“Oggi a Chiavenna, nella diocesi di Como, viene beatificata suor Maria Laura Mainetti, delle Figlie della Croce, uccisa ventun anni fa da tre ragazze influenzate da una setta satanica. La crudeltà! Proprio lei, che amava i giovani più di ogni cosa, e ha amato e perdonato quelle stesse ragazze prigioniere del male. Suor Maria Laura ci lascia il suo programma di vita: “Fare ogni piccola cosa con fede, amore ed entusiasmo”. Che il Signore dia a tutti noi la fede, l’amore e l’entusiasmo. Un applauso alla nuova Beata!”: così il papa ieri all’Angelus. Nei commenti una mia scheda sulla beata e il profilo che ne tracciai nel 2005, leggibile nella pagina Cerco fatti di Vangelo, al capitolo Nuovi martiri, paragrafo Martiri della carità. Infine un’attestazione di perdono delle tre assassine da parte di un fratello di Maria Laura.
Maria Laura Mainetti beata e martire – uccisa da tre ragazze per un rito satanico
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Maria Laura Mainetti prima di farsi suora si chiama Teresina Elsa Mainetti: nasce a Colico, Lecco, il 20 agosto 1939 e viene uccisa a Chiavenna il 6 giugno 2000: la proclamazione a beata è avvenuta nel giorno del suo compleanno. Apparteneva alla congregazione delle Figlie della Croce, Suore di Sant’Andrea. Aperto nel 2005, il processo di canonizzazione ha portato al riconoscimento del martirio in data 19 giugno 2020. La celebrazione della beatificazione è stata presieduta a Chiavenna dal cardinale Marcello Semeraro.
La personalità di Maria Laura e le circostanze del martirio sono ricostruite nel testo riportato ai commenti seguenti.
Per saperne di più:
Beniamina Mariani, Maria Laura Mainetti. La suora di Chiavenna Figlia della Croce, San Paolo, 2005, ISBN 978-88-215-5319-6.
Michele Cervati, In nome di Satana. Il demoniaco nell’omicidio di suor Maria Laura Mainetti, Faust Edizioni, 2016.
Mio profilo della martire pubblicato dalla rivista “La Voce di Padre Pio” 4/2005.
Maria Laura Mainetti, la suora di Chiavenna (Sondrio) uccisa con diciannove coltellate da tre ragazze minorenni, il 6 giugno 2000, ora sappiamo che donna era: una cristiana tutta presa dalla vocazione a incontrare Gesù negli ultimi, compresi gli sconosciuti, i disturbatori, gli inopportuni.
La forza della sua carità splende dalle pagine di diario e dalle lettere che sono state studiate e pubblicate – in parte – dalla consorella Beniamina Mariani, nel volume Maria Laura Mainetti. La suora di Chiavenna (Edizioni San Paolo, pp. 142, 10 Euro). Esse ci mostrano la tenacia con cui Maria Laura si impegna a considerare come “il dono più grande” quello di “scoprire Cristo nel fratello importuno”. Una tenacia che è all’origine del suo martirio: muore per soccorrere quella che crede una ragazza madre, la quale invece approfitta della sua generosità per portarla lontano dal convento e per aggredirla in solitudine.
Mio profilo 2. Eccola dunque Maria Laura, sessant’anni, nativa di Lecco, educatrice di adolescenti e maestra elementare, che esce di notte per fare del bene ed è uccisa da Ambra, Milena e Veronica, tre ragazze che lei non conosceva e che l’avevano scelta come figura indifesa, volendo “sacrificare a Satana una vittima innocente” (come diranno in tribunale). Muore invocando per loro il perdono del cielo.
Le tre – hanno ricostruito i magistrati – “avevano quale loro esclusivo interesse la finalità di incontrare Satana e avere dallo stesso una dimostrazione della sua esistenza e potenza” (Sentenza di appello). Non facevano parte di un “gruppo satanico”, come pure ne esistono, ma si erano improvvisate “sataniste” con un “giuramento di sangue” scambiato tra loro: bevendo acqua benedetta e gocce del proprio sangue, cavato con un taglio alla mano.
Per entrare in contatto con Satana progettano un delitto che il “principe del male” possa gradire: profanare una tomba, immolare un bimbo, una donna incinta, un prete, una suora. La scelta cade su suor Maria Laura.
Mio profilo 3. Una di loro, Milena, la chiama al telefono, presentandosi come una ragazza violentata che chiede di essere aiutata a non abortire. Avviene un primo contatto il 3 giugno e il secondo, quello mortale, tre giorni dopo.
Il telefono squilla alle 21.45. Maria Laura esce sollecita e va all’appuntamento in piazza Castello. La ragazza le dice che ha il proprio bagaglio – che porterebbe con sé in convento, dove “accetta” di rifugiarsi – in una viuzza poco lontano.
La suora la segue. Vengono raggiunte dalle altre due, che si fingono amiche solidali. Giunte in una viuzza deserta aggrediscono la suora, costringendola a inginocchiarsi, la colpiscono con una pietra e con un coltello da cucina: se lo passano, la feriscono diciannove volte. Gridano: “Bastarda, devi morire”. Lei chiede pietà, poi mormora “Signore, perdonale”: lo riferiranno in tribunale.
Mio profilo 4. Saranno loro stesse a rivelare la finalità satanista del delitto, che sorprende, ma che non è rara: è appena uscito un volume di due giornalisti – David Murgia e Fabio di Chio – intitolato Satana in tribunale (San Paolo) che documenta come tali mostruosità si siano raddoppiate, in Italia, lungo l’ultimo decennio.
Tra gli appunti della suora ce n’è uno che dice: “I giovani non hanno punti di riferimento. Gesù, fa’ qualcosa!!”. Viene da pensare che il suo martirio sia stata la risposta a quell’implorazione. In un altro appunto aveva definito i giovani “unico scopo della mia vita”.
Ma sono impressionanti soprattutto le riflessioni sulla prontezza ad accogliere ognuno, quella disponibilità che l’ha messa in balia delle tre giovanissime “sataniste”: “Dobbiamo immergerci nel quotidiano, disponibili a chi bussa alla nostra porta, aperte a ogni sofferenza”. E ancora: “Impegnarci a vivere l’accoglienza tra noi – con chi bussa – con chi telefona – con chi ci disturba”. Infine: “Il dono più grande è scoprire Gesù nel fratello importuno”. In un’occasione importante aveva così definito la finalità della “Congregazione delle figlie della Croce”, alla quale apparteneva: “Annunciare con la vita la salvezza che viene dalla croce”.
Mio profilo 5. La vocazione a servire Dio nel prossimo la rendeva contenta, come scriveva in una lettera del novembre del 1997: “Io sto benissimo… Felicissima, soprattutto perché ogni giorno scopro l’amore di Dio per me, malgrado i miei limiti, e poi perché cerco di scorgerlo nel volto dei fratelli che incontro nella ferialità, con un’attenzione particolare ai più disagiati o in difficoltà”.
“Se il chicco di grano muore porta molto frutto” è stato scritto sulla lapide posta nel luogo della morte. E’ il frutto del martirio, perché Maria Laura di certo è una martire. Forse una martire della fede, poichè fu scelta come “vittima sacrificale” in quanto persona consacrata, e dunque in odio alla religione. O più probabilmente è una “martire della carità” nel senso pieno di questa espressione, che fu usata da Paolo VI per Maximilian Kolbe: ha dato cioè la vita per compiere un gesto d’amore.
La qualifica evangelica del suo martirio è nelle parole di Gesù: “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Tra essi può esservi anche chi si finge amico.
Mio profilo 6. Il “buon samaritano” sa di rischiare la vita. Se vedi a terra un uomo mezzo morto, se vedi due che si gridano contro – come avviene sempre più di frequente nelle nostre città rifatte violente – sai bene che devi passare oltre, se ti riesce, tenendoti dall’altra parte. Tutt’al più, chiami la polizia.
Non così sì comportò il samaritano della parabola. Quell’uomo “mezzo morto” abbandonato sulla strada poteva essere un’esca. Magari intorno c’erano ancora i briganti. Eppure si fermò, versò olio e vino, fasciò quelle ferite a rischio della propria vita.
Anche suor Maria Laura fu evangelicamente imprudente: una suora non esce di notte e non esce da sola, neanche se ciò le viene richiesto da chi è nel bisogno. Se lo fa è perché mette la carità sopra ogni altra considerazione, compresa quella della regola e quella della vita.
A volte il poveretto è un poveraccio, o nasconde un cuore da Caino. E il buon samaritano paga con la vita la prontezza ad avvicinarsi, cioè a farsi prossimo. Tanta violenza ci sgomenta, ma tanta generosità ci conforta.
Il perdono del fratello. “Non ho nessun sentimento di odio per queste adolescenti e provo una grande pena per le loro famiglie, per i loro genitori. Quando ho saputo che mia sorella era stata uccisa la prima cosa che ho fatto è stata di andare a pregare per lei, ma anche per i suoi assassini. Quando ho appreso che a uccidere Laura erano state tre minorenni, ho provato un sentimento di grande sgomento, di orrore, di incredulità. Ho cristianamente perdonato fin dal primo momento, anche se la giustizia deve fare il suo corso”: Il perdono del fratello maggiore, Amedeo Mainetti, 67 anni al momento dei fatti, fu espresso il 1° luglio 2000 a Roma, durante un incontro giubilare in Vaticano su Dono del Sangue. Linguaggio di una nuova solidarietà. Vedilo in Avvenire del 2 luglio 2000, p. 11.
Anche oggi abbiamo dei martiri.
Antonella Lignani
Ho letto proprio oggi in un libretto del 1887 sui “Doni dello Spirito Santo ” :
Ecco il segreto dei Santi: la Sapienza divina rivela a loro tutto cio’che vi e’di grande, di generoso, di meritorio nell’immolazione di se stessi per il conforto dei poveri ,degli esclusi,di tutti quelli che soffrono. Chi ci dira’ i segreti di queste anime generose che hanno fatto con Dio questo patto ammirabile di non negare mai nulla al suo amore? Noi li compiangiamo, il mondo li guarda come degli insensati, gli atei li disprezzano, e nonostante cio’ loro sono gia’ BEATI in questo mondo perche’ il loro cuore e’ il santuario dell’ Amore dove brucia sempre il fuoco della carita’ divina ”
Lo Spirito Santo soffia ancora oggi nella sua Chiesa e dona la Sapienza non ai grandi e ai potenti, ai teologi e ai cardinali, ma magari una povera suora da tutti ignorata fino alla sua morte , come la Beata Maria Laura Mainetti.
Papa Benedetto:
“da dove nasce la forza per affrontare il martirio? Dalla profonda e intima unione con Cristo, perché il martirio e la vocazione al martirio non sono il risultato di uno sforzo umano, ma sono la risposta ad un’iniziativa e ad una chiamata di Dio, sono un dono della Sua grazia, che rende capaci di offrire la propria vita per amore a Cristo e alla Chiesa, e così al mondo. Se leggiamo le vite dei martiri rimaniamo stupiti per la serenità e il coraggio nell’affrontare la sofferenza e la morte: la potenza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza, nella povertà di chi si affida a Lui e ripone solo in Lui la propria speranza (cfr 2 Cor 12,9). Ma è importante sottolineare che la grazia di Dio non sopprime o soffoca la libertà di chi affronta il martirio, ma al contrario la arricchisce e la esalta: il martire è una persona sommamente libera, libera nei confronti del potere, del mondo; una persona libera, che in un unico atto definitivo dona a Dio tutta la sua vita, e in un supremo atto di fede, di speranza e di carità, si abbandona nelle mani del suo Creatore e Redentore; sacrifica la propria vita per essere associato in modo totale al Sacrificio di Cristo sulla Croce. In una parola, il martirio è un grande atto di amore in risposta all’immenso amore di Dio.”
Detto questo, occhio a non bearci della contemplazione devota dei martiri, come se quella del martirio fosse chissà che strada misteriosa preparata per loro e offerta loro , anime elette e
prescelte. Come se a noi non riguardasse. Figurarsi. I doni dello Spirito li riceviamo tutti, la chiamata risuona all’orecchio di tutti. Il martire è quello che prende Cristo e la sua chiamata sul serio e per davvero, fino in fondo. Pure una bestia come me, anzi, proprio per il mio essere bestia, per il fatto steso di essere stato chiamato ad essere cristiano, è chiamato ad essere martire. Sperabilmente non martire di sangue, ma martire ” bianco”, sì, eccome. I martiri riconosciuti, ultima la Mainetti, ci mostrano che la cosa è possibile a tutti. Ancora Benedetto:
” probabilmente noi non siamo chiamati al martirio, ma nessuno di noi è escluso dalla chiamata divina alla santità, a vivere in misura alta l’esistenza cristiana e questo implica prendere la croce di ogni giorno su di sé. Tutti, soprattutto nel nostro tempo in cui sembrano prevalere egoismo e individualismo, dobbiamo assumerci come primo e fondamentale impegno quello di crescere ogni giorno in un amore più grande a Dio e ai fratelli per trasformare la nostra vita e trasformare così anche il nostro mondo. Per intercessione dei Santi e dei Martiri chiediamo al Signore di infiammare il nostro cuore per essere capaci di amare come Lui ha amato ciascuno di noi.”
Qua il testo originale:
https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2010/documents/hf_ben-xvi_aud_20100811.html