Dedico un post e sei commenti alla presentazione di un libro pubblicato in pandemia da Leonardo Lugaresi: «Vivere da cristiani in un mondo non cristiano. L’esempio dei primi secoli» [Lindau editore]. L’ho letto imparando molto e spinto da ogni pagina a interloquire – tra me – con l’autore, che conosco, è colto, ha un’ottima scrittura. Metto una scheda sul volume e sull’autore, riporto l’indice e il risvolto di copertina. Concludo con una mia guida alla lettura che avrà tre paragrafi. Lugaresi è un frequentatore di questo blog da 14 anni, cioè da quando il blog nacque. Spesso siamo stati in disaccordo ma sempre ci siamo capiti.
Lugaresi: “Vivere da cristiani in un mondo non cristiano”
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Leonardo Lugaresi, “Vivere da cristiani in un mondo non cristiano. L’esempio dei primi secoli”, postfazione di Massimo Camisasca, Lindau editore, pp. 304, euro 24.00. Lugaresi è un cultore di storia del cristianesimo antico e di letteratura patristica. Dottorato in scienze religiose all’Università di Bologna e all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Corsi di Letteratura cristiana antica all’Università di Bologna e di Storia del Cristianesimo all’Università di Chieti. Ha curato l’edizione commentata delle Orazioni IV e V di Gregorio Nazianzeno contro l’imperatore Giuliano (Firenze 1993 e 1997). La sua opera principe – che ancora non ho letto – è intitolata “Il teatro di Dio. Il problema degli spettacoli nel cristianesimo antico (II-IV secolo)”, quasi 900 pagine, pubblicata nel 2008 da Morcelliana. Al tema degli spettacoli è dedicato l’ultimo capitolo del volume che sto presentando e a quel tema s’ispira la denominazione del blog di Lugaresi: Vanitas ludus omnis [Vano è ogni spettacolo: si tratta di una sentenza di Ambrogio di Milano e la traduzione è mia]: https://leonardolugaresi.wordpress.com/.
Indice del volume
Prefazione, 7
Introduzione, 9
1. Siamo gli «ultimi cristiani» in un mondo ormai non più cristiano?, 11
2. Tre tentazioni per i cristiani di oggi, 17
3. Perché non siamo gli ultimi, ma (come) i primi cristiani, 24
PARTE PRIMA «Vagliate tutto e trattenete ciò che vale» 39
I. I cristiani nei primi secoli: un gruppo minoritario che non si assimila al mondo né si chiude in sé stesso
1. «Vivere da cristiani» nel mondo non cristiano dei primi secoli, 39
2. Un gruppo minoritario sui generis, 52
3. Quanti erano i cristiani?, 62
4. Una presenza paradossale, 72
II. La forma della relazione del cristianesimo con il mondo: giudizio (krisis) e retto uso (chrêsis)
1. Giudizio: una parola bellissima, oggi incompresa, 79
2. La cultura è giudizio, 84
3. Il giudizio cristiano, 89
4. Krisis: giudicare è «mettere in crisi», 92
5. Krisis e chrêsis, 95
6. Paolo ad Atene: il discorso dell’Areopago come archetipo della krisis cristiana, 101
PARTE SECONDA Quattro esempi di esercizio della krisis nei campi della cultura pagana: diritto, scuola, economia e spettacolo, 119
III. Cristiani in tribunale, 121
1. Il tribunale come luogo del giudizio. Grandezza e miseria del diritto, 123
2. I cristiani e le leggi di Roma: un bene di cui servirsi, 126
3. I cristiani e le leggi di Roma: giudicarle per servirsene. un processo al processo?, 129
4. I cristiani e le leggi di Roma: pragmatismo imperiale e krisis cristiana del diritto. La lezione di Tertulliano, 136
5. Krisis in atto: il caso dei martiri scilitani, 146
159 IV. A scuola da cristiani, 159
1. Un sistema unitario, 160
2. A scuola come tutti gli altri?, 162
3. Il cristianesimo come scuola, 169
4. La scuola di Origene a Cesarea: attorno a un maestro, un «luogo critico» in cui fare il giusto uso della filosofia pagana, 179
5. L’amicizia cristiana come luogo del giudizio: Basilio e Gregorio ad Atene, 194
V. Il cristianesimo è economico, 205
1. L’economia è divina, 205
2. Il valore economico di Cristo, 210
3. Comunismo cristiano?, 214
4. Con i soldi non si scherza, 220
5. I pilastri della buona economia: lavoro ed elemosina, 225
6. Il senso dei cristiani per il PIL, 233
7. Essere ricchi: un compito che richiede competenza, 242
VI. «Agli spettacoli non ci andiamo»: i cristiani e il sistema dei ludi, 245
1. La chiesa antica e gli spettacoli: una condanna senza appello, 245
2. Una «società dello spettacolo» e le sue contraddizioni, 249
3. Le ragioni del giudizio cristiano, 261
4. La responsabilità dello sguardo e la «rivoluzione copernicana» del cristianesimo, 274
Postfazione: Il compito che ci attende, di mons. Massimo Camisasca , 287
Risvolti di copertina. Riporto per intero quanto si legge nei risvolti di copertina del volume. «Nell’Occidente secolarizzato i cristiani sono una minoranza. Il loro ruolo è poi sempre meno rilevante in una società in cui i riferimenti antropologici e culturali al cristianesimo stanno ormai scomparendo. La radicalità e la rapidità di questo cambiamento provocano nei credenti reazioni disparate: c’è chi ne minimizza la portata, chi lo subisce con rassegnazione e chi ne ricava l’indicazione che il cristianesimo deve assimilarsi alla cultura dominante, nel segno dell’uscita e dell’apertura al mondo; altri, al contrario, coltivano forme di difesa nostalgica del passato e di chiusura alla realtà contemporanea, o puntano a costruire in ambiti ristretti esperienze di vita cristiana integrale che si pongano come microsocietà alternative al mondo circostante. Ciò che accomuna i sostenitori di queste opzioni così diverse è però la tentazione di concepirsi come gli ultimi cristiani: eredi di un passato, poco importa se da conservare oppure da abbandonare.
In questo libro si sostiene un’altra tesi: il cristianesimo è per sua natura sempre iniziale e in questo senso l’esempio delle prime generazioni cristiane è paradigmatico per tutte quelle successive, compresa la nostra che deve reimparare a vedersi come una generazione di «primi cristiani». Quella di essere una minoranza creativa immersa in un ambiente ostile è stata infatti la condizione normale dei cristiani almeno per tutti i primi tre secoli della loro storia. Lungi dal farsi assimilare dalla cultura dominante o al contrario dal chiudersi ad ogni rapporto con essa per salvaguardare la propria purezza identitaria, essi seppero esprimere una straordinaria capacità di relazione con la cultura del mondo greco-romano, basata sulla pratica del giudizio (krisis) e del «retto uso» (chrêsis) dei suoi contenuti. La loro presenza nella società, in questo modo, divenne sempre più significativa, pur restando numericamente assai ridotta e priva di garanzie giuridiche e politiche. Dalla conoscenza di quel processo storico possono dunque venire preziosi spunti di riflessione. Il libro ne presenta alcuni, soffermandosi in particolare su quattro aspetti del rapporto dei cristiani con la societa? romana: la giustizia, la scuola, l’economia e il sistema degli spettacoli».
Due chiavi di lettura. Un ottimo libro che apporta conoscenza e spinge a ragionare. Lo consiglio a tutti i visitatori del blog. E’ una lettura impegnativa ma anche fruibilissima. La documentazione è seria, il linguaggio è chiaro. Le chiavi di approccio possono essere due: una conoscitiva del cristianesimo antico nel suo rapporto con l’umanità del suo tempo ed è quella con la quale meglio mi sono ritrovato; un’altra di interpretazione dell’antico e di paragone con l’oggi che è di grande suggestione, utilissima nella provocazione a tenere in conto il paradigma apostolico nelle scelte d’oggi per il futuro della Chiesa, ma anche – com’è ovvio – suscettibile di riserve, integrazioni, obiezioni. Procedo dunque con due altri commenti: uno sul conoscitivo, che è di totale plauso; l’altro sul paragonante, dove metto qualche acino di pepe. – Nell’altro millennio ho fatto esami di Letteratura cristiana antica con Maria Grazia Mara alla Sapienza e sono restato in contatto con lei e con i suoi discepoli Giancarlo Pani e Francesca Cocchini per tutti i decenni seguenti e dunque qualcosa dei Padri mi è nota. Conducendo poi da sedici anni un gruppo di lettura della Bibbia che chiamo “pizza e vangelo” e continuamente mi trovo a fare i conti con l’interpretazione patristica del Nuovo testamento e di che dicono dei cristiani Svetonio, Giuseppe Flavio, Plinio il Giovane, Tacito. Da qui il mio grande apprezzamento per la presa conoscitiva del lavoro di Lugaresi. Immagino che il suo volume troverà posto sullo scaffale dei sussidi per pizza e vangelo accanto al volume di Adalbert G. Hamman, “La vita quotidiana dei primi cristiani” (Rizzoli 1993).
Quanti erano i cristiani. Il capitolo che ho gustato di più è quello intitolato “Quanti erano i cristiani”. Erano forse il 10-15% al momento della svolta costantiniana: conoscevo questa stima fornita dal volume, ma Lugaresi mi documenta come ci sono arrivati gli studiosi e come quella condizione di minoranza era intesa da Tertulliano, da Origene, da Gregorio di Nissa, da Giovanni Crisostomo. Un cammino affascinante. Lo stesso posso dire per le pagine su “i cristiani e le leggi di Roma”, sull’approccio cristiano ai tribunali, sul mondo della scuola. Nel tribunale dei martiri scilitani che Lugaresi indaga in dettaglio c’ero già stato con il von Balthasar di “Cordula” già nel 1968 ma ignoravo il modo di fare scuola di Origene e i due “padri” che da giovani erano stati mandati dalle famiglie a studiare ad Atene, in Erasmus si direbbe: Gregorio di Nazianzo e Basilio di Cesarea. Ignoravo anche la legge dell’imperatore Giuliano che “vietava ai maestri cristiani di insegnare nelle scuole comuni”. Ho scoperto che Giuliano e Luciano di Samosata ammiravano la solidarietà comunitaria di cui davano segno i cristiani. Conoscevo le invettive di Tertulliano sugli spettacoli ma ignoravo che Cipriano avesse discusso la possibilità che un attore divenuto cristiano potesse continuare con la sua professione, concludendo che non può. Conoscevo l’appassionato racconto di un auriga cristiano che vince su un pagano fatto da Girolamo nella vita di Ilarione di Gaza ma non sapevo che forse è un’invenzione di quel grande scrittore che si lasciava guidare dalla scrittura. Insomma ho molto imparato da Lugaresi.
Per discuterne a tavola. Se un giorno mi capiterà di discutere con Lugaresi – spero a tavola – dell’impostazione del suo lavoro per quanto riguarda gli aspetti di interpretazione dell’antico e di paragone con l’oggi, proverò a osservare – da dilettante a specialista e dunque timidamente – che la formula felice da lui proposta [vedila sopra nel terzo commento], della Chiesa antica come di un “gruppo minoritario che non si assimila al mondo né si chiude in se stesso”, io la terrei aperta il più possibile, perché fortemente vario fu allora il modo della non assimilazione e della non chiusura; e ancora più varia quell’esperienza venne facendosi nei secoli, passando il cristianesimo dal mondo mediterraneo all’intero pianeta. Innumerevole è poi oggi quella varietà. Quasi in tutto il mondo i cristiani sono ormai minoritari: in tutta l’Asia (esclude le Filippine) e in tutta l’Africa (esclusa l’Etiopia) e ormai anche in Europa e nelle Americhe. Dove – come ci è chiaro per l’Italia – resiste una maggioranza di battezzati ma i cristiani consapevoli di esserlo si stanno avvicinando velocemente a quel 10-15% che erano al tempo dell’imperatore Costantino. Ovunque minoritari, ovunque decisi a non lasciarsi assimilare, ovunque in missione ma in cento o duecento modi diversi. Dico dunque a Lugaresi: sono con te nelle questioni che poni, ma meno deciso di te nel ridurre a uno l’esempio paradigmatico del cristianesimo antico nonché la sua considerazione in riferimento al mondo d’oggi. Essere minoritari e insieme missionari in Italia, negli Usa, in Brasile, nell’Africa nera, nel mondo arabo, dei paesi dell’Islam asiatico, in India e in Cina, in Giappone, nelle isole dell’Oceania è impresa la più varia e diversa. E in ogni isola, immagino. Tutti avranno a riflettere sull’esempio apostolico e post-apostolico, ma non potranno non venirne cento e cento diverse scelte. Leonardo, grazie per il tuo lavoro.
Sono in sintonia con questa tua ricerca di un discernimento equilibrato caro Luigi.
http://gpcentofanti.altervista.org/una-chiave-sorprendentemente-semplice-ma-solo-dono-della-grazia/
Don Giampaolo ti ringrazio per la sintonia.
Grazie a te. Ecco una sintesi (20 pagine circa), che ho chiamato Manifesto del cuore divino e umano di Gesù, di alcuni possibili frutti di questa ricerca. Tale sintesi è stata citata e linkata da Il sismografo, Vatican Insider e altre testate. Si può forse prospettare il superamento del razionalismo e il traboccamento verso il discernimento del cuore divino e umano di Gesù.
http://gpcentofanti.altervista.org/manifesto-del-cuore-divino-umano-gesu-2/
Qui una brevissima sintesi del Manifesto: http://gpcentofanti.altervista.org/frutti-ricerca-del-discernimento/
Non appena ho letto il titolo del libro mi sono affrettato ad acquistarlo. Sono infatti pienamente consapevole del fatto che i cristiani sono oggi una minoranza in un mondo ostile più che indifferente e mi interessava conoscere il pensiero di Lugaresi ( che ho conosciuto frequentando il blog ) . Pensavo di trovare qualcosa di simile alla,”Opzione Benedetto “ e invece mi sono trovato di fronte a tutt’altro. Devo dire che lo ho molto apprezzato ( l’Opzione Benedetto mi aveva invece deluso ) anche se, a mio parere, le indicazioni su un possibile trasferimento delle esperienze dei secoli iniziali al mondo di oggi sono lasciate sopratutto alla meditazione del lettore e non proposte dall’autore.
Due cose mi sono rimaste molto impresse che Lugaresi mette in evidenza come elementi importanti e che oggi sono assenti: la insistenza dei cristiani a sostenere che un morto fosse invece vivo, la ripulsa assoluta del mondo della finzione motivata dalla necessità di vivere la concretezza della realtà.
La affermazione esplicita che Cristo è VIVO, oggi come ieri, (con tutto lo scandalo che questa affermazione comporta) non la si sente da nessuna parte.
La vita “finta” ( perché rappresentata e non vissuta : messe in streaming durante il Covid insegnano ) è assecondata e non contrastata.
Il Covid 19 ha messo il pianeta di fronte al fatto che la morte della vita fisica esiste e che sfugge al nostro controllo e che con essa si debba fare i conti se si cerca un senso alla esistenza.
Grazie a Luigi di questa presentazione e grazie a Beppe Zezza per aver comprato, letto e apprezzato il libro. Per chi fosse interessato, qui c’è il video di una di queste presentazioni che si fanno adesso online, che a me non piacciono molto, ma hanno comunque il vantaggio che uno può starsene e casa sua in ciabatte e canottiera e quando si stufa non c’è bisogno di alzarsi e uscire dalla sala perché basta chiudere il collegamento.
https://www.youtube.com/watch?v=-6IfT1R8xOs&t=4000s