Grande è l’enigma di Giuda. “Prima che Giuda esca dallo spazio comunitario, prima che giunga per lui la ‘notte’ (cf. Gv 13,30), Gesù cerca di risvegliarne la coscienza ammonendolo severamente: ‘Meglio per lui non essere mai nato’ – gli dice – piuttosto che consegnare alla morte il Figlio dell’uomo. Espressioni analoghe si trovano in bocca a Geremia (Maledetto il giorno in cui nacqui: Ger 20,14) o a Giobbe (Perisca il giorno in cui nacqui: Gb 3,3). Siamo dunque di fronte a un’iperbole che rafforza il concetto precedente, calcando la mano sulla misera condizione in cui Giuda si pone con la sua libera decisione: egli è davvero ‘figlio della perdizione’ (Gv 17,12), ovvero uno che sceglie di andare verso la rovina. Giuda percorre fino in fondo la sua strada di morte, nonostante Gesù cerchi di dissuaderlo fino all’ultimo, lavando anche a lui i piedi (cf. Gv 13,1-5), offrendo anche a lui il boccone, gesto di amicizia e di accoglienza (cf. Gv 13,25-26). Eppure è proprio ‘allora, dopo il boccone, che Satana entra in lui’ (cf. Gv 13,27): il rifiuto dell’amore gratuitamente donato dal Signore, del suo perdono sovrabbondante, trasforma in causa di morte l’offerta della vita e della massima comunione. Persino al momento dell’arresto Gesù rivolgerà a Giuda un estremo appello, chiamandolo: Amico! (Mt 26,50), proprio mentre costui lo tradisce, e ricevendo in risposta un tragico silenzio. Grande è l’enigma di Giuda”.
Ludwig Monti, Le parole dure di Gesù, Qiqajon 2012, p. 42
11 Giugno, 2024 - 23:25
Luigi Accattoli
Una tavola piena di occhi. Il dipinto del pittore fiammingo è pieno di occhi che bene illustrano il turbamento dei cuori che scuote i presenti nella sala superiore dove Gesù mangia la Pasqua con i discepoli. Segnalo sei di quei tanti occhi, sei che dividono il dipinto dall’alto in basso, mentre altri l’attraversano in tutte le direzioni e anche puntano verso di noi come a tirarci tutti nel dramma: gli occhi di Gesù che benedicono il Padre, quelli di Giuda che implorano complicità sapendo che non l’avranno, quelli del cane che mordono l’osso.
«Rincasando, don Felice riconsiderò la questione. Cosa vede Giuda in Gesù? L’apostolo traditore è libero nel suo agire? Per quale motivo cospira contro il Cristo? Per l’allettamento del denaro o lo consegna agli aguzzini a prescindere dal premio? Concepisce personalmente il tradimento o è una pedina in mano ai sommi sacerdoti e agli scribi? È ricattato? O minacciato? O asservito a una forza che lo sovrasta? Quando decide di denunciare il Salvatore? Durante l’ultima cena, dopo aver ricevuto il pane dal Maestro, o molto tempo prima? Come mai Gesù gli dice di fare presto ciò che deve fare? Il Calvario è forse ineluttabile? O urgente? Che paradosso è che Giuda condanni a morte il Signore con un bacio? È consapevole delle conseguenze del suo agire? Perché Gesù lo chiama amico? Chi condanna a morte Gesù? Giuda che lo tradisce o le autorità ebraiche che lo accusano o Pilato che se ne lava le mani? O la folla che grida crucifige? E cosa spinge Giuda al suicidio? È disperatamente pentito oppure dubita della misericordia di Dio? Perché tanta discrezione nei Vangeli su questi punti? E il traditore può essere perdonato dall’infinito amore di Dio? Non era forse questa la buona notizia: che nessuno, nemmeno il peggiore peccatore, è escluso dall’Amore? E perché Lucifero invece, “la creatura ch’ebbe il bel sembiante”, non sarà perdonato? Dio mio, qual è la verità?
Salendo la scaletta della casa parrocchiale, don Felice ebbe l’impressione che quella storia, vecchia di duemila anni, fosse intrisa di presente, d’attualità. Già: qual era la verità?»
Da “Le indagini imperfette” (Rubbettino, 2022)
Grande è l’enigma di Giuda. “Prima che Giuda esca dallo spazio comunitario, prima che giunga per lui la ‘notte’ (cf. Gv 13,30), Gesù cerca di risvegliarne la coscienza ammonendolo severamente: ‘Meglio per lui non essere mai nato’ – gli dice – piuttosto che consegnare alla morte il Figlio dell’uomo. Espressioni analoghe si trovano in bocca a Geremia (Maledetto il giorno in cui nacqui: Ger 20,14) o a Giobbe (Perisca il giorno in cui nacqui: Gb 3,3). Siamo dunque di fronte a un’iperbole che rafforza il concetto precedente, calcando la mano sulla misera condizione in cui Giuda si pone con la sua libera decisione: egli è davvero ‘figlio della perdizione’ (Gv 17,12), ovvero uno che sceglie di andare verso la rovina. Giuda percorre fino in fondo la sua strada di morte, nonostante Gesù cerchi di dissuaderlo fino all’ultimo, lavando anche a lui i piedi (cf. Gv 13,1-5), offrendo anche a lui il boccone, gesto di amicizia e di accoglienza (cf. Gv 13,25-26). Eppure è proprio ‘allora, dopo il boccone, che Satana entra in lui’ (cf. Gv 13,27): il rifiuto dell’amore gratuitamente donato dal Signore, del suo perdono sovrabbondante, trasforma in causa di morte l’offerta della vita e della massima comunione. Persino al momento dell’arresto Gesù rivolgerà a Giuda un estremo appello, chiamandolo: Amico! (Mt 26,50), proprio mentre costui lo tradisce, e ricevendo in risposta un tragico silenzio. Grande è l’enigma di Giuda”.
Ludwig Monti, Le parole dure di Gesù, Qiqajon 2012, p. 42
Una tavola piena di occhi. Il dipinto del pittore fiammingo è pieno di occhi che bene illustrano il turbamento dei cuori che scuote i presenti nella sala superiore dove Gesù mangia la Pasqua con i discepoli. Segnalo sei di quei tanti occhi, sei che dividono il dipinto dall’alto in basso, mentre altri l’attraversano in tutte le direzioni e anche puntano verso di noi come a tirarci tutti nel dramma: gli occhi di Gesù che benedicono il Padre, quelli di Giuda che implorano complicità sapendo che non l’avranno, quelli del cane che mordono l’osso.
«Rincasando, don Felice riconsiderò la questione. Cosa vede Giuda in Gesù? L’apostolo traditore è libero nel suo agire? Per quale motivo cospira contro il Cristo? Per l’allettamento del denaro o lo consegna agli aguzzini a prescindere dal premio? Concepisce personalmente il tradimento o è una pedina in mano ai sommi sacerdoti e agli scribi? È ricattato? O minacciato? O asservito a una forza che lo sovrasta? Quando decide di denunciare il Salvatore? Durante l’ultima cena, dopo aver ricevuto il pane dal Maestro, o molto tempo prima? Come mai Gesù gli dice di fare presto ciò che deve fare? Il Calvario è forse ineluttabile? O urgente? Che paradosso è che Giuda condanni a morte il Signore con un bacio? È consapevole delle conseguenze del suo agire? Perché Gesù lo chiama amico? Chi condanna a morte Gesù? Giuda che lo tradisce o le autorità ebraiche che lo accusano o Pilato che se ne lava le mani? O la folla che grida crucifige? E cosa spinge Giuda al suicidio? È disperatamente pentito oppure dubita della misericordia di Dio? Perché tanta discrezione nei Vangeli su questi punti? E il traditore può essere perdonato dall’infinito amore di Dio? Non era forse questa la buona notizia: che nessuno, nemmeno il peggiore peccatore, è escluso dall’Amore? E perché Lucifero invece, “la creatura ch’ebbe il bel sembiante”, non sarà perdonato? Dio mio, qual è la verità?
Salendo la scaletta della casa parrocchiale, don Felice ebbe l’impressione che quella storia, vecchia di duemila anni, fosse intrisa di presente, d’attualità. Già: qual era la verità?»
Da “Le indagini imperfette” (Rubbettino, 2022)