Lucio Magri se ne è andato violento con se stesso – e dunque con tutti – come ultimamente Mario Monicelli: la notizia l’avemmo il 29 novembre 2010. Mario abitava nel quartiere Monti di Roma dove abito anch’io. Lucio Magri sarà sepolto a Recanati dove io sono nato. Quanto mi sento vicino, e quanto triste, all’uno e all’altro. Lettore di Plutarco mi rattristo nelle pagine dei tanti suoi personaggi che escono a forza dalla vita. Viviamo oggi un oscuro ritorno al darsi la morte che fu degli antichi. Tengo con me il dono di intelligenza avuto tante volte da Mario e da Lucio e da altri come loro che hanno voluto strappare il velo e precipitarsi a forza dall’altra parte del mistero. A quel dono mi aggrappo per resistere all’urto di questa violenza.
Lucio Magri come Mario Monicelli
153 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Ben detto Luigi. Ma mentre decideva ciò, secondo te, pensava forse a quelli che gli volevano bene??
Per contro, volevo approfittare dello spazio per reclamizzare invece che stasera è la giornata mondiale contro la pena di morte in cui aderiranno ben 1400 città in tutto il mondo. Ognuna illuminerà un proprio monumento per dire no. Qui a Roma verrà illuminato il Colosseo dalle 19 con una cerimonia in cui saranno presenti testimoni ex condannati.
E’ paradossale come mentre alcuni combattono per la vita, altri combattono per morire…
Caro Luigi,
spero che nel tuo blog,
non si trovi la scusa per fare ideologia,
un tifo da stadio,
sul corpo di un uomo che non può difendersi,
che non può spiegare più nulla.
Magri, Monicelli, Gary Speed, Bruno Bettelheim, …. e quanti altri più o meno famosi,
sono stati colti da un male
che li ha tenuti in lunga agonia psicologica,
prima di una uscire da un tunnel senza luce di vita.
Nella vita ne ho incontrati,
in ogni stato,
un religioso anzianissimo di clausura che si è gettato da una finestra,
fino all’ultima anziana del mio palazzo che si è lasciata morire.
Parlare di volontà di morire o di battaglia per la propria morte,
mi pare di una superficialità da orrore.
Mi ricorda quando leggo sulla negazione della Shoah
L’incapacità di mettersi dinanzi all’uomo.
Tra i principali sintomi della depressione ci sono i pensieri ricorrenti di morte,
con la possibilità di pianificare o mettere in atto tentativi concreti di suicidio.
Il suicidio dimostra l’inevitabilità e la gravità del disturbo a persone vicine e care, che non lo comprendono e tendono a sottovalutare lo stato di sofferenza.
L’errore più grande che si può fare infatti con un individuo affetto da depressione è cercare di “tirarlo su”
attribuendo sintomi,
come il ritiro sociale,
il senso di faticabilità,
a una specie di pigrizia,
arrivando ad insinuare che lo stato depressivo dipenda dalla sua volontà.
L’unico risultato che si ottiene in questi casi
è un ulteriore aumento del senso di colpa,
la sensazione di non essere compresi dagli altri,
con un senso di dolore indescrivibile.
[…] . Cattolici e la morte di Lucio Magri: Lucio Magri come Mario Monicelli (Blog di Luigi Accattoli) http://www.luigiaccattoli.it/blog/?p=7880 […]
Pur con tutta la delicatezza, il tatto e il rispetto per chi non c’è più, bisogna però prendere una posizione. Non possiamo farci andare bene anche il suicidio, magari nobilitandolo in vario modo.
Anch’io ho conosciuto persone che hanno amato la vita fino a quando è successo qualcosa che le ha profondamente turbate, facendole poi cadere in depressione: qualcuna di loro ha anche desiderato espressamente la morte. Nessuna di loro è arrivata a togliersi la vita. Questo ha reso la loro sofferenza dignitosa, eroica, esemplare. Per questo le ricordo con riconoscenza.
La vita non è facile per nessuno e tutti noi dobbiamo trovare la forza per affrontare le incertezze e le difficoltà che continuamente si presentano, la serenità di ricordare sempre anche le gioie e le (magari piccole) soddisfazioni che non mancano mai, l’umiltà di chiedere aiuto.
Capisco anche che la mancanza di fede, la professione di ideologie materialiste e naturalmente il relativismo rendano più semplici certe soluzioni. Per questo non possiamo non prendere posizione.
La mia è che vale sempre la pena di vivere la vita.
Non è “ideologia o tifo da stadio”, ma una posizione che mi sembra necessario affermare, anche qui.
Il suicidio non piace a nessuno. Non c’è un partito della vita e uno della morte. Tutti sono per la vita.
La “divisione” semmai è fra chi ritiene che lo Stato debba vietare l’assistenza al suicidio e chi ritiene che lo Stato la debba tollerare.
La vicenda di Lucio Magri ci mostra che mentre lo stato italiano (assieme a molti altri) vieta questa “assistenza”, al contrario lo stato svizzero (assieme a pochi altri) la ammette.
Io -con grande dolore e tormento interiore- penso che sia migliore la posizione italiana.
Ritorna il problema di fondo del piccolo Pietro. Perché ci è stata data la ita? Perché questa vita e non un’altra? Perché io sono io? Bisogna veramente stare aggrappati per resistere all’urto di questa violenza del rifiuto della vita.
Dopo aver letto i vari commenti, mi permetto esprime “sommessamente” un parere personale.
Io penso che la migliore posizione sia quella della “libertà”. Ciascuno deve essere in grado di fare le proprie scelte, liberamente e senza condizionamenti, in coscienza e senza forzature. Questo è l’esempio che Dio stesso ha dato; ed è evidente in tutta la scrittura, lasciando gli uomini “liberi” anche di fare il male; e dopo averli avvertiti ha specificato: “Ognuno raccoglie ciò che semina” ( Galati 6.7)
Volendo allargare il discorso, l’episodio di 2 Re 6.8-18 è significativo. Eliseo, profeta di Dio, in un occasione, quando il Re di Siria voleva catturarlo pregò così: ““Ti prego, colpisci questa nazione di cecità”. Egli li colpì dunque di cecità secondo la parola di Eliseo.” ( 2Re 6.8-18) – Ci si può chiedere che tipo di cecità Dio abbia procurato all’esercito dei Siri che volevano prendere Eliseo e un famoso psicologo – William James – ( Principles of Psicology, 1981 p. 59 vol.1) scrive: “Un effetto molto interessante del disordine corticale è la cecità psichica. Questa consiste non tanto nell’insensibilità alle impressioni ottiche, quanto nell’incapacità di comprenderle. Psicologicamente è interpretabile come perdita di associazioni fra le sensazioni ottiche e il loro significato; e può essere provocata da qualsiasi interruzione delle vie che collegano i centri ottici coi centri di altre idee”.
Ci sono processi all’interno del corpo umano ancora sconosciuti all’uomo ed è per questo che è più importante avere il Dio come amico che un amico che si dichiara dio suggerendo ad ogni occasione cosa si deve fare e come si deve agire. Lasciar fare a Dio è certamente più indicato, più sicuro e produttivo ma c’è bisogno di fare la famosa scelta, o avere Dio per amico o avere tanti amici che si dicono rappresentanti di Dio.
“E Geova proseguì, dicendomi: “I profeti profetizzano in nome mio falsità. Io non li ho mandati, né ho comandato loro né ho parlato loro. Vi pronunciano profeticamente una visione falsa e una divinazione e una cosa senza valore e la scaltrezza del loro cuore. ( Geremia 14.14-15)
Sempre meglio usare la propria teta che quella degli altri. Almeno anche sbagliando si potrà dire a Dio : “perché non mi hai consigliato ?” ma se si segue l’idea altrui, non rimarrebbe più nemmeno questa possibilità perché ci si è già suicidati senza nemmeno accorgersene.
“Continua a seguirmi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”. ( Mt.8.22)
“tutti noi dobbiamo trovare la forza per affrontare le incertezze e le difficoltà”
____________________
Mi fanno paura coloro che scrivono queste espressioni: “dobbiamo”.
Certezze ideologiche
gettate
sulla vita altrui,
dove il “dobbiamo” non ha nessuna certezza….
pura parola per mascherare….
Ma non ci si preoccupi,
è una cosa che fa paura solo a me.
Che gli altri dormano sonni tranquilli,
il sonno del giusto.
Diceva l’uomo religioso: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini…” (Lc 18, 9-)
Le nostre battaglie “sul corpo di un uomo che non può difendersi”, come dice Matteo, sono solo uno degli aspetti della (drammatica) questione.
Trovo che Lucio, Mario e gli altri non abbiano più di che dolersi delle nostre vuote parole, e dedico loro un pensiero pieno di misericordia.
Ma le nostre parole hanno ancora un gran senso per chi il velo non l’ha strappato, ma magari ci pensa.
Allora cosa è più giusto fare?
Esprimere umana e cristiana compassione per il gesto, oppure anche cercare di farne emergere gli aspetti irrisolti?
Ammantare il suicidio di un’aura di comprensione o protestarne la dolorosa violenza?
@Matteo,
non legga il mio intervento nello spirito di Lc 18.
Ho usato il verbo “dobbiamo” alla prima persona plurale proprio per includere anche me nello sforzo, che può diventare immane, di voler continuare a vivere nonostante tutto. Ed è un “dovere” sotto diversi punti di vista, ma specialmente nei confronti dei giovani e di chi sta attraversando momenti di grave depressione e magari, come scrive Nico, sta pensando al suicidio.
Propongo alcuni stralci dal Catechismo della Chiesa Cattolica a questo riguardo:
Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata.
Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell’essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di se’. Al tempo stesso è un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all’amore del Dio vivente.
Se è commesso con l’intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione volontaria al suicidio è contraria alla legge morale.
La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita.
Un’interessante riflessione su questo evento: puntata di oggi “Tutta la città ne parla” Radio Tre Rai.
Cliccare su ascolta a sinistra appena sotto il titolo.
Ecco il link:
http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-c73dfbf1-9c12-4c44-92c0-d6f1d5b59b81.html
Cara Nico,
farne emergere gli aspetti irrisolti.
E’ senza dubbio l’urgenza.
Il problema non è l’eutanasia su cui tutti si divertono a confabulare.
Il problema grave è la depressione.
Ma a tuttoggi scienza e medicina continuano a brancolare ancora nel buio,
permettendo a malati che desiderano uscirne di pellegrinare all’infinito da un medico o primario all’altro, nell’attesa di una visita ultima a Lourdes.
(non ho mai sentito depressi cronici guariti a Lourdes….. la madonna preferisce paralitici, storpi…..)
Buon Federico,
per buona carità,
non ti auguro di aiutare un depresso a suon di catechismo,
se non ne ha ancora l’intenzione… potrebbe veramente decidersi a voler morire….
La volontà di rinunciare alla vita scaturisce dal vederla ormai senza più luce e senza alcun significato, cioè vuota. Può capitare per un motivo o per l’altro e più acuto si fa il male di vivere. Chi resta reagisce in vari modi, qualcuno può esserne addirittura infastidito.
Ma la depressione cui giungono persone in età avanzata, ed anche non pochi giovani, è disperazione per la quale sembra non esserci rimedio; è malattia vera con la quale non si riesce a convivere, punto e basta.
Chi non è mai stato toccato da questo male non può- e non deve- dire niente perché non sa.
Diverso è il suicidio inteso come gesto avventato di persone (spesso giovanissime) che non accettano le contrarietà. Ma anche in questo caso meglio astenersi dal giudicare.
La mancanza di fede non c’entra niente.
Matteo ha ricordato “un religioso anzianissimo di clausura che si è gettato da una finestra”. Mancanza di fede anche in questo caso?
Ricordo che in questo blog alcuni mesi fa Luigi postò lo scritto di un religioso, che si augurava che anche nell’ambito della Chiesa si cominciasse a prendere in seria considerazione quella che molti ancora non riescono a considerare una vera e propria malattia, la depressione appunto.
Un male subdolo e troppo spesso non capito da chi sta vicino, e che fa soffrire immensamente chi ne è colpito.
La morte per suicidio provoca sempre, oltre che compassione, grande sconcerto perché al mistero da cui è pervasa solitamente la morte di chiunque si aggiunge l’incredulità per un gesto che, con violenza o meno, annulla l’esistenza di chi lo compie su di sé per propria volontà.
Caro Matteo, tu scrivi: “Ma a tuttoggi scienza e medicina continuano a brancolare ancora nel buio”…
Non è così. Le cause si conoscono bene e i farmaci per alleviare la malattia ci sono. Ma si tratta di un lungo percorso e talvolta, dopo essere guariti, il male si ripresenta.
Concordo con te nel dire che il catechismo non cura le depressioni e aggiungo che la Chiesa dovrebbe quantomeno ripensare al suicidio tenendo in considerazione i dovuti distinguo.
Luigi:
“Lucio Magri se ne è andato violento con se stesso – e dunque con tutti ”
—-
Ultimamente ho difficoltà a capire anche le cose semplici come l’assioma che definisce il suicida un violento con tutti.
Non l’ho capita e non mi adeguo.
Per il resto sono con Matteo.
Cara Marilisa,
purtroppo le depressioni hanno un range di espressioni,
a cui la medicina in buona parte riesce a fare molto poco,
molto poco.
Sono molte le persone che vengono illuse da medici e farmaci,
mentre trascorrono gli anni e i decenni in pessima qualità di vita.
Se la medicina e una nuova maniera di porre la solidarietà,
non riusciranno a cavare il ragno dal buco,
il suicidio rimane nei casi più gravi l’unica via assurda e terribile di uscita.
Nei giorni scorsi,
mentre eravamo riuniti
nel nostro gruppo di amici
è giunta la notizia del suicidio di un nostro amico.
Molti erano raggelati,
alcuni piansero.
Ho cercato di razionalizzare,
mi sono detto che erano anni che un po’ tutti cercavamo di fare qualcosa,
ma per tutti era una difficoltà enorme accompagnarlo,
alcuni amici speravano di aiutarlo
in una speranza contro ogni speranza.
La depressione ha un elemento di contagio empatico…
Ma la sua malattia che durava da anni con brevi interruzioni apparenti,
ha avuto termine con il lanciarsi dalla finestra
tra le vie centrali della città.
…Quindi un cristiano dovrebbe considerare un suicidio allo stesso modo di una morte naturale.
Sebbene politicamente sia in genere dalla vostra parte, in ambito religioso talvolta mi chiedo:
ma che differenza c’è tra il cristianesimo e l’ateismo?
Non risulta chiaro come possa testimoniare la fede in Dio-Amore una persona che decide di suicidarsi.
La Chiesa officia i funerali ai suicidi. Quali ripensamenti sarebbero ulteriormente necessari?
Mi fermo in silenzio davanti all’accaduto, di cui Luigi ci parla. Ne avevo letto anche sui giornali. Sto in silenzio, non capisco e sto in silenzio, però su una cosa mi esprimo:
condivido pienamente le riflessioni di Matteo; la depressione è una malattia della psiche, molto, molto seria. In Italia si tende a nasconderla…a fare finta che non ci sia, che basti un pò di buona volontà per uscirne e invece la depressione, nelle sue forme più acute, è micidiale e va assolutamente curata con i mezzi che la medicina e la scienza oggi ci mettono a disposizione.
Un abbraccio a tutti.
F.
Caro Marco,
non c’è un “quindi”.
Ci sono fatti,
su cui riflettere.
Davanti alla morte non c’è differenza tra un cristiano e un non cristiano.
Il male, o malattia,
non fa discriminazioni tra cristiani e no.
Le stesse reazioni umane,
se non sono di eroismo da altare,
ma quello vale per preti, religiosi, papi…
nel banale quotidiano,
siamo accoumunati dalle stesse reazioni.
In un letto di letto di ospedale,
un anziano vescovo,
rompe le “scatole”
alla stessa maniera di un qualsiasi altro uomo….
cristiano o ateo che sia.
Non tutti sono come Tonino Bello….
@Nino
l’idea che chi è violento con se stesso lo sia, appunto, solo con se stesso esprime una concezione di uomo troppo individualista, secondo me. Come se ognuno di noi fosse un’isola, senza relazioni.
Il fatto è che ciascuno ha legami, affetti più o meno vicini, amicizie o semplici collaborazioni, che vengono strappate lasciando ferite brucianti.
Ci si sente davvero violati, e violentati, dal fatto che qualcuno che ami non ti ami abbastanza da restare con te…
@Marco,
hai colto il senso dei miei interventi: la Chiesa NON può considerare il suicidio alla pari della morte naturale. Il suicidio è gravemente contrario alla giustizia, alla speranza e alla carità e non dimentichiamo il quinto comandamento (Non uccidere).
Quanto ai funerali dei suicidi, la motivazione è che “non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare l’occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita”.
Proprio per evitare confusioni ed equivoci credo sia assolutamente necessario che un cattolico prenda posizione a favore della vita, anche a costo di apparire poco sensibile o poco rispettoso.
@Matteo,
mi spiace per il tuo amico e per la sofferenza che, con le tue parole, hai voluto condividere con noi. Vorrei esserti vicino, certamente lo sarò con la preghiera. Ho citato il Catechismo solo per dare un contributo alla riflessione del pianerottolo, perchè mi sembrava che desse un’idea precisa di quanto una scelta individuale incida in quei “legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi”. Forse ho sbagliato, ma è difficile trovare parole appropriate. Mi sono permesso comunque di esprimermi, perchè credo che la vita vada comunque sempre sostenuta, anche in queste circostanze.
Ma perchè siamo sicuri che Lucio Magri si sia suicidato perchè depresso?
come facciamo ad esserne cosi’ sicuri? Oggi quando una persona si suicida
si tende a dare SEMPRE questa spiegazione : era depresso. come dire. era malato, poverino, non sapeva quel che faceva..
ma come facciamo NOi a essere così sicuri dei motivi che spingono un uomo a suicidarsi? questi motivi possono essere i più disparati: un uomo si può suicidare per orgoglio, un altro per noia di vivere, un terzo per fallimento degli ideali in cui credeva, un altro per amore , per gelosia, perchè ha fatto un crac finanziario ecc ecc.. insomma i motivi possono essere tanti. Dunque per favore, non tiriamo sempre in ballo la depressione, a meno che non siamo degli psichiatri capaci di una vera diagnosi clinica ( e spesso anche gli psichiatri sbagliano la diagnosi)!
C’è qualcuno che sostiene che Lucio Magri non si è suicidato affatto per depressione , ma perchè vedeva falliti nel mondo di oggi i suoi ideali marxisti , insomma vedeva sconfitta nella realtà quell’Idea a cui aveva dedicata la vita..
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/mino-fuccillo-opinioni/lucio-magri-lapide-depressione-1036125/
nessuno di noi sa perchè l’ha fatto. Perciò non esageriamo con la solita tiritera della pietà ..credo che lo stesso Lucio Magri preferirebbe essere o ammirato o detestato, ma non sentimentalmente “compianto”!!! .
Parlo del suicidio per depressione.
Chi lo è, depresso, si sente solo quanto più non si potrebbe. Chi gli è intorno non lo conforta affatto anche se gli rivolge parole di incoraggiamento. È come se si cercasse di confortare un ammalato di cancro. Belle le parole di conforto, ma la malattia resta lì a devastare corpo e mente, e lo sconforto anche resta. Chi ha fede potrebbe–ripeto “potrebbe”– in qualche momento rasserenarsi, ma non è sempre così e comunque non per tutti. Inutile negarlo.
I parenti, gli amici è come se non ci fossero, anzi si è portati ad isolarsi.
Il suicida sarebbe individualista? Non è così. È malato di una “strana” tremenda malattia e quando decide di farla finita, scrive talvolta parole di perdono ai parenti e agli amici. Questo è “individualismo”? Non mi pare.
Per l’amor del cielo, cercate di capire e di stare con i piedi per terra.
Certo che chi resta soffre, ma forse che non si soffre sempre davanti alla morte di una persona che ha fatto parte della nostra vita? Dov’è la violenza? Parola inappropriata. Parlerei piuttosto di grande tristezza e di dolore.
Marco scrive : “Non risulta chiaro come possa testimoniare la fede in Dio-Amore una persona che decide di suicidarsi”.
Sono perplessa. Quando qualcuno è in preda ad una grande sofferenza interiore o anche fisica, davvero sembra possibile che si senta in grado di “testimoniare la fede”?
Mai sentito dire che chi soffre da cani vuol morire il più presto possibile? Senza differenze, come ha detto Matteo, fra cristiani e non.
Mi viene da dire (ma senza augurarlo a nessuno) : provare per credere.
Scusate, molti qui sembrano lontani mille miglia da certe malattie, ecco perché non vengono comprese. Informatevi bene. E siate cauti nel giudicare.
Se la Chiesa officia i funerali per i suicidi, caro Marco, fa esattamente quel che deve fare. Ma questo succede relativamente da poco, perché prima non lo faceva affatto considerando i suicidi come peccatori. Oggi ha fatto un passo avanti, e meno male.
Quando ho parlato di ripensamenti, alludevo al fatto che la condanna dei suicidi esplicitata nel catechismo della Chiesa cattolica, fa di tutta l’erba un fascio e non tiene conto delle cause diverse che possono indurre gli uomini al passo estremo.
Certo è molto triste e davvero “deprimente” il contesto di questo suicidio.. Questa clinica svizzera di nome “Dignitas” , i cui contatti con l’Italia sono curati da un ente di nome “EXIT”, che , leggo sui giornali, assicura circa 20-30 clienti italiani non so se al mese o all’anno ( spero all’anno)… mi chiedo come proceda l’iter.. uno va li e dice che vuol essere accompagnato all’estremo passo.. dovrà pagare suppongo, con la carta di credito preferibilmente ..poi ci si mette d’accordo sulla data.. il cliente torna a casa sua come nulla fosse e riprende le usuali attività fino al giorno fissato.. quel giorno fatale si presenta dignitosamente alla “Dignitas” dove ho letto che gli viene fornito un beverone letale.. come la cicuta di Socrate…..il calice però lo deve bere il cliente di sua mano.. per motivi legali altrimenti sarebbe omicidio, così invece è dignitoso “accompagnamento” alla morte.
La clinica Dignitas si è già messa d’accordo con le pompe funebri che prendono la salma e se ne vanno.Credo che nella clinica Dignitas, pulitissima ed asettica, non si senta mai un grido, mai un pianto, mai nessuno spiacevole contrattempo. Tutto si svolge evidentemente in maniera molto esatta, gentile, “svizzera” e dignitosa.
Altro che il poetico, teatrale,istrionico volo di Icaro del povero Monicelli!!
http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/5962/
ecco, se avete letto l’articolo del Manifesto , quello che suona un po’ inquietante almeno per me, sono le ultime righe dell’articolo: prima i medici potevano aiutare solo chi lo chiedeva ed era in possesso delle proprie facoltà mentali , ma da un ulteriore aggiornamento delle norme, possono aiutare anche i “malati psichici”, quindi i pazzi, “pur con tutti gli accorgimenti del caso…”ecco in questo caso l'”aiuto” a levarsi di mezzo siamo sicuri che sarà sempre disinteressato? a quanti parenti farebbe comodo che malatti psichici inguaribili fossero amorevolmente avviati,pur con “tutti gli accorgimenti del caso”, alla dolce morte???…poverino così smette di soffrire!!!!! .. ( e smette anche di rovinare la vita a noi.. pensiero sottinteso)
Vediamo se riesco a farmi capire meglio.
1) Non credo sia opportuno farne una questione di sensibilità in quanto può essere considerato insensibile al dolore del suicida chi non approva il suo gesto, esattamente come il suicida può essere ritenuto insensibile nei confronti di chi sarà tremendamente ferito dal suo gesto.
Quindi non se ne esce.
2) Una persona che crede in Dio e in particolare nel Dio cristiano, nel Dio amore, verità, bontà non può optare per il suicidio. Se lo fa ha commesso un peccato e il giudizio spetta a Dio.
Il peccato sta nel sostituirsi a Dio, nel rifiutare la propria croce, nel considerare privo di valore l’affetto di chi gli è vicino e, in ultima istanza, nel considerarsi padrone della propria vita.
La Chiesa cattolica dimostra già molta misericordia nel concedere i funerali e la sepoltura nei camposanti ai suicidi. Lo fa perché sospende il giudizio in quanto nessuno può sapere cosa sia passato per la mente e la coscienza del suicida.
3) Se un cristiano non prova orrore dinanzi alla violenza di un suicidio ed anzi auspica che la sua Chiesa sia indifferente difronte ad una tale scelta, mi chiedo in cosa la sua logica si differenzi da quella mondana. In cosa consista la differenza della sua fede.
Se Dio esiste ed ama le sue creature, se ha sperimentato la sofferenza sulla croce come ci si può togliere la vita, dono inestimabile di Dio? Significa non credere più nel Suo essere con noi, nel Suo sostegno e rifiutare il proprio calice. Significa non credere nel valore salvifico della sofferenza e nella necessità dell’espiazione.
Liberissimi di farlo ma a quel punto dove risiede la differenza tra un cristiano e un non cristiano?
Un ateo ritiene che la morte sia il momento finale della vita. Un cristiano considera la morte il passaggio alla vera vita.
Un ateo non crede alla volontà di Dio sulla sua vita ma alla propria volontà. Un cristiano crede al disegno di Dio sulla sua vita, alla vocazione, alla necessità della croce e alla libertà dell’uomo di accettare o rifiutare la chiamata di Dio.
4) Se un cristiano dice: “Sto soffrendo, mi sono illuso e sono deluso, il mio amore non c’è più, dunque la mia vita non ha senso” fa un discorso legittimo ma non è un discorso cristiano perché per un cristiano la ragione della speranza e della dignità della vita è insita nella vita stessa, immagine di Dio.
5) Da un punto di vista squisitamente laico ed ateo il suicidio è una scelta possibile ma credo che si possa affermare che un suicidio non è un inno alla libertà quanto piuttosto il fallimento di una cultura, quella consumista e post-ideologica che non sa dare ragioni essenziali alla speranza la quale dipende invece dalla contingenza storico-personale (salute, ricchezza, avveramento di sogni, efficienza, successo…).
Questo è un problema culturale notevole.
Scusate, ma state facendo una marea di discorsi…inutili. Parole senza senso se applicate a come si sente una persona in depressione.
Quando si soffre come sto soffrendo io, non ci sono “etichette” – per inciso, i pensieri non si iscrivono dentro a quello che abbiamo imparato nella vita – è tutto molto più disperatamente facile: sto male, voglio smettere di soffrire e il suicidio appare come l’unica via.
Se, per un attimo, riuscite a spogliarvi di tutto e a considerarvi solamente essere umani di carne, sangue e sentimenti, profondamente feriti e senza speranza…ma proprio pieni di dolore lancinante… allora, forse, potrete cominciare a comprendere l’abisso di sofferenza che può condurti a certe scelte definitive. Discutibili per quanto si vuole ma da rispettare nell’ottica di un dolore incompreso, indiviso, impossibile da spiegare e incapace di chiedere aiuto.
Scusate l’intromissione.
“Mi fa male vivere e mi fa male morire“: lo scrive Roberta Tatafiore a pagina 111 di La parola fine. Diario di un suicidio, Rizzoli 2010. Roberta – che abitava nel mio quartiere romano dell’Esquilino – si è uccisa nella stanza di un albergo romano l’8 aprile del 2009 lasciando un diario dei tre mesi in cui aveva preparato il suicidio.
A pagina 26 Roberta Tatafiore dice che “ama la morte tanto quanto ama la vita” ed enuncia il proposito: “Preferisco comporre la mia morte”. E ancora: “Comincio a familiarizzare con il suicidio”.
Roberta Tatafiore p. 28: “morte volontaria” e “il controllo della morte”. “Immagino il prima e il dopo la vita, le vite, come lo spazio della genealogia e del legame spirituale tra gli esseri umani”
Roberta Tatafiore p. 29: “Prepararsi alla morte per propria mano vuol dire lasciare la terra solida sotto i piedi e immergersi in un grande mare senza appoggi”.
Roberta Tatafiore p. 30: “Mi rendo conto che la morte è pronta ma la scrittura mi trattiene”.
La diagnosi di depressione è una diagnosi psichiatrica e medica che deve rispettare paletti ben precisi.
Non so se Lucio Magri fosse depresso.
Comunque per me la morte non è una terapia e un medico non dovrebbe fare questo tipo di servizi.
Il mio discorso è una risposta a marilisa, matteo e nino che hanno fatto commenti generali, al di là della storia personale di Lucio Magri.
Credo che abbia fatto molto bene Luigi a parlare di violenza, ne ha tutto il diritto. Anzi, essendo cristiano, secondo me ne ha il dovere.
Spero di non trovarmi mai in una nazione dove c’è la stanzetta per morire.
E mi stupisco che un comunista rigoroso come Magri sia finito in quelle cliniche svizzere, simbolo del capitalismo consumista portato alle estreme conseguenze, dove un gesto equivale ad un altro, dove tutto è reso asettico, anestetizzato, uniforme e privato di pathos.
Nico
“solo con se stesso esprime una concezione di uomo troppo individualista,”
——
Come dire che il narciso che ama se stesso , altrettanto intensamente ama il prossimo .
Ma non ti pare un luogo comune?
E il suicida, ovvero chi si lascia morire rifiutando il cibo e che viceversa ne abusa oltre i limiti fisiologici?
Mi chiedo come si possa sputare sentenze o pretendere di “prendere posizione” su di un argomento del genere comprensibile solo dalla misericordia di Dio.
Pace a tutte quelle anime tormentate dal mal di vivere, che si perdono qualunque sia la loro ragione .
Roberta Tatafiore p. 33: “Lascerò doni alle persone care”. Pagina 34: “Sonlo approdata all’individualismo assoluto”.
Roberta Tatafiore p. 41: “C’è risentimento e rabbia nel suicidio”. A pagina 32 aveva detto “risentimento e rassegnazione”.
Roberta Tatafiore p. 49: “Qualsiasi suicidio è un’esibizione”. Ivi: “Qualsiasi suicidio è contagioso”.
Roberta Tatafiore p. 57: “E’ tutta la vita che mi sento una sopravvissuta, una che per vivere deve uccidere qualcun altro”.
Luigi, parli con me?
Sto leggendo i pensieri di Roberta come fossero i miei…
Roberta Tatafiore p. 64: “Lo spirito di tenebra fa parte del mio stesso spirito”. P. 66: “Tengo serrati nel cuore i pensieri oscuri”. P. 71: “Quella prossimità con il suicidio appiccicata all’anima come un velo di cipolla”.
Roberta Tatafiore p. 74: “Quando uno, una, sente la necessità di morire, ciò che più desidera è di avere un angelo al suo fianco”. P. 75: “i volontari della morte”.
Roberta Tatafiore p. 90: “Vado da uno psicoanalista che dopo un mese di sedute si suicida”. P. 92: “Ho sbagliato a infilarmi nel tunnel del suicidio”.
Roberta Tatafiore p. 118: “E’ uno strazio fare i conti con la responsabilità di procurare dolore ai miei cari”. Ivi: “Mi piacerebbe morire con alcune persone che amo intorno”. P. 119: “Il suicidio esistenziale non crea tra il morente e i sopravviventi quei legami reali consolidati da secoli e secoli di significazioni”.
Roberta Tatafiore p. 123: “Dice l’amica che sa: non lo fare. La capisco. Oggi è l’ultimo giorno in cui ci incontriamo, e da questo momento in poi l’attesa sarà un’agonia, più per lei che per me”.
Principessa fa conto che stiamo parlando a un tavolinetto della via di Borgo Pio.
Io so che tu le hai colte le lacrime che cercavo di nascondere, quel giorno. Così come sai comprendere i miei silenzi…
Marco, tralascio in gran parte il tuo discorso che ho capito perfettamente. Mi soffermo sul 2° punto, che attiene alla fede cristiana.
Teoricamente le tue considerazioni non fanno una piega, ma –sai–quando la realtà si presenta con inaudita crudezza, anche i principî evangelici sono difficilmente perseguibili. Hai capito che cosa voglio dire?
Io guardo in faccia la realtà come la vedo e come l’ho vista. Io so che nella vita si assiste molto spesso a situazioni reali e indiscutibili in cui i buoni propositi e la fedeltà ai dettami evangelici vanno a farsi benedire. E ritengo che comunque Dio sia con noi lo stesso, sempre.
Hai dimenticato il grido drammatico di Gesù sulla croce “Dio mio perché mi hai abbandonato?”
Tu dici: “Significa non credere più nel Suo essere con noi, nel Suo sostegno e rifiutare il proprio calice. Significa non credere nel valore salvifico della sofferenza e nella necessità dell’espiazione”.
Sì,caro Marco. Ci sono delle volte in cui si può arrivare a pensare che Dio non sia con noi. Se tu hai una fede tanto grande da ritenere che ciò non possa avvenire, tienitela ben stretta la tua fede, e ti auguro di non doverla mai mettere in discussione.
Ti faccio presente, però, che anche chi ha grande fede,se in preda a inauditi patimenti chiede, molto umanamente, a Dio la morte e se questa non arriva, può essere portato a liberarsi del “dono inestimabile”. Altrimenti perché si sarebbe suicidato quel religioso di cui ha parlato Matteo? Ma non solo quello; di qualcun altro si viene a sapere di quando in quando. Colpevoli?
E perché tante volte coloro (di grande fede) che sono vicini al loro caro sofferente sperano che muoia presto perché sono sconvolti dallo strazio a cui assistono? Colpevoli anche loro?
Non sono favorevole al suicidio, a scanso di equivoci.
Ma che ne sai tu–che ne sappiamo noi– degli effetti devastanti sulla mente umana di certe situazioni di dolore (non solo fisico)?
Dio solo lo sa. Per questo sono convinta che parlare dei suicidi in termini denigratori o colpevolizzanti, per di più appellandosi alla religione, sia uno sbaglio, e anche grosso.
Sarebbe meglio tacere, io credo, e magari pregare.
Mi ha irritato profondamente quel tale giornalista che, pur non avendo fede, commentando la morte di Lucio Magri( che qualcuno ha criticato) e il suicidio in generale, ha detto che togliersi la vita significa “sradicare il cristianesimo dalla terra”.
Non ritengo degna di commento tale frase.
Marilisa,
noi siamo tutti deboli e peccatori.
Tuttavia è doveroso che la Chiesa e in generale il cristiano esorti a rinunciare al suicidio come soluzione alla propria sofferenza.
Senza ripensamenti.
Le vicende di Monicelli e Magri vengono strumentalizzate e l’apologia del suicidio che in molti fanno è gravemente diseducativa.
Per quanto chi abbiamo dinanzi appaia triste, disperato, devastato, ammalato, abbiamo il dovere di infondere coraggio e manifestare empatia e vicinanza. Poi sarà la persona a stabilire cosa fare.
Certamente una stanzetta asettica dove andare a morire senza disturbare è qualcosa che mi disgusta.
Se una persona vuole morire si dia da solo la morte. Non ci si può fare complici di una simile volontà. Specialmente se cristiani.
Come è violenta la malattia, è violento anche il gesto del suicidio. Sono due verità.
La riflessione dovrebbe spostarsi sul come far introiettare alle persone che la dignità e la speranza sono insite nella esistenza di ciascuno e non dipendono da contingenze esterne, piuttosto che ridursi al suicidio assistito si o no.
In altre parole: urge una riflessione sul significato da attribuire alla vita sofferente, senza successo, considerata fallimentare secondo i canoni consumistici.
Caro Marco
ho letto con attenzione quello che hai scritto.
Certamente scrivi per giudizi precostituiti senza esperienza di quello che ti accade intorno.
Non ti auguro di avere esperienza di depressione, magari allo stadio acuto,
e con tutto l’essere cristiano, in compagnia di quella chiesa che conosci e del catechismo…
Poi… vedere cosa scriverai su queste pagine virtuali.
Prova a fare un passo in più,
guarda negli occhi le persone,
spogliati del catechismo,
non serve davanti alla morte.
A me il catechismo non serve a nulla.
Voglio soltanto apparecchiarmi alla morte,
quando il momento verrà,
in compagnia di quel Gesù che mi ha chiamato,
e che allo stesso tempo per me è mistero,
ma ha lasciato per me parole e vita,
che non chiedono glossa alcuna.
Un Gesù che ha incontrato persone di carne,
folle di carne e ne ha avuto compassione.
Il mio problema fondamentale sarà soltanto il dolore.
il mio corpo non l’accetta,
a menocchè non intervenga la madonna di Lourdes
con qualche bel miracolo ad hoc.
Fiaccole per Mario Monicelli – nel mio quartiere – a un anno dalla morte: http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/30/Fiaccole_per_Mario_Monicelli_co_10_111130031.shtml
@Nino
penso che di un argomento come questo si possa parlare solo perchè qui siamo in tanti, e ciascuno contribuisce con il suo pezzetto ad una riflessione che è enorme. Quindi lo fa (o almeno io lo faccio) senza pretesa di sentenziare alcunchè.
Per il resto, molto di quello che avrei voluto dire è presente nelle parole di Roberta, che Luigi ci ha comunicato.
Pur con la massima comprensione umana e cristiana per chi si trova nella sofferenza, rimango dell’idea che almeno quando siamo sani e lucidi dovremmo rifiutare con tutte le nostre forze la possibilità del suicidio. Per il resto condivido le osservazioni di Marco.
Ho 45 anni, sono sposato, ho tre figli.
Ho affidato la mia vita totalmente a Dio Nostro Padre e nelle preghiere chiedo sempre di guidare le mie azioni. Nonostante diverse tribolazioni, mi sono sempre ritenuto un protetto perché sono sempre riuscito a superare tutte le avversità.
Ma il 3 gennaio 2011 è successa una tragedia
che non mi ha fatto perdere la fede
ma mi ha lasciato una profonda tristezza e desolazione che grazie all’aiuto di Dio cerco dei superare.
Mio padre, uomo buono e mite che pregava tanto,
all’età di 76 anni in seguito a una lunga depressione
ha deciso con un gesto insano di porre fine alla sua vita terrena.
Sono certo che Dio lo ha perdonato.
Affido il mio dolore a Gesù.
Antonio Mancuso, Roma
Da Corriere della Sera 27 novembre 2011
http://www.corriere.it/cultura/speciali/2009/martini01/notizie/vivere-con-la-fiducia-dentro-il-cuore-ecco-la-vera-ragione-per-cui-crediamo-carlo-maria-martini_852752ac-18d6-11e1-be06-06f00295b4d4.shtml
Nico
“senza pretesa di sentenziare alcunchè.”
—
sul punto non mi riferivo a te e mi scuso per l’involontario malinteso che ho provocato.
Sull’argomento mi trovo in piena sintonia con questa riflessione di Vito Mancuso pubblicata su la Repubblica di oggi:
http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=17N6FL
Ciao.
Non riusciamo a capirci, Marco, ma anche siamo su piani diversi.
È ovvio che il suicidio è un gesto gravissimo ed è ovvio che è aberrante fare l’apologia del suicidio. A proposito, chi la fa? Forse qualcuno fuori di testa.
Di certo non saprei immaginare una Chiesa che non esortasse a rinunciare al suicidio.
Di più: credo che non esista persona al mondo– che abbia fede o no– che non distoglierebbe qualcuno che manifestasse questa intenzione, dal farlo.
Se poi una persona qualsiasi volesse invece farlo per motivi suoi anche incomprensibili ai più, dovrebbe essere libero di farlo nei modi in cui vuole, discutibili o meno per chi vede la vicenda dall’esterno. Tutto è opinabile.
Nella mia città esiste un ponte dal quale l’altro giorno si è catapultato nella vallata sottostante l’ennesimo disperato; certo non lo ha fatto per sperimentare un gioco.
Del resto, non mi sembra sia facilissimo prendere una decisione di questo genere. Moltissimi infelici non si tolgono la vita solo perché manca loro il coraggio, a prescindere dal fatto che credano o no.
Ma non di questo si parla.
Rilevo molto più semplicemente che talvolta nella vita si determinano situazioni intollerabili–è questo che non riesci a captare– per le quali il pensiero della morte prevale su tutti gli altri, ad onta di qualsiasi insegnamento ricevuto, di qualunque convincimento generatosi nel tempo, di qualsiasi affetto nutrito fino a quel momento. La morte si presenta come unica via d’uscita da una esistenza non più sopportabile. È una “malattia” fra le più crudeli, come ho già detto, e tu, da futuro medico, dovresti saperne almeno un po’ più di altri, se non sbaglio.
Dignità e speranza non c’entrano per nulla, credimi.
In tali situazioni–da cui nessuno può essere certo di essere immune–la dignità non la si avverte più e la speranza proprio non c’è, neanche un lumino. Ma ci sono dei casi in cui, invece, si potrebbe decidere di morire salvando un minimo di dignità; potrebbe essere il caso di Lucio Magri, per es., al quale, mi sembra di capire, molte persone non “perdonano” il modo “borghese” di uscire dalla scena della vita, in relazione alla sua passata e ben nota ideologia. Tutta aria fritta.
“Urge una riflessione sul significato da attribuire alla vita sofferente, senza successo, considerata fallimentare secondo i canoni consumistici”. Frasi fatte e, per quel che mi riguarda, non condivisibili.
Tu pensi davvero che chi rinuncia alla vita lo faccia perché si sente fuori dai “canoni consumistici”?
Considerazione di incredibile superficialità, se mi permetti.
Mi viene il dubbio che tu non sia mai stato a contatto con persone estremamente sofferenti, che lo dimostrino o che, al contrario, lo siano intimamente in maniera inenarrabile e rispettosa al tempo stesso della sensibilità altrui. Ne esistono tante, sai?
Tu, Marco, devi essere molto giovane e dovrai vedere ancora molto della vita, evidentemente. E vedendo si tocca con mano, si impara e non si ragiona per preconcetti e facendo proprie le opinioni altrui formulate dall’alto degli scranni di una pseudosaggezza che ignora qual è la realtà vera di una vita che troppe volte mostra i suoi lati peggiori e colpisce senza sconti gli uomini.
Marilisa,
io non ho mai parlato direttamente di Lucio Magri o di Monicelli.
Mi sono limitato a riconoscere la verità profonda delle parole di Luigi che sottolineano la violenza di certi atti e il dolore che ne consegue.
Allo stesso tempo ho riconosciuto la verità del dolore o della percezione di un’assenza di senso di chi ha deciso di togliersi la vita.
Ho svolto considerazioni che esulano dai fatti citati da Luigi e riguardano più che altro i commenti tuoi, di Nino e di Matteo (Nino poi ha chiarito meglio la sua posizione).
In particolare non comprendo come si possa rimproverare a Luigi una mancanza di pietas. Allo stesso modo non comprendo come ci si possa auspicare ulteriori ripensamenti da parte della Chiesa riguardo il suicidio o peggio ancora il suicidio assistito.
Ho espresso un parere personale riguardo la legislazione elvetica che permette il suicidio assistito, pratica che considero l’emblema della cultura consumista, individualista e liberista, secondo cui dar morte diviene servizio e terapia.
Ho considerato basso il livello della riflessione riguardo il tema del suicidio assistito in quanto ridotta al solito contrapporsi pro-life e pro-choice, senza tuttavia entrare nel vivo di riflessioni che da sempre l’umanità e la civiltà occidentale ha prodotto: che cos’è la morte? Come convivere con la sofferenza? Cos’è la salute?
Io ho avuto tre nonni su quattro malati di Alzheimer, incapaci di riconoscere i loro figli e la loro casa, totalmente non-autosufficienti, uno piuttosto triste e arrabbiato (non so se depresso).
Spesso ho trascorso il pomeriggio con loro. Mi sono anche divertito oltre che turbato.
Non ritengo priva di senso la loro condizione né la mia assistenza.
Era mio dovere farlo.
Ritenere indegna per l’uomo la condizione di dipendenza totale cui costringe la vecchiaia è un discorso legittimo, ma non è un discorso cristiano.
Mi sono limitato a dire questo in risposta ad interventi che ho percepito come eccessivamente critici nei confronti della Chiesa e delle parole di Luigi.
L’apologia del suicidio è fatta da numerosi intellettuali borghesi-comunisti e liberisti.
Sono andata un giorno a Perugia, dove non ho Internet, e quindi sono rimasta indietro. Leggerò con calma i vostri interessanti messaggi. Intanto vorrei dire che sui muri della piccola stazione di Trestina c’era questa scritta: “Stringi forte le mie mani. Voglio viverti”. A volte serve anche qualcosa che scacci i pensieri neri …
È inutile, Marco, stai guardando da un’altra parte.
Non cogli il nocciolo del mio argomentare. Forse non riesco a farmi capire. Finiamola qui.
Marilisa, vorrei ringraziarti per aver saputo spiegare in termini chiari e precisi come ci si sente dentro a certe malattie. Non è facile comprendere l’odio per un’altra giornata da far trascorrere, il desiderio del sonno (che è un po’ come la morte), la totale mancanza di immaginazione – altro che speranza!!! – di come sarà la prossima ora, la fatica di respirare.
Un abbraccio
Cara Mary, quanto dici è verissimo. Ne parlai su questo blog un paio di anni fa: una bella signora, mia dirimpettaia,giovane, molto carina, a me sembrava felice eppure, dentro aveva il tarlo -perché di tarlo si tratta- il 19 ottobre di due anni fa, alle 6 del mattino si gettò dalla finestra sotto i miei occhi. Non dimenticherò mai quella scena. Avevo persino messo il tavolo sotto la finestra e sul tavolo una sedia sulla quale si assise perché riuscesse perfettamente nell’impresa….E’ sconvolgente ..ma è così…Nessuno avrebbe potuto aiutarla, nessuno. Era sola col suo male, col suo verme: il demone del suicidio.
Il demone appunto.
Mi pare che uno Stato non debba e non possa garantire il servizio di ammazzare una persona già vittima di un tarlo.
Trovo sgradevole che se ne faccia una questione di sensibilità.
Io non discuto l’autenticità del dolore.
Affermo che tale volontà di morte e percepita mancanza di speranza, senso, dignità non debbano essere assecondate.
Sì, Marco. Detta così è giustissima. Ma in luogo di discorsi sterili andrebbe pensata una assistenza “alla vita” , una spiegazione a chi sta vicino a noi che il male è “vero” e non solo nella nostra”testa”, un aiuto concreto, tangibile da parte di tutti, che cominci da casa, un’educazione alla comprensione e a saper di nuovo guardare le persone negli occhi e a “riconoscerci” tra di noi.
Ciao a tutti, ritorno nel mio silenzio
Ma quale silenzio pri…silenzio un corno..damose da fa che me davi da’ na’ mano : ho dodici persone per la cena della vigilia Ntale e sono entrata nel pallone!!….sto’ inguaiata…urge menù helpppp…HHHeeelllPPPP
Cara Principessa,
non solo sono d’accordo con te ma hai detto proprio quello che volevo esprimere.
Se non c’è una riflessione più profonda, di senso, che riguardi la morte, la salute, la dignità, le ragioni della speranza, le modalità di assistenza, la compatibilità tra una vita sempre più frettolosa, improntate al successo e al guadagno e l’esigenza del prendersi cura dei propri cari, la necessità di stare dinanzi al limite… senza questa riflessione tutte queste parole sono vane, deprimenti, sterili ed ideologiche.
Ecco perché sarebbe un grave errore anche per un laico ateo appoggiare una legislazione favorevole al suicidio assistito.
Taglierebbe alla radice la possibilità di un confronto sereno e di un progresso vero riguardo i problemi che ho elencato.
@Nino
Normalmente Mancuso mi crea parecchie difficoltà, ma questo articolo è bello.
Grazie
Se qui commentasse ancora il grande Syriacus, probabilmente avrebbe linkato qualcosa di meglio.
Ma mi limito a quel che ho ascoltato in questi giorni:
http://www.youtube.com/watch?v=L-lzsJ5862o
La musica è divina, le parole fanno riflettere:
“O rendetemi la speme
o lasciatemi morir
…
Quanto amore è mai raccolto
in quel volto e in quel dolor!
…
O toglietemi la vita
o rendetemi il mio amor!”
Non ho letto tutti i commenti, eccetto qualcuno, ma dall’ultimo intervento di Marylisa deduco che qualcuno, non so chi ma lo intuisco, sarebbe favorevole al suicidio assistito tanto da renderlo legale!?
Ero uno scherzo, dai, era tutto finto, si..ditemi di si…non posso credere che si possa arrivare a formulare una roba tanto orribile…
Mi fa orrore il solo pensiero…
Quello del suicidio è un demone, è vero, ma anche i demoni possono essere cacciati a pedate, in nome di Gesù…e per chi trova questo nome passibile di censura o addirittura inconsistente lo si può sostituire benissimo con la parola “Amore” . Gesù e Amore sono la stessa cosa, l’importante è saper ascoltare quell’ urlo d’aiuto silenzioso e assordante .
Carissime principessa e Clodine, mi sembra doverosa una risposta. Conosco bene il tormento di questa malattia; è, in certe giornate, un inferno vero e proprio, ed è incomunicabile. I tuoi pensieri sono uccelli neri. Provi a spiegare ma non ti capiscono, ti dicono che “devi reagire”…”dipende da te”…. e altre frasi insulse che in un certo senso ti colpevolizzano, ed è peggio. Anche alcuni psichiatri a volte fanno questo errore macroscopico.
Non c’è un’ anima che non veda, più realisticamente, che quando si comincia a migliorare per effetto dei farmaci giusti per te, solo allora si può cominciare a reagire senza incitamenti di nessuno, a rialzarsi dal buco nero in cui stavi sepolta, e puoi lentamente rincominciare a camminare.
Sì, principessa, si cerca il sonno come rifugio e molto spesso ci si augura di non svegliarsi più.
Conosco bene tutto questo ed è un “non vivere”. Ci sei ma vorresti non esserci.
Ma prova a farlo capire a chi non ha mai vissuto questa funesta esperienza.
Eppure i mass media ogni tanto danno notizia dell’aumento impressionante di questa malattia in tutto il mondo. Non so da cosa dipenda o forse un’idea me la sono fatta, ma tant’ è…
Quel che mi disturba è la beata ignoranza di tutti quelli–e sono tantissimi– che ne stanno al di fuori e che osano trinciare giudizi a buon mercato quando sentono parlare di suicidio, senza conoscere assolutamente nulla di quel che passava per la mente di quella persona.
Con noncuranza “interpretano” a proprio piacimento le motivazioni (come se le conoscessero) del grave atto della stessa persona. E disquisiscono su fede e ateismo, su colpevolezza e non, su discutibili pretesti e su motivi giustificabili. E perfino sui “canoni consumistici”.
Manca poco che dicano che lo hanno fatto per gioco.
Ma tacciano, invece, e sperino piuttosto di non trovarsi mai in tale tremenda situazione.
Poi ci sono quelli che se appena appena apri bocca per accennare al tuo male, ti danno un’occhiata di sguincio e poiché non ti vedono tramortita, con falsa cordialità ti liquidano con un “ma va’ là che stai bene…”. E pensano di averti incoraggiato. Bene un corno!!
È inutile dilungarsi.
Principessa, spero che tu abbia avuto qualche miglioramento, ne sarei contenta davvero.
Clodine cara,certo che quando a togliersi la vita è una persona di cui mai l’avresti pensato ( come la signora di cui hai parlato), lo sbigottimento è una mazzata che ti mette con le spalle al muro.
La vita ha tanti misteri indecifrabili. E si illudono quelli che sono convinti che a far quadrare i conti valga, quasi un salvacondotto, la fede religiosa. L’esperienza viva mi dice che non è così.
Tuttavia, da credente dico che l’affidarsi a Dio e la speranza non devono mai venire meno. In qualunque circostanza ci troviamo, siamo nell’ abbraccio del Signore anche quando non ce ne accorgiamo.
Vi saluto,care amiche. Un bacio.
“dall’ultimo intervento di Marylisa deduco che qualcuno, non so chi ma lo intuisco, sarebbe favorevole al suicidio assistito tanto da renderlo legale!?”
Clodine, non capisco. Dove hai letto questo? Intendevi parlare forse di Marco?
Ma sinceramente Marilisa,
qui a giudicare sei solo tu.
Giudichi me privo di esperienza riguardo la sofferenza, giudichi plagiato chi fa considerazioni generali diverse dalle tue riguardo il rapporto tra fede cristiana e modalità di stare dinanzi alla morte e ti senti sempre la più afferrata, la più autentica, la più profonda nell’interpretazione delle Sacre Scritture e della Tradizione della Chiesa.
E’ assolutamente legittima la tua opinione, andrebbe motivata.
Io ho posto una domanda precisa a te e matteo:
in cosa consiste la differenza tra un ateo e un cristiano (cioè una persona che ha fede in Gesù Cristo) dinanzi alla morte?
Da questa domanda ne sorgono altre:
è possibile per un cristiano essere a favore del suicidio assistito? In base a quali presupposti dottrinali, filosofici e teologici?
Può un cristiano sostenere che una vita umana sia priva di dignità e dunque interrompibile?
Non si pensa che ci siano insidie legate al fatto di immaginare il suicidio come soluzione della sofferenza?
Come mai la tradizione medica, sin dai tempi dei greci, non ha mai considerato lecito per il medico cagionare la morte al suo assistito?
Siete voi ad auspicare ripensamenti, siete voi a dover render conto delle ragioni del vostro pensiero.
…mi sembrava che le riflkessioni di Marco lasciassero aperta la porta a questa orribile prospettiva. Ma posso anche aver capito male…Non è sempre è facile capire gli interventi di Marco. Almeno per me.
Bella il tuo ultimo intervento Mary, che condivido. Ti abbraccio cara Mary, e abbraccio anche Principessa con affetto grandissimo…ciao Pri
[mamma mia quanti errori faccio…mannaggia sta’ tastiera..la odio proprio]
…direi che hai proprio letto male Clodine.
Mi pare di essere stato molto chiaro: io disprezzo profondamente l’idea che ci sia la possibilità del suicidio assistito.
Casomai sono Marilisa e soprattutto Matteo a lasciare aperte le porte.
Marco scusami, hai per caso le traveggole?
Come stai interpretando quel che scrivo? Dove mai ho fatto capire di essere favorevole al suicidio assistito?
Ti sei perso la frase “Non sono favorevole al suicidio, a scanso di equivoci.” E parlavo di suicidio in generale, figlio caro.
Tu scrivi : “giudichi plagiato chi fa considerazioni generali diverse dalle tue riguardo il rapporto tra fede cristiana e modalità di stare dinanzi alla morte e ti senti sempre la più afferrata, la più autentica, la più profonda nell’interpretazione delle Sacre Scritture e della Tradizione della Chiesa.”
Premesso che non ho giudicato né te né alcun altro, ti chiedo : perché ti senti in diritto di offendermi in questo modo?
Le tue sono pesanti e gratuite illazioni oltremodo offensive.
Da quando avviene che esprimere opinioni e propri convincimenti significa sentirsi ” la più afferrata, la più autentica, la più profonda nell’interpretazione delle Sacre Scritture e della Tradizione della Chiesa.”? Già un’ altra persona ha espresso un concetto del genere in questo blog e ne sono rimasta sconcertata.
Ma tu ti senti bene? Misura le parole perché ti si possono ritorcere contro come un boomerang; lo sai vero?
Ribadisco: tu hai letto i miei interventi senza attenzione, volto a difendere a priori le tue opinioni.
Non hai colto il centro delle mie argomentazioni oppure lo hai totalmente ignorato. Non le ripeto, se vuoi puoi sempre rileggere ciò che ho scritto; e mai ho parlato di “sensibilità” anche se chi non cerca di comprendere le cause profonde di un atto gravissimo quale è il suicidio, qualche esame di coscienza dovrebbe farselo.
Per quanto riguarda le domande nel tuo ultimo intervento, non ho nessuna difficoltà a risponderti.
Dinanzi alla morte–tralasciando le sofferenze fisiche uguali per tutti- l’unica, non trascurabile, differenza fra un ateo e un credente– ammesso che ci sia lucidità di mente– sta nel fatto che un ateo salta nel buio senza rammarico seppure con qualche paura dell’ignoto, mentre un credente muore sperando vivamente di trovarsi faccia a faccia con Dio. E poi cosa succede? Se lo sai, fammelo sapere.
Per tutto il resto ti dico chiaramente che il suicidio assistito mi lascia interdetta forse perché mai ne avevo sentito parlare. Ma se uno ha deciso di sopprimersi, non vedo perché non possa farlo nel modo in cui vuole. Che cosa cambia nella sostanza se lo fa gettandosi da un ponte o sparandosi o facendosi un’ iniezione letale o perseguendo il modo più indolore? Tu hai la risposta? Che cosa cambia? Dà forse fastidio che non soffra?
Ancora : quando mai un cristiano ha pensato che la vita umana non ha dignità fino al suo compiersi? Tu ne conosci qualcuno? Io non ne ho mai conosciuti.
Però ti potrei ribattere che proprio per questo molti sono a favore dell’eutanasia: in essa vedono un mezzo per salvaguardare quella “dignità” che alla fine della vita sembra essere cancellata o annientata dalla devastazione prodotta dai patimenti di una crudele agonia. Indro Montanelli, per esempio, la pensava così.
Infine: il suicidio come fine della sofferenza esiste dai tempi dei tempi e sempre esisterà. Non mi esprimo al riguardo. So solo che è un atto che esige coraggio, e molto anche. La maggior parte di noi tale coraggio non ce l’ha, puoi credermi.
Comunque, ti ricordo ancora che il mio discorso ha riguardato un particolare tipo di suicidio, quello per depressione, una malattia mentale sempre più diffusa, sconvolgente e non capita, per la quale chi vive è in realtà morto dentro e la vita non la vede e non la assapora più. Detto terra terra: è totalmente annientato, i suoi pensieri neri lo distruggono, il suo rapporto con la realtà è completamente falsato, perciò non vorrebbe esserci e si augura di morire il più presto possibile. Molti tentano e ritentano il suicidio. Ti è chiaro, Marco?
Non voglio più parlare di questo argomento.
Di una cosa ti prego: non travisare i miei discorsi, per favore. E non formulare giudizi offensivi, qualunque cosa ti disturbi nei miei interventi.
Caro Marco,
non so che cosa hai letto nelle parole che ho scritto,
ma sono sicuro che non hai ascoltato quello che ho scritto.
Credo che in questo post di Luigi,
diversi mi hanno comunicato una sensibilità profonda di cui sono estremamente grato.
Senza fare i nomi un grazie ed un abbraccio forte anche se virtuale.
Marilisa, ho letto con attenzione i tuoi commenti ed anche quelli di Matteo.
Ora, che un ateo muoia senza rammarico lo pensi tu, non so su che base.
Indro Montanelli non era un cristiano.
Infatti l’idea che una vita provata dalla malattia sia indegna dell’uomo è un’idea pagana, non cristiana.
Sei tu che hai parlato di ripensamenti da farsi all’interno della Chiesa riguardo il suicidio.
Non ho mai messo in dubbio che il suicidio vi sia sempre stato. Ho detto piuttosto che sin dai tempi di Ippocrate mai ad un medico è stato concesso il diritto di dare la morte come terapia. Come mai?
Occorre trovare un senso, non assecondare chi ne afferma l’assenza, almeno da parte dei cristiani.
Il fatto che la depressione sia così diffusa nella società consumista post-ideologica non ti dice nulla?
Io penso che l’individualismo spinto, l’assenza di pensiero ed analisi, una strana e superficiale idea di libertà, il narcisismo e l’egoismo sempre più dilaganti in ogni ambito, la scomparsa di comunità e realtà locali, l’omologazione siano tra le cause principali che portano alla depressione chi si sente tagliato fuori perché vecchio, malato, solo, fallito o anche chi ha capito che tutto questo luccichio è solo un’illusione e alla fine della corsa non resta nulla, nonostante soldi, salute, sesso e benessere perché appunto il limite è qualcosa che non si vuole affrontare ma riguarda tutti e quando si impone sconvolge ed abbatte il presunto, sedicente superuomo artefice di se stesso.
Sto benissimo, grazie.
Sono appena tornato da una bella lezione di tango.
http://www.youtube.com/watch?v=_BoNqA6OluE
Una noche sin luna en el cielo
en tus brazos senti el consuelo
Era eterno el momento que yo guarde
una noche sin luna en el cielo.
Una brisa abrio tu ventana
como un niño entrega te di mi amor
el cariño sincero, que tu me dabas
como un blanco respiro, volvi a vivir.
Marco, ho già spiegato cosa intendo per “ripensamento”.
Di fatto un certo cambiamento c’è stato se avviene che anche per quasi tutti i suicidi vengono celebrati i funerali religiosi. Solo da poco c’è stato tale cambiamento, segno che qualcosa si è capito anche se in ritardo. Nel catechismo, però, si fa–come ho già detto–di tutta l’erba un fascio.
La morte non è una terapia.
Le tue opinioni sul dilagare della depressione sono legittime come quelle di chi può opporne delle altre diverse dalle tue.
Il “superuomo artefice di se stesso” non è applicabile a tutta l’umanità.
Dovresti informarti meglio–soprattutto tu che aspiri ad esercitare la professione di medico– sulla depressione.
Certamente non colpisce solo ” chi si sente tagliato fuori perché vecchio, malato, solo, fallito o anche chi ha capito che tutto questo luccichio è solo un’illusione e alla fine della corsa non resta nulla, nonostante soldi, salute, sesso e benessere”.
È questo il punto debole del tuo argomentare, non l’hai ancora capito?
Se domani ne fossi colpito tu che–suppongo– non appartieni a quella categoria di persone, saresti della stessa opinione?
Vivi sulla luna, per caso?
Nel frattempo continua a ballare il tango.
Ho specificato che le cause sociali sono tra quelle più importanti non le uniche.
Depression – Etiology
The specific cause of major depressive disorder is not known. As with most psychiatric disorders, major depressive disorder appears to be multifactorial in its origin.
[…]
Stressors
Although major depressive disorder can arise without any precipitating stressors, stress and interpersonal losses certainly increase risk. Psychodynamic formulations find that significant losses in early life predispose to major depressive disorder over the lifespan of the individual, as does trauma, either transient or chronic. Cognitive-behavioral models of depression posit that depression is a behavioral response to repeated stressors and that cognitive distortions (ie, negative thoughts) contribute to and perpetuate depressed mood.[10]
Chronic pain, medical illness, and psychosocial stress can also play a role in both the initiation and maintenance of major depressive disorder. Older adults may perceive medical illness as psychologically distressing, and these illnesses may lead to increased disability, decreased independence, and disruption of social networks.[11] Other psychosocial risk factors for depression in late life include the following[12] :
Impaired social supports
Caregiver burden
Loneliness
Bereavement
Negative life events
In addition, neurochemical hypotheses point to the deleterious effects of cortisol and other stress-related substances on the neuronal substrate of mood in the CNS.
[…]
Fonti:
Blazer DG. Depression in late life: review and commentary. J Gerontol A Biol Sci Med Sci. Mar 2003;58(3):249-65. [Medline].
Bruce ML. Psychosocial risk factors for depressive disorders in late life. Biol Psychiatry. Aug 1 2002;52(3):175-84. [Medline].
O’Hara MW, Neunaber DJ, Zekoski EM. Prospective study of postpartum depression: prevalence, course, and predictive factors. J Abnorm Psychol. May 1984;93(2):158-71. [Medline].
Karg K, Burmeister M, Shedden K, Sen S. The Serotonin Transporter Promoter Variant (5-HTTLPR), Stress, and Depression Meta-analysis Revisited: Evidence of Genetic Moderation. Arch Gen Psychiatry. May 2011;68(5):444-54. [Medline].
http://emedicine.medscape.com/article/286759-overview#a0101
Balla anche tu un po’ che ti fa bene…
http://www.youtube.com/watch?v=nf1YSLgsWyM
Marco, guarda, sono certissima che tu hai frainteso quanto indeva sostenere Matteo, lo stesso vale per Marylisa. Non hai capito, o forse, non hai voluto capire…
Ti posso dire dalla mia esperienza personale, per aver vissuto da vicino [vista attraverso lo specchio] il suicidio della mia dirimpettaia a soli 48 anni. Una morte voluta che nulla è nessuno avrebbe potuto impedire . Altre volte aveva tentato e si era riusciti a sventare lo sciagurato proposito; quella mattina [così mi venne detto] fu fatale: approfittò, a tradimento, fingendosi serena, dell’assenza momentanea dei congiunti per mettere in atto il suo piano. Nulla e nessuno avrebbe potuto fare qualcosa – eccetto metterla al sicuro in una casa di cura marcata a zona- E ti dirò di più, seppi, in seguito, dal marito e dal figlio, che anche il fratello di costei si suicidò a 39 anni impiccandosi dentro al garage. Allora …che dire….è il mistero insondabile dell’animo umano, l’inconscio stravolto, popolato da mostri atavici, il male oscuro, spine, le stesse che punsero a sangue il capo di Cristo.
Le cause psicosociali non sono le uniche ma sono tra le cause della depressione, malattia ad eziologia multifattoriale.
Stressors
Although major depressive disorder can arise without any precipitating stressors, stress and interpersonal losses certainly increase risk. Psychodynamic formulations find that significant losses in early life predispose to major depressive disorder over the lifespan of the individual, as does trauma, either transient or chronic. Cognitive-behavioral models of depression posit that depression is a behavioral response to repeated stressors and that cognitive distortions (ie, negative thoughts) contribute to and perpetuate depressed mood.[10]
Chronic pain, medical illness, and psychosocial stress can also play a role in both the initiation and maintenance of major depressive disorder. Older adults may perceive medical illness as psychologically distressing, and these illnesses may lead to increased disability, decreased independence, and disruption of social networks.[11] Other psychosocial risk factors for depression in late life include the following[12] :
Impaired social supports
Caregiver burden
Loneliness
Bereavement
Negative life events.
Fonti:
10.
Blazer DG. Depression in late life: review and commentary. J Gerontol A Biol Sci Med Sci. Mar 2003;58(3):249-65. [Medline].
11.
Bruce ML. Psychosocial risk factors for depressive disorders in late life. Biol Psychiatry. Aug 1 2002;52(3):175-84. [Medline].
12.
O’Hara MW, Neunaber DJ, Zekoski EM. Prospective study of postpartum depression: prevalence, course, and predictive factors. J Abnorm Psychol. May 1984;93(2):158-71. [Medline].
Per chi volesse approfondire:
http://emedicine.medscape.com/article/286759-overview#a0101
In ogni caso qui si faceva un discorso etico, valoriale, filosofico, religioso non medico.
Il tema era la violenza insita nel gesto del suicidio.
Marilisa,
balla anche tu un po’ che ti fa bene…
http://www.youtube.com/watch?v=nf1YSLgsWyM
Clodine, due parole ancora sulla depressione “vera”.
È una malattia vera e propria, causata dalla diminuzione o dallo scompenso, a livello cerebrale, di uno o più neurotrasmettitori. Quando ciò avviene, il cervello e l’intero organismo ne risentono pesantemente.
Si vede tutto nero, si consolida uno stato di tristezza cronica, la realtà la si vede solo nei suoi aspetti negativi, non c’è nulla che ti appaia desiderabile, si è portati al pianto anche senza un motivo specifico, perfino il sole ti dà fastidio: un inferno.
Se poi si sovrappongono disturbi psicosomatici è anche peggio.
Le parole di incoraggiamento da parte di chiunque valgono poco o nulla.
Si desidera l’annullamento di sé perché non appare nessuna via d’uscita.
Ci sono però dei farmaci, generalmente a rilascio prolungato, che piano piano possono ristabilire un certo equilibrio fra i neurotrasmettitori, e allora la malattia viene superata. Vanno trovati quelli giusti per te perché non tutti hanno la stessa efficacia per quasiasi persona.
Comunque il percorso di remissione è lungo di qualche anno.
Non è come prendere un analgesico di immediato effetto, capisci?
E non di rado il male si ripresenta nella vita.
Altro che discorsi socio-psico-religiosi del cavolo.
Cosa c’entrano, per esempio, i “canoni consumistici” con la mancanza di serotonina nel cervello di una persona?
E mi sembrano del tutto fuori luogo i giudizî senza fondatezza.
Quando poi vengono fatti da chi dovrebbe intendersene almeno un po’, allora perdo proprio le staffe.
Che poi il suicidio sia un atto violento è indubbio, ma lo è ai nostri occhi che sono colpiti dai modi atroci in cui generalmente vengono attuati. E poi la morte, in qualunque modo avvenga, colpisce sempre.
Non lo giustifico affatto e ne resto sempre profondamente impressionata, ma mi sforzo di capirne le motivazioni senza giudicare.
Un bacio, Clodine.
La depressione è una malattia ad eziologia multifattoriale.
Ci sono numerosi studi che dimostrano come il ritmo stressante delle nostre vite, l’incertezza e la precarietà nel lavoro e nelle relazioni incidono sull’incidenza della depressione e ne rappresentano fattori di rischio.
Il discorso religioso e filosofico riguarda la violenza del gesto del suicidio.
Marilisa stai dimostrando solo faziosità ed arroganza.
E adesso comincio a pestare duro:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22119520
Emerging evidence suggests that features of the social environment modify gene expression independently of the primary DNA sequence through epigenetic processes. Accordingly, dysfunction of epigenetic mechanisms offers a plausible mechanism by which an adverse social environment gets “into the mind” and results in poor mental health. The purpose of this review is to provide an overview of the studies suggesting that epigenetic changes introduced by the social environment then manifest as psychological consequences.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21343702
Nearly a century of research has shown higher risk of mental disorder among persons living in urban versus rural areas. Epidemiologic research has documented that associations between particular features of the urban environment, such as concentrated disadvantage, residential segregation and social norms, contribute to the risk of mental illness.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12473694
A review of the published literature suggests that most of the important factors that affect health can be considered within three broad themes: the social environment, the physical environment, and access to health and social services. The development of urban health as a discipline will need to draw on the strengths of diverse academic areas of study (e.g., ecology, epidemiology, sociology). Cross-national research may provide insights about the key features of cities and how urbanization influences population health.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21926624
Depression is a common risk factor, prodrome, and accompanying symptom of people with Alzheimer’s dementia. The mechanisms are unknown, and there is little evidence of effective therapies.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16240975
Hikikomori, a form of acute social withdrawal, is becoming a silent epidemic in Japan. As it has not been reported from other parts of the world, hikikomori fulfills the criteria for “a culture-bound syndrome.” We report a case from Oman, in the southern part of Arabia, with all the essential features of hikikomori. We speculate that the social environment of Japanese and Omani society could reinforce behavior akin to hikikomori although this condition may also transcend geography and ethnicity.
Vai, Marco!
Sei sempre er mejo! 😉
Due link e tre pareri:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/02/il-medico-salva-non-uccide/174643/#.TtjmUb4HcAp.facebook
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/12/02/in-morte-di-lucio-magri-il-commento-di-pietro-de-marco/
mah…non ho capito un tubo di quanto scritto da Marco non conoscendo l’inglese per cui , per quanto mi riguarda, “flutus vocis”. Motivo per il quale, in questo contesto mi sembra “piaggeria” , almeno a mio avviso, il plauso al buon Marco, e del tutto immeritato .
Non conosco le lingue celtiche, mi esprimerò in latino per dire quello che penso: “asinus asinum fricat”…eh…e dai…!
http://blog.vita.it/communitas/2011/12/02/un-martini-per-morire/
Lettere al Cardinal Martini
“non Lasciatevi Trascinare dal Dolore Esiste un Futuro anche oltre la Vita”
http://archiviostorico.corriere.it/2011/ottobre/30/non_Lasciatevi_Trascinare_dal_Dolore_co_9_111030026.shtml
Un Martini per vivere, allora!
E poi, Clodine, bisogna ricordare a Marco che parlare e postare in una lingua che non tutti conoscono è da ineducati.
“Sul fondamento del disegno eterno di Dio, la donna è colei in cui l’ordine dell’amore nel mondo creato delle persone trova un terreno per la sua prima radice”.
Mulieris dignitatem, 29
Cara elsa.f,
ti ringrazio. Sono molto contento di aver recuperato qualche punto con te.
Clodine,
ho semplicemente portato le fonti che basano quanto affermo riguardo le cause psico-sociali della depressione.
Mi spiace se non conosci l’inglese. Nell’arte medica e nella scienza è la lingua universale.
Sostanzialmente si afferma che chi vive in città, è solo, malato, vecchio, ha avuto traumi durante l’infanzia, ha vissuto lutti in età adulta in ambito familiare e/o lavorativo, appartiene a classi sociali basse è maggiormente a rischio depressione.
In particolare si citano numerosi studi dai quali si evince che determinati stressors tipici della vita urbana inducono cambiamenti epigenetici a livello del DNA ossia sono in grado di modificare l’espressione di alcuni geni e ciò influisce sul comportamento e sulla possibilità di sviluppare patologie mentali, tra cui la depressione.
Da ultimo, uno studio riguardante il fenomeno degli hikikomori, nome con cui si identificano ragazzi e giovani uomini giapponesi che si ritirano dalla vita sociale (non è una vera e propria depressione, piuttosto un isolamento volontario) rintanandosi nelle loro camerette con il pc, mangiando da soli e senza farsi vedere da nessuno. Si pensa che il fenomeno sia legato all’eccessiva durezza e competitività delle scuole giapponesi o che sia una reazione a tale sistema educativo. L’ho citato come ulteriore esempio di influenza del sistema culturale sul funzionamento psichico.
Io sono abbastanza maleducato.
Comunque è stucchevole che il dibattito mass-mediatico riguardi il suicidio si o il suicidio no.
Ripeto: non c’è pensiero.
Non c’è nemmeno il tentativo di affrontare le questioni profonde di senso che certe decisioni aprono.
Non c’è la capacità di vedere che fra 20-30 anni ci saranno problemi enormi nella gestione di una società geriatrica.
Tutto viene risolto con un “Ognuno fa ciò che vuole”. Un’idiozia pazzesca.
Ogni gesto ha un significato.
Dare la morte come terapia significa che uno Stato si arroga il diritto di decidere a chi dare o non dare la morte in base a parametri decisi non si sa da chi ed in che modo.
Significa pesare le funzioni vitali e il tono dell’umore: se è sotto un arbitrario valore X (deciso da chi? Su quali basi?) allora si accorda l’omicidio del consenziente, se è sopra lo si rifiuta.
Vedere gente esaltare il suicidio come celebrazione della libertà mette paura.
Per l’ideologia, la sterilità, la tristezza di tale posizione.
Questo tipo di concezione filosofica va combattuta senza se e senza ma.
@marco
caro compare asinello, è un piacere grattarti. Con la mia ottusità asinina riesco a vedere qualche volta in quello che scrivi qualcosa di meno banale dell’ara fritta e di cui sono maestre alcune menti eccelse di questo pianerottolo.
Ammetto di non aver letto tutti gli interventi, voglio però intervenire per mandare un forte abbraccio a principessa e un caro affettuoso saluto a Clodine.
Permettemi ora, di consigliare un libro di un monaco benedettino che io ho trovato davvero prezioso, in un particolare momento del mio percorso di vita:
A. GRUN
Percorsi nella Depressione
Queriniana Editore.
Dalla quarta di copertina:
Sarà la depressione la malattia popolare del futuro? È certo che le persone che ne soffrono sono in continuo aumento.
Oggi sono oggetto di intensa ricerca da parte della psicologia e della medicina sia le cause di questa malattia che i possibili rimedi. Piuttosto raramente se ne considerano invece gli aspetti spirituali.
Anselm Grün ci indica che anche la Bibbia e la tradizione spirituale conoscono la depressione e ci suggeriscono delle strade per affrontarla. Queste indicazioni forniscono a Grün lo spunto per descrivere un modo più umano di rapportarsi alla depressione, mantenendo sullo sfondo le conoscenze della psicologia e della medicina.
La strada che attraversa la tenebra interiore ci riconduce alla vita, ci riporta a radici da cui possiamo ricavare speranza ed energia nuova.
Il libro è destinato a quanti sperimentano la tristezza dell’anima e a tutti coloro che vivono con le persone depresse.
Certo, la depressione è espresso molto bene dal Salmo 17 (18):
http://www.youtube.com/watch?v=VN4tYRNdg80
Il mondo va alla rovescia.
Mi dispiace tanto per le care Clodine e Marilisa, ma il Marco del 2 dicembre 2011 @ 21:21 l’avrei voluto scrive io!
Lycopodium,
non dispiacerti, almeno non per me. Ognuno ha il diritto di pensarla ome vuole.
Resta il fatto che qualcuno è andato fuori strada o non ha compreso.
Traendo spunto dalla vicenda di Magri, ed anche– più tragicamente– di Monicelli, si è parlato del suicidio tout court.
Per quanto mi riguarda, io ho detto e ribadito che non approvo nel modo più assoluto il suicidio, ci mancherebbe altro. E men che mai ho sostenuto che ognuno può rivendicare il diritto di morire; ma il diritto di augurarsi la morte ce l’ha ,eccome, se soffre terribilmente. È chiaro questo? Finora mi è parso di no. Quando si parte a testa bassa, e magari si è guidati da pregiudizi, è difficile vedere ciò che si ha davanti.
Ciò detto, ripeto convintamente che bisogna andarci cauti con i giudizî davanti alla morte di chiunque se cercata dalla stessa persona.
So per certo che molto spesso l’input al suicidio lo dà una forte depressione, che non è manco per niente uno scherzo. Provare per credere.
E al di là delle analisi socio-economiche su cui si è soffermato Marco fissamente, tale “bestia nera” produce nel cervello delle anomalie incontrollabili–se non con cure lunghe, molto lunghe– che compromettono l’equilibrio mentale, anche se ciò non è percepibile agli occhi di chi si trova davanti all’individuo.
Per non farla lunga, dico solo che il passo successivo, in direzione del suicidio, può essere breve.
Ho una certa esperienza in proposito, per questo ne parlo.
E forse anche tu da medico ( se non ho capito male, altrimenti come non detto e scusami) dovresti saperne qualcosa.
Tutto qui.
In ogni caso, il “tifo” per un interlocutore o per un altro, come qui avviene, è del tutto inopportuno e spiacevole, soprattutto se chi lo manifesta è convinto, a mio avviso stupidamente, che qualcuno, in questo blog, si ritenga superiore ad un altro. Non è proprio il mio caso. Lo dico a quelli che me lo hanno manifestato apertamente in modo meschino.
Ma guarda un po’ se qualcuno debba decidere cosa sia inopportuno e spiacevole.
Uno qui scrive intere pagine di commento e so offende se qualcun altro ritiene molto più chiari e convincenti altri punti di vista.
Credo che debba partire dall’idea che quando si commenta in un blog si debbano accettare le critiche e le osservazioni.
Per me, ma per altri sarà senz’altro diverso, i commenti di Marilisa sono pallosi, quasi quanto quelli dell’esimio ospite.
Riconosco invece nei commenti di Marco una grande originalità e una comunicativa bella e convincente.
A qualcuno potranno peraltro pure fare schifo i miei commenti. Ma certamente non farei una tragedia e in ogni caso non cerco e non ho bisogno dell’approvazione di nessuno.
Non faccio tragedie, non cerco approvazioni e tu, oltre ad essere corta di comprendonio, sei tre volte cafona.
E se i miei “pallosi” commenti non ti piacciono, non leggerli. Non ti obbliga nessuno, cretina.
Bene Marco. Invito ElsaF. e Marilisa alla moderazione. Adirarsi non serve a niente, men che meno scambiarsi insulti. E pensare che ritenevo che un blog avesse un effetto calmante … in genere si parla senza pensare troppo, ma per scrivere ci vuole più tempo, e questo dovrebbe far sbollire le ire troppo pronunciate.
@Antonella
Le offese le sopporto volentieri. Ho le spalle forti.
E non ho nessunissima ira.
Sto seduta sulla riva e guardo il fiume che scorre.
Leggo volentieri i suoi commenti e apprezzo il suo tono conciliante.
Grazie.
A me è capitato di ricevere attacchi e insulti parlando del Cammino NC. Mi è capitato pure di riceverne parlando di Tucidide e della sua concezione dell’imperialismo ateniese (e questo è assodato). In genere, quelli che la prendono tanto hanno problemi loro da risolvere.
All’inizio della mia frequentazione del blog, Luigi ha scritto una cosa bellissima (tra le tante) sulla violenza verbale nei blog.
Non ho il tempo di andarla a cercare, e non voglio storpiare indebitamente le sue parole, mi limito a sottolineare un elemento interessante nelle schermaglie appassionate che emergono qui: senza entrare nel merito dei modi, come diceva Burl Ives rivolto ad Elizabeth Taylor (La gatta sul tetto che scotta):
“C’è la vita qui dentro”
Marco scrive,
2 dicembre 2011 @ 21:21
Comunque è stucchevole che il dibattito mass-mediatico riguardi il suicidio si o il suicidio no. Ripeto: non c’è pensiero.
——————-
Caro Marco,
superato il 100 post sull’argomento in cui hai dato abbondantemente del tuo, rilevo che in fin dei conti si sono dette più o meno le stesse cose del caso Monicelli.
Se il dibattito mass-mediologico si limita alla semplificazione: suicidio si, no dipende da chi lo indirizza.
Le materie necrologiche nell’era moderna sono entrate prepotentemente tra i must delle iniziative di marketing, fanno audience e quindi tanti, tanti spot pubblicitari.
Sulla morte ormai c’è un filone aureo , salotti felliniani pomeridiani e serali con pseudo opinion makers e intenditori del fine vita e viceversa del prolungamento della vita a tutti i costi, oltre ogni limite del buon gusto. Gente con facce, seni, e perfino organi sessuali strarifatti alla tenera età dei 70-80 anni.
Trasmissioni come uomini e donne semplicemente indecenti roba da marziani con rincoglioniti e rincoglionite che posano per la de Filippi rappresentando il peggio del bestiario umano., sguaiato e ridanciano.
Tutta la produzione mass-mediatica è concentrata sulla rappresentazione del brutto, dello scadimento, della decadenza , della morte e delle sue dinamiche : genitori che uccidono i figli, figli che uccidono i genitori, e quant’altro possa immaginare la fantasia collettiva in tema di cronaca nera.
Siamo pervasi dalla morte , non quella naturale bensì quella data per mano propria o altrui.
Lyco mi risponde: Un Martini per vivere, allora!
Lyco, ci fai o ci sei?
E tu caro Marco ti accanisci con chi tenta di farti capire che è per la vita, ma che nello stesso tempo nel caso del suicidio in generale si sforza di comprende il dramma di chi lo pratica e che non si può nè si deve giudicare.
Giudicherà Dio.
Non si tratta di tesi di laurea né di valutazioni neuropsichiatriche, da quando esiste il mondo il suicidio viene praticato perfino da santi come Sansone, e la scienza ha risolto un grandissimo tubo in materia, certo può aiutare ma le ricadute sono imprevedibili.
Qui si tratta di pura e semplice PIETAS.
Gli accanimenti terapeutici sono esecrabili anche in letteratura.
Cara Antonella, il tuo invito mi sta bene naturalmente, ma, per puntualizzare, voglio far presente che io solitamente reagisco all’atteggiamento di chi mi sta di fronte– anche virtualmente– a seconda di come una persona si rapporta nei miei confronti e di ciò che mi sento dire, soprattutto se manca la buona educazione.
Di mio non offendo e non insulto, non l’ho mai fatto, non fa parte della mia cultura.
Ho constatato che qui, invece, non tutti rispettano le buone maniere, e io non sono solita porgere l’altra guancia.
Qualcuno è intollerante–l’ho già detto altre volte– nei confronti di chi ha opinioni diverse dalle sue o che –quel che è peggio–risulta antipatico non so perché. Sottolineo quest’ultima considerazione.
Io a questi giochi non ci sto, non ingoio il rospo (perché dovrei?), parlo chiaramente.
Nico cerca di sdrammatizzare dicendo : “c’è la vita qui dentro”.
Bene, preferirei una vita più tranquilla, all’insegna di comportamenti civili. Anche quando non si hanno le stesse opinioni. Del resto, si può imparare qualcosa anche dalle opinioni diverse. L’ utilità dei blog consiste, io credo, principalmente in questo. Inutile, al contrario, scagliarsi pietre addosso approfittando del fatto che non ci si conosce nella realtà.
Saluto di cuore te e Nico.
Scusate: posso?
Leggo solo ora da Marco, su segnlazione di Lyco, la traduzione del testo; che condivido, ci mancherebbe: ovvio che alla base dell’insano atto ci sono forti traumi di varia natura che l’individuo subisce: danni talvolta irreversibili che segnano in modo indelebile la psiche. Ma contesto che queste possano modificare il DNA. A mio sommesso avviso, il male è intrinseco il DNA, inscritto addirittura nella persona: lo si eredita, come si eredita il colore degli occhi. Siccome la persona – e ce lo racconta la psicanalisi da Froid a Fromm- è un mistero insondabile e la parte cosciente non è che la punta dell’iceberg non si avvalorano sillogismi tout court.
Pertanto, condivido e sottoscrivo al contempo anche quanto detto da Marylisa la quale, da ore, tenta di far capire lo stesso concetto da una diversa angolatura. Trovo squallido attaccare, fagocitare con atteggiamento ostili e prese di posizione preconcette le persone, senza una motivazione se non manipolare le parole, usarle come clava, giusto per…senza un motivo reale.Lo trovo meschino punto
Altro è -consentimi Antonella, sai che ti stimo, e molto- partecipare ad un dialogo costruttivo che tocca corde sensibili come il cristianesimo, la Liturgia e tutto quanto concerne la Chiesa e il dispiegarsi del regno di Dio nella storia.
E siccome ci è dato lo Spirito profetico e, da parte mia -lo dico da verme di terra qual sono e mi sento al cospetto di Dio senza retorica- ho un bagaglio di sofferenza e di anni ed anni di studi teologici slle spalle ritengo mio dovere sollevare il velo laddove dovessi intravedere l’errore: lo devo a me stessa a al Signore. Poi ciascuno è libero di pensare e fare ciò che crede: risponderà di se stesso.
Non mi sembra di aver offeso alcuno o insultato alcuno assolutamente. Anzi a tal proposito, visto che asserisci di essere stata insultata nel contesto testé da te accennato, ti pregherei di andarli a ricercare quei post, e mostrarli questi insulti. non li troverai perché NON ci sono!
Nessuna intenzione di insultarti: mi sta troppo a cuore quel tema per abbassarmi a tanto, ti assicuro a meno che: ” Ita amicum habeas, posse ut facile fieri hunc inimicum putes”..
ad maiora
@ Nino
“Lyco mi risponde: Un Martini per vivere, allora! Lyco, ci fai o ci sei?”
Ci sono.
Il mio link, che precede immediatamente il tuo, si riferiva ad un articolo dal titolo “Un Martini per morire”. Il tuo, si riferiva a qualcuno che si rivolgeva
a Martini per avere una buona parola per vivere.
Serve altro?
Entrambi fantastici: quello di Lyco cadeva a fagiolo e quello di Nino, che dire : stupendo quell’artiolo del cardinal Martini, un capolavoro che avevo già letto ma che, stavolta ho stampato per rileggerlo ancora e ancora e farlo mio…
Grazie a Lyco, grazie a Nino.
Anche io ho stampato il discorso di C.M. Martini.
Le sue parole sono sempre preziose per me. Ce ne fossero altri come lui, con la sua intelligenza, con la sua apertura, con il suo equilibrio mentale nonostante la malattia.
È un grande uomo.
Cara Marylisa, non ti crucciare per le cose che ti sono state dette. Io non penso affatto che i tuoi interventi siano “pallosi”, tutt’altro: mi piace molto il modo con il quale sviluppi il tuo pensiero! Ricordo l’esordio non proprio idilliaco della nostra reciproca conoscenza virtuale. Mi ricredetti quasi subito sul tuo conto ri-scoprendo di volta in volta, in te, una persona di grande spessore, una Mary preparata e dalle idee molto chiare la maggior parte delle quali condivido. Ho grande stima di te, ti apprezzo, come lo stesso posso dire di Principessa e di altri cari amici che su questo spazio sono fonte, per me, di ricchezza che spero sia vicendevole.
Ti abbraccio cara, un bacio!
Clo
Ricambio il saluto Marilisa, a te e a tutto il pianerottolo:
buona seconda domenica di Avvento, di cuore
🙂
Clodine, ti ringrazio per l’incoraggiamento.
Hai capito che i miei interventi sono dettati dal desiderio di esprimere le mie opinioni sui temi sui quali sento di poter dire qualcosa, e che magari non sono in consonanza con i pareri di altri. Nientre altro mi spinge a farlo. Ma qualcuno, evidentemente infastidito, fraintende e arriva all’insulto. E se obietto, quelle stesse persone (nota il plurale) peggiorano la situazione. Questo è un modo di fare che disapprovo categoricamente.
Il nostro padrone di casa è una persona di squisita sensibilità e posta temi sempre molto interessanti, sui quali molto spesso mi piace intervenire e , a volte, dissentire dal suo parere. A modo mio e con assoluta libertà. Se così non fosse stato, avrei preferito lasciare il pianerottolo.
Anche io ho molta stima di te e apprezzo la tua franchezza e la tua obiettività. E credimi, non lo dico per piaggeria. Anche per me le opinioni tue e di altri accrescono le mie conoscenze.
Ora mi accingo ad andare a messa, l’ultima della mattina.
Un caro saluto ed un abbraccio forte.
Marilisa
Simpatica questa Witch Reunion
Tra questo affettuoso scambio di cara, carina, caruccia, bacetti e abbracci quasi mi commuovo. Sniff!
…Riunione di streghe…
Sennò poi non capiscono… 😈
A me invece, Elsa, la tua insulsaggine fa pena.
Ne rido, sì, ma con pena. Va’ a quel paese e restaci pure.
E scusati con Luigi ( “l’esimio ospite”).
Solo per chiarezza l’esilio ospite è il buon Gioab.
Ah, dimenticavo …. Bacioni!
Esilio???
LYCO
“Serve altro?”
—-
A quest’ora un ottimo savarin con crema chantilly ci starebbe benissimo.
Ma forse ti chiedo troppo.
A far che ?
Ma “un’opra senza nome” …
http://www.youtube.com/watch?v=Zlfl-ltQGE0
(Niente di personale, carissime ragazze!)
Aiutiamoci a capire quando un argomento è esaurito,
e poter chiurdere in bellezza tra i post di Luigi.
Anche io spesso mi sono lasciato cadere in provocazioni inutili,
che feriscono
e nonostante la rabbia
ne ho provato vergogna.
Elsa…mmm… suppongo tu abbia con il video di cui sotto una vaga somiglianza…eh…mi sa tanto…!!!
http://youtu.be/OlnM7oNk81c
Sì, molto somigliante, fin più bella direi 😉
eh eh eh..non avevo dubbi !!
cara….
… che poi la favola di Biancaneve non l’ho mai capita almeno riguardo alla storia dello specchio parlante…
si, perchè qualsiasi donna lo specchio dovrebbe preferirlo muto com’è…
perchè se di buon mattino appena sveglie lo specchio potesse parlare…
crash… e addio specchio…
Non ve la prendete ora con me… un poco d’ironia non guasta…
(e mettendosi nei panni dello specchia a volte nemmeno un sano realismo non guasta…).
Saluti a tutte e tutti.
Allora, Marco, da sinistra a destra:
nico, antonella, elsa.f, marta09, marilisa, clodine
😉
http://www.google.it/imgres?q=winx&hl=it&sa=X&biw=1280&bih=681&tbm=isch&prmd=imvns&tbnid=itk1spp99J3QiM:&imgrefurl=http://winxlovepets.forumattivo.com/&docid=6gbtiGPt1vyznM&imgurl=http://www.angela
Oggi ho voglia di scherzare…
…scegliete voi l’ordine… :-))
http://www.google.it/imgres?q=befane&um=1&hl=it&sa=N&biw=1280&bih=848&tbm=isch&tbnid=QPx33gZ4NDAEaM:&imgrefurl=http://paliodeldaino.wordpress.com/2008/01/02/le-befane-sui-trampoli-di-mondaino/&docid=FK479AR8DXAnVM&imgurl=http://zanzeri.files.wordpress.com/2008/01/le-befane-sui-trampoli.jpg&w=355&h=460&ei=bKzbTpbBE8qG4gT-peGRDg&zoom=1&iact=rc&dur=375&sig=116605206966931336959&page=1&tbnh=152&tbnw=115&start=0&ndsp=26&ved=1t:429,r:6,s:0&tx=47&ty=73
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH…oddio…oooooddiiooddiioodiodiodioo che ridere….AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH….ooooddiiodiodiooo
La riflessione del Vescovo Bruno Forte sul Sole 24 ore:
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-12-04/rinunciare-vita-cedimento-solidarieta-095149.shtml?uuid=AaU9m9QE
Befane sui trampoli? Io le chiamo prozie! E’ più carino!
Rispettabile il discorso di Bruno Forte, il quale–va sottolineato– dice che “volutamente rifugge da ogni giudizio sul sacrario della coscienza, in cui solo ciascuno può tentare di entrare per sé, e dove, per chi ha fede, entra unicamente il giudizio dell’amore giusto e misericordioso di Dio.”
Queste sole parole basterebbero ad escludere tutte la altre.
L’analisi sociale che segue– in sé condivisibile e perseguita in buona fede come un dovere, quello di distogliere altri da gesti insani– non tiene minimamente conto del fattore “malattia”. Una malattia sui generis della quale, in tutta evidenza, né Bruno Forte né altri che la pensano allo stesso modo hanno avuto esperienza neanche indiretta.
Segno che molti ancora sono lontani mille miglia dal problema serio, patologico, che esiste e che viene sottovalutato.
Ricordo che in questo blog diversi mesi addietro fu postato un OT–se non ricordo male ad opera di Fabricianus– dove era presente lo scritto di un religioso sul problema in questione.
Mi piacerebbe rileggerlo.
Fabricianus, se leggi batti un colpo.
Una malattia sui generis della quale, in tutta evidenza, né Bruno Forte né altri che la pensano allo stesso modo hanno avuto esperienza neanche indiretta.
Evidenza? Ma tu che ne sai? Sei sorella, parente o amica intima?
A parte che Fabricianus ha postato il commento riguardo il libro del monaco benedettino tre o quattro giorni fa qui:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/?p=7880#comment-74697
In ogni caso qualcuna si ostina a commettere due errori:
1) vedere giudizi riguardo la coscienza di Magri o la sua persona che nessuno ha mai emesso;
2) deviare il discorso sulla depressione. Ma può anche essere stato depresso… E’ possibile esprimere la propria contrarietà ad una legislazione che permette ad un medico di uccidere un depresso che vuole morire?
In questo modo non si risponde alla domanda iniziale: se un cristiano deve distinguere tra i vari suicidi, in base a quali presupposti teologici, etici, dottrinali lo fa?
PS
Una che sostiene giustamente seppur parzialmente che la base fisiopatologica della depressione sia organica intesa come carenza di neurotrasmettitori, come può nello stesso tempo appoggiare la tesi del monaco secondo cui dai dolori psichici della depressione può derivare benessere?
Che confusione!
Esatto! Quantunque, si possa sempre trarre il bene dal male, malattia grave resta. Da curare e di cui prendersi cura. Da prevenire, quando possibile.
Marco, sei fuori strada.
1°-Non mi riferivo al post recente di Fabricianus, ma ad un altro– ammesso che lo abbia postato lui (ma mi viene il dubbio che sia stato spunto cattolico o qualcun altro; non ho tempo per andare a cercarlo)– di “diversi mesi addietro”, non hai letto queste parole?
Il monaco lascialo da parte. Non ho letto quel libro per cui non esprimo giudizî.
2°- Non mi ostino per nulla e non ho mai accennato-se ci fai caso, ma pare di no- a giudizi specifici sul caso Magri o Monicelli.
Ho sempre parlato, proprio spinta dalle tue crude osservazioni socio etc…, di SUICIDIO IN GENERALE. Questo ti “ostini” a non vedere tu e forse qualcun altro: la mia presa di posizione, alla luce della PIETAS di cui ha parlato giustamente Nino, su un atto tragico cui hanno fatto ricorso, e tuttora succede, tantissime persone nel mondo, e sul quale resta un mistero insondabile. Ragion per cui non mi sento di valutare alcunché.
3° Un medico che collabora ad uccidere, per qualsiasi motivo, un altro essere umano, né io né tu né qualsiasi altro pincopallino lo approvano né lo giustificano , ma quel medico continuerà a fare ciò che vuole in base a dei motivi di cui non voglio sapere. La legislazione della Svizzera non mi risulta che sia la nostra. E comunque quel tale dovrà rispondere alla propria coscienza e, per chi crede, a Dio.
4°-Io cristiana, e molto bene informata su questo tema, so che la maggior parte delle persone che arrivano ad attuare un simile gesto di inaudita violenza su se stessi( qualunque sia il modo scelto), non lo fanno allegramente, ma perché in preda alla disperazione più nera, perché minati da un male profondo che può cogliere chiunque anche senza un motivo specifico, per cui vengono vanificati i dettami “teologici,etici e dottrinali” che tu metti in campo.
Tanto è vero che–lo ripeto– anche i religiosi, come qualcuno qui ha riferito, possono soccombere (Dio non voglia).
Ti sembrano argomentazioni astruse? Ebbene, fattene una ragione. Non lo sono per niente.
Lycopodium dice: “……malattia grave resta. Da curare e di cui prendersi cura. Da prevenire, quando possibile.”
Su questo non ci piove.
Hai ragione Marylisa, è vero, è proprio così…
Marilisa,
ho già chiarito più volte che nessuno mette in discussione l’autenticità del dolore di una persona che decide di suicidarsi o la sua percepita mancanza di senso.
Sei tu che hai parlato di un dovere per la Chiesa di ripensare la sua posizione riguardo il suicidio per evitare di trattare tutti i casi allo stesso modo “facendo di tutta l’erba un fascio”.
Siccome la Chiesa assume posizioni morali in base a presupposti teologici, dottrinali, filosofici mi sono chiesto e ti chiedo quali di questi presupposti possono fondare i ripensamenti da te auspicati.
Infine, vorrei dire che non tutti abbiamo lo stesso concetto di pietas che avete tu o Nino.
Ad es. per alcuni è opera di pietà e carità combattere affinché certa cultura non prevalga.
Ad es. il tuo “ma quel medico continuerà a fare ciò che vuole in base a dei motivi di cui non voglio sapere” può essere considerata indifferenza finalizzata ad evitare il conflitto piuttosto che pietas.
Non è detto che tu, Nino e Vito Mancuso abbiate ragione e tutti gli altri siano plagiati dal Catechismo e rozzi. Può darsi anche che ci credano veramente in quel che dicono, esattamente come voi.
E anche con questo vizio di tirare per la tunica il card. Martini sarebbe ora di finirla.
Prova a scrivergli una lettera domandandogli che ne pensa del suicidio assistito così poi vedi chi è il card. Martini.
Qui il link: http://www.corriere.it/cf/inviamail_martini/form.cfm
Ma ti sei accorto o no che oggi vengono celebrati i funerali religiosi anche per i suicidi, tranne che in certi casi, tipo quello di Welby, in cui la persona dichiara esplicitamente, e poi lo fa, che vuole staccare la spina (dalla vita, intendo)?
Significa che anche la Chiesa oggi (ma fino a poco tempo fa non era così, purtroppo) ha fatto un passo avanti ed ha capito che deve astenersi dal giudicare chi si toglie la vita. Perché non può entrare nel cervello di chi ha fatto questa scelta. Vuoi capirlo o no?
Se Welby non lo avesse dichiarato (per motivi intrinseci alla politica dei radicali) ed invece avesse agito in silenzio, avrebbe avuto sepoltura religiosa. Come sicuramente l’hanno avuta altri che non hanno manifestato le stesse intenzioni, pur avendole ed avendole attuate.
Che poi la Chiesa dica che il suicidio non è ammesso, che nessuno si può ritenere padrone di darsi la morte, rientra nei sui parametri ovviamente, e vorrei vedere che non lo facesse. Del resto chi fra gli esseri umani potrebbe dire ad un altro: ucciditi, è bene così ?
Perché la fai tanto complicata, Marco?
E la mia non è indifferenza, bello mio; è semmai umiltà.
Chi sono io per giudicare chi compie un gesto così atroce? E tu hai mai conosciuto la disperazione senza via d’ uscita? Chi ti dà il diritto di giudicare? Hai mai conosciuto la follia a cui portano certi mali?
Penso proprio di no. Neanche io, fortunatamente, ma io, che pure ho vissuto momenti difficilissimi, imparo anche da quel che vedo intorno a me e vicino a me.
Gli atteggiamenti intransigenti come i tuoi hanno la connotazione della colpevolezza.
Quando sarai più grande ed avrai più esperienza, anche indiretta, ti renderai conto che non sempre, nella vita, 2+2 fa quattro come in aritmetica.
La vita, mio caro, può avere dei risvolti imprevisti per ognuno di noi. E non sempre siamo in grado di controllarla o di tenere le promesse o di rispettare le dottrine.
Nessuno si augura che prevalga la cultura del suicidio o quella dell’omicidio, ci mancherebbe altro. Ma, per quanto ci si dia da fare, quel che deve avvenire avviene, con o senza il benestare tuo o mio o della Chiesa.
Noi possiamo solo pregare–ma pregare davvero– perché prevalga la cultura dell’amore verso gli altri e verso noi stessi.
Come diceva un mio collega, nessuno può essere sicuro nemmeno di se stesso. Ed è verissimo!
Ho già scritto una volta al cardinale Martini e ne ho avuto una risposta splendida, da par suo. Qualunque cosa tu ne pensi, è una persona di grande levatura intellettuale e morale, di grande umiltà, proprio perché sa porsi nei panni degli altri e non giudica superficialmente. Sa bene che l’ uomo è “piccola” cosa.
Per questo forse non è ben visto da certi spocchiosi religiosi che sembra prediligano colpevolizzare e minacciare, sempre e comunque, le pene dell’inferno. Come se non fosse già un purgatorio la vita stessa.
Scrivi tu al cardinale.
E non travisare le mie parole o, almeno, cerca di capirle.
Continui a scrivere lenzuolate di parole inutili…
Sono stato io il primo a dire che già la Chiesa officia i funerali ai suicidi e fa bene a mostrare questa misericordia.
SEI TU CHE HAI AUSPICATO ULTERIORI RIPENSAMENTI DA PARTE DELLA CHIESA CATTOLICA.
Qui nessuno minaccia o giudica nessuno.
Dinanzi alle reazioni tua, di Matteo o di Nino nei riguardi di Luigi e delle sue parole ho sentito il dovere di chiedervi in che modo dovrebbe comportarsi una persona che ha fede nel Dio cristiano dinanzi al suicidio assistito.
Io penso che l’umiltà vada coniugata alla testimonianza e per quanto mi riguarda le parole di Luigi in questo post testimoniano con umiltà l’atteggiamento cristiano dinanzi a decisioni così violente.
SIETE VOI CHE LE AVETE CRITICATE DEFINENDOLE IDEOLOGICHE O INSENSIBILI.
Comunque apprezzo che tu abbia affermato chiaramente di essere contraria al suicidio assistito e di comprendere e ritenere giusta la posizione della Chiesa a riguardo.
Niente ripensamenti, spero.
Guarda che le “lenzuolate di parole inutili” sono in risposta al tuo intervento a me rivolto, per cercare di farmi capire. L’ho fatto solo per semplice EDUCAZIONE.
Avrei potuto non risponderti, e forse avrei fatto meglio. Tanto non serve a niente parlare con chi non vuol sentire. E, tanto per puntualizzate, io non ho mai parlato di “ideologia”. Non raccontare frottole.
Impara almeno un po’ di educazione, non è mai troppo tardi.
E finiamola qui, per favore.
Per puntualizzare: non “puntualizzate” bensì puntualizzare.
Ti ringrazio per la gentilezza e rinnovo il mio apprezzamento per aver affermato chiaramente di essere contraria al suicidio assistito e di comprendere e ritenere giusta la posizione della Chiesa a riguardo.
Non smettere di interlocuire pacatamente ed educatamente con me.
Niente è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra.
😎
ammazza che capoccioni sti’ due aaooo !!