi e colpi di tosse. Anche tu di notte con le tue purissime mani cuci paramenti e ricami per il Santo Padre?
Che pie emozioni, grazie.
colgo l’occasione per porgere al carissimo Leonardo auspici favorevoli alla vigilia di santa Rita, quella degli impossibili.
Riservato ai pusilli: il dittongo mobile [Leonardo, due commenti sopra] è una faccenda simile all’alluce vago.
Difficile scrivere cose intelligenti all’ombra della raffinatissima “querelle” poco sopra la mia testa. Ovviamente faccio il tifo solo per uno dei due, ma li apprezzo entrambi per la splendida prosa!
Tornando a bomba… mi sono sempre chiesto: visto che occorre conciliare indissolubilità del matrimonio e amorevolezza pastorale, non si potrebbe semplicemente prendere in considerazione l’ipotesi di rendere più agili le “dichiarazioni di nullità”?
Insomma, le “dichiarazioni di nullità” già esistono, molti matrimoni (è stato scritto qui) sono celebrati con leggerezza…
… non è molto intelligente ciò che ho scritto, ma lo avevo previsto.
eppure io un caffè e un dolcetto (o amaretto se lor signori preferiscono) con Leonardo e Ignigo lo prenderei…
Quando facciamo?
La cosa che mi ha più colpito, nel post, è l’ espressione “disciplina di misericordia”, capace di conciliare l’inconciliabile. E’ l’esperienza di mediatore tra culture bizantina e latina che dà al cardinale ucraino di rito orientale una tale insondabile profondità e sottigliezza? Con tutto il rispetto per il card. Martini, la sua frase “ritengo che la Chiesa debba trovare soluzioni per queste persone” vola molto più in basso (non arrabbiarti, Ignigo). O, meglio, riflette il vizio di fondo dell’atteggiamento “attivo” del cristianesimo occidentale che avrebbe molto da imparare, umilmente, dall’oriente.
“L’orefice ci guardò a lungo negli occhi.
Saggiando per l’ultima volta il prezioso metallo
diceva cose profonde. In modo sorprendente
si fissavano nella mia memoria.
Il peso di queste fedi d’oro
-così disse- non è il peso del metallo.
Questo è il peso specifico dell’essere umano,
di ognuno di voi
e di voi due insieme”.
(Karol Wojtyla, La bottega dell’orefice, Libreria Ed.Vaticana,1988, p.26)
Carissimo Cherubino
Anch’io apprezzo moltissimo i tuoi pensieri che denotano una grande fede, e apprezzo la tua (vostra) autentica convinzione che con quel “si” (o“ni”) pronunciato sovente in pompa davanti al sacerdote benedicente si imprima nell’anima lo stesso sigillo, la stessa forza, la stessa efficacia del Battesimo, della confermazione, dell’Eucaristia e del sacro Ordine. Personalmente non lo credo [mancando l’elemento res-et-sacramentum che si riscontra in quelli sopra elencati, non viene prodotta la stessa grazia, ma ne è solo segno] convinzione suffragata dalla triste realtà dei fatti: il fallimento totale di questa istituzione umana, troppo umana. Credo invece che proprio quando quel “si” lascia il posto al vuoto, allora, è proprio li che Dio si manifesta in maniera potente nel credente, in colui che ha pregato, che ha fatto fiorire i frutti del Battesimo, dell’Eucaristia, della Confermazione, che ha lavorato dentro di sè, coltivando l’anima sua. E lì, in quella solitudine immensa, quando ci si scontra con i limiti umani, che ci prende per mano, asciuga le lacrime, invita con coraggio a proseguire il cammino tra le spine ricordandoci nei momenti di cedimento che li, in cielo, non ci saranno “né mogli né mariti, ma saremo tutto in tutti”. E’ vero, è Dio che unisce, è Lui che –citando una frase fatta- “scrive dritto sulle righe storte”, non gli uomini: fragili, basculanti, infedeli malgrado loro talvolta, ma soprattutto in divenire ai quali quel “for ever” calza molto stretto. A volte accade che Dio unisca in momenti non sospetti, che Lui solo sa che Lui solo decide. Così accadde per Davide con Bestabea, ricordate? Samuele 2 Capitolo 11:1-12-31. Oppure con Abramo e Agar che ebbe Ismaele, e ancora in genesi -l’unione di Lot con la figlie, sposata per giunta: “orrore” diremmo..orrore!
Mi capita spesso di pensare a Gesù che scrive col dito per terra mentre attorno si fa gazzarra per lapidare l’adultera la quale, poveraccia, chissà a quale matrimonio è dovuta sottostare, magari barattata dal padre in cambio di 5 cammelli. Cosa pensava il Signore, perché scriveva a terra, che strano simbolo che rebus per gli esegeti.Forse ripeteva in cuor Suo il salmo 64,7 :”Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso”
Grazie Clo
Ti voglio bene maioba.
magari, se ti incontri con Leonardo e Ignigo per quei biscottini…mi piacerebbe condividere: a quando?
cara Clodine, vedo che non mi rispondi… temo di aver compiuto qualche nefandezza (come direbbe il mio amico Marcello) di cui mi scuso pur nell’ignoranza.
Non so quasi nulla di teologia (a proposito, vengo anche io se leonardo, ignigo e maioba si incontrano…). Io sto a tentoni leggendo nella mia vita il Volto di Dio per me. La “mia” teologia? Me lo hanno insegnato la Chiesa, la Scrittura, e anche qualche teologo che bazzico…
Tra qualche anno avremo talmente bisogno nella Chiesa della guida e della luce del sacramento del matrimonio, che dovremo “accettare” dei compromessi con la razionalità illuminata di alcune delle possibili definizioni.
Mi duole constatatare che alcuni religiosi, sacerdoti o laici in qualche modo consacrati (che ho sentito parlare dal vivo), avendo in questi stati trovato la loro risposta all’amore di Dio (Urrà!), devono autocelebrare la loro presenza nel mondo e scavano nella teologia per proclamare l’eccellenza della loro scelta. A chi giova? Io mi sono preso la briga da un po’ di urlare in giro l’eccellenza della dignità degli sposi cristiani (illuso), ma a un sacerdote gli bacio le mani…
E quindi… teologia… Non ho capito bene cosa è sta cosa del “res-et-sacramentum”… ma se dobbiamo restare alle realtà fallimentari dell’uomo, temo che ogni sacramento (con la S minuscola) si appoggi su queste fragilità e le renda cosa nuova… e poi Sacramento. Incredibile!
Lasciamo dire agli sposi che cosa è la presenza di Gesù tra loro… voi che sapete insegnate il vocabolario, raddrizzate le imperfezioni, ma fateglielo dire (sia che lo si viva come discepolo o come cherubino). è la loro missione.
“Salveremo” loro, faremo loro riscoprire la profondità e la bellezza della loro scelta e tramite loro forse salveremo un po’ la Chiesa… ne abbiamo gran bisogno.
ps. “convinzione suffragata dalla triste realtà dei fatti: il fallimento totale di questa istituzione umana, troppo umana”.
Clodine, quale realtà umana non è fallimentare… alla fine della fiera?
Fallimento totale? Un po’ troppo… io e mia moglie non ci sentiamo così, un fallimento… perché “totale” vuol dire questo.
@Clodine
“il fallimento totale di questa istituzione umana, troppo umana”?
Talmente fallimentare che Gesù è nato da un matrimonio!!!
Per favore, possiamo non guardare solo a quello che vediamo nel nostro piccolo mondo magari suffragato dalle statistiche? Possiamo guardare oltre? Possiamo andare oltre? … Possiamo “non vincolare” la Verità alla nostra idea personalissima?
La misericordia è anche questo, la carità è anche questo. Ma, per favore, non poniamo mai e pure arbitrariamente il giudizio senza appello … addirittura su un’istituzione (che è comunque Sacramento … a meno che il Signore si è “bevuto il cervello”)
… E comunque non è un’istituzione umana … non lo è per nulla … e mi meraviglia che maioba confermi questa idea … mi meraviglia davvero!
Ma questa è la mia idea e me la tengo … e scusate l’intervento un po’ piccato … che forse sarebbe stato meglio non fare, ma personalmente sul tavolo da gioco del pianerottolo, gioco anche le carte (sincere) dei miei errori.
Carissimo moralista, mio diletto, ti chiedo scusa per non averti risposto, è stata una disattenzione,una terribile distrazione ma ti avevo nel cuore e nella mente.
E’ vero, sono molto scettica al riguardo, e seguendo la scuola Tomista alla quale faccio riferimento, ritengo il Battesimo principio Trinitario cui seguono tutti gli altri: posso perdere la “res sacramenti” (che è una sorta di rigenerazione) il “sacramentum tantum” che addirittura svanisce (segno visibile-come il matrimonio appunto, visto nella sua forma). Ciò che resta e rimane for ever è la “res et sacramentum” ciò che il matrimonio non possiede, che ha carattere interiore,marchia a fuoco che resta per sempre.
Sono felice per te, il Signore ha voluto che trovassi la tua compagna perfetta, il dono più grande : quello di generare e crescere i vostri figli sotto le Sue ali. Dio ti benedica.
Ascolta, devo lasciare il post per urgenze, ma sappi che ti porto nel cuore
a presto clodine
Marta…quale matrimonio…sarebbe stata lapidata Maria se Giuseppe non l’avesse di corsa sposata sotto consiglio dell’Angelo…su’, per favore, non diciamo castronate, ma va’ la….
grazie… non pensavo ti fossi scordata. Pensavo di aver commesso qualche indelicatezza… Ti ringrazio delle benedizioni.
Continuo a non capire cosa significhino queste espressioni.
Anche io “intuisco” che il Battesimo sta a monte… ma l’acqua (e il sangue) di quel Crocifisso sempre in testa a dei poveri umani viene versata (vulgata vulgarissima).
Non esiste la compagna perfetta.
Domani stesso potremmo essere all’Inferno e le mie considerazioni resterebbero le stesse (salvo tristezza del momento).
Con affetto.
Clodine, mi sembra che ci sono molti punti in cui siamo d’accordo, ma proprio non capisco come fai a dire che nel matrimonio non sia “res et sacramentum”. Sei libera di pensarla così, ovviamente, ma non è il pensiero della Chiesa.
Basta qualche piccola citazione dalla Familiaris consortio (che a sua volta richiama dottrina precedente):
“Accogliendo e meditando fedelmente la Parola di Dio, la Chiesa ha solennemente insegnato ed insegna che il matrimonio dei battezzati è uno dei sette sacramenti della Nuova Alleanza (cfr. Conc. Ecum. Trident., Sessio XXIV, can. 1: I. D. Mansi, «Sacrorum Conciliorum Nova et Amplissima Collectio», 33, 149s).
Come ciascuno dei sette sacramenti, anche il matrimonio è un simbolo reale dell’evento della salvezza, ma a modo proprio. «Gli sposi vi partecipano in quanto sposi, in due, come coppia, a tal punto che l’effetto primo ed immediato del matrimonio (res et sacramentum) non è la grazia soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano, una comunione a due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero dell’Incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza. E il contenuto della partecipazione alla vita del Cristo è anch’esso specifico: l’amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona – richiamo del corpo e dell’istinto, forza del sentimento e dell’affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira ad una unità profondamente personale, quella che, al di là dell’unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuor solo e un’anima sola: esso esige l’indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9). In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale naturale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma le eleva al punto di farne l’espressione di valori propriamente cristiani» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison des Equipes de Recherche», 4 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II, 2 [1979] 1032).
Altri testi non magisteriali:
don Massimo Mingardi (Cancelliere della Curia di Bologna): “Sulla medesima linea si pone GPII allorquando, recuperando una distinzione scolastica, individua nel contratto il sacramentum tantum mentre la “comunione a due” che da esso nasce è res et sacramentum, già caratterizzato cristianamente poichè rappresenta il mistero dell’incarnazione di Cristo e il su omistero d’alleanza”
suggerirei poi di andare a rivedere la dottrina tomista sul tema, ad esempio spiegata dal domenicano Attilio Carpin, anche in google books: http://books.google.it/books?id=BqFuY0xvdMIC&pg=PA100&lpg=PA100&dq=matrimonio+res-et-sacramentum&source=bl&ots=Fv3N4hCjT8&sig=oy0eq6f2TUvjcaG2cfe8DcQDL2s&hl=it&ei=AFQWSuLeEMXE_Qa-l9DcDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=4#PPA115,M1
Appunto Clodine addirittura Dio ha consigliato il matrimonio attraverso l’angelo … chi dice castronate allora? Dio dice castronate quindi e le consiglia pure!!!
Ma il matrimonio di Maria e Giuseppe era già in ballo da prima dell’Annunciazione … altra castronata?
La confusione confonde … qui stiamo parlando del “matrimonio cristiano” del Sacramento e non del matrimonio civile.
…
@ Clodine
sarebbe stata lapidata Maria se Giuseppe non l’avesse di corsa sposata sotto consiglio dell’Angelo…
Giuseppe era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto
…non necessariamente sarebbe stata lapidata
grazie dei riferimenti, cherubino!
ci hanno chiesto di condurre dei laboratori di formazione per giovani la prossima estate… ci dobbiamo preparare un po’ sul Magistero!!!
Che va bene l’entusiasmo, ma…
per esempio, mi ritrovo questo tra i miei appunti e materiali:
SULLA FEDELTÀ NEL SACERDOZIO COME NEL MATRIMONIO
(Benedetto XVI ai preti della Diocesi di Albano, 31 agosto 2006)
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/august/documents/hf_ben-xvi_spe_20060831_sacerdoti-albano_it.html
leggere la risposta a don Angelo Pennazza.
Mi pare che si sia un filo comune che lega la tensione di discepolo a quelle di noialtri…
Marta
Se proprio andiamo ad affondare la lama,Marta, ed entriamo nell’ottica di Dio sarebbe duopo chiedersi coma mai, e cosa sarebbe mutato ai fini dell’incarnazione -visto che Maria era promessa a Giuseppe- attendere l’avvenuto matrimonio tra i due? Forse che per Dio avrebbe fatto problema? Non avrebbe forse evitato tanta angoscia senza per questo intaccare il mistero? Avrebbe potuto attendere a matrimonio avvenuto, ma non l’ha fatto. Se n’è forse buggerato di cosa sarebbe potuto accadere? Mah!
La verità è una, il matrimonio non è che una promessa, un vincolo, benedetto, senz’altro, ma sempre un vincolo umano, con tutte le fragilità insite .
“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente”. Questo è il primo e il gran comandamento. E il secondo, simile a questo, è: “ama il tuo prossimo come te stesso” (Mt. 22:37-39) finanche i nemici. Non c’è dono più grande “l’amore”. In questo contesto si inscrive il comando di Gesù in ogni ambito, anche riferito all’amore tra uomo e donna -dono grande quando non è deturpato dal peccato dell’egoismo imperante-Comandati d’amare? In altre parole, secondo la Parola di Dio, amare Dio, il prossimo, la moglie, o il nemico, è una decisione che si prende .
Una decisione appunto, un “dare” che sottende al voto matrimoniale . “Voto” appunto, non sacramento, che è ben diverso..
posso fare il rompiscatole?
Per favore: non prendiamo la famigli di Gesù Giuseppe e Maria come esempio per le famiglie…
Questo crea un milione e mezzo di problemi a causa della sua atipicità.
Adesso certamente qualcuno si scandalizzerà, ma quando la Sacra Famiglia si ideologizza… per me son guai… non so per gli sposi qui presenti…
@A Marta:
ho detto: Grazie Clodine, perchè intuisco che in ciò che dice ci sia molto di personale, e quando uno racconta la sua vita bisogna sempre ringraziare… poi semmai, prudentemente, aggiungere qualcosa, come per esempio “Neppure io ti condanno”.
ciao
concordo con maioba sulla Sacra Famiglia… e intuisco e approvo la sua delicatezza verso Clodine…
Ricordo, tra le icone più consone del matrimonio cristiano (secondo alcuni iconografi, non secondo me), Gioacchino e Anna (o “Il Bacio santo”)… e se proprio mi sbilancio, la Trinità di Rubleev…
maioba ideologizzare la Sacra Famiglia non lo farei mai perchè è al di là della mia portata, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente a proposito di “fallimento” e di “istituzione umana” e di “castronerie”.
Ma il tuo “grazie” si intendeva (e sfido chiunque a dire il contrario) “sono pienamente d’accordo” … e mi sono ribellata. Quindi prego anche te di … “dirle tutte le parole” perchè in giro ci sono anche quelli “down” come me (anche se i miei cromosomi sono del numero giusto).
E concordo con moralista riguardo Gioacchino ed Anna, Zaccaria ed Elisabetta, Priscilla ed Aquila ecc. … queste sono le coppie a cui sono “umanamente” affezionata ed alla mia portata.
Ciao
ho già spiegato il mio grazie a Clodine, cara Marta.
A volte imparo a tacere e a riprendere il discorso in un’altra occasione..
“Sono fatto così” (questo lo dico per Leonardo… 😉 )
A proposito della fedeltà in relazione ai sacramenti del matrimonio e dell’ordine si potrebbe riflettere che entambi sono sacramenti permanenti e destinati non al bene proprio ma altrui («l’Ordine e il Matrimonio sono ordinati alla salvezza altrui … essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo Dio» (CCC n. 1534). Con altre parole lo avevo ricordato ieri, ma approfitto per ribadirlo, del resto la riflessione sul matrimonio è al centro del mio (cercare di) vivere il cristianesimo. Poi, ovviamente, c’è chi fermamente non crede che il matrimonio sia un sacramento…
Ringrazio di cuore Cherubino per la chiarezza e l’ampiezza, ma soprattutto ringrazio Moralista, non solo per il link, ma particolarmente per i post delle 9.20 e 9.26: un applauso!
come fatto con andreacs, invito tutti… in particolare Gerry e Cherubino per la “simpatia” espressa, ma anche e sopratutto i miei “fieri oppositori”… a partecipare ogni tanto al piccolo laboratorio di questo blog:
http://motividifamigllia.blospot.com
lo so, così faccio la figura degli spot di affus…
però ci credo in questo laboratorio, che con 3 amici teniamo insieme nei ritagli di tempo… potrebbe essere il seme per frutti che desidero ma che io stesso non so prevedere né nel se e né nel quando…
link sbagliato… argh!
http://motividifamiglia.blogspot.com
…”buon sapore di antico, di naftalina della zia marianna, per l’aria gozzaniana… effluvio che sa di sorelle Materassi, di Teresa Carolina Giselda, di tomboli uncinetti e poltrone, polvere biscotti secchi e colpi di tosse…”
ahò, a me Ignigo me fa’ taja’.
🙂
Caro Marco don,
le sai proprio tutte e leggi anche nel pensiero.
Mandrake!
Concordo totalmente con te sull’atipicità della Sacra Famiglia e su quanto ne consegue.
non ho mai letto Gozzano… un tuffo su “Demetrio Pianelli” di Eugenio De Marchi può sopperire? 😀
“Ma vi sono alcuni che oggi sono in stato irreversibile e incolpevole.”
se si sono “risposati” non è nè una situazione irreversibile, nè incolpevole.
Ahi, ahi, moralista! Se parli di icone (tuo post ore 12.07) mi provochi (come i maccheroni per Sordi).
L’iconografia della Trinità di Rublev è un’offesa alla coppia (oh mamma che ho detto!), perche altro non è che l’iconografia dell’ospitalità di Abramo e Sara con la cancellazione di Abramo e Sara. Una tipica licenza slava alla purezza costantinopolitana!
E poi, insomma, la Sacra Famiglia è e resta modello per tutti. Gli orientali ci insegnano che Dio si è fatto uomo affinché l’uomo potesse farsi Dio… ed il peccato originale (e quindi ogni altro peccato) non è altro che il dimenticare di essere a immagine e somiglianza con l’aggravante del credere di poterlo essere per vie “diverse”…
Infine, il “Bacio santo” di Anna e Gioacchino… te lo perdono (sei pur sempre un latino), ma preferisco il nome di “Abbraccio sponsale”…
Centoventi post (121 col mio). Mi piace leggere nei numeri e andando indietro, solo poche altre discussioni in tempi recenti hanno toccato vette simili: quella sul profilattico (122 post e un discreto collegamento anch’essa ai temi familiari) e quella sui lefebvriani (addirittura 152 interventi, ma incoraggiati dal tam tam mediatico sul tema).
“ci sono moltissime persone che nella chiesa soffrono perchè si sentono emarginate” ha detto Martini.
due di questi illustri “emarginati”, Pippo Baudo e Gerry Scotti, hanno scritto
al Corriere per dire come apprezzino le parole di Martini e per lamentarsi della loro condizione di divorziati che non possono fare la comunione.
Al di là della retorica, quello che mi colpisce in entrambe le loro lettere è la prospettiva. E’ una prospettivo fondata sull’IO, sull’Ego. l’IO è il valore principale, il centro del mondo,; questo IO non può essere limitato da regole o da leggi. questo IO soffre se costretto da regole. E’ sbagliato fare soffrire questo IO , dunque le regole sono sbagliate. (come, IO, Pippo Baudo non posso fare la comunione! Cattivi!)
Non ci si chiede mai se esiste una Verità, se forse, il mio IO, la mia persona non è il centro del mondo, e forse se IO soffro è proprio perchè mi metto al centro del mondo pur non essendo nulla. (chi adora il nulla adora l’inferno)
Ecco il moderno vitello d’oro che adoriamo al posto di Dio, il nostro
Ego.
E ci sono anche sacerdoti , purtroppo, che a questo IO indulgono e
fomentano, come se la venerabile Tradizione, l’Ortodossia, la LEgge
fossero parole vuote, una vuota costruzione da picconare e da abbattere al più presto.. ma quando l’avranno abbattuta, quando avranno rotto le tavole di pietra della Legge , quando questa venerabile tradizione sarà scomparsa
cosa metteranno al suo posto ? aNCORA UNA VOLTA IL PROPRIO io
L’uomo al centro dell’universo..
peccato che l’uomo, come ci insegna Qoelet, è vanità delle vanità.
polvere e cenere…
@ Discepolo
l’uomo é anche immagine, soffio e scintilla di Dio…
Se fossi divorziato probabilmente farei ugualmente la comunione nel momento in cui maturasse in me la convinzione che l’incontro con Gesù
é più importante del soffrire questo vuoto terribile.
@ plpl8
Quanto scrivi sull’impossibilità per i divorziati di ricevere Gesù eucaristico l’ho scritto con parole povere e lo ripeto adesso, condividendo a pieno il tuo pensiero.
A me questa privazione di Cristo mi sembra un’anticipazione dell’Inferno: lì non si gode della visione beatifica di Dio, qui non si partecipa del dono che Gesù fa di sé. E dire che anche i cagnolini mangiano le briciole che cadano dalla mensa. Però non so se questo accostamento è possibile. Non sono un teologo.
plpl8, “Se fossi divorziato probabilmente farei ugualmente la comunione nel momento in cui maturasse in me la convinzione che l’incontro con Gesù
é più importante del soffrire questo vuoto terribile”
per fare la comunione si deve essere in Grazia di Dio, il divorzio se causato da te è peccato mortale, se facessi la comunione da divorziato non pentito (e quindi senza esserti confessato) o da divorziato risposato (non pentito) sarebbe una Comunione sacrilega.
i divorziati non-risposati (ma anche quelli risposati che sinceramente pentiti di avere divorziato vivono in castità con la nuova compagna, o che meglio ancora interrompono la seconda illecita unione) possono ricevere il SS. Sacramento.
una piccola precisazione sulla questione eucarestia ai divorziati e l’ultimo post di Mandis: la questione è estremamente delicata ed enunciare la norma sic et simpliciter, senza porre le giuste fondamenta del discernimento morale come insegnato dalla Chiesa può essere pura “lettera della Legge” che uccide e basta.
Ricordo pertanto che una regola principale dell’etica cattolica è quello del primato dell’obbedienza alla coscienza, purchè questa sia “retta” ossia “vera e certa”, il che si ha solo in un percorso di ricerca prudente della giustizia.
La questione è complessa e non vorrei indurre a conclusioni frettolose, ma sottolineo la necessità e l’utilità per un divorziato di avere un percorso di direzione spirituale in cui con l’aiuto del sacerdote esperto si possa valutare la situazione e il da farsi sotto tutti gli aspetti.
Sulla retta coscienza http://www.foromoral.com.ar/respuesta.asp?id=166
Cherubino
“la pura lettera della legge che uccide e basta”
mi sembra che Gesù abbia detto di essere venuto non ad abolire la Legge ma a perfezionarla.. questo vuol dire , credo, non che non si debba più obbedire alla Legge, ma che ciò che prima si faceva per TIMORE adesso si deve fare per AMORE.. la nuova Legge diCristo è l’amore, ma l’amore non sarà mai contro la legge anzi, la perfeziona perchè la segue senza speranza di ricompensa ne’ paura di condanna ma solo perchè riconosce che è giusto seguirla…
In altre parole credo che si possa dire che con il cristianesimo la Legge si interiorizza, non è più una norma imposta dall’esterno , ma sorge dal cuore trasformato ad immagine del Cristo..
per tornare al matrimonio cristiano, esso è indissolubile non perchè così vuole la Legge, ma perchè così vuole l’amore, quello autentico.
sapevo che c’era il rischio di essere frainteso… non ho detto di abolire la Legge, ma esattamente di usarla in modo integrale, quindi a partire dai principi che reggono determinate norme. Il termine “lettera” non si contrappone all’applicazione della legge, ma ad una applicazione formale, che spesso tradisce lo spirito della Legge, che per un cristiano è lo Spirito di Dio. Coloro che portarono l’adultera a Gesù per la condanna, stavano semplicemente applicando la Legge ed avevano ragione nel dire che essa prescriveva di lapidare quella donna. Ma mi sembra che le cose sono andate diversamente…
(continua) nella fretta una frase è venuta ingarbugliata: “la lettera si contrappone allo spirito della legge, diventanto una applicazione formale”
A volte mi piacerebbe essere come Giovanni Mandis: sicuro, granitico,senza mai un dubbio. Ma come si fa ad essere così? Dove si impara una perfezione simile? Come ci si può sentire sempre un palmo più su degli altri?
Io sono piena di difetti, di dubbi, di domande,di indecisioni. Ho imparato a non pensare più male degli altri e a chiedermi sempre la ragione di un pensiero, di un’azione , di un comportamento ( anche se, confesso, non mi riesce facile con Giovanni ). La mia fede è tutt’altro che granitica, vacilla di continuo e si aspetta risposte che mi aiutino a vivere la mia povera, piccola esistenza.Ogni volta che credo di aver raggiunto una certa serenità, la vita ha in serbo un’altra sorpresa o un’altra prova da superare.
Mi pare di ricordare che per il malato si chiama il medico e che per i peccatori è venuto il Cristo.Pur condividendo il concetto di non favorire leggerezze, mi pare che la Chiesa e i Suoi rappresentanti potrebbero farlo un passo verso coloro che, come me, hanno bisogno di incoraggiamento e di riaccoglimento piuttosto che di sentirsi emarginati, come accade a tutt’oggi.
Spesso ci si ritrova a pagare le conseguenze per passi non voluti e non compiuti e, onestamente, credo che il Signore stia camminando con me a mio sostegno nelle grandi prove a cui mi sta sottoponendo. Ci sono stati momenti in cui il “bisogno” di Gesù nell’Eucarestia è stato più forte dei “divieti” che mi sono stati imposti da uomini come me; il “richiamo” al momento della Comunione è giunto al mio cuore ed ho risposto accogliendo l’Eucarestia.
Mi spiace; Giovanni, ma dopo non mi sono sentita in peccato mortale, bensì confortata e amata………se la Chiesa riuscisse a comprendere che non di regole e disciplina siamo fatti, ma soprattutto di errori e di necessità di guida e consolazione nel nostro incedere, forse una soluzione a questo problema sarebbe più vicina .
Non mi addentro in nessuna discussione teologica o di altro genere troppo “su” per me……mi basta la mia esperienza quotidiana, che talvolta fa un male atroce e non la troverai mai scritta in nessun libro.
Ho compiuto 50 anni qualche giorno fa… certi giorni sembrano 100……
Un saluto e un abbraccio a tutti
“soffri senza imporre agli altri una teoria della sofferenza, senza elaborare dalla tua personale pena una nuova filosofia di vita , senza proclamarti martire,
senza tirar fuori quanto il tuo coraggio ti costi , senza disprezzare la simpatia e senza cercarne troppa.
soffri senza riflettervi, senza odio, senza nessuna speranza di rivincita o di ricompensa, soffri senza essere impaziente che la sofferenza finisca.
Ne’ il principio della sofferenza, ne’ la sua fine hanno importanza”
Thomas Merton , frate trappista ” Nessun uomo è un isola “
Detto terra terra, come non potrei fare altrimenti: a me ‘sta storia della sofferenza come ben di Dio non mi va giù e non l’accetto. Non penso che Dio abbia bisogno della mia sofferenza, penso solo che mi è vicino quando soffro, e a volte faccio fatica.
Principessa, ti sono vicino, ma vicinissimo, e ti faccio tanti auguri per il prossimo mezzo secolo.
Coraggio principessa! La Sicilia oggi sarà un tripudio di luce – immagino – e tu in essa.
Ciao princess,
1) non conosco la tua situazione personale e non vi ho mai fatto riferimento.
2) ho solo esposto l’insegnamento della Chiesa, che spesso è frainteso o veicolato in modo distorto dai media.
esempio classico il presunto divieto di ricevere la S. Comunione per i divorziati. Quando invece il divieto è per chi si risposa o per chi intrattiene nuove relazioni. Chi si risposa o ha nuove relazioni infrange un Sacramento e commette adulterio; questo non l’ho detto io, ma Gesù Cristo.
per tutti questo divieto svanisce se ci si accosta a un altro Sacramento: la Penitenza, anche questo istituito da Gesù Cristo.
A volta dai l’impressione di sentirti giudicata da interventi che non assecondano i tuoi desiderata o il tuo modo di pensare/agire. potresti anche considerare che i tuoi desiderata o il tuo modo di pensare/agire non vada bene, invece di avertene a male.
3) Credo di aver già detto di avere avuto come tutti i miei dubbi, ma il dubbio non può durare in eterno. Gesù è venuto per dare certezze, è venuto per far poggiare le fondamenta della nostra casa (vita) sulla roccia (la Fede e la morale cattolica, la Chiesa cattolica, Egli stesso) e non sulla sabbia (i nostri desideri volubili, i nostri pensieri spesso fallaci, la nostra morale costruita su misura).
4) da quello che scrivi posso intuire che tu abbia vissuto una separazione o un divorzio, a maggior ragione mi sento di dirti che dovresti abbeverarti all’insegnamento della Chiesa; scopriresti che a chi le subisce (cioè senza colpe proprie) non è affatto proibito accostarsi al SS. Sacramento (sempre che non si intrattengano nuove relazioni).
Vedi, Mandis, se anche tu conoscessi la mia situazione personale sono certa che nulla cambierebbe delle tue idee e, comunque, non ti ho mai detto che tu vi abbia fatto riferimento in alcun commento.
I commenti miei e di altri sono proprio perchè l’insegnamento della Chiesa è quello che è. Ma soprattutto perchè parlare di amore e accoglienza per tutti e non esercitarlo per coloro che “fortemente vogliono” essere parte integrante della comunità, mi sembra un controsenso.
Sul fatto poi che nella mia vita, oltre al dolore del divorzio non posso neppure sperare di incontrare una nuova persona che mi voglia bene, o se lo faccio vi devo rinunciare se voglio ricevere l’Eucarestia, mi sa tanto di martirio stupido e di certo non gradito al Signore. Se io sono figlia di Dio e da Lui amata ,credo che Lui voglia la mia felicità.Così come ogni genitore anela per i figli.
In quanto poi a sentirmi giudicata o avermene a male per alcuni commenti che non rispecchiano il mio pensiero, hai proprio preso una cantonata!! In primo luogo perchè nè tu nè nessun altro avete l’autorità o la grandezza di giudicare alcuno ( è uno solo Colui che giudica …) e poi anche perchè io mi metto in discussione ogni giorno: apro mente e cuore e mi chiedo sempre che cosa posso fare per migliorarmi e per correggere le cose di me che non vanno bene. Diversamente da te che, nascosto dietro ciò che insegna la Chiesa, ho impressione che provi un sottile piacere nel NON mostrare alcuna comprensione o solidarietà per le sventure altrui (in questo come in tanti altri casi). Sebbene sia vero che ciò che affermi lo ha detto Gesù Cristo, non è con esseri perfetti che ti confronti su questo blog, bensì con persone “normali” ,con difetti – mancanze ed errori nelle proprie vite e che cercano di parlarsi e confortarsi raccontandosi le esperienze personali. Ne è riprova il fatto che , in privato, nascono poi delle amicizie bellissime che rappresentano grandi pilastri di sostegno durante la vita quotidiana piena di amarezza.
Mi spiace che tu, Mandis, abbia ritenuto opportuno rispondermi come hai fatto ( e anche discepolo con la citazione dal “Nessun uomo è un’isola”)…prendo atto che esistono tante brave persone ligie agli insegnamenti della Chiesa. Io non sono così e non me ne dispiace.Non ho mai fatto qualcosa che non comprendessi.E non posso seguire ad occhi chiusi una regola che fa a cazzotti con quanto si proclama circa l’amore, la comprensione, il sostegno, la solidarietà e quant’altro.
Siamo figli di Dio. E ogni buon genitore “dà” ai figli. Mai “toglie”.
@ marcello: citavo un paio di iconografe, moooolto legate alla tradizione orientale… una di esse è quella che ci ha suggerito “Il bacio santo” (ma “Abbraccio sponsale” mi va assai bene) per il nostro matrimonio…
anche la teologia occidentale da secoli e secoli dice che Dio si è fatto uomo, perché l’uomo “diventi” Dio… lo scoprirai nella ormai “famosa” recensione che devo fare sul testo “Figli nel figlio”… a fine giugno.
ma ora esco dal pianerottolo di Luigi e vengo a “menarti” di persona… 🙂
ps. ciao principessa, un carissimo saluto.
Moralista: però ricorda che in quanto tale “Figli nel Figlio” (fino a prossima smentita) è un’espressione del gesuita p. Emile Mersch, morto durante la Seconda Guerra Mondiale.
I suoi studi sulal divinizzazione nel pensiero di alcuni padri sono una perla preziosissima.
ciao ciao
princess, è una regola che fa a cazzotti solo col nostro orgoglio. una cosa è confrontarsi sulle esperienze della propria vita un’altra è rivendicarle orgogliosamente come fai tu e lamentarti di essere trattata male dalla Chiesa.
ogni buon genitore non “da” e basta, sennò non sarebbe affatto un buon genitore ma solo un distributore di beni o di autorizzazioni (a fare anche cose sbagliate). un genitore simile crescerebbe dei figli disadattati e impreparati alle difficoltà della vita.
pensa se mia mamma o mio padre mi avessero detto sempre sì quando volevo questo o quello o quando volevo fare cose sbagliate. anche togliere fa parte dell’essere buoni genitori.
Dio e la Chiesa quando lo richiede l’inconciliabilità di due cose tolgono perchè non è possibile altrimenti e perchè è giusto. Giovanni Paolo II ha sempre predicato che Gesù è esigente e noi se vogliamo davvero seguirlo dobbiamo accettare e fare nostro questo essere esigente da parte di Gesù.
tu da come parli presumi di saperne più di Dio, del Papa e della Chiesa.
cosa avrei dovuto risponderti? brava hai fatto bene a fare una comunione sacrilega? (ammesso che lo fosse) fossi matto!
Caro Mandis,
il dare e togliere era riferito all’amore,anche quando esso deve essere “duro” per insegnare la vita.Hai presente l’amore?…..forse no!! perchè a volte l’amore è permissivo, conosce sempre la comprensione e regala un sorriso asciugando le lacrime. Di sicuro sa anche far rispettare regole e dettami, ma lo fa con la dolcezza.
Per quanto riguarda il tuo post delle 16.50, ribadisco che non hai alcuna autorità e neppure la grandezza necessaria per giudicare il mio modo di vivere,pensare o agire. Io non rivendico alcunchè orgogliosamente e neppure mi lamento, mi limito solo ad esporre una esperienza che può essere di esempio nel contesto citato dal post di Luigi.
E, tanto per la cronaca, padre Richard, in USA, mi dava la Comunione senza porsi alcun problema. Mi diceva sempre che, conoscendomi e conoscendo la mia situazione, lo sbaglio sarebbe stato vietarmi l’Eucarestia.Altri non hanno pensato allo stesso modo e altri ancora pensano con i paraocchi. Che dire? anche nella Chiesa ” il mondo è bello perchè è avariato!!” (come diceva Totò).
Abbracci
ps: io parlo da persona che vuole capire il percorso che fa e non seguirlo ad occhi chiusi. Sono convinta che se il Signore avesse voluto da noi solamente il rispetto delle regole avrebbe evitato di fornirci una intelligenza e il famoso libero arbitrio…
Cara Principessa,
in tutte le religioni i mistici e gli uomini spirituali dotati di intelligenza e libero arbitrio sono giunti a una conclusione . la nostra ilntelligenza e il nostro libero arbitrio non bastono da soli a darci la Verità, l’illuminazione , la saggezza e quindi la liberazione dalla sofferenza. Tutti i veri religiosi hanno seguito una strada: quello del non-attaccamento al proprio io, quella dell’accettazione
della volontà divina. da Budda a Cristo non troverai un solo grande Maestro
che predichi, la ribellione , l’anarchia, l’individulismo, l’affermazione di se’ stessi
e del proprio io, la ricerca della felicità basata sul soddisfacimento dei propri desideri.
forse alcuni di noi in questo pianerottolo, senza giudicare gli altri, stiamo solo cercando di riportare la nostra attenzione sui grandi insegnamenti che ci sono stati tramandati , e non per cattiveria, come forse pensi tu, ma perchè
sinceramente convinti che la sofefrenza non si può vincere con l’egoismo e l’egocentrismo, e che il destino dell’uomo su questa terra è più grande dei nostri piccoli e modesti desideri.
con grande comprensione , ti auguro pace e felicità
Discepolo,
con tutto il rispetto per i mistici, io ancora non mi rendo conto come
al primo commento di Principessa non ci siamo fermati tutti…
ma com’é possibile mi chiedo ?
O siamo come quelli che davano contro a gesù perché guariva di sabato ?
Cos’é più importante ? La persona o i grandi insegnamenti ?
Tu dici che non c’é cattivera … a me pare di sì
oh! Stavo cercando una pietra in giro per fare giustizia, per essere rispettosi della legge… poi Uno, con autorevolezza, mi ha fatto capire che forse era il caso che la riponevo…
bravo moralista… e pensare che l’Immacolata Concezione potrebbe seppellirci tutti di pietre e non lo fa… anzi intercede per noi… a proposito ho saputo che sta per passare in alcune cità italiane la statua della Madonna di Fatima…
cari plpl 8, Moralista e cherubino
ma no nessuna lapidazione.., sono contrario alle lapidazioni
anzi se volete potete lapidare me
e Giovanni Mandis .. i “cattivoni” contro la vostra povera Principessa..
prometto che non scriverò più, per non offendere più nessuno…
Sono di fretta e risponderò più tardi con calma. Ma una domanda a discepolo mi sento di farla ( così avrà tempo per meditare una risposta ).
Caro discepolo, tra me che non voglio indossare i paraocchi e tu che te ne stai in un matrimonio solo perchè la Chiesa dice che è indissolubile, che differenza c’è?
(scartare, per favore, citazioni e commenti come quello delle 9.07. Mi piacerebbe una risposta pensata con il tuo cervello, con quello che senti dentro… puoi dire quello che vuoi, tanto chi ti riconosce?…)
Ah! un’ altra cosa! prima di raggiungere Verità, illuminazione e saggezza e liberazione dalla sofferenza avrei l’impellente necessità di passare attraverso le mie normalissime giornate e, guarda un po’!!, un aiuto da parte dei rappresentanti della Chiesa (morale, s’intende) non credo che guasterebbe, visto che Gesù consola gli afflitti e poi, caso mai, insegna……..
un grazie di cuore a plpl8 per la solidarietà e per aver pensato a me come ad una persona e non un altro nomignolo a cui mostrare quanto si è appreso
A più tardi
cara principessa ti posso rispondere anche subito , anche se avevo promesso, soprattutto a me stesso, che non avrei più scritto, perchè non voglio offendere e far arrabbiare le persone.
secondo te io ho un “paraocchi “che tu non vuoi indossare e scrivo a te non pensando a te come una persona ma come a un nomignolo a cui mostrare quanto si è appreso.Secondo te io non penso col mio cervello, mentre invecetu, plpl8 e e gli altri voi sì, che pensate col vostro cervello .Noto un sarcasmo nelle tue parole e un aggressività che mi fanno pensare che ho toccato ahimè un tasto dolente. ma questo non ti autorizza a pensare di me tutto il male possibile.Anch’io non sono solo un nomignolo ma una persona umana
ho notato spesso in questo blog che chi non si “allinea” col pensiero dominante di questo blog , quello di un cristianesimo “progressista” e contro la tradizione, viene subito attaccato personalmente e pesantemente e considerato subito poco caritatevole, contrario all’insegnamento di Gesù farisaico, bacchettone , ecc. , come se gli unici veri interpetri della parola di Gesù foste solo voi.
sono stato insultato un po’ da tutti per quello che ho scritto a proposito dell’indissolubilità del matrimonio, anche da sacerdoti, e quindi, se la maggioranza ha ragione, pensate pure di avere ragione voi e torto io, non me la prendo,
questo di attaccare chi ci critica lo fanno un po’ tutti , è umano, ma quello che mi dispiace è che a me sembra che il paraocchi ce l’abbiate voi,e per
questo, poichè non amo le discussioni e soprattutto non amo l’aggressività, ho deciso, come credo abbiano fatti anche altri prima di me, di non leggere ne’ scrivere più a questo blog. Trovo che sia inutile litigare . A me piaceva leggere i vostri post e scrivere i miei, pensavo che si potesse farlo in tutta franchezza e dicendo sinceramente il proprio pensiero.
evidentemente mi sono sbagliato
Quando ti ho augurato pace e felicità , l’ho, fatto, credimi, in tutta sincerità,
e lo stesso ti auguro adesso e anche a tutti gli altri del blog.
PS: io non sto nel matrimonio solo perchè la chiesa dice che è indissolubile, come dici tu.
è esattamente il contrario. io sto nella Chiesa anche perchè dice cose, come questa dell’indissolubilità del matrimonio, che si rifanno all’insegnamento di
Cristo, e quindi sono vere.
Discepolo,
purtroppo il saggio si sarebbe fermato una riga prima di me, cioé non
avrebbe tirato in ballo la cattiveria. Ma tu prendimi per quello che sono e
leggi anche la mia foga tra le righe, quella che fa tralasciare anche la G maiuscola di Gesù !
per il resto trovo questo blog un eccezionale strumento di crescita, che fa bene a me, a te e a tutti. Ed é un peccato privarsi di questi momenti di crescita in cui un po’ io penso al tuo modo di guardare le cose e un po’ tu pensi al mio .
Se lasci mi dispiace sinceramente.
è questo il punto gentile principessa, tu parli come se la Chiesa imponesse regole per divertirsi a complicare la vita alle persone. la Chiesa difende l’indissolubilità del matrimonio perchè il matrimonio è per sua stessa natura indissolubile, perchè così lo ha voluto Dio; perchè così ha detto esplicitamente Gesù Cristo elevandolo a Sacramento.
Padre Richard SE ti ha dato la Santa Comunione, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, sapendo che tu intrattieni una relazione al di fuori del Matrimonio Sacramento, ha commesso un abuso, e ha fatto male, malissimo (perchè ti fa pensare e convincere ancor di più di essere nel giusto e quindi ti fa perseverare nel peccato). E tu hai commesso un Peccato Mortale e Sacrilegio.
ancora per l’ennesima volta dici che non ho autorità e grandezza per giudicarti, ma evidentemente non ti è chiaro, che
– non ti giudico
– non mi interessa farlo
-difendo solo i sacrosanti insegnamenti della Chiesa che tu metti in ridicolo, perchè solo in quelli c’è la Verità e la Salvezza
– piuttosto che solleticare e assecondare l’ego delle persone preferisco dire la verità e presentargli la verità, cioè gli insegnamenti di cui sopra, anche a costo che le persone si offendano (anche se non è mia intenzione offenderle).
Tu quale autorità e grandezza hai per giudicare la Chiesa di Cristo e i suoi insegnamenti?
p.s. “E, tanto per la cronaca, padre Richard, in USA, mi dava la Comunione senza porsi alcun problema. Mi diceva sempre che, conoscendomi e conoscendo la mia situazione, lo sbaglio sarebbe stato vietarmi l’Eucarestia.Altri non hanno pensato allo stesso modo e altri ancora pensano con i paraocchi.” “Ci sono stati momenti in cui il “bisogno” di Gesù nell’Eucarestia è stato più forte dei “divieti” che mi sono stati imposti da uomini come me; il “richiamo” al momento della Comunione è giunto al mio cuore ed ho risposto accogliendo l’Eucarestia.
Mi spiace; Giovanni, ma dopo non mi sono sentita in peccato mortale, bensì confortata e amata………se la Chiesa riuscisse a comprendere che non di regole e disciplina siamo fatti, ma soprattutto di errori e di necessità di guida e consolazione nel nostro incedere, forse una soluzione a questo problema sarebbe più vicina .”
questi tue due interventi sono quello che definisco rivendicare orgogliosamente.
A questo punto direi di far così.
Ognuno segua la sua strada poi vedremo se ci incontreremo al caldo o al fresco, che ne dici Giovanni ?
Il problema non è esser dispiaciuti se qualcuno lascia, se altri si sente offeso o incompreso o se la disciplina della misericordia è ciò che si chiede ma non quel che si pratica. Il problema non è neppure che ci siano varie concezioni ecclesiali (il che è ovvio e normale), ma che sembra debba esserci una distinzione antropologica tra chi si riconosce nell’una o nell’altra!
A me questo modo semplificato di vedere le cose, di tracciare rette e solchi invalicabili (una specie di pomerio dell’antica urbe) non piace e mi sembra da miopi, che vedono bene solo quel che è vicino.
Credo si debba essere chiari e si possa magari anche essere taglienti, ma vedere nell’altro un minus, o peggio, non è lungimirante. La soddisfazione che c’è nel fare dei soliloqui la lascio a chi ama il genere. Ma giova? La bellezza di questo blog è poter dibattere partendo da diversi punti di vista, non quella di trovarsi a dire (quasi) le stesse cose. Di siti identitari ce ne sono tanti.
Mio caro discepolo,sono appena tornata a casa e tralascio qualunque altra cosa da fare per scrivere a te e agli altri immediatamente.
Sei liberissimo di fare qualunque cosa tu voglia, ovviamente, ma mi auguro di cuore che tu voglia rivedere la tua decisione di abbandonare il blog, sia in lettura che in scrittura. Il valore dello scambio di opinioni, pensieri e sentimenti che accadono in questo spazio è inestimabile e ciascuno di noi apporta il suo contributo importantissimo, anche e specialmente quando non si è concordi.
Detto questo, ti chiedo scusa se hai potuto leggere nelle mie parole qualcosa di offensivo o di superficiale nei tuoi confronti. Se tu mi conoscessi meglio, sono sicura che non avresti mai potuto affermare qualcosa del genere. Sono quasi due anni che tra me e Giovanni Mandis accadono scambi che definire “di fuoco” è un eufemismo. Quasi su nessun argomento siamo concordi, ma questo non significa che non continuiamo a parlarci e a confrontarci. Crescere, probabilmente, significa anche parlare con chi non la pensa come te, comprenderne le ragioni del suo pensiero,dimostrare solidarietà e poi continuare ad avere la tua idea.
Tanto per chiarezza di esposizione, io non mi sono rivolta a nessuno in particolare.Mi sono solo chiesta ,come faccio sempre,come si fa ad essere granitici come Mandis. Giovanni, e poi tu con la tua citazione, avete cominciato questo attacco nei miei confronti che sono colpevole solo di aver esposto la mia situazione, di cui non vado fiera (come dice Mandis) ma che è quella che è e attraverso la quale devo passare.
Ma cosa ne sapete delle sofferenze di una diciannovenne che si ritrova ad essere sposata con un uomo che dell’uomo ha solo il nome e che nei comportamenti è peggio di una bestia? che ne sapete delle percosse, delle violenze sessuali,morali e mentali? che ne sapete della ricerca di aiuto dai sacerdoti che ti rispondono di sopportare e resistere? che ne sapete dei tradimenti, delle cattiverie,del male che ho conosciuto?
Indissolubile?? e che avrei dovuto fare? farmi ammazzare e diventare un altro caso di cronaca? Non è di teoria di libri che vi parlo quando scrivo in questo blog, ma di maledetta realtà che mi è transitata sulla pelle!!
E scusate tanto se, quando ho incontrato un uomo gentile e premuroso, mi sono innamorata, ho ricominciato a credere negli esseri umani che non fossero i miei genitori ed ho iniziato una nuova storia.
Per il resto, gli amici del blog sanno che curo mia madre con l’Alzheimer 24 ore al giorno perchè il resto della famiglia se ne è lavato le mani, e lo faccio senza aspettarmi nulla in cambio e senza mostrare la mia sofferenza interiore.
I discorsi che faccio con Gesù, come dico da sempre, non hanno bisogno di intermediari. Ma mi piacerebbe che oltre alla teoria, la Chiesa e i Suoi rappresentanti si calassero un po’ anche nelle realtà come la mia, che non sono poche e neppure inesistenti o risolte. Parlare di amore, accoglienza, solidarietà e quant’altro dai “palazzi” non aiuta!
La mia non è aggressività, sarcasmo o altro. La mia è esperienza quotidiana che apre gli occhi ogni giorno su sofferenza interiore ed esteriore e si aspetterebbe anche solo una parola di conforto oltre a regole da seguire.
E poi, sarò anche sacrilega e in peccato, ma continuerò a prendere l’Eucarestia quando ne sentirò la forte necessità. Se mai arriverò dall’altra parte dopo la mia morte, mi faranno i conti di quanto ho sbagliato.
Il rispetto che io nutro per ciascuno di voi è sempre presente ogni volta che scrivo. Per favore leggetemi con benevolenza.Mai vorrei far male ad alcuno.
Abbracci sinceri a tutti
Discepolo leggo ora – rientrato dalla Bulgaria – i commenti di due giorni e spero che tu resti con noi. Ho molto amato diversi tuoi interventi. Questo per esempio: “invidio chi non ha mai la certezza che potrebbe non esserci nessun Dio”. E ti amo come medico.
discepolo.
a) la lapidazione mi sta un po’ antipatica in ogni caso. La trovo fastidiosa.
Ti sei sentito lapidato? Da chi?
b) non mi riconosco nella tua generalistica analisi pseudo-social-ecclesiologica di questo spazio.
Prassi che vedo comune a quelli che piccati se ne sono andati offesi e che hanno tendenzialmente le stesse ferite aperte. Come tu alludi per principessa, d’altra parte. Evidentemente ce le abbiamo tutti… sarebbe questo il bello della comunione, anche… non solo andare in giro sotto lo striscione “siamo tutti bravi cattolici”, un po’ crociati un po’ smarriti, e affibbiare i soliti patentini come in “quegli altri blog” dove finalmente si è tutti cattolicamente d’accordo (in specie contro qualcuno), una specie di Mulino Bianco del cristianesimo.
e toccare apertamente queste ferite, con più o meno delicatezza e intelligenza, fa male… soprattutto se non ci si conosce, se non si può sostenere uno sguardo vero…
Ti faccio ridere (se leggi ancora). Molti mi considerano un bacchettone (e non a caso mi sono autodefinito “il moralista”). Hai riso? Boh…
http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_28/focus_chiesa_94a5ee70-4b4a-11de-a6f4-00144f02aabc.shtml
nel caso ci fosse ancora qualcuno interessato a leggere qualcosa in proposito.
E allora? dove siamo finiti tutti? forse che sbattere il naso sulla realtà vera fa mancare gli argomenti di discussione e di confronto e non si è più tanto disposti a conversare? che credevate, che vi vi parlassi seduta comodamente sul mio divano e pontificando dalle letture di romanzi rosa?
Io ho scelto di farvi capire perchè parlo a questo modo…..ora tocca a chi non è concorde con me. Ma , per favore, con parole semplici, calate nella realtà e senza teorizzazioni che poco hanno a che fare con l’esistenza quotidiana.
Moralista ( e tutti quanti mi avete sempre dimostrato il vostro affetto) un grazie pubblico per il vostro costante sostegno – privato e pubblico – e per saper comprendere l’origine delle mie affermazioni.
Comunque, sempre un abbraccio affettuoso a tutti
io non ti ho mai attaccato principessa.
potevi diventare un altro caso di cronaca, forse, ma potevi anche diventare una santa che con la preghiera e l’accettazione delle ingiustizie, la perseveranza, la FEDE, redimeva e convertiva l’uomo che hai sposato (che, se ancora in vita, è tuo marito). invece hai scelto la consolazione di una nuova e illecita unione; le ingiustizie che hai ricevuto da quest’uomo non cambiano il fatto che con una nuova unione hai infranto un Sacramento, ma la cosa non ti fa nè caldo nè freddo perchè tanto quando ti va fai lo stesso Comunione.
forse è giusto che Gesù Cristo morisse su una croce per i nostri peccati? no di certo, eppure il Signore non si è sottratto al supplizio, lo ha accettato per amore nostro; non ha cercato consolazioni alternative, non è sceso dalla Croce.
si può “infrangere un Sacramento” indissolubile?
…decidetevi…
ps. sulla teoria cristiana siamo tutti fortissimi…
Più di una volta, caro Giovanni, ho tenuto a confessare che non ho la vocazione al martirio e alla santità. Sono una persona normalissima piena di mancanze e di dubbi che si sforza di vivere la sua vita nel modo migliore possibile.Forse con molti errori, anzi! sicuramente, ma cercando sempre di non fare male ad alcuno.
Io non pretendo affatto che le mie azioni cambino il fatto di aver infranto, non uno, bensì due Sacramenti (matrimonio ed Eucarestia) e mi assumo tutta la responsabilità davanti al Signore della maniera in cui sto vivendo la mia vita.Però nessuno può venire a dirmi che il matrimonio è indissolubile, che avendo incontrato un altro affetto devo sentirmi come un appestato, che se accolgo l’Eucarestia compio un peccato. Per la semplice ragione che è facile parlare e insegnare agli altri e poi chiudere il computer e continuare la propria vita – che non sarà scevra di difficoltà, per carità – non avendo neppure la più pallida idea di come ci si senta con esperienze simili. Dopo 30 anni, mi capitano ancora gli incubi, talvolta.
E poi, spiegami una cosa, per favore. Perchè se fossi stata una nobile, o una piena di soldi (gli avvocati rotali prendono parcelle astronomiche) il mio matrimonio sarebbe potuto essere annullato? Fammi capire, il matrimonio Sacramento è indissolubile o no?
(il mio ex marito è ancora in vita ed è risposato. Sta “arricchendo” un’altra povera vittima che gli ha dato due figlie, entrambe in cura da psicoanalisti per le violenze che hanno subito da bambine, mentre la moglie ancora – dopo 20 anni – non riesce a denunciarlo) .
Nostro Signore Gesù Cristo non si è sottratto ad alcunchè ed ha dato la Sua preziosissima vita per noi non scendendo dalla croce. Ma proprio per questo Lui è Dio e io sono una povera mortale che non riesce ad emularlo. Anche se, ogni giorno, Lo sento accanto ad ogni momento…………
Comunione sacrilega? Infrangere un sacramento? Ma siete convinti che Dio si interessi davvero di queste cose? Magari ce le siamo inventate un po’ noi per rendere il Vangelo meno rivoluzionario, e occuparci (senza sconvolgere la nostra vita) di problemi di sacrestia invece di occuparci della felicità degli altri.
“Però nessuno può venire a dirmi che il matrimonio è indissolubile, che avendo incontrato un altro affetto devo sentirmi come un appestato, che se accolgo l’Eucarestia compio un peccato.”
quando commettiamo un peccato mortale siamo tutti appestati cara principessa;
io posso solo dirti che è stato Gesù, che è Dio, a volere il Matrimonio indissolubile; è stato Gesù a dire di non dare le perle ai porci (ovvero che per ricevere il SS. Sacramento si deve essere in Grazia di Dio), è stato Gesù a dire che la porta per la vita eterna è stretta e che egli stesso è quella porta.
quello che tu chiami ex-marito, fino a prova contraria di matrimonio nullo, lo è ancora davanti a Dio, e quello di cui aveva bisogno era una moglie (tu) che prendesse in carico la salvezza della sua anima (in grave pericolo da quanto ci racconti), pregando per lui e sacrificandosi portando la croce.
Gesù mi perdoni per ciò che sto per dire…
Giovanni Mandis : per quanti giorni Gesù ha portato la sua croce ?
Mandis… tu sei sposato?
Mentre invece a coloro che ne hanno la possibilità economica di farlo, la Chiesa (tramite la Sacra Rota) annulla i matrimoni anche per molto meno e non richiede di “portare la croce” ai contraenti…
Ah Giovanni!!!! ma fammi il piacere!!!!
Mandis avrei un consiglio per te: leggi un po’ meno (e impara meno a memoria) e fatti una passeggiata in mezzo alla gente e interessati dei problemi veri che ognuno di noi si trova a fronteggiare , anche tu …
Ho impressione di aver toccato un tasto dolente menzionando la disparità di trattamenti operati dalla Sacra Rota e, probabilmente, ho anche instillato in qualcuno ( così come è per me) il dubbio che se la Chiesa stessa prevede l’esistenza della Sacra Rota , questo matrimonio non è poi così indissolubile.
E prima di beccarmi gli strali dei pignoli, conosco la differenza tra annullare e sciogliere.
Ma mi chiedo anche se si può annullare un matrimonio (Sacramento) per vizio di consenso o per impotenza , quale sia la ragione che un caso come il mio non venga contemplato e si lascia che donne di ogni età siano ammazzate da mariti padroni, se non si ha il coraggio di mettere fine all’unione che diventa Sacramento solo per chi subisce.
Lo so che non sono domande da niente, ma io ancora non ho ricevuto risposte.
Abbracci a tutti
(plpl8, grazie…)
L’unica cosa che può fare un tribunale ecclesiastico è dichiarare la nullità, ovvero prendere atto che il matrimonio (sacramento e vincolo) non c’è mai stato (per qualche accidente). Se non riesce a farlo, non c’è nulla da fare… un matrimonio non si scioglie e non si annulla.
Scusa principessa, te lo chiedo solo perché sei molto coraggiosa nel parlare delle tue sofferenze (e ovviamente non mi offendo se non rispondi): perché non ti informi presso un tribunale ecclesiastico sul tuo caso? Se non sbaglio non è più vero che questo tipo di processi siano così costosi; sapevo che erano stati imposti dei tetti… Se le sofferenze di persone come te arrivassero più spesso in certe aule, credo che questo farebbe del bene a tutti.
Come ho già scritto qualche giorno fa, poco sopra, sono convinto che la semplificazione delle dichiarazioni di nullità salverebbe capre (il matrimonio non si tocca) e cavoli (certi matrimoni non assomigliano per nulla a sacramenti).
Scusa ancora per la domanda impertinente.
C’è un gran fervore sull’argomento e probabilmente (temo) ci saranno asprezze nel dibattito ecclesiale; è un buon terreno di scontro perché troppi nervi sono scoperti, perché è molto facile vedere e sentire il dolore (autentico) e forse anche utilizzarlo. Sarà un terreno su cui tutti o quasi non potranno che stare con chi soffre. Anche con il mio (quasi) omonimo Gerry Scotti intervistato dal Corriere.
Poi ci sarà qualche condimento sulla Rota romana dei ricchi (per la verità i Tribunali ecclesiastici sono regionali, un po’ come quelli civili, e le sentenze più “problematiche” dipendono dal fatto che si giudica sulle affermazioni delle parti, che se mentono se la vedranno col Signore per il sacrilegio che commettono). Certo, almeno gli avvocati si pagano, ma non è sempre così? In ogni caso, se le ragioni di nullità ci sono (malattia mentale compresa, ma anche non credere nel vincolo, escludere i figli) è bene chiarire e liberarsi da un peso inesistente. Tuttavia ricordiamoci che il matrimonio sacramento è uno solo (anche per gli orientali!) e che alla fine della fiera il problema è se quel che conta sono le parole di Dio o quelle di …io. Lo so, non c’è partita.
Sullo sfondo c’è il mistero del male, la croce, la morte stessa, quell’illusorio diritto al perseguimimento della felicità che è scritto nella (illuminista) costituzione americana, ma soprattutto è scritto a fuoco nella nostra mente e nel nostro cuore (anche nel mio, seppur cerco di vivere come se così non fosse). Però va detto che nessuno può essere costretto a portare pesi insopportabili e la Chiesa, nella sua bimillenaria saggezza (già la Chiesa ha 2000 anni…) l’ha sempre saputo e prevede la possibilità della separazione.
A proposito, a beneficio di tutti quelli che pensano solo a Gesù=amore=libertà, formula risolutiva per tutto, una piccola citazione da Matteo (il vangelo!):
” Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.
In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.”
Ovviamente dice anche, subito dopo:
“Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.
Cari Discepolo, Mandis ecc. devo riconoscere che siete davvero dei fessi. Lo so non è molto misericordioso dirlo ma del resto non essendo un cristiano adulto Martiniano, per costituzione non posso essere misericordioso. Ma non vi rendete conto di essere in un covo di Nuovi Farisei che con ancora maggiore spietata sicumera di quelli antichi (a me in fondo non così antipatici) non accetteranno mai di prendere in considerazione la vostra posizione e tanto meno le vostre critiche? Questi Nuovi Farisei sono acuti, attenti… hanno imparato dalla storia, loro pongono i dogmi solo dopo aver abolito il diritto di avere dogmi, fissano verità solo dopo aver vietato ogni verità assoluta, accusano gli altri di essere granitici e sicuri e loro lo sono al punto di non accorgersi nemmeno di esserlo, fanno il solito elogio delle domande e il solito trito linciaggio di chi vuole dare risposte (quindi pure Cristo dovrebbe essere linciato) e poi a ben vedere le loro domande contengono già tutte le risposte e soprattutto sono domande che rispondono con i fatti, domande che si pongono per cambiare subito nei fatti il mondo, la realtà e renderla – plasmarla secondo le loro intenzioni. Loro che abbaiano contro chi osa fornire risposte verbali.. costruiscono nei fatti le loro risposte e senza interpellare nessuno. Il mondo lo stanno cambiando, lo stanno piegando ai loro voleri, ai loro interessi però si fingono sempre poveri, deboli, insicuri, minoritari… che volpi.
Vi danno dei presuntuosi ottusi dicono che siete troppo sicuri di voi… mentre loro si dichiarano umili aperti all’ascolto… Qui a difettare, ancor prima della fede è la logica quella elementare aristotelica, quella del principio di non-contraddizione. Come fanno ad essere detti granitici e sicuri e non umili quelli che, come Discepolo ecc., tanto poco si fidano di loro stessi, delle loro ragioni, delle loro passioni, delle loro voglie o capricci da piegarsi – e anche a fatica – a quanto scritto nel Vangelo e a come quelle parole sono state nei secoli interpretate dalla Chiesa, quindi da tanti e tanti uomini dotti prima di loro? Se questa è arroganza allora io non so cosa sia arroganza. E come sostenere che sono umili coloro che con tranquilla sicumera prendono i Vangeli (e magari se trovano più acconci ai loro interessi… quelli apocrifi) e li leggono di persona infischiandosene delle interpretazioni secolari di chi li ha preceduti, colori che con infantile presunzioni si definiscono adulti relegando al rango di bambini quelli che non la pensano come loro (meno male che Cristo sembrava prediligere proprio i cristiani… bambini), coloro che (non ottusi e granitici come voi!!!), davanti ad ogni problematica non perdono tempo a piegare la testa davanti alla “legge” alle parole del magistero, alle interpretazioni stratificate nei secoli frutto delle fatiche di migliaia di fratelli e sorelle, ma cercano nel loro io nella loro coscienza la risposta che sono certi essere il vero unico specchio del volere di Dio… anzi sembra quasi che con Dio loro abbiano un filo diretto privilegiato… lo chiamano al cell.
“Sai Dio questa regola a me va stretta… tu sai che io sono adulto e io so che tu l’hai interpretata guarda caso come a me più piace.. quindi so che mi autorizzi vero? Grazie ciao ci risentiamo ti chiamo io… no io.. tu non mi disturbare quando non ho bisogno.”
Loro sono i cristiani della modernità… quelli tanto certi di essere bravi, giusti, aperti, buoni, saggi ecc. ecc. che non si pongono più il problema di evangelizzare gli uomini (in fondo a parte i cattolici tradizionalisti che sono ancora bambini… tutti gli altri sono adulti e ormai perfetti) ma direttamente Dio. Infatti tutta la loro attività di evangelizzazione consiste nell’adeguare il messaggio Evangelico, quindi il messaggio di Dio, ma direi anche il volto, il lineamento, ilo carattere ecc. ecc di Dio alle loro nuove visioni sociali, politiche, culturali.Mi pare di sentirli: “Dai Dio… siamo nel 2000 (e sopratttutto c’è stato il Concilio Vaticano II – o ancora meglio il suo… “spirito” – c’è stato il ’68 ecc.) quindi adeguati. Siamo in democrazia è quindi le regole della religione si dovranno decidere ad alzata di mano, basta con i dogmi papali, le tradizioni inamovibili…”
Scriveva un loro maestro, il noto Voltaire: “Se i buoi sapessero dipingere raffigurerebbero Dio con le corna” ci aveva azzeccato del resto lui quanto a presunzione era un genio e quindi se ne intendeva sapeva scovarla e colpirla perfettamente… negli altri!
E già… se la maggioranza vuole che i pluridivorziati possano prendere la Comunione, se vogliono che il celibato sia abolito, se vogliono per par condicio femminista.. il sacerdozio femminile… beh la Divinità si adegui, la finisca di essere così granitica, di credere di aver sempre ragione… la ragione non esiste, la verità non esiste (salvo appunto questa verità… con buona pace del principio di non-contradizione) e poi anche Pippo Baudo c’è rimasto male di questo divieto. La loro conclusione è ovvia: ”Insomma Dio, cerca di essere elastico…basta leggi, divieti, ecc. vale solo l’amore, “peace and love”, e siamo noi a decidere come deve essere e cosa deve essere questo amore… diciamo che deve essere il lasciarci fare tutto ciò che ci piace, farci essere perfettamente felici, – per usare una compendiosa espressione che uno dei Nuovi Farisei ha scritto qui nel blog – farci vivere bene questa UNICA vita che abbiamo da vivere. Ecco la nuova… fede!!!
Datemi retta… divorziate o cambiate blog se non volete diventare atei.
PS
Fate caso… le repliche al mio intervento – se ne faranno perché magari con la scusa dl.. TROLL mi snobberanno – saranno tutte basate sulla misericordia, l’amore, la pietà per il prossimo… tutte cose che io non avrei perché come si sa sono appannaggio dei cristiani adulti.
Nessuna impertinenza, caro Marcello. Anzi, ti sono grata dell’interessamento che dimostri e dell’evidente tentativo di incoraggiamento. Pensi che io non abbia già provato quanto tu mi consigli? L’ho fatto allora (nel 1980) e ci ho riprovato qualche anno fa (2003) sperando che il mio caso potesse essere ascoltato e che la croce che ho portato ( Mandis, a 19 anni e per 3 lunghissimi anni) fosse servita almeno a ridarmi la gioia di potermi sposare nuovamente in chiesa. Pare che la violenza non sia contemplata come ragione di nullità e, anche se tetti di spesa sono stati istituiti, il costo rimane comunque altissimo e non alla mia portata , anche se ero pronta a qualunque sacrificio se ci fosse stata la benchè minima speranza di un esito positivo.
Questa è la realtà di chi ha avuto gli anni più belli rovinati da una scelta sbagliata e che ancora oggi ne paga le conseguenze.
Dopo tanti anni, comunque, impari a convivere con l’indifferenza degli altri per le tue tragedie personali e la fede ( di cui altri parlano soltanto) impari a viverla in ogni piccolo gesto,parola, pensiero che sia il più vicino possibile a quel Gesù che sicuramente non avrebbe alzato alcuna pietra e nè avrebbe mai consentito ad altri di farlo.
Leggendo Martini e Verzé bisogna ricordarsi che i cattolici progressisti esigono un Vaticano III
“Siamo tutti sulla stessa barca”, 96 paginette a 14 euro e 50 per conto dell’Editrice San Raffaele piene della solita roba: la morale sessuale della chiesa da buttare, i divorziati risposati da ammettere alla Comunione, il celibato dei sacerdoti da mandare a ramengo, l’ottusità dell’etica cattolica da scrollarsi di dosso, e poi la sinodalità, l’apertura al mondo, il popolo di Dio che elegge direttamente i vescovi come se fossero dei borgomastri.
Tutto spruzzato di snobistico orrore per “le fiumane di gente” che “quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate”.
Se non ci avesse dato almeno il brivido di firmare questa operina a quattro mani con il suo antico avversario don Luigi Verzé, verrebbe da chiedersi come mai il cardinale Carlo Maria Martini si sia dato la pena di tornare così di fretta in libreria con la solita litania progressivo-modernista.
Perché, dal punto di vista editoriale, la notizia, neanche tanto fresca, è giusto questa: dopo gli anni di guerra tra la curia milanese e l’Ospedale San Raffaele, il cardinale che coltiva il dubbio e il prete che insegue l’immortalità hanno firmato la pace.
Ma, in questi termini, il quesito sarebbe ozioso. Il fremito clerical-chic del dialogo con don Verzé è giusto una carezza consegnata dal cardinale ai suoi seguaci, un discorso della Luna per chi avrebbe voluto vederlo Papa al posto di Benedetto XVI.
Per gli altri, grati che lo Spirito Santo in conclave abbia disposto diversamente, il messaggio è un altro: nel merito e nel metodo.
Per quanto riguarda il merito, è presto detto. Il cardinale, con uno sparring partner come don Verzé, ha buon gioco a mostrare con studiata ritrosia il suo disegno di una nuova chiesa. A un don Verzé sicuro che quando Cristo tornerà sulla terra troverà ancora la fede perché ci sarà ancora il San Raffaele (il suo ospedale, non l’Arcangelo), risponde evocando le zone grigie dell’etica su cui ama tanto avventurarsi senza portare un solo contributo per discernere il bianco dal nero. A un don Verzé che parla di morale cristiana incongruente col mondo confida con rammarico che, in effetti, “oggi ci sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele”.
A un don Verzé ossessionato da una chiesa che non rincorre abbastanza velocemente la scienza consegna i suoi “non so”, “non voglio giudicare” vuoti di dottrina e di speranza.
Il cardinale sta un’ottava sotto il prete manager, ma tra le righe il colpo d’ala c’è. Solo che il cardinale lo cela in una questione di metodo: per rimettere un po’ d’ordine in questa barca, caro il mio don Verzé, “non basta un semplice sacerdote o un vescovo. Bisogna che tutta la chiesa si metta a riflettere su questi casi”.
Per farla corta, urge un Concilio Vaticano III.
Chi altri, se non il cardinale antagonista, potrebbe evocarlo senza cadere nel ridicolo?
Anzi, potendo vantare di averlo addirittura sognato fin dal Sinodo per l’Europa del 1999. Ma per arrivarci, non basta enunciare una nuova dottrina, serve un metodo per farla passare nell’opinione pubblica.
E il metodo consta nella ripetuta pubblicazione di opere e operine, di cui quella con don Luigi Verzé è soltanto l’ultimo esemplare. Nella strategia martiniana, opere e operine progressivo-moderniste sono altrettanti schemi preparatori sul genere di quelli, che fino al Vaticano II compreso, redigeva la Curia romana e sui cui i Padri conciliari erano tenuti a discutere.
Il fatto che ora vengano diffusi a mezzo stampa invece che consegnati ai vescovi tramite corriere dipende dalla natura che avrà il Vaticano III, quella di Concilio mediatico. Verrà celebrato sui giornali, in tv, sul Web ed è ovvio che gli schemi preparatori si trovino in quei luoghi piuttosto che nelle curie polverose.
Dopo l’elezione di Benedetto XVI, un concilio mediatico è l’unica carta rimasta in mano ai progressisti. Nei conclavi del 1978, i dossettiani di Bologna avevano fatto circolare tra i cardinali un promemoria intitolato “Per un rinnovamento del servizio papale nella chiesa alla fine del XX secolo”. Sette capitoli che esordivano definendo la chiesa del dopo Paolo VI “sempre più inadeguata alle esigenze della vita degli uomini”. Per poi proseguire con la necessità che “l’Evangelo sia proclamato nella su distinzione dall’ethos”, l’istituzione di un “organo collegiale che si situa al livello della guida suprema della chiesa cattolica”, “il sinodo dei vescovi con una capacità legislativa vera e propria”, i vescovi eletti in loco “tra spontaneità e comunione ecclesiale”, fino alla visione notarile del papato. Da allora, nessun Pontefice ha dato corso allo smantellamento della chiesa cattolica, ma non per questo i progressisti hanno cessato di pensarci. Nel corso degli anni hanno dato voce a un magistero alternativo che ha preso mediaticamente le sembianze dell’arcivescovo di Milano.
Non a caso, il dossettiano Alberto Melloni parla apertamente di “chiesa di Martini”.
L’operazione è riuscita più che discretamente poiché ciò che a orecchi mediamente cattolici appare come un’eresia nella maggior parte della pubblica opinione ecclesiale appare del tutto normale.
E allora, si sono detti i fedeli della “chiesa di Martini”, perché non arrivare fino in fondo convocando un Vaticano III mediatico?
A rigore, lo si potrebbe considerare come già in corso visto che gli “schemi preparatori” controfirmati da Martini sono già oggetto di ossequioso dibattito nelle aule di catechismo, nei corsi per fidanzati, nelle omelie, sulle cattedre degli insegnanti di religione, nei seminari e vanno come il pane quando uno non sa che regalo fare al parroco o alla vecchia zia che è tanto di chiesa. Ma c’è di più.
Un Vaticano III mediatico permetterebbe di buttare a mare un Vaticano II che comincia a perdere qualche colpo.
Gli atti più clamorosi del pontificato di Benedetto XVI, dal discorso alla Curia romana del 2005 al Motu proprio sulla Messa in rito romano antico fino alla revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, non lasciano dubbi.
E i progressisti, pur continuando a ritenerlo valido nei punti che hanno permesso di mettere in mora la chiesa preconciliare, oggi sentono che il cosiddetto spirito-del-concilio funziona meno. Il mito scricchiola, meglio munirsi di uno nuovo fiammante, un Vaticano III che permetta di operare una revisione nella concezione dell’etica e dei sacramenti da cui uscirebbe una religione nuova con una nuova morale, un nuovo sacerdozio.
Un’alternativa, forse provocatoria, ci sarebbe: portiamo a compimento il Vaticano I, che attende di essere concluso dal 1870.
di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
© Copyright Il Foglio, 28 maggio 2009
Nessuno è escluso dall’amore di Cristo
di Inos Biffi
L’unità e indissolubilità del matrimonio e il non sposarsi “per il regno di Dio” rappresentano le due inattese e sorprendenti novità del Vangelo.
Annunciarle al mondo ebraico e soprattutto a quello pagano – sulla cui condotta abbiamo l’impressionante e realistica descrizione nel primo capitolo della lettera di Paolo ai Romani – significava proporre i principi e le norme che portavano a un rivolgimento inaudito e a un rinnovamento radicale.
La Chiesa, fedele alla Parola di Cristo, lo ha fatto dall’inizio, a partire non da un dialogo delle culture, che sarebbero state sorde e non avrebbero capito, ma da tre altre precise persuasioni: la prima, che quelle novità traducevano il disegno di Dio sull’uomo e attuavano una compiuta promozione umana; la seconda, che la trasmissione di quel Vangelo rappresentava un compito permanente e non volubile della predicazione cristiana; terzo, che quelle novità erano accompagnate dalla grazia, che sa toccare e convertire il cuore dell’uomo.
Ci soffermiamo qui sull’indissolubilità del matrimonio cristiano di fronte alla prassi del divorzio.
L’affermazione di Cristo è perentoria e inequivocabile: il ripudio era stato una condiscendenza alla “durezza del cuore”, ma era contrario all’originario disegno di Dio sull’uomo e sulla donna: “All’inizio non fu così” (Matteo, 19, 8). Nel progetto del Creatore l’uomo e la donna nel matrimonio sono destinati a formare “una sola carne”, per cui l’uomo non deve dividere quello che Dio ha congiunto.
Di conseguenza – dichiara Gesù – “chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Matteo, 19, 9). E vale sia per l’uomo sia per la donna: “se questa, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio” (Marco, 10, 12).
Nelle attuali discussioni, vivaci e non raramente confuse anche all’interno della Chiesa, il primo punto, che importa richiamare senza incertezze, riguarda precisamente questa indissolubilità.
Deve, cioè, emergere che il divorzio, cioè il risposarsi, contrasta con la volontà di Gesù e che esso non corrisponde al progetto divino o alla ragione per la quale sono stati creati l’uomo e la donna. In altre parole, un matrimonio dissolubile contraddice e infrange quel disegno “iniziale” al quale Cristo ha inteso ricondurre perentoriamente chi scelga di essere suo discepolo. Certo, uno è libero di non diventare discepolo di Cristo ma, se lo diviene, non può concepire un proprio e differente modello di sponsalità.
Ciò che oggi appare più grave e preoccupante non sono, tuttavia, dei comportamenti di infedeltà, ma la pretesa di una professione cristiana che si accompagni con l’annebbiamento o la contestazione relativa al tassativo principio dell’indissolubilità del matrimonio, nella persuasione che un allentamento di tale indissolubilità sia segno da parte della Chiesa di maggiore umanità, rispetto a una concezione – quella stessa di Cristo – che sarebbe troppo severa e immisericordiosa.
Certo l’indissolubilità del matrimonio non è compiutamente comprensibile fuori dal Vangelo; essa suscita istintivamente sorpresa e reazione.
Del resto, alla sua proposizione da parte di Cristo i discepoli non mancarono di reagire: “Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi” (Matteo, 19, 10). Ma non per questo egli corregge il suo progetto. In ogni caso, l’essere “una sola carne” è il suggello che contrassegna l’unione sponsale del cristiano, cioè del credente, il quale la considera secondo il giudizio di Cristo e quindi secondo la sensibilità della fede. Al declinare della fede non stupisce che succeda fatalmente anche il rigetto di questa prerogativa del matrimonio, strettamente connesso con il contenuto del Credo cristiano.
La prima pastorale della Chiesa verso i divorziati – ossia i cristiani validamente sposati che hanno contratto un altro vincolo coniugale – e la prima comprensione verso quanti di loro hanno sinceramente a cuore la loro fede cristiana non può consistere in una giustificazione del divorzio, ma, all’opposto, deve richiamare e far comprendere, con una attenzione illuminata, innanzi tutto il valore dell’indissolubilità.
Questo non vuol dire indifferenza di fronte a situazioni non di rado estremamente complesse, soprattutto quando al divorzio sia seguita la formazione di altri nuclei familiari, con la presenza di figli, che hanno il diritto di avere e di sentire vicini il padre e la madre.
Una sapiente attenzione a tali situazioni saprà sostenere, consigliare e anche confortare, con prudente e delicato discernimento, e con soluzioni variabili a seconda dei casi, lasciando a Dio il giudizio sulle singole responsabilità: una grossolana durezza o uno sbrigativo trattamento non sono mai evangelici, come non lo è l’insensibilità a tante sofferenze che spesso si ritrovano in matrimoni venuti meno.
Ma in tutto questo dovrà sempre risaltare senza esitazione il matrimonio indissolubile come il solo conforme al Vangelo, e di conseguenza la scelta e lo stato del divorzio come scelta e stato, dal profilo cristiano ed ecclesiale, anomali, in se stessi affatto difformi dal disegno sponsale voluto da Dio e rivelato da Gesù Cristo. In sintesi, la via irrinunciabile per il risanamento in senso cristiano del matrimonio è di ribadirne l’indissolubilità e di richiamare il Vangelo.
Si tratta, infatti, di comprendere che essa non è pura proibizione e costrizione.
L’apostolo Paolo insegna che l'”essere una sola carne” dell'”inizio” prefigurava e anticipava il mistero della sponsalità stessa di Cristo nei confronti della Chiesa (Efesini, 5, 31-32). Il matrimonio, nella sua divina progettazione, fu da subito una profezia e un anticipo di questo legame di amore per la Chiesa, che Gesù ha consumato sulla Croce e che è destinato a segnare lo stato sponsale dei suoi discepoli. Anzi, lo stesso matrimonio non cristiano – o naturale, come si dice, che ha la sua validità e il suo valore – è in condizione di incompiutezza, di sofferenza e di obiettiva aspirazione, fin che non si converta e non si risolva nel matrimonio che Cristo ha definito come appartenente alla sua fondazione divina “iniziale”. Solo che per questo sono necessarie la fede per accoglierlo e la grazia, che è mediata dal sacramento, per viverlo.
Com’è noto, è oggi motivo di animate discussioni la comunione ai divorziati risposati.
Ma, per comprendere i termini della questione, importa anzitutto mettere in luce il valore sia della comunione eucaristica sia dell’appartenenza alla Chiesa, ed è proprio quanto ci sembra sia largamente disatteso e assente sia nella considerazione dei fedeli sia anche talora in quella di pastori, che invece per primi dovrebbero farne oggetto di riflessione.
La comunione eucaristica non consiste in un semplice conforto religioso, in una specie di gratificazione spirituale, o in una iniziativa lasciata al singolo cristiano, che certamente non cessa, anche se divorziato, di far parte della Chiesa, o in un diritto da lui rivendicabile.
Da un lato, la comunione eucaristica rappresenta la più intima unione con il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, la sua assunzione sacramentale (cioè reale), il pieno consenso alla sua volontà, il compimento e la perfezione del rapporto con lui.
Dall’altro lato, la condizione del divorziato – da distinguere nettamente dalla colpa dell’infedeltà, che può essere perdonata – come ogni peccato – dice uno stato di evidente contrasto rispetto al piano divino di matrimonio da lui rivelato e voluto per i suoi discepoli e in cui l’indissolubilità è intrinsecamente inclusa. È esattamente questa antinomia tra la condizione del divorziato e il contenuto dell’Eucaristia che dev’essere anzitutto rilevata.
Ma anche il valore e il significato dell’appartenenza ecclesiale sono abitualmente trascurati nella questione della comunione ai divorziati.
La partecipazione alla mensa eucaristica comporta e manifesta il proprio essere pienamente nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. Eucaristia e Chiesa si implicano reciprocamente.
Vanno, al riguardo, ribadite con chiarezza due cose.
La prima: che il divorziato non si trova escluso dalla Chiesa, non solo perché la Chiesa in varie forme lo prende a cuore e prega per lui, ma anche perché lui stesso è chiamato a pregare, anzi a prender parte all’orazione della Chiesa nell’assemblea liturgica.
La seconda: che, a motivo del divorzio, per altro oggetto di una sua libera scelta, il divorziato si trova in una situazione ecclesialmente ed eucaristicamente dissonante. Né deve stupire che si affermi, per un verso, che non deve tralasciare l’assemblea eucaristica senza che, per l’altro verso, riceva il Corpo e il Sangue del Signore.
La tradizione della Chiesa conosce queste forme ridotte di partecipazione: i catecumeni, per esempio, non partecipavano a tutta la celebrazione; la categoria dei penitenti a sua volta si asteneva, in attesa che, compiuto l’itinerario penitenziale, ricevendo l’Eucaristia rientrassero in piena comunione con la Chiesa.
Vi è poi la comunione spirituale, ossia di desiderio, assai fraintesa e quasi resa insignificante, ma a cui san Tommaso riconosceva una grandissima efficacia per il raggiungimento dello stesso frutto ultimo – o della “realtà” (res) – dell’Eucaristia.
La non ammissione alla comunione sacramentale tiene viva nella coscienza della Chiesa che il divorzio è in contrasto radicale con l’immagine che Cristo ha del matrimonio; che l’ammorbidirne la radicalità è la via sbagliata per restaurare questa immagine e rinnovare in senso evangelico la famiglia.
E, d’altronde, a nessuno, nella misura della sua buona volontà, è lasciata mancare la grazia della misericordia e della salvezza.
Non si tratta di essere convenzionali o anticonvenzionali, ma semplicemente di sapere che cos’è per un cristiano l’Eucaristia, la quale non è un bene o una proprietà di cui il sacerdote possa disporre.
L’atteggiamento della Chiesa era già enunciato chiaramente dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in una Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica: i divorziati che si sono risposati civilmente “si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione”.
“Questa norma non ha affatto un carattere punitivo o comunque discriminatorio verso i divorziati risposati, ma esprime piuttosto una situazione oggettiva che rende di per sé impossibile l’accesso alla Comunione eucaristica: “Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale; se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio” (Familiaris consortio)”.
“Ricevere la Comunione eucaristica in contrasto con le norme della comunione ecclesiale è quindi una cosa in sé contraddittoria. La comunione sacramentale con Cristo include e presuppone l’osservanza, anche se talvolta difficile, dell’ordinamento della comunione ecclesiale, e non può essere retta e fruttifera se il fedele, volendo accostarsi direttamente a Cristo, non rispetta questo ordinamento”.
Al clero di Aosta, il 25 luglio 2005, Benedetto XVI diceva: “Partecipare all’Eucaristia senza comunione eucaristica non è uguale a niente, è sempre essere coinvolti nel mistero della Croce e della risurrezione di Cristo. È sempre partecipazione al grande Sacramento nella dimensione spirituale e pneumatica; nella dimensione anche ecclesiale se non strettamente sacramentale”. E aggiungeva: “Occorre, dunque, fare capire che anche se purtroppo manca una dimensione fondamentale tuttavia essi non sono esclusi dal grande mistero dell’Eucaristia, dall’amore di Cristo qui presente. Questo mi sembra importante, come è importante che il parroco e la comunità parrocchiale facciano sentire a queste persone che, da una parte, dobbiamo rispettare l’inscindibilità del Sacramento e, dall’altra parte, che amiamo queste persone che soffrono anche per noi. E dobbiamo anche soffrire con loro, perché danno una testimonianza importante, perché sappiamo che nel momento in cui si cede per amore si fa torto al Sacramento stesso e l’indissolubilità appare sempre meno vera”.
Qualcuno potrebbe notare che queste nostre sono riflessioni troppo impegnative per i fedeli. In verità sono riflessioni semplicemente contenute nel messaggio cristiano, che devono far parte dell’abituale predicazione e catechesi della Chiesa, occupata anzitutto nella pastorale del matrimonio indissolubile.
(©L’Osservatore Romano – 29 maggio 2009)
cara Principessa,
come vedi ho già infranto la mia promessa.Hai presente i bambini che dicono al loro amichetto: non ti parlo più! e poi dopo mezzora sono già lì a giocare?
:- )
mi colpiscono molto le tue parole:”impari a convivere con l’indifferenza degli altri per le tue tragedie” , mi fanno tornare alla mente quelle di Dino Buzzati nel “Deserto dei tartari” : quando uno soffre il dolore è solo suo, gli altri non ne hanno la minima parte, e questo provoca la solitudine degli uomini.
ho spesso pensato a questa nostra incapacità di condividere veramente la sofferenza degli altri, che è soprattutto basata sulla mancata COMPRENSIONE.
noi capiamo ciò che soffriamo noi stessi ciò che soffrono gli altri non lo capiamo.
a volte questa barriera viene superata nel rapporto madre- figlio, a volte , così mi dicono alcune pazienti, la madre riesce a sentire il dolore del figlio come se fosse suo. lo sente “fisicamente” col corpo, col cuore. Ma fra madre e figlio, si sa ,c’è stato in un epoca della vita un rapporto “simbiotico”.
Quello che vorrei dirti è questo anche se è di poca consolazione: ognuno di noi ha le sue tragedie , alcune più eclatanti, altri più nascoste, ognuno di noi sperimenta questa indifferenza degli altri , questa non -comprensione
che forse fa più male della violenza, è un male più subdolo, più alienante.
come già sapevano gli antichi Greci, essere uomini è soffrire, forse non essere mai nati sarebbe stata la cosa migliore.
ma un parola nuova è venuta da Cristo, per tutti i sofferenti, per tutti noi,
e la parola nuova non è come pensano molti l’accettazione della croce, la croce è la penultima parola. l’ultima parola
è la risurrezione, la luce, la felicità, completa, quando ci volgeremo a vedere le nostre sofferenze di oggi con tenerezza, con un sorriso…
Cara principessa, spero di riuscire a non passare mai vicino alle tragedie degli altri uomini con indifferenza…
un abbraccio
Grazie Discepolo per ogni parola. Bravo che sei tornato. Grazie anche dove dici che “forse non essere mai nati sarebbe stata la cosa migliore” e ti rispondi gloria, osanna, alleluja, magnificat, exultet.
Moralista, non sono sposato, ma sono figlio.
Principessa, la violenza sessuale è un peccato mortale (di chi lo commette), ma non capisco come possa essere alla base di una dichiarazione di nullità matrimoniale. allora anche l’adulterio (altro peccato mortale) dovrebbe essere causa di nullità matrimoniale? le percosse? l’ubriachezza, la droga? quante altre ancora?
A 19 anni penso che si debba essere coscienti che il Matrimonio è indissolubile e che le parole “nella buona e nella cattiva sorte” hanno un significato ben preciso e non formino una romantica quanto retorica e vuota formula, da buttare nel cestino in caso la cosa vada male.
Quando ci si sposa, marito e moglie sono affidati l’uno a l’altro e questo non solo per la vita terrena, ma anche e soprattutto per la vita eterna (marito e moglie sono responsabili anche della salvezza eterna dell’altro/a, non solo della propria).Quanto più tuo marito ti trattava male tanto più dovevi essere fedele al Sacramento, pregare per lui, resistere; “ama il tuo nemico” ha detto Gesù.
La Chiesa per preservare l’incolumità fisica di uno dei coniugi non impedisce affatto la separazione, questo ovviamente non fa venire meno il Sacramento e non autorizza nuove illecite unioni. Se poi qualcuno alla Rota Romana, che ha le sue sedi “locali” non so quanto controllate dalla Santa Sede, ha dato dei placet a richieste di nullità che avrebbe dovuto respingere ne dovrà rendere conto a Dio.
in proposito ti consiglio di leggere il libro di Messori che racconta la conversione di Leonardo Mondadori.
Due grandi regali stamattina.
Discepolo con il suo ritorno e con le sue parole alle quali non voglio aggiungere nulla se non una conferma di affetto e rispetto, nonchè un grazie per aver condiviso con me i suoi sentimenti profondi.
Scipione con tutto ciò che ha diviso con noi, soprattutto le sue idee completamente diverse dalle mie ma che rispetto profondamente anche se esse potevano essere esposte senza l’ironia e il sottile sarcasmo.
Che lei la pensi come Mandis e tanti altri ancora mi sta benissimo e mai ho preteso di avere l’unica verità in tasca o che la Chiesa si dovesse adeguare al modo di vivere corrente.Però credo anche di avere il diritto di esporre le mie idee, fintanto che lo faccio con cortesia e civiltà e senza attaccare nessuno, e di augurarmi che, se il problema esiste e viene evidenziato anche da qualche prelato autorevole, forse sarebbe il caso di pensarci.Che accada oppure no è un altro discorso. E l’unica cosa che rivendico, questa sì con orgoglio, è il mio rapporto con il Signore ( che non chiamo al cell); se sbaglio, ripeto,pagherò di persona ( anzi in anima!) se mai giungerò al Suo cospetto e non sarò deviata direttamente all’inferno per le mie azioni peccaminose e sacrileghe.
Tanta cordialità e l’augurio che resti tra noi a lungo
A tutti quanti un abbraccio, anche a coloro che da tempo sono assenti
Mandis,
rileggiti il commento di discepolo delle 6:55.
Per quanto mi riguarda ( e per l’ennesima volta con te) io mi fermo qui con questo argomento e con le repliche a te. Tu non hai i paraocchi, tu hai proprio le bende sugli occhi che ti impediscono di vedere alcunchè.
Non ho mai preteso che tu cambiassi idea (ci mancherebbe altro!), ma perfino per un animale si prova qualcosa quando soffre ! tu, invece, continui imperterrito e impietoso………
Diverse volte in questo blog ho visto citato Matteo 5 “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento”. L’interpretazione che condivido di questo versetto (e di tutto il Vangelo) non è: Gesù ha completato le prescrizioni della legge, ma: Gesù ha compiuto le attese della “legge e dei profeti”, cioè le attese, scritte nel Vecchio Testamento, del popolo ebraico. E lo ha fatto trascurando la legge “Ma io vi dico” ed il giogo che essa impone, proponendo invece le beatitudini (“Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti…” si riferisce alle beatitudini appena enunciate!).
Questo naturalmente ha impatto sulla propria vita: un conto è accanirsi sulle regole, un conto è vivere le beatitudini.
Mi sono scordato di chiudere l’intervento come prediceva Scipione!
Rimedio: beatitudini delle quali la prima, che provoca tutte le altre, è, nella interpretazione teologica che preferisco, .
Scusate mi si è incasinato il PC.
La prima beatitudine, che provoca tutte le altre, è, nella interpretazione teologica che preferisco, “beati coloro che condividono le proprie ricchezze (i poveri per lo spirito, cioè per la loro volontà), perchè essi hanno Dio per re”.
pika i problemi che hai col pc sono un segno dall’alto che ti dice di lasciare alla Chiesa il compito di interpretare le Sacre Scritture.
Principessa siccome io non scrivo tanto per scrivere, ma proprio per farti cambiare idee e comportamenti contrari al Vangelo e all’insegnamento cristiano (e tutto questo senza sentimenti di cattiveria nei tuoi confronti, benchè tu non voglia crederci), ti dedico con affetto questo intervento trovato in un altro forum, scritto da una donna in merito alle richieste stravaganti del duo-Card. Martini/Don Verzè; commento che ovviamente condivido in pieno.
“Assolutamente contraria. Io sono stata 9 mesi senza Eucaristia e ne ho sofferto, perchè mi ero convertita e convivevo visto che mio marito (adesso siamo sposati in chiesa) non accettava il matrimonio in chiesa e non voleva essere cresimato (abbiamo avuto la dispensa e ci siamo sposati senza che fosse cresimato).
Eppure ho compreso e ringrazio Dio per quella sofferenza, perchè mi ha fatto comprendere il dolore che Lui ha avuto per me quando ero lontana da Lui.
Chi si sposa in chiesa, ultimamente lo fa troppo alla leggera, tanto per tradizione o perchè è bello l’organo, spesso con confessioni arrangiate e fatte tanto per fare, senza pentimenti e si sposano rimanendo favorevoli a pillole, aborti divorzi ecc.Già questo per me è sbagliato.
Adesso dopo che vanno palesemente contro al Magistero, diamo anche loro l’opportunità di ricevere il Santissimo….e vedremo dove andremo a finire.
Spesso mi si accusa di poca carità, ma amo immensamente il Signore e chi si professa cristiano, vorrei vederlo vivere da cristiano, per la Sua Gloria.”
p.s. il medico PIETOSO (per non farti soffrire) fa la piaga purulenta e il paziente muore!, il medico impietoso (per amore) fa soffrire, ma il paziente guarisce.
Giovanni Mandis, di che forum si tratta ?
PICCOLO FLORILEGIO DI BATTUTE IRONICHE, SARCASTICHE E BORIOSE… TROVATE NEI PRECEDENTI INTERVENTI… poi mia replica a principessa etc.
· proprio ieri mi è capitato un bellissimo testo tra le mani … in cui, tra gli altri spunti, si ricordava a destinatari maturi nella fede, che la coerenza non è sempre una virtù
· Ecco, cosa c’entrano per me queste considerazioni sulla coerenza con l’interpretazione di indissolubilità che propone discepolo: ciò che nel matrimonio è indissolubile è la fede di Dio in noi, il suo amore, e aggiungo io, la sua Presenza (sacramentale) financo nel dramma della separazione, della frattura del rapporto umano tra gli sposi… la fedeltà di Dio a noi è indissolubile.
· Per le risposte sì e no c’è il Catechismo della Chiesa Cattolica, o meglio ancora il Compendio dello stesso. Caro discepolo, questi testi sono facilmente reperibili su internet.
· Su questo pianerottolo facciamo solo stomachevoli, disgustosi, lunghi, intricati gesuitismi.
· Ringrazio Martini perchè aiuta a pensare e a porsi domande, per le risposte rivolgersi altrove.
· embé? vuoi sentirti dire che se pecchi sei fuori dalla Chiesa… perché stai dicendo questo… e quindi la risposta per me (in questo senso) è: no, se pecchi non sei (eternamente e comunque) fuori dalla Chiesa…ergo, Martini dice bene.
· se n’era già parlato in occasione della remissione della scomunica… ci sono tanti altri cristiani (almeno al pari dei lefebvriani) che si sentono lontani o allontanati dalla Chiesa… anche per casi meno gravi… la stessa ammirevole cura pastorale mostrata verso i lefebvriani sarebbe non solo bella ma opportuna per questi fratelli e sorelle…
· Anche perché non mi sembra di vedere una fioritura di cristianesimo maturo.
· discepolo, scusa… sei tu che hai chiesto… e te lo abbiamo citato noi il buon vecchio catechismo…
· Leonardo (sempre e rigorosamente in terza persona) si rammarica della poca attenzione che ho dedicato nei miei studi alla profondità del Catechismo.
· Non sa che per leggere e apprezzare il Catechismo non ci vuole una laurea in teologia, infatti lui ci riesce benissimo. Qualche studio in più, però, avrebbe sviluppato il suo pensiero critico. E’ della mancanza di questo che sono io a rammaricarmi.
· che brutta tentazione quella di credere che gli unici che prendono “sul serio” le parole del Signore siano quelli che la pensano come noi.
· Se Leonardo studiasse teologia capirebbe a cosa serve.
· Nella tua chiarezza, d’altronde, Leonardo, ci si può anche specchiare! Grazie per la tua scientia dispensata a noi poveri mortali. Torna sovente tra noi a portarci il tuo verbum, ma con qualche argomento un po’ più sostanzioso per favore.
· Mi pare che tu abbia un concetto abbastanza sgangherato di teologia. Infatti questa non serve a capire il catechismo bensì ad indagare il mistero inesauribile di Dio.
· Leggo sempre, sempre. Intervengo poco.
· Anche perchè mi pare che ci sia molta gente che non ha nulla da farsi dire: gente sicura di sè, certa della propria fede, della sicurezza ortodossa della propria morale, della rettitudine esemplare che sprizza lampi di luce su tutti coloro che hanno la grazia di incontrare discepoli, cherubini & soci. Gente che ha una esperienza di chiesa mille miglia lontana dalla mia, un pò come Formigoni, i giussaniti, Allam, Casini, gente così.
· Di me preferisco che si dica pubblicanus ille piuttosto che varda che brava persona, che bravo catechista, ma uomo coerente. Ma va là, che noia.
· Ovviamente viva viva viva (purtroppo in sente letterale) il cardinale Martini e don Verzè: coraggiosi araldi della fede con il cuore e con il cervello.
· Mio caro Maioba, quando mai dovessi deciderti a dedicare una scuola (ma andrebbero bene anche una rivista o un ciclostile) alla froufroutheologie, sappi che avrai almeno un converso, nella persona del sottoscritto. “Comprendere meglio per spiegare di più”, scriveva quell’anima persa e nera di Paul Ricoeur, gran maestro di noi oziosi (che, sitibondi del tedesco per mezzo secolo, ce la facciamo da qualche tempo col francese). Del resto: perché compiacersi delle oscurità di cui sovrabbonda il linguaggio teologico, a fronte del testo chiaro e aperto del CCC?
· ma la strettezza della strettoia (mi si perdoni il calambour), “la cruna dell’ago” (la porta doganale di Gerusalemme, dicono alcuni biblisti) non è data dalle norme (morali, teologiche o cosa)… ma dalle bisacce che il cammello porta in groppa.
· Dalla porta non si passa, spesso, perché noi ci portiamo un sacco di soma inutile, comprese certe idee di Dio… non perché Dio si è divertito a farla stretta…
· (gesuitismo moralista)
· Carissimo Leonardo, grazie per il buon sapore di antico, di naftalina della zia marianna, per l’aria gozzaniana dei tuoi interventi. Quando scrivi avverto come un effluvio che sa di sorelle Materassi, di Teresa Carolina Giselda, di tomboli uncinetti e poltrone, polvere biscotti secchi e colpi di tosse. Anche tu di notte con le tue purissime mani cuci paramenti e ricami per il Santo Padre? Che pie emozioni, grazie. colgo l’occasione per porgere al carissimo Leonardo auspici favorevoli alla vigilia di santa Rita, quella degli impossibili.
· …”buon sapore di antico, di naftalina della zia marianna, per l’aria gozzaniana… effluvio che sa di sorelle Materassi, di Teresa Carolina Giselda, di tomboli uncinetti e poltrone, polvere biscotti secchi e colpi di tosse…”
· ahò, a me Ignigo me fa’ taja’.
· A volte mi piacerebbe essere come Giovanni Mandis: sicuro, granitico,senza mai un dubbio. Ma come si fa ad essere così? Dove si impara una perfezione simile? Come ci si può sentire sempre un palmo più su degli altri?
· Detto terra terra, come non potrei fare altrimenti: a me ’sta storia della sofferenza come ben di Dio non mi va giù e non l’accetto.
· oh! Stavo cercando una pietra in giro per fare giustizia, per essere rispettosi della legge… poi Uno, con autorevolezza, mi ha fatto capire che forse era il caso che la riponevo…
· Comunione sacrilega? Infrangere un sacramento? Ma siete convinti che Dio si interessi davvero di queste cose? Magari ce le siamo inventate un po’ noi per rendere il Vangelo meno rivoluzionario, e occuparci (senza sconvolgere la nostra vita) di problemi di sacrestia invece di occuparci della felicità degli altri.
· Mentre invece a coloro che ne hanno la possibilità economica di farlo, la Chiesa (tramite la Sacra Rota) annulla i matrimoni anche per molto meno e non richiede di “portare la croce” ai contraenti… Ah Giovanni!!!! ma fammi il piacere!!!!
· Mandis avrei un consiglio per te: leggi un po’ meno (e impara meno a memoria) e fatti una passeggiata in mezzo alla gente e interessati dei problemi veri che ognuno di noi si trova a fronteggiare , anche tu
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Principessa tu mi rimproveri, bonariamente, per il tono sarcastico del mio intervento, eppure come credo di aver dimostrato con il florilegio, il sarcasmo anche caustico e violento e soprattutto presuntuoso e sprezzante non l’ho introdotto io in questa disputa ma era già stato versato a piene mani dai “paladini della misericordia martiniana” anche loro (non diversamente dagli altri… – me compreso – che però almeno sono meno ipocriti e non si fingono strabordanti di divina tolleranza) pronti ad amare, capire e perdonare tutti… salvo quelli che non la pensano come loro.
Eppure nessuno fino al mio intervento aveva sollevato la questione che tu hai sollevato, nessuno aveva stigmatizzato lo stizzito astio con cui tante volte è stato replicato agli interventi sempre puntuali, pacati e umili (e devo dire davvero pieni di buon senso!!!) di Discepolo, Mandis e altri “eretici” non martinianodossi!
Dunque ancora una volta devo credere, che qui come nel dibattito politico, solo agli “adulti” (ai “giusti”) è permessa l’arma della satira e quando invece l’adoperano gli altri… diviene offesa, calunnia, attacco crudele e inaccettabile?
Comunque il mio sarcasmo era antagonista di quel sarcasmo e non voleva essere rivolto personalmente contro quelli che tra noi hanno esposto non solo posizioni teoriche, opinioni ideali o teologiche, ma prima di tutto casi personali, intimi, umani. Di fronte a questi mi fermo, non perché io mi rifiuti di giudicare o simili ipocrisie (tutti giudichiamo e non potremmo fare a meno di farlo) ma solo perché le questioni personali sono sempre troppo complesse e profonde per poterle capire tramite poche righe scritte in un blog, ma anche perché non è saggio discutere del generale ponendo in campo il particolare. Davanti al caso singolo non c’è legge che non si infranga, non c’è norma che non si dimostri almeno in apparenza fuori misura; universale e particolare sono incommensurabili… è come andare in un grande magazzino e sperare di trovare un abito perfettamente fatto su misura per noi… sarebbe un assurdo: l’alternativa è andare dal sarto e farcelo fare davvero a nostra immagine questo vestito (e anche in questo caso ci sarebbero dei limiti…). Ma cosa succederebbe se tutti andassimo dal nostro sarto ecclesiastico? Siamo in 6 miliardi… forse ci sarebbero altrettanti Papi… se non dei!
Certo la Chiesa dovrebbe stando a Martini (che sia detto per inciso stupidamente o furbescamente mette sullo stesso piano due cose come una scomunica e una disposizione contenuta nel catechismo che sono congruenti fra loro come una banana e un carro armato… insomma l’una è atto “amministrativo” umano l’altra – almeno per chi crede… forse non lui – è disposizione dottrinaria e quindi divina) dicevo la Chiesa per Martini dovrebbe dimostrarsi misericordiosa anche con i divorziati (che comunque come giustamente è stato ricordato… non sono alla stregua di scomunicati). Bene, il discorso lo conosciamo: i tempi sono cambiati, bisogna ascoltarne i “segni” (sia detto per inciso.. ascoltare non significa… obbedire!) quindi oggi è pesante per la nostra sensibilità adulta accettare certi divieti, subire certi obblighi, accettare certe croci, piegarsi a certe autorità e pertanto modifichiamo la norma e adeguiamoci al mercato. Ma l’appetito vien mangiando e soprattutto la debolezza viene a non esercitare la propria forza e la propria fede… facile che tra un po’ pure gli adulteri cominceranno a lagnarsi (e i effetti ad andare ai casi pratici, di singoli – e qui non scherzo non faccio l’ironico a buon mercato – si potrebbero trovare 1000 situazioni in cui umanamente verrebbe da comprendere anche l’adulterio… verrebbe da fare come Dante che davanti a Paolo e Francesca, dopo aver ascoltato la loro tragica storia ne fu così umanamente colpito che cadde “come corpo morto cade”… eppure li mise all’inferno…) e poi i poligami… e che dire degli omosessuali e via via discorrendo? La cosa interessante sarà vedere dove questi apostoli della fede elastica, adeguata ai tempi (oltretutto ma chi ci dice che i nostri siano i tempi più giusti? Che noi si senta meglio di quanti venuti prima? Che i nostri tormenti, le nostre ansie, i nostri dolori non derivino dal nostro veder male le cose e non dal male che realmente le cose contengono?) dicevo… sarà curioso vedere dove questi apostoli di una fede sempre disposta a cedere… decideranno di mettere un limite, dei confini definitivi all’elasticità… “ultra citraque nequit consistere rectum…” ma forse loro non credono, come credeva Orazio che esista una misura definita, una legge nelle cose… e che non si sia noi sempre i padroni assoluti di questa legge.
Ma lì verrà il bello… già perché con che faccia ad un certo punto abbasseranno la serranda davati ad esempio alle rivendicazioni dei “poveri pedofili” (e non si dica adesso che sto paragonando pedofili e divorziati… il mio è un discorso di logica non di morale) anche loro nel loro abisso portatori di problematiche umane, anche di sofferenze (come negarlo) che spetterebbe solo a Dio giudicare. E in genere davanti a tutti coloro che si trovano in peccato mortale? Diciamolo: noi non accettiamo più l’idea stessa che esista un peccato, ossia una situazione ingiusta a priori, a prescindere dal nostro sentire e giudicare personale, dalla nostra storia e dalla nostra indulgente coscienza. Noi non accettiamo il peso.. il “senso” del peccato (la psicanalisi ci ha insegnato a riguardarlo come ad una situazione patologica cui fuggire) perché in genere non siamo più abituati ad alcun… senso.
Scipione, abbi pazienza: i peccati non sono tutti uguali.
Non si può fare un discorso sui peccati a rigor di logica, come tu tenti di fare.
Altrimenti ne esce fuori una morale more geometrico demonstrata.
La logica non spiega perchè Cristo sia senza peccato e sia morto giusto per gli ingiusti, pur essendo annoverato tra i malfattori.
A me pare che il tuo discorso abbia qualche falla di troppo.
Caro Scipione, ti ringrazio della replica lunga e dettagliata. Ciò di cui siamo sempre , tutti, stati orgogliosi in questo blog è la possibilità che chiunque, CHIUNQUE, può accomodarsi ed esporre ciò che pensa. Il nostro padrone di casa è accogliente e tollerante perfino con chi “disturba”.
Detto questo, quindi, devo rispedire al mittente l’accusa che qui possano parlare solo gli “adulti” o solo chi la pensa come qualcun altro. Ti sarai accorto anche da solo che non è così e che abbiamo chiesto a più voci – per esempio – a discepolo di non smettere di leggere e scrivere.Oppure che le dispute, anche accese,rimangono sempre su binari civili ed è l’unico blog su cui ci si scusa tra noi.
L’ultima parte del tuo commento menziona una categoria di persone (i pedofili) a cui basta andare in confessione e dichiararsi pentiti (nonostante i crimini commessi verso i bambini) perchè possano accostarsi all’Eucarestia.
Come la mettiamo?
Infrangere la indissolubilità del matrimonio nel mio caso specifico ( o in tanti altri simili) è forse più grave e meno perdonabile di quanto questi esseri mostruosi operano sugli innocenti?
Credimi, io non sono pro o contro Martini.Non faccio discorsi altamente teologici. Non sono capace di grandi conversazioni. Mi affido alla piccola intelligenza che ho ricevuto e al cuore che posseggo per stabilire cosa sia giusto o sbagliato e che cosa io posso fare per migliorarmi ogni giorno. I dubbi e le domande che pongo sono esattamente quelli che mi nascono dentro. E più che regole e imposizioni, mi piacerebbe comprendere la ragione di codeste regole e il motivo per cui io debba seguirle per essere parte della Chiesa. Di quella stessa Chiesa che mi parla di amore incondizionato, di accoglienza per chiunque,di umiltà, di servizio agli altri e di gloria di Dio e poi mi dice che non posso accostarmi all’Eucarestia perchè ho divorziato e poi ritrovato un affetto. Il mio grande crimine è quello di volermi sentire amata, quello di pedofili – assassini – ladri etc.etc. è certamente molto meno…………
“L’ultima parte del tuo commento menziona una categoria di persone (i pedofili) a cui basta andare in confessione e dichiararsi pentiti (nonostante i crimini commessi verso i bambini) perchè possano accostarsi all’Eucarestia.
Come la mettiamo?
Infrangere la indissolubilità del matrimonio nel mio caso specifico ( o in tanti altri simili) è forse più grave e meno perdonabile di quanto questi esseri mostruosi operano sugli innocenti?”
intanto Gesù Cristo è morto anche per quegli “esseri mostruosi” che sarebbero i pedofili…
il discorso non è “più grave” “meno grave”, si tratta sempre di peccato mortale.
il pedofilo pentito ovviamente non continuerà a fare porcherie coi bambini dopo la confessione (sacramento che ci restituisce l’anima candida come dopo il Battesimo), anzi magari si darà da fare per riparare il male fatto, e quindi potrà accostarsi al SS.mo Sacramento.
La stessa cosa (non perseverare nel peccato) può fare chi, divorziato, pentitosi di averlo fatto, si confessa e decide per amore di Gesù Cristo
di tornare sui suoi passi e di recuperare il Matrimonio se possibile
se ciò non è possibile potrà decidere a seconda dei casi
di troncare una nuova illecita iniziata in seguito al divorzio e di vivere in castità
di vivere in castità pur vivendo assieme al nuovo compagno/a (soprattutto se ci sono di mezzo dei bambini).
come può la Chiesa ammettere al SS.mo Sacramento chi non è pentito o non intende recedere da una nuova illecita unione? aboliamo il sesto comandamento: NON COMMETTERE ADULTERIO ?
Se diamo la Comunione ai divorziati-risposati perchè non la diamo anche ai libertini incalliti, agli omicidi, ai ladri e ai truffatori, agli strozzini, ogni categoria di peccatori reclamerebbe la sua fetta di malintesa misericordia, non trovi mia cara principessa? il pentimento sincero presuppone che ci sia un distacco totale dal peccato commesso, altrimenti che pentimento è.
Umanamente ripugna anche a me, ma la differenza è – in qualche modo – più comprensibile per chi ha mentalità o conoscenze giuridiche: la maggior parte dei peccati si consuma in modo puntuale, per appartenere poi al passato, di cui ci si può pentire. Certo si potrà peccare nuovamente, ma sarà un altro peccato. Un secondo matrimonio civile, o una relazione stabile, coinvolgono passato presente e futuro, ecco perchè la situazione è diversa. E’ una logica terribile, da cui non si esce, ma non si dica che si tratta un peccato più o meno grave di tanti altri: è una situazione oggettiva, una trappola che scatta e ci ricorda la nostra condizione imperfetta. Ma nessuno è escluso dalla Chiesa e la sofferenza che tanti portano nella carne e nello spirito è patita anche per noi, come tutte le innumerevoli sofferenze umane.
Lungi da me il pensiero di voler fare classifiche di peccati. Cercavo solo di far comprendere l’immensa differenza tra il desiderio di sentirsi amati e l’aver abusato di innocenti (anche se ci si pente). Che dite? c’è una differenza?
Comunque, applausi alla intransigenza dei “giusti” che mi immagino in un paradiso molto solitario.E grazie a coloro che hanno cercato di dialogare con me ed hanno compreso e rispettato le mie sofferenze e i miei desideri.
Un abbraccio a tutti, sinceramente
appena letta sul corriere.it
“Notissimo a Miami grazie alla sua trasmissione sul canale ispanico Telemundo
Prete cattolico sorpreso con una donna, sospeso dalla Chiesa diventa protestante
Padre Alberto Cutié, carismatico sacerdote quarantenne noto con il soprannome di «Father Oprah»
dal nostro corrispondente Alessandra Farkas
NEW YORK – Era stato sorpreso a sbaciucchiare e accarezzare un’avvenente signora su una spiaggia di Miami. Ma invece di abbattersi, dopo la scomunica il popolare prete cattolico ha annunciato la sua conversione al protestantesimo, una fede che gli consentirà di salire all’altare con la sua fidanzata segreta. «Ho visto con i miei stessi occhi quanti miei fratelli servono Dio da uomini sposati e con la benedizione di una famiglia», ha spiegato padre Alberto Cutié, la cui rimozione da una parrocchia di Miami Beach aveva scatenato un acceso dibattito sulla legittimità del celibato nel sacerdozio cattolico. Soprattutto in vista dei recenti sondaggi che segnalano la continua fuga di fedeli e pastori dalla Chiesa cattolica americana.
Il carismatico prete quarantenne noto con il soprannome di «Father Oprah» (dalla star dei talk show Oprah Winfrey) è un leader religioso notissimo a Miami grazie alla sua trasmissione sul canale ispanico Telemundo e ai bestseller in cui dispensa consigli alla comunità ispanica su matrimoni, tradimenti e relazioni sentimentali in generale. Ma lo scorso 5 maggio una rivista messicana aveva pubblicato le sue foto in costume da bagno e avvinghiato a una prosperosa bruna, sotto il titolo a caratteri cubitali «Santo Dios!». Più tardi un video dell’erotico incontro sulla spiaggia tra il prete e la misteriosa donna era stato trasmesso da un’altra televisione ispanica della Florida. Apriti cielo. Ma prima ancora di essere allontanato dalla parrocchia di San Francesco di Sales, il prete ha ammesso di essersi innamorato della 35enne divorziata Ruhama Buni Canellis, con la quale avrebbe una relazione da oltre due anni. «Non ho smesso di essere un uomo soltanto perché ho indossato l’abito talare», ha spiegato in un’intervista Cutié. «Ci sono pantaloni sotto la tonaca». La Canellis era al suo fianco anche nella cerimonia di consacrazione a membro della sua nuova chiesa protestante – la Trinity Episcopal Cathedral di Miami – dove è stato accolto a braccia aperte.”
chi era che diceva il “mondo è bello perchè avariato” ?
principessa, posso risponderti sinceramente?
il pedofilo che si converte, pentito, si confessa, cambia vita, ripara al male fatto (per quanto possibile) è a posto davanti a Dio. Il Sacramento della Penitenza ha cancellato ogni macchia di peccato dalla sua anima.
il divorziato risposato, non pentito che non recede dalla sua condotto di vita immorale e di conseguenza o non confessato o confessato (confessione sacrilega) con l’intento di ingannare il confessore (cioè Gesù Cristo!!!) permane in stato di peccato mortale davanti a Dio e la sua posizione non potrà che peggiorare se a questo aggiunge l’accostarsi al SS. Sacramento.
detto ancora più chiaramente: con una confessione ben fatta anche il peccato più grave che noi possiamo concepire NON ESISTE PIU’; per Dio è come se non lo avessimo mai commesso. Perchè è stato lavato dal Sangue di Cristo.
ciao principessa
insomma Giovanni Mandis volevi proprio toccare il 190° commento !!!
per me di differenza ne corre … un oceano sconfinato !
spero di non beccare mai un pedofilo in flagrante :
non so che fine farebbero i suoi zebedei
A parte che la logica, non per forza quella spinoziana ma almeno quella elementare, non sta mai male quando si discute altrimenti, scusatemi, ma davvero si può dire tutto e il contrario di tutto e il senso ultimo del discutere stesso (giungere ad una verità) non potrebbe nemmeno più perseguirsi (ma forse non credendo esista una verità non si sente nemmeno il bisogno della logica… a qusto punto…è vero ciò che piace e ognuno avrebbe la propria di verità…), comunque io la logica non intendevo tanto applicarla all’elenco dei peccati (sebbene come giustamente è stato notato… la categoria dei peccati mortali già esista e non per mia “colpa”…) ma ad un generale modo di procedere propugnato dalla parte più “iluminata” dei cristiani… Insomma penso non sia assurdo riconoscere che almeno alle azioni umane una logica vada richiesta e quindi possa essere scandagliata la tenuta logica, fattuale ecc. di una proposta di azione pratica come quella di chi pretende di derubricare un numero sempre crescente di peccati, di abolire un numero sempre crescente di divieti o di dogmi in nome dell’adeguamento al nostro sentire, ai nostri tempi, alle nosre esigenze.
Io ho evidenziato alcuni rischi logici di un simile programma di “politica ecclesiastica” (che di altro non si tratta visto che,pedionatemi, ma non è venuto Cristo a proporre tali “deregulation” ma semplicemente degli uomini, quindi lascerei perdere i discorsi ispirati, i rimandi alla volontà vera di Dio ecc. tutte cose che nesuno di noi, Martini e soci compresi, può accertare). Una proposta politica che non può rifiutarsi di essere vagliata dalla logica e di essere “tesa” fino alle sue logiche estreme consegunze… se poi queste estreme conseguenze imbarazzano, non è colpa nè mia nè della logica stessa… ma forse dell’insensatezza di tale politica.
A Principessa voglio dire che non mi pare di aver detto che qui possono parlare solo i giusti, ma che alcuni si atteggiano da giusti e guardano dall’alto in basso gli altri (i non adulti) e, sopratutto, con abile mossa da buoni Nuovi Farisei fingono un’umilità che non hanno e addirittura accusano di presunzione coloro – vedi Mandis, Discepolo ecc. – che indubbiamente si dimostrano molto più umili di loro, dato che non si arrogano il diritto di interpretare a loro modo le leggi della chiesa, le sacre scritture e perfino la Divina volontà… ma si attengono, appunto umilmente, a quanto il magistero ha sempre insegnato…
Se poi il Magistero, il Vangelo, Dio stesso hanno sempre sbgliato per 2000 anni beh… ringraziamo il caso (a questo punto…) che ha fatto nascere una nuova generazione di esseri superiori (Martini e soci) illuminati di una sapienza davanti alla quale chinare il capo… umilmente.
Quanto al desiderio di essere amati ecc. so che non è facile, ma quando ci si fa misura di tutte le cose e si ragiona solo guardando a se stessi e al proprio caso non è facile stabilire dove finisca un simile desiderio dove inizi un vizio ecc.
Credo che a sentire qualche pedofilo ci si potrebbe imbattere anche in qualcuno che oserebbe affermare che anche la pedo-filia(il nome già lo suggerisce) è un bisogno di amore, come lo è l’omosessualità (tesi infatti trionfante fra le potenti comunità omosesuali) e quasi ogni altra cosa visto che lamore sembra essere diventato il solvente universale davanti al quale tutto e tutti devono cedere le armi… Il problema però tirando in ballo l’amore si sposta solo: chi stabilisce cos’è l’amore, qando è lecito, entro quali limiti e confini esercitarlo ecc. ecc.? Ad ogni singola coscienza la libertà di legiferare – magari alla luce del proprio caso personale – anche su ciò? bene… allora però aspetattevi che salti fuori il pedofilo che in nome dell’amore chiederà la derubricazione del suo peccato. Lo vogliamo invece fare decidere a Martini e soci? Bene ma allora da dove trarranno quell’autorità inviolabile e indiscutibile che loro negano a chi legittimamente da 2000 anni la esercita? Ancora una volta la logica si oppone… certo basta ablire anche la logica.. magari a maggioranza, magari giustificando la cosa con il fatto ch i segni dei nostri tempi.. sono completamente illogici…
Allora, Scipione, proverò a riformulare il mio pensiero.
Tu prima hai detto, parlando del sacrasmo:
“Comunque il mio sarcasmo era antagonista di quel sarcasmo e non voleva essere rivolto personalmente contro quelli che tra noi hanno esposto non solo posizioni teoriche, opinioni ideali o teologiche, ma prima di tutto casi personali, intimi, umani. Di fronte a questi mi fermo, non perché io mi rifiuti di giudicare o simili ipocrisie (tutti giudichiamo e non potremmo fare a meno di farlo) ma solo perché le questioni personali sono sempre troppo complesse e profonde per poterle capire tramite poche righe scritte in un blog, ma anche perché non è saggio discutere del generale ponendo in campo il particolare. Davanti al caso singolo non c’è legge che non si infranga, non c’è norma che non si dimostri almeno in apparenza fuori misura; universale e particolare sono incommensurabili…”.
Ecco: io penso che il caso personale vada discusso tra il sacerdote e il fedele nel confessionale.
Che certamente il matrimonio è indissolubile. Che certamente chi si confessa ed è sinceramente pentito del proprio peccato e propone di porre rimedio, laddove possibile, e di non commetterne più in avvenire, che certamente a costui la colpa è perdonata.
Epperò: come si va avanti in situazioni di oggettiva impossibilità a tornare indietro, dove si vede (e si vede, non ditemi che non è così!) che il secondo matrimonio funziona, che i due si amano, si rispettano, si assistono, si soccorrono, si perdonano.
Forse che quello non è amore?
O è solo un vezzo da annoiati, cambiare donna (o uomo) quando se ne ha voglia?
E’ certo un caso personale, il fedele lo dicuterà prima nel confessionale con il sacerdote e un giorno al cospetto di Dio che credo non abbisognerà dei suggerimenti di Martini per dimostrarsi se del caso misericordioso…
Credo che considerare con tanta facile sufficienza un’ingiustizia, una cattiveria, una forma di mancanza di misericordia, il divieto che da tempi immemorabili la Chiesa pone ai divorziati risposati di assumere l’Eucaristia non sia saggio. La Chiesa (quindi migliaia e migliaia di uomini saggi e anche spesso santi) ha sempre interpretato il Vangelo in maniera tale da scorgere o comunque giustificare tale divieto, la cosa è semplicemente il vezzo insensato e sadico di gente ottusa e crudele?
C’è l’amore: bene. Chi ha spezzato il precedente legame per cercare l’amore terreno, la propria felicità, il proprio appagamento… lo ottiene, ottiene anche il perdono e la misericodia di Dio e a lui, se si pente alla fine della vita credo non sarà negato nemmeno il Paradiso… resta solo un ostacolo, una prova durante la vita terrena che possa servire da deterrente, che possa servire ad evitare (ipotesi, si ammetterà, non così peregrina.. specie oggi!) che quella scelta non sia “solo un vezzo da annoiati di cambiare donna (o uomo) quando se ne ha voglia” e soprattutto un segno che non faccia finire nel nulla quanto prima era stato legato. Quel legame che per quanto umanamente intollerabile si voleva divinamente indissolubile, e che è stato poi di fatto umanamente sciolto ma che deve almeno rimanere divinamente presente (anche pechè è comunque vita anche di chi l’ha sciolto, anche di chi ha deciso o non ha potuto fare a meno di decidere, di infrangerlo… ) un simbolo che permetta, forse più facilmente, mentre ci si godono i frutti terreni della scelta di spezzare il precedente legame (perchè se il nuovo legame funziona, e facendo l’ipotesi che i due nuovi sposi si amino significa che funziona.. vuol dire che i due si godono questa situazione, quindi dovrebbero almeno avere la forza di sopportare il peso di questo divieto) di vivere in maniera tale da meritarsi comunque la misericodia che si pretende.
Ma di fatto, il problema non è chiedere misericordia per i peccati, tutti qui l’hanno ricordato.. e mai la Chiesa l’ha negato: non esistono peccati imperdonabili, non è un peccato chiedere misericordia anzi un peccato è credere che Dio non vorrà mai concedercela data la gravità delle nostre colpe… . Qui non si chiede la grazia… si chiede “l’amnistia”, si chiede, dal momento che è toccato a noi di peccare e dato che noi ci sentiamo pienamente giustificati nel nostro caso particolare di aver peccato… che tale peccato non esista più, che sia abolito. Non è una sottigliazza giuridica ma un totale cambiamento di prospettiva. Ed è questa la prospettiva nella quale si muovono sempre più coloro che non volendo mutare stile di vita chiedono alla Chiesa di mutare codice etico…(così fanno gli omosessuali, le coppie di fatto, i poligami, gli incestuosi, perfino i non credenti che non sopportano di essere esclusi dalla Chiesa solo perchè… non credono in Dio!) . A Dio non chiediamo perdono… ma licenza. Quindi in questi casi io non chiamerei troppo in causa la Misericordia divina… non è quella che cerchiamo.
Resta il problema della tenuta logica di una simile, ripeto, “politica ecclesiastica” … non si può fingere di non vederlo.
Da me non sono mai venute persone che chiedevano semplicemente licenza, a meno che io non sia stupido (ipotesi non improbabile).
Son venute persone coscienti di aver commesso spesso un errore a sposarsi, e di conseguenza di aver commesso un peccato a divorziare.
Ma un peccato commesso in base ad un errore è dello stesso tenore di un peccato commesso con piena avvertenza e deliberato consenso?
E poi è davvero così peregrina la disciplina dell’epikeia?
Non penso, visto che c’è tutto un “polmone” cristiano che la usa…
Caino fu marchiato a fuoco non per sentire la vergogna di ciò che aveva commesso, ma perchè gli altri, pur riconoscendo chi era e cosa aveva fatto, a loro volta non lo ripagassero con la stessa moneta…
E’ così peregrino chiedere la comunione dopo trent’anni di seconde nozze “cristianamente vissute”, seppur non sacramentalmente?
Che almeno sia data liceità e comprensione ad una richiesta molto umana e molto forte.
Ripeto: non si tratta di assecondare le voglie di tutti (e in questo senso gli accostamenti del tipo: “gli omosessuali, le coppie di fatto, i poligami, gli incestuosi, perfino i non credenti che non sopportano di essere esclusi dalla Chiesa solo perchè… non credono in Dio!”, mi sembrano un po’ pretestuosi…
Mi chiedo se si leggono sempre i post prima di replicarvi. Io ho chiamato “non peregrina” la possibilità che oggi qualcuno divorzi e si risposi e magari divorzi nuovamente ecc. per il gusto di cambiare compagno… non capisco cosa significhi definire peregrine – come se io le avessi dette tali – tutta una serie di cose che non ho nemmeno citate.
Mi pare comunque quanto meno strano si voglia far diventare norma generale ciò che per sua natura è semmai deroga particolare ed eccezionale…
CITO: “Secondo la tradizione morale cattolica l’epikeia consiste nell’”eccezione fatta di un caso, quando nella situazione si può giudicare con certezza, o per lo meno con grande probabilità, che il legislatore non aveva intenzione di far rientrare tale caso sotto la legge” [S. Alfonso M. de’ Liguori]
L’eccezione implica la regola e il suo rispetto… se diviene essa stessa regola..la cosa risulta quanto meno illogica.
Comunque come sempre ci si fa scudo del caso particolare… per demolire la regola generale. “Da me non sono mai venuti…” dici… beh scusa ma nè tu nè i tuoi casi siete l’intero orbe cristiano, non si può negare un fatto generale opponendo ad esso la propria limitata esperienza personale, per quanto rilevante possa essere. Ammettiamo che c’è altro oltre a noi, alla nsotra esperienza, al nostro caso, ai nostri interessi ecc.
Ma voglio ripetermi: qui molti vi ergete a giudici della incontestabile differenza tra il caso dei divorziati risposati e qualsiasi altro caso di peccato che estromette dalla chiesa o anche solo da un sacramento ecc. ma con che diritto, a questo punto, se non riconoscete la validità del tanto sbeffeggiato CCC (come burocraticamente qualcuno l’ha indicato) pretendete si riconosca la vostra scala “arbitraria” di valori? Scusate ma davvero non capisco come si possa credee ch il proprio punto di vista sia ipso facto legge universale. E non dite che io o altri facciamo lo stesso perchè noi non si sostiene il “nostro” punto di vista ma quello ufficiale della Chiesa, piaccia o meno questa è la regola (orrore.. parlo di leggi, di regole, di autorità… non ho capito che il Vangelo è solo amore… mi direbbe un Enzo Bianchi… ma al solito la definizione legittima di Amore dovremmo accettarla da lui solo…), questo il muro portante… e chi ha tanta sicurezza e presunzione da volerlo abbattere, deve almeno prima essere certo di saperlo e poterlo sostituire con un altro almeno altrettanto solido… almeno logicamente e razionalmente solido… se proprio non evangelicamente corretto (quello non potrebbe comunque esserlo).
Qui invece c’è chi parte ruspa alla mano e poi, scava scava nessuno vuole affrontare il problema: “Ma dopo chi sosterrà la volta dell’intero edificio e come e con che forze?” Una domanda pretestuosa la si definisce… forseproprio così rispondono gli ingegneri che costruiscono le case che poi non reggono ai terremoti.
Si definisce pretestuoso l’accostamento… bene sarà pretestuoso ma questa definizione arbitraria non serve a molto, non serve a dirci su che basi, passata la licenza (tale resta se diviene generale) per i divorziati risposati, per le coppie di fatto ecc., si potrà impedire a tutti gli altri di opporre le stesse obiezioni fondate sui medesimi agomenti (amore, sofferenza, misericodia, casi umani e particolari ecc.) per ottenere i medesimi risultati. Sarà un argomentazione pretestuosa… mi basta non sia falsa e assurda e se non mi si dimostra che è tale, mi si deve spiegare come questa nuova e illuminata e progressita politica ecclesiastica – non chiamiamola diversamente – saprà sensatamente e senza cadere in terribili contraddizioni affrontare quegli inevitabili- ancorchè come dici pretestuosi – casi.
O forse non gliene importa granchè.. perchè di tenere impiedi tutto l’edificio in realtà non ha alun interesse? Legittimo sospetto a questo punto…
ho provato a immaginare cosa potrebbe essere tra venti- cinquanta anni
la Chiesa di Cristo, quando i progressisti, gli illuminati, i caritatevoli avranno finalmente ragione delle frange oscurantiste e superstiziose., dei dogmatici e dei bigotti…..
un Concilio Vaticano III porterà finalmente a COMPIMENTO l’opera del
Concilio Vaticano II: si toglierà finalmente l’obbligo del celibato dei preti, e finalmente si concederà il sacerdozio alle donne. Verranno concessi e
tollerati divorzio , aborto, eugenetica, eutanasia per i malati terminali.. si porrà fine all’odiosa discriminazione dei gay, concedendo loro il matrimonio e l’adozione dei figli. Si smantelleranno del tutto gli inutili riti, i fastidiosi dogmi e i poco misericordiosi imperativi morali.
Una nuova religione, basata sull’uguaglianza, la tolleranza, i diritti civili e umani , la scienza e la tecnica prederà il posto delle antiche superstizioni.
Oh “magnifiche sorti e progressive” ! Oh umanità finalmente libera e felice!
Solo qualche vecchietto nostalgico sopravvissuto, appartenente a una setta segreta e perseguitata, leggerà di nascosto vecchi testi archeologici come il Catechismo della Chiesa cattolica, nel segreto della sua stanza e sospirerà di nostalgia(i vecchi si sa con l’età rincoglioniscono…)
dimenticavo di dire che Don Verzè e Martini verranno proclamati santi.ma che non verranno posti sugli altari perchè gli altari, of course, non esisteranno più…..
Scipio, qui si usano i diminutivi e le sigle (Mc, Gv, BXVI, CCC…), fattene una ragione! 😉
al di là della battuta, non voglio portare il caso singolo a metro di giudizio universale, però avevo fatto una premessa nel post delle 21.07 citando proprio te: il caso singolo si discute tra confessore e fedele, lì la legge richiede l’equitas (il mio professore di diritto diceva che essa è: “Iustitia dulcore misericordia temperata”).
Ma se allora l’epikeia è – giustamente – quella che William E. May cita in S. Alfonso, tu mi sai spiegare cos’è l’epikeia applicata al divorzio nelle chiese orientali?
E ripeto: a mio parere gli accostamenti di cose tanto diverse sono pretestuosi e confondono.
Qui si é perso completamente il punto di partenza e che é stato riassunto così bene da Maioba nel commento del 29 maggio alle 21.07
Principessa racconta la sua esperienza personale.
Tutti a ricordarle quali sono le linee della Chiesa.
Qualcuno cerca di far notare a discepolo, GiovanniMandis, Scipione che
no, non é il caso, che forse lei ha già sentito in privato alcuni pareri più autorevoli del nostro e che forse voleva solo farci partecipi di un momento di riflessione : la Chiesa in qualche caso non può essere un po’ più elastica…???
E chi vuole stravolgere tutto ? Chi mette in dubbio la saggezza della Chiesa?
Qui si voleva solo chiedere veramente un po’ di comprensione e silenzio.
Ma vedo che non c’é proprio verso…
http://www.credereoggi.it/upload/2003/articolo136_75.asp
“Non penso, visto che c’è tutto un “polmone” cristiano che la usa…
Caino fu marchiato a fuoco non per sentire la vergogna di ciò che aveva commesso, ma perchè gli altri, pur riconoscendo chi era e cosa aveva fatto, a loro volta non lo ripagassero con la stessa moneta…
E’ così peregrino chiedere la comunione dopo trent’anni di seconde nozze “cristianamente vissute”, seppur non sacramentalmente?
Che almeno sia data liceità e comprensione ad una richiesta molto umana e molto forte.”
Don Marco anche io sono d’accordo che i casi personali debbano essere discussi tra confessore/padre spirituale e il diretto/i interessato/i , ma qui come fa giustamente notare il buon Scipione, si parla d’altro: si parla di cambiare la volonta di Dio, di adattare la fede e la morale alle mutevoli condizioni dell’arbitrio umano. questo è inaccettabile.
non mi soffermo sul fatto che il polmone al quale ti riferisci è un polmone scismatico, perchè non riconosce il Pontefice come Vicario di Cristo e non è soggetto all’Autorità della Santa Sede Apostolica… (cosa vuoi che sia…)
se due cristiani hanno vissuto per 20-30-40 anni in una unione illecita in modo cristiano e quindi in perfetta castità, allora nessuno potrà impedire loro di accostarsi alla Santa Comunione. A meno che tu Don Marco per “cristianamente vissuto”, non intenda qualcosa d’altro o escluda qualcosa, ovvero intenda che le seconde nozze possono essere vissute cristianamente avendo rapporti sessuali col “nuovo coniuge”.
plpl8, se gradisci il silenzio, nessuno ti costringe a entrare in questa pagina a leggere e scrivere, ti pare?
humor inglese…
Mi permetto di far notare che qui si stanno esprimendo o si dovrebbero esprimere opinioni sulle affermazioni di Marty (Martini… visto che amate i diminutivi ma li usate a senso unico 😉 ) e Verzy e non sul caso personale di Principessa… e che anzi cercare di buttarla sul personale, sul caso singolo e umano è un’astuzia che consente ad ogni momento di tirar fuori il rispetto del dolore del singolo per tappare la bocca a chi volesse dissentire dalle tesi di fondo. Quindi la questione, ripeto è quella, tutta di polita ecclesiastica, relativa ad una serie di atti di “deregulation” o di “Riforma” (spesso nel senso… luterano della parola) proposti da vari esponenti della cattolicità (se ancora così si può dire) e che nel caso specifico riguardano la situazione dei divorziati risposati. Punto. Chi ora volesse troncare la disputa asserendone la non pertinenza rispetto ad un argomento che non è quello reale di partenza ma quello semmai che emotivamente può avre destato più interesse… non fa cosa corretta.
Dalle affermazioni di Martini e soci è più che legittimo arguire non solo un’emergenza specifica relativa al singolo caso specifico (misericordia oltre che con gli aborriti Lefebvriani anche con i divorziarti… si noti che lo stesso card. tira in ballo più questioni di politica ecclesiastica in quella sua uscita, le compara – malamente – quindi lui per primo fa un discorso politico) ma una generale linea di condotta, o meglio una prospettiva politica ad ampio raggio che mira a Riformare la Chiesa. Se è dunque legittimo dunque voler discutere le affermazioni del cardinale tanto centrando l’attenzione al caso singolo, particolare (come ha fatto ad esempio Principessa) a maggior ragione lo è discuterle tenendo presente lo scenario e le finalità complessive delle sue parole, delle sue proposte. Sennò si rischia con la scusa di voler vedere solo il singolo mattone che viene proposto come ormai vecchio e da eliminare e di discutere solo sulla sua eliminazione senza tenere presenti tutti gli altri e le loro funzionalità complessive… che a cuor leggero un mattone via l’altro si tira giù la casa. Quindi invece di richiamare sempre all’ordine quelli che contestano l’idea di martini, invece di incalzarli con sempre più specifiche e spesso speciose domande… cercate di rispondere una volta tanto puntualmente e apertamente a quelle molto più schiette e dirette e meno bizantine che noi vi proponiamo e che voi o ignorate ovvero liquidate (vedi l’ironico rimando al CCC per replicare alla puntuale e fondamentale domanda iniziale di Discepolo) con aria di sufficienza, quella dell’adulto saggio che la sa lunga che risponde al povero bambino sprovveduto e rompiscatole…
don Marco ho letto l’articolo di cui hai messo il collegamento sopra; articolo che non mi convince affatto.
se si dovesse decidere in base alla coscienza del singolo si arriverebbe a casi in cui un coniuge ritiene valido il sacramento ricevuto e l’altro no! e allora come la mettiamo?
bravo Scipione, è proprio quello l’obbiettivo di fondo: protestantizzare la Chiesa;
Sicpione e Mandis.
Vi rispondo nel mio piccolo : sottoscrivo la richiesta del Cardinal Martini.
Restando in tema di case : la tecnologia fa passi da gigante, i materiali si rinnovano e talvolta con meno peso e meno spessore un muro moderno ha migliori caratteristiche tecniche di isolamento termico e acustico di uno antico…
Beh definire humor inglese… la verità fattuale (ossia che le chiese orientali non sono in comunione con quella cattolica quindi la richiesta di adeguamento della seconda alle prime non è cosa così normale nè sensata… neè da darsi per scontata…) mi pare grave inesattezza… o troppo comodo mezzo per glissare sulla questione.
no , carissimo plpl8, non c’e’ proprio verso….
A me faceva piacere contribuire un esempio reale alla discussione. Ne ho ricevuto “ferite” e incomprensioni inspiegabili……..ma va bene così. Così imparo!!
Grazie a te e a coloro che “sanno” dimenticare regole e dettami quando un fratello o una sorella chiedono conforto e spiegano quanto è duro soffrire (discepolo docet).
Abbracci
E infatti la ricerca scientifica tecnologica non ha limiti, regole, dogmi, papi ecc. si cerca per cercare, si sperimenta su ogni cosa ognuno a proprio modo, non esiste punto assoluto nè regola fissa e immutabile e Popper lo insegna…. quello che era valido per la fisica del V secolo a. C. non lo era più per quella del XVII che fu a sua volta superata da quella del XX…
Resta un problema: anche volendo applicare la logica “progressista” della ricerca scientifica alla morale e alla religione cattolica: abolita la Tradizione e il Magistero… non avendo un sistema matematico-sperimentale con cui valutare la maggior fondatezza di una teoria rispetto ad un’altra, su cosa ci baseremo? Come dimostrare che le esigenze, il sentire, i bisogni e le credenze dell’uomo del 2000 sono migliori, più evolute, più progredite, più sagge, più giuste… di quelle dell’uomo ad esempio medievale, tanto che l’etica cattolica debba mutare ed adeguarsi, anche fosse solo formalmente (ma non è solo formalmente) ad esso e non viceversa?
Resta insomma il problema di come valutare scientificamente che il nuovo muro è migliore del vecchio (più leggero e più isolante ma anche più solido?)
Si dirà: non serve dimostrarlo? Bene dunque la Chiesa dovrà adeguarsi a noi oggi integralmente come all’uomo del 3000 domani…. magari nel 3500 tornerà a proibirle ciò che oggi ammette e ad ammettere ciò che oggi vieta.
Altro problema: come stabilire quali muri sostituire e quali no? Non solo i divorziati propongono per loro comodità muri più performanti e leggeri….
Ma che senso avrebbe una simile religione?
No, la proposta di Martini non è accettabile non fosse altro perchè non è onesta… si capisce bene dove vuole andare a parare (un Vaticano III… l’ultima sua frase è fin troppo esplicita: “Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via di uscita” e tutta l’azione di quanti nella chiesa la pensano come lui lo è ancora di più… parlano tanto di misericordia ma è una misericordia interessata e a senso unico da spandere a piene mani solo dove c’è da distruggere un modello di Chiesa che loro politicamente non accettano… basta vedere con quanta poca misericordia nei confronti dei fedeli hanno accettato l’applicazione del Motu proprio Summorum pontificum).
Principessa anche Discepolo ha presentato un suo caso prsonale e non credo per lui meno dificile, doloroso e complesso di quanto non sia per te il tuo… ha accettato la discussione, ha accettato che ci fosse chi non era d’accordo e ha accettato che si portasse la questione al di là del suo singolo caso… non ha mai parlato di ferite personali, di incomprensione inspiegabile nei propri confronti quando qualcuno non si dimostrava a favore della sua tesi, non ha mai insomma posto se stesso al centro della discussione e usato l’arma del ricatto emotivo per impedire che altri esponessero la propria posizione. Tu ora dici che “non c’è proprio verso”, come dire… questi che non sono daccordo con me sono senza misericordia o senza capacità di capire o senza entrambe le cose… dici che volevi contribuire con un caso personale alla dicussione… l’hai fatto! O a tuo avviso contribuire significava che, dato il tuo caso pesonale, tutti gli “oppositori” alle tesi di Martini alzassero le mani e si dichiarassero vinti? Questo non avrebbe significato contribuire ma zittire.
Qui da un pezzo io (e non solo io) cerco di uscire dalle strettoie leganti e imbavaglianti del caso personale, da quello strisciante ricatto morale che vorrebbe obbligare per delicatezza, per rispetto umano, per dimostrare sensibilità e carità cristiana a sostenere le tesi “buoniste e interessate” di martini o almeno a non attaccarle fino in fondo e fino alle estreme conseguenze.. insomma che vorrebbe censurare o screditare velatamente chi non appoggia il cardinale emerito di Milano. E in effetti noto che la maggior parte degli interventi da un po’ a questa parte sono generali, universali… come puoi quindi sentirti ferita? Ti ferisce che noi non si sia d’accodo con Martini? Beh allora a Discepolo potrebeb ferire che altri te compresa siate invece suoi fautori… soluzione? Smettiamo di discutere.
http://www.ildialogo.org/pretisposati/index.htm
http://www.ildialogo.org/pretisposati/appello05022003.htm
http://www.giovani.it/news/societa/preti_contro_celibato_chiesa.php
http://www.womenpriests.org/it/preasons.asp
http://archiviostorico.corriere.it/2001/gennaio/29/Quel_tedesco_ribelle_che_lotta_co_0_0101292013.shtml
http://www.luigiaccattoli.it/blog/?page_id=603
http://www.radicali.it/newsletter/view.php?id=32480&numero=329&title=NOTIZIE%20RADICALI
http://archiviostorico.corriere.it/1996/gennaio/17/Piu_democrazia_nella_Chiesa__co_0_960117643.shtml
http://www.uaar.it/news/2008/02/21/preti-brasiliani-chiedono-papa-ridiscussione-del-celibato/
http://www.politikon.it/modules/news/index.php?storytopic=0&storynum=30&start=30
Sono solo alcuni, solo pochi, esempi di come quel mio pretestuoso accostamento di cui mi si accusava, a quanto pare non solo non è pretestuoso ma soprattutto non è propriamente mio. Non sono io che per primo ho messo in fila come tante batterie di cannoni puntate tutte verso un unico obiettivo (quale?) divorziati, omosessuali, sacerdozio femminile, coppie conviventi, eutanasia, eugenetica, aborto ecc. ecc. La natura di molti di questi siti è tale da non lasciare dubbi a quali forze della società piacerebbe una Chiesa riformata in tal senso… addirittura a quelli dell’UAAR!
Il punto sta tutti qui, le proposte di Martini non mi convincono e non mi fanno venire i lucciconi proprio perché così consonanti, anche cronologicamente, con tutto un generale movimento le cui finalità anticattoliche sono esplicite. Il cardinale primadonna ancorché fosse davvero mosso da puro spirito cristiano, da puro afflato di misericordia, dovrebbe almeno capire il momento storico – difficilissimo – in cui vive e si dibatte la Chiesa, dovrebbe almeno capire che se quello che chiede lui per il presunto bene della Chiesa lo chiedono altri per il suo dichiarato male… forse è il caso di soprassedere, di rifletterci su, di tacere, di pregare e invitare a pregare e sopportare e rimandare semmai ad altri momenti. Invece no, insiste, dà costantemente voce a e si fa costantemente bandiera di proposte destabilizzanti e lo fa sfruttando l’imbarazzo che la sua autorità, il suo agire dall’interno, e da un interno alto, provoca. Sarà in buona fede? Ammettiamolo… ma allora è uno scriteriato. Vi invito a scorrere questi articoli e a trovarne altri… scoprirete (ma già lo sapete) che per sostenere le varie tesi, apparentemente accostate in maniera pretestuosa, ma tatticamente coerente, sono utilizzati gli stessi argomenti che anche il cardinale, e anche qui molti di voi, hanno usato per sostenere le parti dei divorziati risposati: amore, dolore personale, sofferenza, misericordia, adeguamento i tempi, alla società ai suoi bisogni…. ecc.
Mi viene in mente un espediente delle antiche guerre di assedio, forse riportato da Cesare in uno dei suoi commentari…: quelle di lasciar giungere fin sotto le mura della città assediata grandi quantità di donne vecchi e bambini affamati, assetati, sofferenti e feriti… lasciarli piangere, languire lì sotto per forzare la pietà degli assediati e costringerli ad aprire le porte per farli entrare. In questo modo o gli attaccanti avrebbero potuto sfruttare il momento per introdursi a loro volta e conquistare la città… ovvero aumentando il carico di bocche da sfamare fra gli assediati, avrebbero comunque finito per farli capitolare per fame prima del tempo. In alcuni casi però i comandanti delle città assediate non aprivano e lasciavano morire sotto le mura quelle povere persone che sarebbero comunque morte all’interno durante l’assedio. Chi giudichereste inumano in questo caso? Il comandante degli assediati che non cede al tranello o quello degli assedianti che l’ha ideato?
Fuor di metafora, non è male ricordare che comunque la Chiesa non lascia morire nessuno… a tutti concede e riconosce il “diritto” di potersi guadagnare quello che un tempo era considerato il vero fine della religione cattolica, il Paradiso… se oggi questo fine interessa poco o nessuno più vi bada e per tutti cosa più interessante è… “godersi al meglio e senza problemi l’unica vita che abbiamo”… beh questo è un altro discorso.. anzi questo dovrebbe essere il discorso principale su quale discutere.
Si dirà: si è giunti a questo proprio per l’arretratezza e l’ottusità di un certo cattolicesimo … per la sua paura di svecchiarsi, di seguire fino in fondo la modernità ei segni dei tempi… se l’avesse fatto sarebbe sbocciata la famosa nuova primavera ecc. ecc. A prima vista potrebbe darsi… però mi sorge un dubbio. Se chi sostiene queste riforme lo fa davvero per il bene della chiesa… si dovrebbe concludere che pure l’UAAR, i Radicali Italiani, le varie “sette” marxiste e anticlericali ecc. ecc…. hanno tutti sommamente a cuore la salute del Cattolicesimo. E’ ancora un problema di logica…
Amen….
Appunto… Amen.
……. e bentornati anche a Lazzaro, Ignigo74 e Principessa !
Roberto 55
Scipione, anche uccidere cristiani era un modo di fare del male per i suoi nemici, ma una fonte di forza, di coraggio per i cristiani (benché non senza sofferenza).
Io penso che noi cristiani non dobbiamo e non possiamo aver paura di fare scelte “difficili”, anche se queste scelte possono essere viste dall’esterno come rilassamento.
Quasi sempre le scelte più dure sono anche quelle più esposte ai fraintendimenti.
E allora che fare?
I cristiani impararono a trarre forza dalle persecuzioni (con le quali i loro nemici invece speravano di annientarli) perchè con fede le sopposrtavano… – mentre oggi non sopportano nulla… nemmeno di non divorziare – ma certamente non le desideravano nè le incentivavano (non c’erano piani di politica ecclesiastica che prevedessero di rendere normali e accettate le persecuzioni… ma anzi si cercò in tutti i modi – e alla fine ci si riuscì – di farle cessare), quindi l’esempio non calza.
Oggi invece c’è un’anomala consonanza di intenti e strategie, quanto a politica ecclesiastica e antiecclesiatica, fra quanti appunto vorrebbero spiantare la Chiesa e quanti – dicono – di volerla far rinascere: e la cosa mi suona strana, troppo strana… illogica.
Comunque qui non si tratta di aver paura o coraggio, di fare o non fare scelte “difficili”… si tratta di rispettare la dottrina della Chiesa, la nostra fede e quindi la giustizia trascendente nella quale dovremmo credere. Il Cattolicesimo – non dimentichiamocelo – non è una scuola filosofica e nemmeno un partito politico, tanto meno una s.p.a… lasciamo a simili “enti”, simili discorsi…
“Io penso che noi cristiani non dobbiamo e non possiamo aver paura di fare scelte “difficili”, anche se queste scelte possono essere viste dall’esterno come rilassamento”.
Scusa ho letto bene le tue parole? O forse non ho colto una qualche sottile ironia? Mi pare quasi ridicolo dover ricordare che mica è all’esterno che quelle scelte “difficili” sono mal viste… (anzi…) ma è dal CCC, dal Magistero, dal Papa, dalla bimillenaria tradizione cattolica… , se poi questi sono “dettagli” esterni alla Chiesa, beh allora tanto vale sostituire la Congregazione per la dottrina della fede con l’UAAR… e trovare finalmente il coraggio di fare tutte le “difficili” riforme che certamente – com’è nell’intento dell’unione atei e agnostici italiani… – rilanceranno definitivamente la nostra Chiesa.
Ancora una precisazione sull’incauto accostamento… questo sì pretestuoso, fra persecuzioni e .. “odierne scelte difficili”:
-le persecuzioni ebbero luogo perchè alcuni cristiani preferirino “perdere la vita” piuttosto che piegare ai voleri del loro tempo la fede cristiana
-le odierne “scelte difficili” sono invece auspicate da alcuni cristiani che sono ben disposti a piegare la fede alle esigenze del loro tempo… pur di non “rovinarsi la vita”…. oltre ovviamente da quanti (e questi sono i più) sperano così di spiantare definitivamente il cattolicesimo.
ma lo vedi Scipione che instilli il pensiero che uno divorzi solo per capriccio?
Non hai ancora risposto alla mia domanda sulla prassi della Chiesa orientale riguardo ai divorziati.
E affermare che esse sono chiese scismatiche che non riconoscono l’autorità del Romano Pontefice è vero, ma molto limitante.
Mi pare che Benedetto XVI sia molto più avanti di te (e con lui, per fortuna) buona parte della Chiesa Cattolica.
Grazie a Dio per Benedetto XVI, Cardinale Martini, Enzo Bianchi, preti come Maioba……….sono giorni che mi chiedo se la Chiesa è quella mostrata da Scipione o da Giovanni Mandis, quale è mai la ragione perchè io voglia ritornarvi…
(scusate , ma non ho saputo trattenermi) comunque abbracci e rispetto per tutti
Che Benedetto XVI sia più avanti di me (e non solo più avanti) è certo, indubitabile, insiscutibile dal momento oltretutto che lui è il Papa, e proprio per questo al limite (sebbene non essendo io un sacerdote non abbia fatto voto di obbedienza…) aspetto che sia lui a dire che sia giusto e quindi da stabilire quello che invece voi già avete già stabilito essere giusto… ma forse voi a vostra volta vi ritenete molto più avanti di lui… questo sempre per la famosa umiltà che vi contraddistingue.
Comunque il vostro modo di argomentare davvero mi sorprende, con una tranquillità che ha dello sconvolgente utilizzate per portare avanti le vostre tesi qualsiasi genere di argomento, accettate qualsiasi genere di alleanza. vi avvalete di qualsivoglia strumento evidentemente certi che il fine giustifichi i mezzi e soprattutto dimostrando di possedere una disinvoltura logica senza eguali.
Lasciando perdere quando poco sopra liquidavate con due parolette ironiche il Catechismo della Chiesa Cattlica definendolo il buon vecchio catechismo e rimandando ad esso come si rimanda ad un manuale superato, pieno di fesserie e che comunque non c’entra con il discorso…(Credo che se volessi appartenere ad un club del Milan la prima cosa che mi imporrebbero sarebbe qualla di riconoscernee rispettarne lo statuto e che volessi farne parte affermando che il buon vecchio statuto mi interessa poco vrei scarse possibilità di essere accolto.)
Ora proseguite sulla stessa linea con questa frase: “affermare che esse sono chiese scismatiche che non riconoscono l’autorità del Romano Pontefice è vero, ma molto limitante?”
A parte che dire che una cosa è vera ma limitante mi pare quasi un ossimoro… vuoi dire che la verità è un particolare insignificante? Ma poi, di che verità si tratta? Non della verità che quelle chiese sono belle, grandi, vecchie, nuove ecc., ma che sono scismatiche, quindi che non sono in perfetto accordo con la Chiesa cattolica, quindi o che sono migliori o che sono peggiori (due contrari parimenti giusti io e aristotele non li diamo per possibili).
Certo oggi si dà per assodato che ogni volta che la Chiesa cattolica è in contrasto con altre chiese o sette ovviamente sia essa ad essere in torto, perchè più arretrata, più chiusa, più ottusa (quindi ad esempio è in torto rispetto alle sette protestanti circa il sacerdozio femminile, il celibato ecclesiastico, il matrimonio gay…) e che quindi debba essere sempre la Chiesa cattolica ad adeguarsi. Mai sfiora a nessuno il pensiero che possa invece essere la nostra Chiesa nel giusto e possano essere le altre chiese o sette ad aver perso la retta via e che quindi debbano loro riavvicinarsi a noi. Ma ti sembra umanamente possibile tutto ciò? Ossia che sia sempre la nostra Chiesa ad errare? Eppure non negherai che è così, cioè che mai e poi mai qualcuno di voi (voi generico per dire progressista o similia) considera il tanto decantato dialogo ecumenico come un vero dialogo… è in realtà sempre un monologo (una lectio) degli altri cui noi dovremo prima o poi, presto o tardi (a seconda che prevalgano quelli avanti e saggi come te o quelli indietro e ottusi come me) assentire e piegarci.
Scusa ma io non la vedo così. Io non stimo così poco la mia Chiesa (tutta, a partire dall’anno 33 d.C e non solo quella a partire dal 1962 o 65..) , io non vivo in essa con un tale senso di inferiorità universale, che basta contrappormi gli usi diversi di qualche altra chiesa o setta o associazione ecc. perchè consideri subito la cosa come prova inconfutabile che il nostro uso è errato e da mutare. E se non la fede e l’orgoglio, quantomeno la logica dovrebbe suggerire a tutti di fare altrettanto: ma voi (o meglio il mondo) in realtà avete già deciso – prima del Papa e prima di tutti – cosa è giusto per la Chiesa quindi nella foga di riuscire ad imporre la vostra visione cercate solo prove che a posteriori la rinforzino e non vagliate le situazioni con almeno la neuteralità che appunto la logica imporrebbe.
Tu infatti mi continui a buttare davanti quasta storia delle chiese orientali come se il fatto che loro fanno così fosse la prova provata che loro fanno bene, che noi sbagliamo e che quindi dobbiamo certamente muoverci a fare mea culpa e adeguarci. Scusa ma dove trovi tutte queste prove provate in quell’argomento delle chiese orientali? Eppure tanta è la vostra certezza che appunto sminuite proprio l’argomento che più di tutti dovrebbe invece mettervi inguardia ossia il fatto che si tratta di chiese scismatiche… certo una bazzecola, come dire che per decidere di sottoscrivere azioni di una società sapere che è in via di fallimento è sì una verità ma limitante e non po così fondamentale.
Lascio comunque al Papa discernere la questione anche se dubito fortemente che i suoi attuali passi verso quelle chiese conteplino una possibilità di mutare la Dottrina della Fede pur di farle rientrare all’ovile (quindi il tuo tirare in ballo il Papa è certo un’astuzia… fuorviante, visto che instilla l’idea che il Papa stesso abbia la vostra stessa concezione variabile della dotttrina, cosa che non mi risulta proprio)
E a proposito di instillare… io non istillo nulla; sei tu che cerchi di leggere nelle mie parole simili significati pechè farebbero gioco a farmi passare per il bigotto insensibile e crudele… quindi a screditare ogni mio argomento. Io ho detto chiaramente queste parole:
“le odierne “scelte difficili” sono invece auspicate da alcuni cristiani che sono ben disposti a piegare la fede alle esigenze del loro tempo… pur di non “rovinarsi la vita””
Ora, a parte che qui facevo un riferimento generale che non riguardava solo i divorziati, ma anche molte altre categorie che spingono perchè si mutino aspetti della dottrina, ma in ogni caso ho volutamente preso in considerazione solo quanti comunque avanzano tali richieste perchè spinti da serie ragioni e non per capriccio (sebbene non si può negare salvo voler essere più falsi di Giuda, che come sempre fra tanti ci sono pure quelli che agiscono e pretendono solo per capriccio… o tu giureresti che mai a memoria d’uomo si è celebrato un divorzio per capriccio?) dicevo ho preso in considerazione solo i casi con alla base motivazioni serie, tanto è vero che ho usato un’espressione inequivocabile “rovinarsi la vita” (tra virgolette come lo era “perdere la vita” nel caso dei martiri quindi non certo per dare un senso ironico alla locuzione… visto che i martiri non la perdevano per gioco). Chi agisce per evitare di rovinarsi la vita… non sta agendo per capriccio, salvo che la vita tu non la consideri tale. Non vedo dunque come tu possa aver letto in quella frase la mia intenzione di instillare una simile accusa generale di superficialità. Se poi ti ha infastidito che non abbia del tutto parificato i divorziati esclusi dalla comunione ai martiri che si facevano mettere sulla graticola… beh, mi spiace, ma davero questo mi sarebbe sembrato eccessivo 😉
Fammi un po’ di cose Scipione.
E’ il papa che decide ciò che é giusto e ciò che é sbagliato. O non é forse guida ? E guida molto sensibile all’umore della sua Chiesa ? E delle altre Chiese ? E che cerca di mediare e di fondere e di mettere in circolo le ricchezze di ognuna ?
L’umiltà non ci contraddistingue. E qui poco male. Hai ragione.
E l’atteggiamento di chi ritiene che la nostra Chiesa non abbia niente da imparare dall’Ortodossia orientale … dimmi, cos’é questa ?
instillare che uno divorzi per capriccio significa nel caso della tua argomentazione che insisti a sottolineare una regola che possa andar bene comunque e in tutti in casi, senza tener conto del caso puntuale, cosa questa inevitabile e non per falsa carità ma per la ricerca – seppur più dispendiosa (anche in risorse umane) – della verità
Riguardo ai martiri io starei molto attento a sottovalutare le violenze psicologiche e fisiche subite all’interno di un matrimonio, che poi divorziano e quindi sono esclusi dalla comunione : no non credo sarebbe eccessivo fare un paragone. Posso dirlo ? O forse che tu pesi i cuori meglio di Qualcun altro ?
Plpl8, il Papa è il custode del Deposito della Fede ricevuto dagli Apostoli i quali lo hanno ricevuto da Cristo. il Papa non si inventa nulla. Spiega, insegna, ammonisce, corregge gli errori, tutto per la migliore comprensione e rafforzamento della Fede del popolo credente.
Le “altre Chiese” di cui parli sono Chiese “particolari”, in subordine e DENTRO (alcune di queste Chiese particolari purtroppo per loro sono fuori al momento presente) l’unica Chiesa santa cattolica apostolica che ha sede a Roma, diffusa in tutto il mondo. i protestanti di qualuque foggia e colore non sono nemmeno chiesa, ma “pecore senza pastore” e fuori dall’unico ovile.
la Chiesa non ha nulla da imparare dalle “altre” chiesa perchè ha ricevuto e riceve tutto da Gesù Cristo; le ricchezze delle altre chiese sono già parte integrante della Chiesa cattolica; è grazie ai precedenti legami con la Chiesa che le “altre” chiese possiedono delle ricchezze; a queste altre chiese mancano però molte ricchezze che han perso allontanandosi dalla Chiesa cattolica.
Un poco di aiuto può venire dal porre le questioni evitando ogni punta polemica. Solo un poco, ma perchè rinunciarvi? Provo allora a bonificare tre passaggi della disputa, essendo stato io il primo – in questo post – a richiamare la diversa disciplina del matrimonio in vigore nelle Chiese dell’Ortodossia. La richiamavo con le parole – che trovo sapienti – del cardinale Husar: “La questione teologica da affrontare è questa: se la disciplina di misericordia da sempre praticata dall’Ortodossia abbia qualcosa da dire alla Chiesa di Roma, o se valga solo per l’Oriente”. Non è dunque una richiesta di adeguamento, ma un’interrogazione. Va da sè che avrebbe la stessa dignità l’interrogazione speculare: se cioè la più chiara tutela dell’unicità del matrimonio da sempre affermata dalla Chiesa di Roma non abbia da dire qualcosa alle Chiese dell’Ortodossia. – Il secondo passaggio è quello dello scisma: di certo è faccenda rilevante, ma non decisiva per riguardo alla disciplina del matrimonio, perchè questa era diversa già prima dello scisma. – Il terzo elemento era solo implicito nel mio richiamo a Husar ed è questo: l’interrogazione che ci può venire dalla disciplina delle Chiese sorelle ci è veicolata in primis dalle Chiese orientali in comunione con Roma e anche dalle antiche Chiese orientali (dette pre-calcedonesi) che non ebbero parte nello scisma. Dico questo senza alcuna animosità, dopo aver tutto ascoltato e di tutto ringraziando specie Scipione e Mandis che qui parlando controcorrente.
Inizio a rispondere – cercando di essere il più breve possibile – a plp8 che con così poche parole è riuscito ad affermare così tante cose che mi hanno lasciato diciamo perplesso. Poi vedrò di tornare al vero centro della questione o quello che per me è tale, richiamandomi all’ultimo intervento di Luigi.
La definizione che Mandis dà del papa sarebbe già sufficiente per far risaltare l’arbitrarietà di quella delineata da plp, però per evitare che si dica che a opinioni personali (errate) si contrappongano opinioni personali (ancorchè corrette) rimando a quel che ne dice il CCC e per suo tramite il CVII: “Il Papa, vescovo di Roma e successore di san Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli … Infatti il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di vicario di Cristo e di pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente”
Piaccia (a pochi) o meno qui non si delinea quella figura di Papa\caposcala condominiale tenuto a gestire la comunità dei condomini che si trova a presiedere sempre tenendo presente i loro umori e bisogni, avendo come principale suo scopo quello di soddisfare al meglio le loro esigenze affinchè possano soggiornare nel condominio nella maniera più comoda e felice possibile anche tenendo conto delle altrettanto legittime aspirazioni dei condomini delle altre scale e dei condomini limitrofi con i quale anzi è bene che il papa\caposcala cerchi – per raggiungere i fini esposti – a mediare liberamente – su istanza dei condomini stessi e dei loro umori – per giungere ad accordi, accorpamenti e\o riunificazioni che consentano una complessiva migliore gestione, una economicità organizzativa e un’efficienza gestionale.
Scusate l’ironia sparsa a piene mani ma alle volte l’ironia è l’unica arma per evitare di lasciarsi cadere le braccia davanti a certe uscite.
Ripeto, io una simile funzione papale non riesco a rintracciarla e temo stia tutta nelle menti e nelle speranze della parte più illuminata e progressista (a detta loro) dei cattolici oltre che ovviamente di tutti gli anticristiani. Ma per un attimo abbracciamo questa idea, mettiamo in soffitta il CCC, la tradizione bimillenaria della Chiesa ecc. ecc. e diamo per scontato che il ruolo del Papa sia davvero quello che plp8 e altri hanno umilmente stabilito che debba essere: un mediatore attento alle istanze terrene di tutti ecc. Bene, i problemi aumentano invece che diminuire. Intanto cosa significa mediare? Prendiamo un mediatore di affari che siede al tavolo delle trattative con la controparte: quale sarà la sua azione e soprattutto quale ci aspettiamo legittimamente che sia la sua posizione “ideale” o “morale” nell’intraprendere la missione? Credo che sarete d’accordo nel ritenere che un buon mediatore debba prima di tutto avere ben saldo nella testa lo scopo ultimo della sua missione, debba cioè essere certo di quale nucleo centrale di interessi sta difendendo o vuole perseguire. Debba sapere fin dove può spingersi a mediare e dove invece deve fermarsi perchè un passo in più e verrebbe meno lo scopo stesso della mediazione. Ad ogni mediatore, (Papa escluso) è riconosciuto, dalla logica stessa, il diritto di avere dei valori non-negoziabili, ossia un centro di interessi intoccabile. Centro di interessi che funge da finalità generale del suo agire, che determina dunque non solo entro che limiti fa giungere la mediazioni (cosa concedere, cosa pretendere) ma in generale ne costituisce anche la causa, la ragione: io medio perchè voglio ottenere una cosa x che è in linea con i miei scopi centrali. Determinato questo scopo\causa si può sensatamente sedersi ad un tavolo e… mediare. Ora, nel caso del vostro Papa\mediatore quale sarebbe questo scopo, questa causa che funge da faro guida nella mediazione? Al di là delle solite espressioni generiche e volutamente indistinte – stile conciliarese e teologhese – che cercano di dire troppo per evitare che ci si accorga che non dicono nulla (amore, ricchezze spirituali, condivisione ecc. ecc.) proviamo ad essere più spietatamente precisi e di arrivare al sodo grazie ad un po’ di buon senso logico, partendo da quanto continuate ad affermare. Si è parlato di necessità di dare ascolto agli umori dei fedeli (tutti anche quelli non cattolici), si è parlato tanto di sofferenze personali fisiche e morali, di esigenze sociali, di diritti dell’uomo e della donna, di equità, di pace, di felicità terrena (morale e fisica che sia), di benessere terreno (spirituale e materiale che sia)… in un’espressione che mi ha stupito per la sua schiettezza e puntualità (doti sempre così rare quando si para il conciliarese) …di diritto di goderci l’UNICA vita che ci è data.
Non credo di dire qualche cosa di eretico affermando che in nessun punto di questa nostra disputa (che non fa che rappresentare le posizioni tipiche di un certo cristianesimo adulto odierno) è mai emersa come degna di tutela una finalità che andasse al di là del benessere terreno delle persone. Insomma finalità tutte racchiuse ed esplicitate assai meglio nella Carta di San Francisco che nei Fioretti di San Francesco…. per non parlare del CCC. Battute, magre, a parte, questo mi pare un dato indubitabile e già di per sé inquietante. Ma andiamo oltre e diamo per accettato che ormai sia questo il vero nucleo valoriale su cui la Chiesa deve lavorare, che deve difendere e rendere scopo della sua universale funzione mediatrice. Rimangono ancora almeno due problemi da affrontare, quelli che da un pezzo sto cercando di sollevare ma che qui si continua ad ignorare.
Il primo: con quale sistema si renderà effettiva la possibilità per la Chiesa mediatrice di avere sempre il polso della situazione – degli umori – dei mandanti per il cui benessere sta mediando e agendo? Ossia, accettato che scopo della chiesa è il benessere integrale terreno dei fedeli con quale meccanismo istituzionale la chiesa può essere messa in grado di ricevere costantemente gli input dalla base che gli indichino quali sono i bisogni, le aspettative, le esigenze ecc. da perseguire e da soddisfare per giungere allo scopo? Chiaramente l’attuale struttura della Chiesa con un Papa scelto dallo Spirito Santo, monarca supremo e infallibile che prende ordini da Dio e ordina ai fedeli non è più ammissibile… il rapporto va, direi, capovolto. Serve un organo più democratico, scelto dalla base, meglio se collegiale e a tempo, capace di ricevere le istanze degli “elettori” comprenderne i bisogni, lavorare concretamente per venire incontro alle loro esigenze e al limite agire sulla divinità affinché collabori alla loro soddisfazione sia direttamente favorendola (Dio può tutto quindi se è davvero buono ci aiuti e faccia ciò che a noi preme di più e la smetta di avere i suoi antidemocratici disegni.. a prescindere dai nostri desideri) sia indirettamente non ostacolandola con dogmi, ordini, pretese, leggi ecc. che non corrispondano più al sentire della base elettorale e che quindi andranno abrogati o corretti. Non dite che sto dicendo amenità o facendo satira di bassa lega… chiunque di voi sa bene che simili proposte di “rinnovamento politico istituzionale” della chiesa esistono e, dirò di più, sono coerenti con quelle della sua “trasformazione” morale e dottrinale. Nell’assurdo cadono solo quelli che per timore di ammettere apertamente che si dovrebbe arrivare ad una simile chiesa.. fingono di chiedere solo le trasformazioni dottrinali e morali ma non le altre che sarebbero in realtà inevitabili.
Veniamo al secondo problema: quali limiti porre al benessere dei fedeli, alle loro esigenze e sopratutto come, con che autorità porli e farli rispettare tali limiti? Torniamo alla faccenda delle tante altre istanze – oltre a quelle dei divorziati – che vengono costantemente sostenute e rivendicate contro l’arretrata dottrina della Chiesa e, questo è centrale, sempre basandosi sui medesimi argomenti: amore, sofferenza personale, esigenze di libertà e tolleranza, rispetto dei diritti sociali ecc. ecc. A questo punto, a meno di non voler fare una classifica terrena delle sofferenze, delle libertà, delle legittime aspirazioni (ma qui sta il punto… anche volendo farla… come farla, su che basi e come farla rispettare senza cadere in insanabili contraddizioni?) con che diritto chiudere le orecchie davanti alle proteste degli uni dopo avere ascoltato e accolto quelle degli altri? Come sostenere che un omosessuale o un convivente non ami, soffra, speri ecc. ecc. quanto un divorziato? Che una donna non possa sentirsi frustrata e infelice al massimo grado non potendo consacrare l’ostia almeno quanto non si senta infelice un’altra non potendola assumere in entrambi i casi per colpa di “intollerabili” e ormai assurdi divieti della Chiesa? Inutile che continui con la scala… si capisce bene che gradino a gradino si può giungere ovunque… e l’unica cosa assurda e illegittima non sarebbe quella di proseguire la salita (o la discesa!!) all’infinito ma, date le premesse, voler mettere proditoriamente uno STOP in un punto qualsiasi della scala stessa.
Veniamo ancora alla questione umiltà. Intanto tra ritenere che la propria Chiesa abbia sempre ragione e credere che abbia sempre torto non so quale sia la posizione più assurda e illogica (io non farei mai parte di un club che considerassi una sentina di errori e orrori… soprattutto essendo libero di scegliermene uno dei tanti altri che non faccio che lodare e dichiarare migliore del mio). Nemmeno logico è poi sedersi ad un tavolo di mediazione con una controparte già sapendo di essere in errore e già riconoscendo la maggior ragionevolezza delle richieste e delle posizioni della stessa controparte: a quel punto che senso avrebbe mediare? Si abbracci in toto la posizione altrui senza perdere tempo.
Avete mai visto un processo in cui diciamo la difesa fosse già dell’opinione dell’accusa? Secondo voi il miglior modo per giungere alla verità è quello di far interagire due parti ognuna convinta delle proprie ragioni e disposta a difenderle e sceverarle fino al limite per testarne la tenuta o quello di far agire due parti una (sempre la stessa…!) delle quali – per dovere ecumenico di umiltà – fosse già convinta della poca sensatezza della propria tesi e invece già sincera ammiratrice di quella altrui? E non dite che non è così che molti cattolici fanatici dell’ideologia ecumenica spinta non ragionino in questo modo e non vedano nella mediazione se non uno strumento – quasi fosse una mola – tramite il quale giungere finalmente a erodere tutte quelle posizioni cattoliche che loro per pura loro ideologia (giacchè non hanno altro su cui basare il loro giudizio non essendosi la Divinità – a quanto ne so – espressa in merito dando il Suo accordo alle loro idee) trova ormai inaccettabili e sostituirle con quelle sostenute dalle controparti del fittizio dialogo. Non ho mai e pi mai, ripeto, mai e poi mai, sentito una sola volta un “progressista” di difendere una sola posizione tradizionale cattolica ce fosse oggetto di “mediazione” sostenendo nel contempo la necessità che fossero “gli atri” a doversi adeguare a noi e no viceversa. Qualsiasi punto oggetto di “controversia” è sempre risolto in prospettiva con la necessità che fosse finalmente la Chiesa cattolica ad adeguarsi alle più evolute posizioni altrui. Accetto concrete smentite! Ad ogni modo pur se qualche Azzeccagarbugli riuscisse a trovare il singolo punto (magari relativo alla lunghezza dei ceri pasquali da misurare in cm e non in pollici… che di più sostanzioso non credo si trovi…) in cui si sono sostenute le ragioni di Roma, resterebbe a parte la qualità del caso, la schiacciante quantità di casi contrari a rendere sorprendente la cosa.
Vi pare sensato tutto ciò? Vi pare assurdo che davanti ad un simile atteggiamento qualche sprovveduto cattolico non adulto rimanga perplesso e cominci a prendere posizioni più sensatamente difensive non accettando un giochino che con la scusa della mediazione si sta trasformando in una reale svendita sottocosto anzi a costo zero? Questo però tu me lo chiami presunzione, mancanza di umiltà. E te lo concedo. Chiamiamo pure mancanza di umiltà avere delle posizioni decise, osar ritenere che la cosa A è giusta e quella B sbagliata, osare insomma nell’età del relativismo assoluto (scusate l’ossimoro ma l’illogicità ne genera sempre) non essere relativista. A patto però che si dia del presuntuoso e del non umile a Colui seguendo il quale e obbedendo al quale (quindi non di testa nostra) ci permettiamo di affermare cose simili, ossia colui che ha tanto azzardatamene osato definirsi Via, Verità e Vita… in maniera categorica e non problematica o ipotetica. Se l’unica forma di umiltà fosse quella che tu e non solo tu, propugni (in apparenza perché poi circa le vostre di convinzioni siete granitici…) bisognerebbe concludere che gli unici umili sono quegli scettici assoluti che non credono in nulla, che ritengono impossibile giungere alla verità o meglio che non la riconoscono esistente e che quindi con fare scettico e cinico riguardano tutto e tutti con relativistico fare dubbioso… salvo ovviamente (e in questo anche vi somigliano) la loro granitica certezza nel negare ogni certezza. Ma è sento pur di non essere accusati di presunzione abbracciare un simile modo di vedere le cose e, soprattutto, un simile relativistico atteggiamento è compatibile in essenza e in logica con il dirsi cristiani? Non mi pronuncio… credo che Papa Benedetto XVI l’abbia fatto meglio di quanto potrei fare io.
Insomma se la mia è definibile una forma di presunzione, di mancanza di umiltà deve però essere anche definita come una mancanza di grado basso. Io credo fermamente giusta non una mia idea, non una mia posizione nel senso di idea da me formulata e decisa, ma quella di un’entità, la Chiesa, prima di tutto parzialmente trascendente e divina e secondariamente frutto del lavoro e del pensiero di milioni di uomini venuti prima di me e ritengo più santi e saggi di me. Certo di riflesso esaltando essa esalto in minima parte anche me stesso come infinitesimale suo membro ma ovviamente in proporzione al mio apporto che è pressoché nullo… (mi arricchisco come si arricchirebbe uno che possedesse una sola azione FIAT in caso di dividendo!). Diverso è il caso di chi, noncurante dei milioni di uomini che l’hanno preceduto e che hanno agito e pensato cose diverse dalle sue (per non parlare della volontà divina che non parrebbe proprio dargli ragione) fosse graniticamente certo della sensatezza e giustezza di proprie idee contrarie e auspicasse quanto prima che tutta la Chiesa si muovesse ad adeguarsi a queste nuove e più sagge idee. Chi sicuro del fatto proprio, del proprio volere, dei propri bisogni, delle proprie aspettative, dei propri ideali, delle proprie logiche… intraprende una lotta senza quartiere per riformare a propria immagine e somiglianza la struttura e le finalità della Chiesa (ovviamente nascondendosi dietro l’alibi del restauro… del riportare tutto all’ideale forma autentica e primitiva… tanto primitiva e sfuggente che nessuno potrà mai chiarire quale sia stata e quindi ognuno potrà ben dichiarare essere proprio quella da lui stesso delineata). A me questa pare una forma ben più grave e pesante di presunzione, una pura manifestazione di assenza di umiltà. Se poi in effetti consideriamo che i sostenitori della riforma sono gli stessi che trovano inaccettabile l’idea di un’autorità cui doversi inchinare, quella papale, che vogliono trasformare nel migliore dei casi i un “caposala” eletto dai condomini… beh mi sembra che il cerchio si chiuda.
E c’è di più. Altro punto di forza di chi sostiene la sensatezza delle proprie riforme è quella del famoso e obbligatorio adeguamento della Chiesa ai tempi… che guarda caso sono i nostri tempi e che per principio sono quindi considerati hegelianamente dei empi assoluti, i migliori, quelli degni di comandare e non di obbedire alla Chiesa. Già perché ogni epoca ha avuto i suoi tempi ma solo ai nostri sembra lecito pensare di dover non fare lo sforzo – come fecero tutti gli altri – per adeguarsi ai dettami della Chiesa… ma di pretendere che essa si sforzi ed in fretta ad adeguarsi a noi. Altra prova di umiltà su cui c sarebbe molto da discutere… visto che in effetti si dice sempre che le nostre (di omini moderni) esigenze, le nostre emozioni, il nostro sentire ecc. ecc. sono cambiati e questo basterebbe a giustificare la richiesta di automatico adeguamento da parte della Chiesa, ma non ci si ricorda mai che non basta dichiarare il mutamento… bisogna anche dimostrare che si tratta di un cambiamento in meglio, se si trattasse di un peggioramento… non mi sembrerebbe il caso che la Chiesa si adeguasse al nostro peggior modo di esser e sentire ma semmai che vi si cintrapponese con maggior rigore. Ma questa dimostrazione è normalmente omessa… inutile imosrare ciò che sembra a tutti evidente (diceva Aristotele) nel nostro caso che noi siamo migliori di quanti ci hanno preceduti. Ecco ancora la nostra leggendaria umiltà.
Altra questione, questa particolarmente sgradevole oltre che insensata: quella del mio instillare ecc. ecc. Capisco che l’ideologia accechi, però sarebbe bene comunque mantenere un po’ di senso critico e di logica quando si discute anche con i nemici più acerrimi. Davvero non sono riuscito a capire sulla base di quale inferenza logica tu plp8 hai potuto sostenere che ci sia un nesso tra ti cito: “instillare che uno divorzi per capriccio” e “insist(ere) a sottolineare una regola che possa andar bene comunque e in tutti in casi, senza tener conto del caso puntuale”. Come la seconda posizione implichi inequivocabilmente la prima davvero non capisco e non credo che nessuno possa onestamente capirlo. Ammettiamo pure che la mia sia una crudele posizione draconiana come sostenere che Dracone (il mitico legislatore che diciamo comminava sempre la massima pena per qualsiasi genere di delitto indipendentemente dalla sua gravità) facesse ciò perché riteneva frutto di capriccio i delitti? La cosa è ridicola. Te ne rendi conto? Il fatto è che oggi noi non accettiamo più alcuna imposizione rigida, più alcun ordine assoluto, soprattutto ci siamo creati – a nostra moderna immagine – un’idea di Dio come di un essere che non può e non deve pretendere nulla da noi, che ci deve amare, amar per come siamo e basta, senza chiedere, senza ordinare, senza obbligare ecc. Quindi ci appare inammissibile l’idea di peccato e ancora di più quella di una pena che possa ad esso seguire… abbiamo sempre pronta la nostra giustificazione firmata dai genitori (questo perché siamo diventati… adulti!) abbiamo sempre il caso di specie che ci dovrebbe esonerare e ci sembra intollerabile che proprio nostro caso, con tutte le sue particolarità.. prima fra tutte… che è il nostro, possa invece ricadere nella regola generale e farci meritare un qualsivoglia castigo. Plp8 sostiene che io ragioni così perché ritengo i divorziati tutti dei capricciosi (ammetterai almeno spero che però alcuni lo siano o no?) invece si sbaglia di grosso. Io difendo una legge, una disposizione e l’obbligo di seguirla non perché ritenga che non ci siano comprensibili motivi nei casi singoli per averla infranta, ma proprio e solo perché – e questo so che oggi suona assurdo – perché è una legge e legge divina. Chi di voi avrà fatto il militare saprà bene che il dovere della sentinella di lasciare il suo posto in guerra può accompagnarsi con la sanzione della fucilazione in caso di mancanza. Ora questa legge – umana – non ha come naturale corollario il fatto che si ritenga frutto di capriccio l’abbandono del posto da parte della sentinella e che tale corollario giustifichi quindi la pena. La sentinella può benissimo essersi allontanata per puro capriccio (magari ha visto passare una bella signorina…) ma molto più sensatamente lo avrà fatto pressato da serissimi motivi, in primis l’umano e comprensibilissimo terrore di soffrire e di rimanere ucciso vedendo giungere i nemici. Eppure in questo secondo caso non è meno colpevole e punibile che nel primo (anzi forse di più nella logica militare… visto che andandosene all’arrivo dei nemici ha esposto a richio certo l’esercito). Quindi la logica di quell’ordine categorico non va trovata nella svalutazione dei motivi che si ritengono alla base del gesto, ma a un disegno complessivo più ampio che si considera fondamentale e trascendente l’interesse particolare del singolo anche se in qualche modo comprendente anche questo. E se tutto ciò – l’esistenza di regole inderogabili – ha senso in una situazione tutta umana e opinabile come considerare assurda la stessa cosa all’interno di un’ottica sovrumana, di un disegno ben più ampio nel quale la valutazione dei beni e degli svantaggi andrebbe fatta trascendendo dai semplici bei e vantaggi terreni… se comunque tali beni e vantaggi ultraterreni non sono comunque negati nemmeno alle sentinelle che lasciano il loro posto.. e forse nemmeno a quelle che lo fanno per capriccio? Ma qui sta il punto: ci si crede a tali vantaggi? Ci si crede a tale ottica trascendente? Da come con disinvoltura si è disposti a non riconoscere alcun senso alla necessità di preservare certe regole rigide, certe disposizioni che trascendono i nostri interessi qui e ora, credo si possa arguire – come ho già scritto più sopra – quale in realtà sia ormai l’unica logica che noi accettiamo.
Un’ultima cosa Plp8. Tu mi attacchi ironico accusandomi di pretendere di voler “pesare” i cuori umani meglio di Dio stesso. Come sempre l’ideologia ti acceca. Non mi soffermo a dimostrare che semmai sono quelli della tua fazione che arrogandosi il diritto di stabilire come Dio debba pesare i cuori, si dimostrano convinti di saperne più di Lui in materia, mi basta sottolineare che ancora una volta non hai letto bene le mie parole e che io paragonando martiri e divorziati ho paragonato esclusivamente categoria generali e non cuori umani di singoli. Le due categoria hanno dei loro caratteri oggettivi indubitabili (che non sono i cuori dei singoli nel cui merito non sono entrato… io) e solo sulla base di essi le ho raffrontate, tenendo oltretutto presente le parole di principessa che per prima ha dichiarato ciò che tutti noi (io di certo!!!) dovremmo dichiarare e cioè… di non avere la vocazione al martirio. Insomma le due categoria hanno delle differenze oggettive (un singolo determinato martire e un singolo determinato divorziato potrebbero non averne) e tanto mi basta per non sentirmi obbligato a parificarle in tutto e per tutto. Per prima cosa la categoria dei martiri è certo più omogenea di quella dei divorziati, nel senso che le motivazioni alla base del martirio sono per tutti la fede in Dio e la volontà di testimoniarla “Usque ad sanguinis effusionem” come si dice (certo potrà pure essercene qualcuno martirizzato per caso… magari contro la sua volontà o per errore giudiziario, ma diciamo che si tratterebbe di casi ultrasporadici) mentre per quanto riguarda i divorziati, beh, so che questo vi fa imbestialire ma se avete un po’ di onestà intellettuale dovete riconoscer che – non sto nemmeno a tentare percentuali – esistono dei casi e in numero un po’ superiore al dato risibile residuale, di persone che divorziano a “cuor leggero” (se non volete che dica per capriccio) insomma anche senza tirare in ballo i casi alla Liz Taylor dovrete ammettere che l’esistenza di città come Las Vegas e di normative ce consentono il matrimonio e il divorzio lampo sono incompatibili con la tesi che si giunga ad un simile passo solo e sempre doppio anni e anni di incredibili sofferenze sopportate fino al limite umano di sopportazione. I casi alla Principessa per fortuna o per sfortuna non sono la stragrande maggioranza ancor meno la totalità, sfido chiunque a non poter trovare anche solo fra le persona che conosce – per non scomodare i vip – casi che confermino la mia affermazione. E vi prego non siate così Farisei da dire che comunque non si deve giudicare dall’esterno, che non si può conoscere il cuore umano in nessun caso e in nessun modo ecc. All’evidenza alle volte bisogna arrendersi senza pretendere prove diaboliche impossibili. Quindi su questo primo punto dubito che si potrà negarmi la ragione: i martiri sono tutti martiri… i divorziati solo per una certa percentuale si sono trovati in situazioni da martirio. Secondo dato che non mi permette di appaiare le due categorie (ripeto categorie) consiste nell’esito finale della prova affrontata. Anche prendendo in considerazione solo i divorziati che hanno vissuto situazioni paragonabili al martirio (cosa che non escludo affatto) è innegabile che ad un certo momento hanno umanamente in maniera comprensibile deciso di sottrarsi ad esso… a differenza dei martiri veri e propri. Insomma hanno entrambe le categorie partecipato a una corsa durissima… ma mentre i martiri sono arrivati infondo alla gara i divorziati l’hanno ad un certo punto abbandonata. Diamo a tutti la stessa medaglia (qui sulla terra intendo… perché fortunatamente vista la nostra umana debolezza le medaglie più importanti non sono negate per principio a nessuno)? Tutto qui, questo il motivo – un istintivo bisogno di distinguere due situazioni che per logica non potevo, in generale , considerare identiche – mi ha fatto decidere per la differenza anziché per l’uguaglianza… ma ciò è stato dovuto proprio alla mia rinuncia a arrogarmi il diritto e la capacità di sape pesare ogni singolo cuore, se avessi creduto di esserne capace, magari anche più di Qualcuno, probabilmente invece che concluder nella maniera generica e oggettiva in cui ho concluso, avrei fatto come te che leggendo evidentemente in ogni singola anima e sapendo giudicare meglio di chiunque hai potuto smentire le mie parole e tributare con equità salomonica a tutti il giusto riconoscimento.
Ora una telegrafica e problematica replica a Luigi. Inutile dilungarmi perché finirei con il ripetermi, le argomentazioni le ho già fin troppo abbondantemente esposte qui sopra. Il cardinale Hsar sostiene: “La questione teologica da affrontare è questa: se la disciplina di misericordia da sempre praticata dall’Ortodossia abbia qualcosa da dire alla Chiesa di Roma, o se valga solo per l’Oriente”
La frase mi lascia perplesso, ne conosco solo la traduzione quindi la do per buona, ad ogni modo credo che mi piacerebbe di più se non fosse così vaga… cosa significa quel “abbia qualcosa da dire”? Dice troppo o troppo poco. Perché non osare chiedersi più schiettamente se quella disciplina è giusta o meno? Non so, dietro certi bizantinismi leggo sempre più spesso uno scetticismo generale e genetico davvero incompatibile con ogni Chiesa….
Caro Scipione… non ho fatto il militare : ho fatto l’obiettore a Trieste, bellissima città, anche per la mescolanza di persone di nazionalità, cultura e religione differenti. Ma ho le spalle belle grosse e puoi infierire ad libitum
E tu invece ? Dal nick e dall’esempio della sentinella sembra proprio di no…
Mi dispiace, non mi dilungo oltre, sono di poche parole anche nella vita reale, salvo poi sposare una donna che parla anche per me 😉
Non replico dunque alle risposte che mi hai dato che con la logica, non prendertela, hanno poco a che fare, ma hanno a che fare invece con emozioni e sentire personale, né più né meno delle mie.
Devo inchinarmi sinceramente di fronte al modo in cui esponi le tue tesi : mi ricorda quei compagni di classe che seppur non avevano studiato molto
avevano un’ottima dialettica e con fumosi discorsi riuscivano ad intortare anche l’insegnante più smaliziato, portando a casa una dignitosa sufficienza.
Poi é inutile che chiedi a me (che non ho né la capacità nè soprattutto ha voce in capitolo perchè non sono un addetto ai lavori) come risolvere le questioni di un eventuale cambiamento nel sistema : il nuovo equilibrio é compito della Chiesa trovarlo.
… che potrebbe anche decidere di non trovarlo e nemmeno cercarlo e tenersi quello vechio di sistema.
Troppo comodo distruggere e poi lasciare ad altri il compito di ricostruire. Chi vuole distruggere qualche cosa – se non è un Attila – deve anche già sapere bene come costruire qualche cosa di nuovo ed essere certo che sia migliore… altrimenti è bene che si astenga, umilmente.
PS
Fare il militare però non è da considerarsi proprio… un crimine. Grazie comunque per la sufficienza anche se stiracchiata. 😉
Mi accingo a intraprendere questo peculiare ministero, il ministero ‘petrino’ al servizio della Chiesa universale, con umile abbandono nelle mani della Provvidenza di Dio. E’ in primo luogo a Cristo che rinnovo la mia totale e fiduciosa adesione: “In Te, Domine, speravi; non confundar in aeternum!”.
A voi, Signori Cardinali, con animo grato per la fiducia dimostratami, chiedo di sostenermi con la preghiera e con la costante, attiva e sapiente collaborazione. Chiedo anche a tutti i Fratelli nell’Episcopato di essermi accanto con la preghiera e col consiglio, perché possa essere veramente il Servus servorum Dei. Come Pietro e gli altri Apostoli costituirono per volere del Signore un unico Collegio apostolico, allo stesso modo il Successore di Pietro e i Vescovi, successori degli Apostoli, – il Concilio lo ha con forza ribadito (cfr Lumen gentium, 22) -, devono essere tra loro strettamente uniti. Questa comunione collegiale, pur nella diversità dei ruoli e delle funzioni del Romano Pontefice e dei Vescovi, è a servizio della Chiesa e dell’unità nella fede, dalla quale dipende in notevole misura l’efficacia dell’azione evangelizzatrice nel mondo contemporaneo. Su questo sentiero, pertanto, sul quale hanno avanzato i miei venerati Predecessori, intendo proseguire anch’io, unicamente preoccupato di proclamare al mondo intero la presenza viva di Cristo.
3. Mi sta dinanzi, in particolare, la testimonianza del Papa Giovanni Paolo II. Egli lascia una Chiesa più coraggiosa, più libera, più giovane. Una Chiesa che, secondo il suo insegnamento ed esempio, guarda con serenità al passato e non ha paura del futuro. Col Grande Giubileo essa si è introdotta nel nuovo millennio recando nelle mani il Vangelo, applicato al mondo attuale attraverso l’autorevole rilettura del Concilio Vaticano II. Giustamente il Papa Giovanni Paolo II ha indicato il Concilio quale “bussola” con cui orientarsi nel vasto oceano del terzo millennio (cfr Lett. ap. Novo millennio ineunte, 57-58). Anche nel suo Testamento spirituale egli annotava: “Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito” (17.III.2000).
Anch’io, pertanto, nell’accingermi al servizio che è proprio del Successore di Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei Predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa. Ricorrerà proprio quest’anno il 40.mo anniversario della conclusione dell’Assise conciliare (8 dicembre 1965). Col passare degli anni, i Documenti conciliari non hanno perso di attualità; i loro insegnamenti si rivelano anzi particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata.
4. In maniera quanto mai significativa, il mio Pontificato inizia mentre la Chiesa sta vivendo lo speciale Anno dedicato all’Eucaristia. Come non cogliere in questa provvidenziale coincidenza un elemento che deve caratterizzare il ministero al quale sono stato chiamato? L’Eucaristia, cuore della vita cristiana e sorgente della missione evangelizzatrice della Chiesa, non può non costituire il centro permanente e la fonte del servizio petrino che mi è stato affidato.
L’Eucaristia rende costantemente presente il Cristo risorto, che a noi continua a donarsi, chiamandoci a partecipare alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue. Dalla piena comunione con Lui scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa, in primo luogo la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli.
[…]
5. Alimentati e sostenuti dall’Eucaristia, i cattolici non possono non sentirsi stimolati a tendere a quella piena unità che Cristo ha ardentemente auspicato nel Cenacolo. Di questo supremo anelito del Maestro divino il Successore di Pietro sa di doversi fare carico in modo del tutto particolare. A lui infatti è stato affidato il compito di confermare i fratelli (cfr Lc 22,32).
Con piena consapevolezza, pertanto, all’inizio del suo ministero nella Chiesa di Roma che Pietro ha irrorato col suo sangue, l’attuale suo Successore si assume come impegno primario quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Questa è la sua ambizione, questo il suo impellente dovere. Egli è cosciente che per questo non bastano le manifestazioni di buoni sentimenti. Occorrono gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell’ecumenismo.
Il dialogo teologico è necessario, l’approfondimento delle motivazioni storiche di scelte avvenute nel passato è pure indispensabile. Ma ciò che urge maggiormente è quella “purificazione della memoria”, tante volte evocata da Giovanni Paolo II, che sola può disporre gli animi ad accogliere la piena verità di Cristo. E’ davanti a Lui, supremo Giudice di ogni essere vivente, che ciascuno di noi deve porsi, nella consapevolezza di dovere un giorno a Lui rendere conto di quanto ha fatto o non ha fatto nei confronti del grande bene della piena e visibile unità di tutti i suoi discepoli.
L’attuale Successore di Pietro si lascia interpellare in prima persona da questa domanda ed è disposto a fare quanto è in suo potere per promuovere la fondamentale causa dell’ecumenismo. Sulla scia dei suoi Predecessori, egli è pienamente determinato a coltivare ogni iniziativa che possa apparire opportuna per promuovere i contatti e l’intesa con i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali. Ad essi, anzi, invia anche in questa occasione il più cordiale saluto in Cristo, unico Signore di tutti.
6. Torno con la memoria, in questo momento, all’indimenticabile esperienza vissuta da noi tutti in occasione della morte e dei funerali del compianto Giovanni Paolo II. Attorno alle sue spoglie mortali, adagiate sulla nuda terra, si sono raccolti i Capi delle Nazioni, persone d’ogni ceto sociale, e specialmente giovani, in un indimenticabile abbraccio di affetto e di ammirazione. A lui ha guardato con fiducia il mondo intero. E’ sembrato a molti che quella intensa partecipazione, amplificata sino ai confini del pianeta dai mezzi di comunicazione sociale, fosse come una corale richiesta di aiuto rivolta al Papa da parte dell’odierna umanità che, turbata da incertezze e timori, si interroga sul suo futuro.
La Chiesa di oggi deve ravvivare in se stessa la consapevolezza del compito di riproporre al mondo la voce di Colui che ha detto: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Nell’intraprendere il suo ministero il nuovo Papa sa che suo compito è di far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la propria luce, ma quella di Cristo.
Con questa consapevolezza mi rivolgo a tutti, anche a coloro che seguono altre religioni o che semplicemente cercano una risposta alle domande fondamentali dell’esistenza e ancora non l’hanno trovata. A tutti mi rivolgo con semplicità ed affetto, per assicurare che la Chiesa vuole continuare a tessere con loro un dialogo aperto e sincero, alla ricerca del vero bene dell’uomo e della società.
Invoco da Dio l’unità e la pace per la famiglia umana e dichiaro la disponibilità di tutti i cattolici a cooperare per un autentico sviluppo sociale, rispettoso della dignità d’ogni essere umano.
Non risparmierò sforzi e dedizione per proseguire il promettente dialogo avviato dai miei venerati Predecessori con le diverse civiltà, perché dalla reciproca comprensione scaturiscano le condizioni di un futuro migliore per tutti.
(Così disse il rivoluzionario Papa Benedetto XVI, all’atto di assumere il compito di pastore di Roma, che da cardinale fu un noto teologo della teologia della liberazione, eletto da un conclave sessantottino, che vide uscire definitivamente fuori di scena il troppo conservatore card. Carlo M. Martini)
Perfetto… ironia a parte, e tenendo conto che l’estensore di questo discorso è lo stesso che ha esteso il CCC e promulgato il suo compendio (anche se quei documenti sembrano scomodi e non si citano), da dove si può evincere che queste parole delineino un papa il cui ruolo è quello di amministratore\mediatore? E da dove può desumesi un concetto di dialogio ecumenico che significhi patteggiamento della dottrina per giungere a far confluire la chiesa cattolica nell’infinita e informe galassia delle sette protestanti o delle chiese orientali scismatiche? Basta solo riflettere sul fatto che il Papa parla di unità dei cristiani… ora come potrebbero unirsi i cristiani tutti se non tornando a far parte della Chiesa cattolica che è l’unica chiesa cristiana unita e universale esistente? Qualsiasi altra strada potrebbe solo portare alla nascita di un’ennesima chiesa particolare… o al limite a parziali convergenze o alleanze o associazioni più politiche che altro sulla base o di vaghissime convergenze di fondo o di facciata. Altro discorso è quello di un’unità fra cristiani (ma anche a qusto punto ebrei e islamici) non tanto fondata su convergenze dottrinali (che sarebbe assurdo tanto svendere le proprie come forzare gli altri a fare altrettanto con le loro) quanto sul generale bisogno di affermare e difendere dall’imperante e montante scetticismo materialista e relativista della modernità quell’esigenza di VERO assoluto che comunque tutte queste tre religioni predicano. Cosa questa che cozza contro la volontà – di certi ambiti cattolici – che proprio la nostra Chiesa faccia ulteriori e definitive “aperture” o concessioni alle logiche del notro tempo.
Quando Ratzinger parla per la prima volta da Papa la sua naturale umiltà lo spinge a non calcare troppo le tinte sul senso, il peso el’importanza di quel ruolo che ora è il suo, più ovviamente tranquillo e vibrante il suo ultimo grande discorso da cardinale rivolto non ad un Papa ma al Papa, qualsiasi volto avrebbe avuto.
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“In quest’ora di grande responsabilità, ascoltiamo con particolare attenzione quanto il Signore ci dice con le sue stesse parole. Dalle tre letture vorrei scegliere solo qualche passo, che ci riguarda direttamente in un momento come questo”.
“La prima lettura offre un ritratto profetico della figura del Messia – un ritratto che riceve tutto il suo significato dal momento in cui Gesù legge questo testo nella sinagoga di Nazareth, quando dice: “Oggi si è adempiuta questa scrittura”. Al centro del testo profetico troviamo una parola che – almeno a prima vista – appare contraddittoria. Il Messia, parlando di sè, dice di essere mandato “a promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio”.
Ascoltiamo, con gioia, l’annuncio dell’anno di misericordia: la misericordia divina pone un limite al male – ci ha detto il Santo Padre. Gesù Cristo è la misericordia divina in persona: incontrare Cristo significa incontrare la misericordia di Dio. Il mandato di Cristo è divenuto mandato nostro attraverso l’unzione sacerdotale; siamo chiamati a promulgare – non solo a parole ma con la vita, e con i segni efficaci dei sacramenti, “l’anno di misericordia del Signore”.
“Ma cosa vuol dire Isaia quando annuncia il “giorno della vendetta per il nostro Dio”? Gesù, a Nazareth, nella sua lettura del testo profetico, non ha pronunciato queste parole – ha concluso annunciando l’anno della misericordia. E’ stato forse questo il motivo dello scandalo realizzatosi dopo la sua predica? Non lo sappiamo. In ogni caso il Signore ha offerto il suo commento autentico a queste parole con la morte di croce. “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce?”, dice San Pietro. E San Paolo scrive ai Galati: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno, perchè in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede”.
“La misericordia di Cristo non è una grazia a buon mercato, non suppone la banalizzazione del male. Cristo porta nel suo corpo e sulla sua anima tutto il peso del male, tutta la sua forza distruttiva. Egli brucia e trasforma il male nella sofferenza, nel fuoco del suo amore sofferente. Il giorno della vendetta e l’anno della misericordia coincidono nel mistero pasquale, nel Cristo morto e risorto. Questa è la vendetta di Dio: egli stesso, nella persona del Figlio, soffre per noi”.
“QUANTO PIÙ SIAMO TOCCATI DALLA MISERICORDIA DEL SIGNORE, TANTO PIÙ ENTRIAMO IN SOLIDARIETÀ CON LA SUA SOFFERENZA – DIVENIAMO DISPONIBILI A COMPLETARE NELLA NOSTRA CARNE “QUELLO CHE MANCA AI PATIMENTI DI CRISTO”.
Passiamo alla seconda lettura, alla lettera agli Efesini. Qui si tratta in sostanza di tre cose: in primo luogo, dei ministeri e dei carismi nella Chiesa, come doni del Signore risorto ed asceso al cielo; quindi, della maturazione della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, come condizione e contenuto dell’unità nel corpo di Cristo; ed, infine, della comune partecipazione alla crescita del corpo di Cristo, cioè della trasformazione del mondo nella comunione col Signore.
Soffermiamoci solo su due punti. Il primo è il cammino verso “la maturità di Cristo”; così dice, un pò semplificando, il testo italiano. Più precisamente dovremmo, secondo il testo greco, parlare della “misura della pienezza di Cristo”, cui siamo chiamati ad arrivare per essere realmente adulti nella fede. Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità. E IN CHE COSA CONSISTE L’ESSERE FANCIULLI NELLA FEDE? RISPONDE SAN PAOLO: SIGNIFICA ESSERE “SBALLOTTATI DALLE ONDE E PORTATI QUA E LÀ DA QUALSIASI VENTO DI DOTTRINA?”. UNA DESCRIZIONE MOLTO ATTUALE!
“QUANTI VENTI DI DOTTRINA ABBIAMO CONOSCIUTO IN QUESTI ULTIMI DECENNI, QUANTE CORRENTI IDEOLOGICHE, QUANTE MODE DEL PENSIERO… LA PICCOLA BARCA DEL PENSIERO DI MOLTI CRISTIANI È STATA NON DI RADO AGITATA DA QUESTE ONDE – GETTATA DA UN ESTREMO ALL’ALTRO: DAL MARXISMO AL LIBERALISMO, FINO AL LIBERTINISMO; DAL COLLETTIVISMO ALL’INDIVIDUALISMO RADICALE; DALL’ATEISMO AD UN VAGO MISTICISMO RELIGIOSO; DALL’AGNOSTICISMO AL SINCRETISMO E COSÌ VIA. OGNI GIORNO NASCONO NUOVE SETTE E SI REALIZZA QUANTO DICE SAN PAOLO SULL’INGANNO DEGLI UOMINI, SULL’ASTUZIA CHE TENDE A TRARRE NELL’ERRORE.
AVERE UNA FEDE CHIARA, SECONDO IL CREDO DELLA CHIESA, VIENE SPESSO ETICHETTATO COME FONDAMENTALISMO. MENTRE IL RELATIVISMO, CIOÈ IL LASCIARSI PORTARE “QUA E LÀ DA QUALSIASI VENTO DI DOTTRINA”, APPARE COME L’UNICO ATTEGGIAMENTO ALL’ALTEZZA DEI TEMPI ODIERNI. SI VA COSTITUENDO UNA DITTATURA DEL RELATIVISMO CHE NON RICONOSCE NULLA COME DEFINITIVO E CHE LASCIA COME ULTIMA MISURA SOLO IL PROPRIO IO E LE SUE VOGLIE”.
“Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. E’ lui la misura del vero umanesimo. “ADULTA” NON È UNA FEDE CHE SEGUE LE ONDE DELLA MODA E L’ULTIMA NOVITÀ; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. E’ quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità.
Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. LA CARITÀ SENZA VERITÀ SAREBBE CIECA; LA VERITÀ SENZA CARITÀ SAREBBE COME “UN CEMBALO CHE TINTINNA”.
“Veniamo ora al Vangelo, dalla cui ricchezza vorrei estrarre solo due piccole osservazioni. Il Signore ci rivolge queste meravigliose parole: “Non vi chiamo più servi? ma vi ho chiamato amici”.
Tante volte sentiamo di essere – come è vero – soltanto servi inutili. E, ciò nonostante, il Signore ci chiama amici, ci fa suoi amici, ci dona la sua amicizia. Il Signore definisce l’amicizia in un duplice modo. Non ci sono segreti tra amici: Cristo ci dice tutto quanto ascolta dal Padre; ci dona la sua piena fiducia e, con la fiducia, anche la conoscenza. Ci rivela il suo volto, il suo cuore. Ci mostra la sua tenerezza per noi, il suo amore appassionato che va fino alla follia della croce. Si affida a noi, ci dà il potere di parlare con il suo io: “questo è il mio corpo…”, “io ti assolvo…”.
Affida il suo corpo, la Chiesa, a noi. Affida alle nostre deboli menti, alle nostre deboli mani la sua verità – il mistero del Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; il mistero del Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”. Ci ha reso suoi amici – e noi come rispondiamo?”.
“Il secondo elemento, con cui Gesù definisce l’amicizia, è la comunione delle volontà. “Idem velle – idem nolle”, era anche per i Romani la definizione di amicizia. “Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando”. L’amicizia con Cristo coincide con quanto esprime la terza domanda del Padre nostro: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”.
Nell’ora del Getsemani Gesù ha trasformato la nostra volontà umana ribelle in volontà conforme ed unita alla volontà divina. Ha sofferto tutto il dramma della nostra autonomia – e proprio portando la nostra volontà nelle mani di Dio, ci dona la vera libertà: “NON COME VOGLIO IO, MA COME VUOI TU”. In questa comunione delle volontà si realizza la nostra redenzione: essere amici di Gesù, diventare amici di Dio. Quanto più amiamo Gesù, quanto più lo conosciamo, tanto più cresce la nostra vera libertà, cresce la gioia di essere redenti. Grazie Gesù, per la tua amicizia!”.
“L’altro elemento del Vangelo – cui volevo accennare – è il discorso di Gesù sul portare frutto: “Vi ho costituito perchè andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”.
Appare qui il dinamismo dell’esistenza del cristiano, dell’apostolo: vi ho costituito perchè andiate? Dobbiamo essere animati da una santa inquietudine: l’inquietudine di portare a tutti il dono della fede, dell’amicizia con Cristo. In verità, l’amore, l’amicizia di Dio ci è stata data perchè arrivi anche agli altri.
Abbiamo ricevuto la fede per donarla ad altri – siamo sacerdoti per servire altri. E dobbiamo portare un frutto che rimanga. Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno. Dopo un certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono.
L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità.
Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e preghiamo il Signore, perchè ci aiuti a portare frutto, un frutto che rimane. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio”.
“Ritorniamo infine, ancora una volta, alla lettera agli Efesini. La lettera dice – con le parole del Salmo 68 – che Cristo, ascendendo in cielo, “ha distribuito doni agli uomini”.
Il vincitore distribuisce doni. E questi doni sono apostoli, profeti, evangelisti, pastori e maestri. Il nostro ministero è un dono di Cristo agli uomini, per costruire il suo corpo – il mondo nuovo.
Viviamo il nostro ministero così, come dono di Cristo agli uomini! Ma in questa ora, soprattutto, preghiamo con insistenza il Signore, perchè dopo il grande dono di Papa Giovanni Paolo II, ci doni di nuovo un pastore secondo il suo cuore, un pastore che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia. Amen”.
“Scipione ma chi ha mai detto qui ciò che tu neghi? “E da dove può desumesi un concetto di dialogio ecumenico che significhi patteggiamento della dottrina per giungere a far confluire la chiesa cattolica nell’infinita e informe galassia delle sette protestanti o delle chiese orientali scismatiche?”
Si è chiesto di farsi qualche domanda in più…
E’ davvero così proibitivo?
Io non ho nessuna soluzioen pronta e preconfezionata.
Il tuo “voi” riferito a tutti e nessuno mi fa un baffo.
Io ho davanti, nella mia parrocchia persone in carne e ossa.
E’ vero qualcuno solo capriccioso, ma atnti e tanti non lo sono.
Riprendo l’espressione del papa che tu riporti: “adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. E’ quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità”.
Ma tu pensi che chi chiede di fare la comunione non lo chieda in virtù di quell’amicizia con Cristo?
altrimenti che cos’è fare la comunione? un totem?
Ma nessuno, salvo forse tu ora, l’ha nemmeno mai negato e nemmeno tu puoi negare che questa sia una concreta possibilità in cui molti i quali per totem hanno il dialogo, confidano. Insomma non nascondiamoci dietro un dito… le cose che ho scritto e ipotizzato, quelle che ho stigmatizzato e paventato ecc. non sono frutto di mie paranoie infondate ma semplici possibilità che molti vorrebbero rendere realtà. Nella tua parrocchia hai mai discusso di temi simili ad esempio con qualche “cristiano di base”, con qualche assiduo frequentatore di Bose (se solo gli nomini la Curia si fanno il segno della croce ;-)) con qualche dossettiano duro e puro? Hai mai provato amagari a discutere con loro, con questi campioni dell’ecumenica tolleranza universale, della Summorum pontificum e della possibilità di far ceebrare una messa i rito straordinario? Rischi il rogo… e la scomunica, io ho perso delle amicizie nella mia diocesi per averlo fatto. Tempo fa, se non ricordo male lo scorso anno, andai ad una conferenza all’università di Milano nella quale H. Kung presentava la sua autobiografia – la I parte – era pieno di sacerdoti e religiosi e religiose oltre che di “ferventi cattolici adulti e progressisti” e giornalisti dlle solite testate… (corriere, repubblica, stampa ecc.) quelle che sparano su Ratzinger e poi adulano Bianchi o Martini. Kung disse cose ben più estreme delle mie circa lo sopo del dialogi, il futuro della chiesa, la sua riforma istituzionale ecc. ecc. prese molti applausi a scena aperta. Alla fine del suo sproloquio si passò alle domande . Ci fu una salva di domande adulatorie e di sostengno… tranne la mia. Io gli chiesi – in sintesi – se anche lui in fondo non fosse mosso da un cieco e ideologico fanatismo anti-romano. Rispose a tutte le domande.. salvo la mia che disse di non aver capito. Ma qusto è solo un esempio… La lotta che in questo periodo si fa alla Chiesa è di tale portata che non ci si può permettere di fare gli ingenui. Insomma la contrapposizione è forte e ogni “scusa”… è buona, ogni situazione può trasfornmarsi in un’arma “politica” per questo ritengo che dovrebbe essere al momento solo il Papa a occuparsi di certe questioni, in silenzio, con la capacità e l’autorità che possiede.. senza falzi e inutili incoraggiamenti (come quello di Martini) che mi sanno più di provocazione anti-romana che di vera pastorale preoccupazione per le sofferenze dei divirziati non sposati.
peccato che il papa non ritiene quello che ritieni tu (benché, come dice Luigi, sia un papa solista…)
e questo sottintende il fatto che in fondo in fondo, anche tu vuoi insegnare al papa il suo mestiere… e che quindi non sei poi così differente da tutti coloro che critichi.
Tu però lo fai per il bene della Chiesa, per preservare la santa ortodossia, mentre gli altri lo fanno per distruggerla. Hai ragione, scusa.
Beh, chi conosce così bene la vera volontà di Dio figuriamoci se non sa a mena dito ciò che desidera e pensa il Papa. E comunque, fosse pure come dici, sarebbe bene aspettare che sia lui nei modi e nei tempi che decide a chiedere pareri e aiuti piuttosto che farlo a proprio capriccio dalle colonne dei giornali che lo attaccano e tramite ospitate nelle trasmissioni televisive (vedi Fazio) delle reti TV in cui lo si dileggia…e tutto ciò nei toni e nei modi che conosciamo ecc. ecc.
Vabbè, comunque so che è inutile dialogare con chi è graniticamente, visceralmente certo di essere nel giusto ma si finge aperto, umile e antidogmatico (significa essere ancora più granitici di chi come me non mistifica le sue certezze ma le espone – anche ingenuamente – e quindi in un modo o nell’altro le mette in gioco), con chi insomma ama dialogare davvero solo con quanti la pensano come lui…
Io ho sempre risposto puntualmente e anche dilungandomi fin troppo – lo riconosco – ad ogni vostra domanda, anche quelle “velenosette”, anche quelle ripetute, anche alle semplici battute, cercando nei limiti delle mie capacità di argomentare il più possibile le mie tesi e sopratutto le tentate confutazioni delle vostre. Invece tu e altri evitate accuratamente ogni puntuale risposta, replicate a brevi slogan o con frecciatine ironiche senza mai motivare e provare o citando altri, facendo sempre nuove domande o buttandola – e allora sì dilungandovi – sul patetico del caso singolo davanti al quale il rispetto umano imporrebbe – nelle vostre intenzioni – agli oppositori di alzare le mani e chinare la testa ecc.
Insomma avrei detto (e non solo io perchè simile trattamento è stato riservato anche ad altri) solo ed esclusivamente tali e tante assurdità paranoiche che non meritano nemmno una esplicita e argomentata smentita? Tali castronerie del tutto false e inventate che non serve nemmeno entrare nel merito dei singoli pnti per confutarle ma si confutano da sole coprendole con un pietoso silenzio? Sarà… certo che non è questo il modo di dialogare che intendo io tanto meno quello di cercare di far uscire chi sbaglia, se davvero sbaglia, dall’errore. Ad ogni modo mi pare di aver capito che tu (perdonami il tu) sei un sacerdote, quindi non controbatto oltre, perchè non amo disputare con leggerezza con chi ritengo – sinceramente – mi sia (per lo status sacramentale di cui è rivestito) e per conoscenze (data l’esperienza e gli studi che avrà fatto) superiore.
Un saluto a tutti.
@ Scipione
E invece secondo me non dovresti avere nessun complesso di inferiorità nei miei confronti, né per quanto attiene il mio status sacramentale né per i miei studi: non sono certo migliore di te perhè sono un sacerdote.
Certo che le tue argomentazioni sono spesso valide (sinceramente più articolate e serene di quelle di Giovanni Mandis per esempio).
Ed è giusto che tu lo rimarchi, ma forse qui è mancato un discorso di fondo chiaro: io non critico affatto la dottrina della Chiesa cattolica sul matrimonio.
Ho già detto che sono dalla parte dell’indissolubilità.
Però nella mia esperienza quotidiana vedo tanti e tali di quelle situazioni che mi fanno porre molte domande, tutto qua.
E mi fanno trovare risposte certo in primo luogo nella Scrittura e nella Tradizione, e quindi nel Magistero.
Ma non cessano di interrogarmi laddove mi pare che né il Magistero, né la Tradizione, né tantomeno la Scrittura chiudano irrimediabilmente la porta.
Del resto le eccezioni per quanto riguarda lo scioglimento del vincolo non sono poi così poche e balorde…
Così non cesso di cercare risposte anche in una prassi (quella delle Chiese orientali) esplicitamente riconosciute (non da me ma dai Papi e dal magistero recente) sorelle e nella quasi-pienezza di tutti quei tesori di santità che credo essere nella Chiesa Cattolica.
Prassi peraltro risalente a prima dello scisma, e dunque non direttamente inficiate dallo scisma stesso…
Certezze granitiche non ne ho.
Ho domande, e cerco risposte, cercando di essere fedele alla Chiesa e al bene delle anime (al quale tende l’azione pastorale della Chiesa stessa).
Il discorso su progressismo o conservatorismo un po’ mi ha stufato, quindi perdonami se non entro in merito. Io ho davanti persone, non idee.
Ciao. E a me fa sempre piacere confrontarmi con tutti.
@ Scipione
patetico sarà lei…se proprio non ce la fa ad ascoltare e rispettare i dolori altrui, abbia almeno la decenza di astenersi dal giudicarli.
Per il resto concordo con Maioba sulla serenità e il grande dettaglio delle sue argomentazioni. Tanto rispetto e ammirazione. Cordialità
Cara Principessa, io sarò patetico, ma tra il senso del termine che lei rivolge a me e il senso di quello con il quale io ho definito, non lei badi bene ma in genere tutti i casi personali evocati anche da altri e anche per sentito dire (ho conosciuto gente che, conosco persone che ecc.)… ne corre di differenza, e tanta.
Io sono per lei patetico in senso spregevole e negativo, questo è chiaro, ma io – lo dico sinceramente e non come artificio dialettico – definivo patetici nel senso di evocatori di pathos, di emozioni, di commozione e di pietà umana (come da dizionario della nostra lingua) le esposizioni di quei casi pesonali. E mi scusi ma non riesco a non considerare la pietà una delle passioni più nobili che l’uomo possa provare… peccato che oggi si usi con disprezzo – come fa lei – il termine pietà e pietoso… un tempo se ne investivano gli imperatori e i re (ma gli antichi erano tutti barbari e insensibili). Non a caso, quindi, oggi si esercita così poco – in maniera sincera, disinteressata e nobile – la pietà stessa.
Come dicevo non ho usato quel termine riferendomi specificamente al suo caso, anche se ora debbo confessarle che rileggendo i suoi interventi (quelli in cui parla della sua esperienza e non certo quelli in cui assale gli altri…) trovo che – forse perchè è il più dettagliatamente descritto – risulta in effetti il più patetico e toccante. Per questo, però anche il più… dialetticamente “insidioso” per chi come me voleva discutere del tema in generale anzi, a dire il vero nemmno del tema apparente (i divorziati risposati e la possibilità di concedere loro in certi casi di accostarsi alla Comunione) ma di quello occulto e sotteso… ossia delle recondite intenzioni (per me ben poco nobili) di chi (ad esempio proprio Martini) servendosi ora di uno ora dell’altro caso umano (non tutti parimenti degni a dire il vero) ha di mira la destabilizzazione della Chisa cattolica… ovvero una sua dissennata e fantomatica riforma.
Le dirò di più. Se per una strana combinazione io avessi assistito come spitito invisibile nella sala delle udienze papali ad un incontro durante il quale il cardinale Martini avesse esposto privatamente al Pontefice la sua premurosa preoccupazione per il problema dei divorziati risposati avrei giudicato positivo e davvero umano il suo gesto… così come non mi sentirei tradito o non griderei allo scandalo se il Papa dovesse decidere – autonomamente e non sotto mediatica o “politica” pressione – e quindi con i dovuti tempi e modi, di trovare un rimedio (fosse l’introduzione del sitema usato in oriente, fosse un diverso regolamnto della sacra rota ecc.). Anzi, fedele come sono sempre al suo magisero (e non come fanno appunto i prelati alla Martini o i giornali alla Repubblica che elogiano il papa – e la Chiesa – solo se attacca quelli della fazione politica a loro avversa e poi ricominciano a sbeffeggiarlo e criticarlo appena dice o fa cose per loro scomode) considererei ovviamente saggia e giusta la sua scelta. Del resto la storia della Chiesa è storia di bimillenario (e non solo quarantennale…!!!) discernimento.
Ma tutt’altra cosa è atteggiarsi a paladino delle soferenze umane dalle colonne di Repubblica o del Corriere e similia, e utilizzando l’astuzia dialettica di accostare il tema divorziati a quello – che aveva fatto tanto rumore e generato uno “scandalo” che solo ora stava cominciando a rientare – della revoca della scomunica…
Queste mosse sono troppo esplicitamente politiche e così poco misericordiose che solo a voler essere ingenui (o di parte) si può fingere di non vederne lo scopo reale e continuare a discutere sul fine (per quanto nobile e importante) solo incidentale e apparente.
Martini ben sapendo quante critiche, quanti attacchi ingiusti e pilotati avesse procurato al Papa la questione della scomunica revocata (e si badi che non una parola di difesa è uscita da bocche tanto loquaci e presenzialiste come la sua o di Bianchi ecc. ecc. ecc.) non avrebbe dovuto fare e dire quel che ha fatto e detto, invece ha preferito comportarsi come un’astuta faina: ha atteso che nel pollaio tornasse la calma per sferrare un nuovo attacco… Perchè chi può negare che una simile astutissima e insinuante frase: “Io mi sono rallegrato per la bontà con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Penso, però, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perché si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro” non sia stata studiata attentamente per essere dai più – e non solo dai tanti nemici della Chiesa – interpretata come l’ennesimo rimprovero al Papa che grazia i neonazisti ma non ha cuore per le vere sofferenze dei buoni cristiani? Del resto quale bisogno di unire i due temi tanto anche logicamente oltre che canonicamente distanti?
Colpo da maestro che farà vendere un bel po’ di copie al suo libro, rinfocolerà la polemica che si stava sedando sul Papa filonazista e farà alzare gli scudi dei fanatici antiprogressiti (ce n’è da entrabe le parti tanto fra i cd conservatori come fra i cd progressiti… solo che i primi sono universalmente riconosciuti e disprezzati i secondi invece diventano docenti, abati, cardinali o scrivono terrificanti storie del CVII) rendendo completamente “politica” la qustione e quindi rendendo ancora più complessa e difficile la sua soluzione.
Ma a lui… di voi divorziati (come di altre categorie di cui si fa paladino… lui come appunto tutta una pletora di pesonaggi e associazioni – dai radicali all’UAAR ecc – che non lascia dubbi sul reale grado di misericordia e di amore per la fede cattolica che è in campo in questi casi) credo non interessi davvero nulla o comunque poco: siete un po’ come i bambini piangenti che certi furbi accattoni mandano in giro per smuovere la pietà (non mi fraintenda ancora…) e raccogliere più elemosine e non certo nel loro interesse. Ricambio la cordialità.
@ Scipione
Va bene, ha ragione lei!
Cordialmente
Sbaglierò,Principessa, ma questa sua chiosa suona tanto in linea con il famoso detto: “La ragione si dà ai fessi (o ai matti, o agli ottusi o agli idioti ecc.)” insomma a tutti quei minorati presuntuosi che la vogliono avere a tutti i costi e con i quali è tempo sprecato, per i saggi, disputare. Bene, che posso dirle a questo punto? Nulla, ne prendo atto e la ringrazio. Un sincero saluto.
Ma se le ho fatto i complimenti per la maniera con cui argomenta i suoi commenti!?! se le ho riconosciuto una profondità di esposizione ed una evidentissima preparazione!?!… come può rispondermi così!!
Io non credo che lei sia un minorato presuntuoso e non credo neppure che parlare tra noi sia tempo sprecato.Così come non penso affatto di essere saggia o dotta.
Sarà sempre un piacere conversare con lei…
Cari saluti anche a lei, sinceramente
Infatti ero in dubbio (Sbaglierò) proprio tenendo conto delle precedenti dichiarazioni… però quel punto eslamativo e quel tono frettoloso mi avevano indotto a pensarlo.
Che parlare non sia tempo sprecato, questo è certissimo: difficilmente dopo una “disputa” tanto lunga e accesa qualcuno (me per primo) può uscirne senza dover onestamente ammettere di aver capito meglio la questione o imparato qualche cosa.
Un cordiale saluto.