Achille, mio fratello più grande, sei partito prima che io potessi rispondere alla tua ultima lettera. Non ho fatto in tempo non perché mi fosse appena arrivata ma perché era la più severa che mi avessi mandato e non avevo ancora trovato le parole. Come sempre apprezzavi il mio modo di fare informazione ma stavolta non ti limitavi a qualche consiglio: mi dicevi che era necessario “maggiore coraggio”, che non bastava più raccontare onestamente e aiutare a capire, ma c’era da esercitare una responsabilità laicale e dovevano farlo quelli che erano dotati di parola. Ripetevi per il contesto attuale quello che vent’anni addietro avevi obiettato al modo in cui era recepito in Italia il pontificato wojtyliano: dicevi cioè che si correva – e si corre – il rischio di avere “un grande papa in un grande vuoto”. Già in altra occasione ti avevo detto che il cristiano comune può rivendicare quella responsabilità alla quale richiamavi solo in ragione dell’autorità personale acquisita. Ricordo che tu mi avevi risposto: “Hai ragione, ma viene il momento in cui bisogna buttarsi”. Essendoti tu ora allontanato con tanta decisione, non mi è possibile obiettare oltre e ti dico che è vero, bisogna buttarsi e io mi sto esercitando a farlo. Anche con questo blog.
Lettera ad Achille Ardigò
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è commovente questa lettera, grazie Luigi.
Ti dico, Luigi, che concordo con Ardigò e che le sue parole mi rintuzzano le braci.
Ti faccio un esempio, se permetti, della stonatura di fondo – ovvero l’informazione stampata – sulla quale tu tenti (e riesci, a dire il vero) di costruire una melodia.
Prima pagina del Corriere di oggi: IL PAPA A PARIGI TRA LE POLEMICHE.
Poi si va a pagina 16 e si trova VIAGGIO A RISCHIO POLEMICHE.
Se il significato non è un opinione, i due titoli sono in – nemmeno sottile – contraddizione.
Lo so che i titoli non sono tuoi… tant’è spesso resta il titolo e l’articolo passa.
Un passaggio sull’articolo: perchè il fuoco do Lourdes è il più mite? E’ esattamente il contrario! E’ una fiamma inestinguibile come quella del roveto ardente, sembra una fiammella da poco ma poi si scopre tutta la sua potenza. Lourdes non è una fiamma mite: è una fiamma perpetua e basta partecipare alla messa notturna in grotta alle 23, messa straordinaria perchè SEMPRE SENZA OMELIA…., per capire tanto.
Almeno, a me è successo così.
Buttiamoci insieme e ogni sera potremo dire, con Montale, di aver guardato “un pò più in là”.
grazie di tutto, con affetto sincero.
“Un grande papa in un grande vuoto?» Mah, chi lo sa? Può darsi, può darsi. alle volte si ha questa impressione. Ma chi, in fondo, può dire di avere la giusta percezione di come effettivamente vanno le cose a questo mondo? I sociologi (con tutto il rispetto per l’illustre defunto) sanno davvero com’è la società?
lo sanno allo stesso modo nel quale lo sappiamo te ed io e chiunque investa tempo ed energia e passione – consapevolmente o meno – sulla lucidità del proprio sguardo.
Io credo che “un grande papa in un grande vuoto” sia una grande provocazione.
Buongiorno Luigi e frequentatori del Caffe’ Accattoli!
Qualche tempo fa, durante una converasazione elettronica con un altro vaticanista che ammiro moltissimo (cosi’ come te Luigi), mi sorse spontaneo dirgli che in questi tempi bui le persone come voi sono quelle che hanno le torce: non lasciate mai che la nullita’ circostante riesca a spegnere la luce che il Signore vi ha dato.Mi piace, stamattina, dedicarti la stessa considerazione: E lasciate che la parola e l’impegno che sapete mettere in tante occasioni della vostra vita professionale siano puntelli per quel “coraggio di buttarsi” che stamani trovo sottolineato nella tua commovente lettera d’addio ad un amico fraterno.
Fermo restando che l’impegno e l’assunzione di responsabilita’ rimangono prerogative che ciascuno di noi dovrebbe assumersi facendoli diventare il carburante del coraggio necessario per far parte dell’umanita’.
Un saluto sincero ed affettuoso ed il rinnovo di una ammirazione di vecchia data che trova sempre ragioni di conferma
Eh, non è così facile buttarsi, non è facile e da più punti di vista (voglio nuotare al largo) buttarsi a capofitto senza la dovuta prudenza e capacità di discernimento può causare danni non indifferenti! In questo caso la prudenza è d’uopo in quanto non esiste assolutamente nulla di certo, nulla di cui si possa dubitare eppure.. il dubbio che le cose non sempre siano (state) come sembrerebbero è sempre in agguato! Se il grande vuoto di cui si parla è riferito a quel nichilismo serpeggiante, alla perdita di valori, al secolarismo imperante che risucchia finanche il buon Dio, il cristiano comune non può che interrogarsi (?) con il rischio che l’accumalarsi degli interrogativi diano un esito ultimo di totale confusione avulsa dalla realtà e di quanto avviene in generale! Anche se, è pur vero, che la realtà può essere anche deformata, talvolta, chi può dirlo? Si può dire tutto e il contrario di tutto.
Ma il cristiano maturo continua ad interrogarsi e a cercare la verità! Qualcuno (non ricordo chi) riferendo del pontificato wojtyliano ebbe a dire parole molto dure definendolo il papa più contraddittorio della storia. Ne analizza almeno 11 di tali contraddizioni le quali, secondo l’autore, avrebbero lasciato il posto a una vera e propria crisi della speranza, apportando grandi danni alla chiesa di cui «il mondo» non sarebbe colpevole. Ma io ritengo sia arbitrario e affrettato un tale nefasto giudizio: sarà la storia a dirlo…
«lo sanno allo stesso modo nel quale lo sappiamo te ed io e chiunque investa tempo ed energia e passione – consapevolmente o meno – sulla lucidità del proprio sguardo».
Io veramente non lo so affatto. Quanto all’investire sulla lucidità del proprio sguardo, a meno che non significhi acquistare un costoso paio di occhiali, mi pare un pessimo investimento.
Ma poi, in concreto, che cos’è che Ardigò rimproverava a Luigi? Confesso di non averlo capito.
“Buttarsi a capofitto senza la dovuta prudenza e capacità di discernimento può causare danni non indifferenti!”: saggia Clodine, hai tutta la mia solidarietà. Il “qualcuno” che, nemico giurato di papa Wojtyla, abbaia contro di lui (e contro Ratzinger) le presunte undici contraddizioni, è uno dei campioni mondiali di tuffo dal trampolino senza acqua nella piscina: il nobile e coraggiosissimo teologo Hans Kung, che nonostante le zuccate che colleziona da decenni trova ancora (purtroppo) ammiratori anche fra i cattolici. Per documentare la profondità e l’originalità della sua “riflessione”, riportiamone una, di queste contraddizioni: la seconda, per l’esattezza:
“Grande ammiratore di Maria, Wojtyla predica gli ideali femminili, vietando però alle donne la pillola e negando loro l’ordinazione”.
Perbacco baccone, che genio! Come faranno a venirgli in mente argomenti così stringenti, sorprendenti, nuovi di zecca! Paolo, Ambrogio, Agostino, Tommaso: tutti in serie B! Per l’assegnazione dello scudetto, con un padre teologo di questo spessore, ormai non c’è partita!
E’ vero, carissima Clodine, non è facile buttarsi…non è facile per nulla…
Ma la Speranza ci aiuti sempre…Quest’oggi voglio dedicarvi questo scritto, tratto da un libretto di Ernesto Olivero. (Un saluto particolare e un abbraccio fraterno all’amico Sump, cui ho scritto nel post precedente)
La Speranza non è un programma,
ma uno spirito da vivere,
da coltivare momento per momento.
Speranza è la certezza che la caduta apre alla resurrezione,
che oltre il buio c’è la luce,
e che la sofferenza prepara alla gioia
come dopo la bufera ritorna il bel tempo.
Chi ha speranza
infonde serenità a chi è nel dolore,
chi ha speranza sa amare ogni uomo
in modo unico personale.
Ha speranza chi ha incontrato Gesù…
Da speranza chi sa amare l’uomo
come l’ha amato Lui.
Aiutami Signore ad avere speranza…e perdonami per tutte quelle volte in cui non la vivo.
Ciao Luigi, (Ci ricordi davanti a Maria per favore, Grazie). Ciao Clodine, principessa, Ignigo, Leo.
Caro Fabricianus,
hai ragione: “buttarsi”, quando ci sono prudenza e discernimento, diviene un atto di coraggio e di speranza.
“E’ vero, bisogna buttarsi e io mi sto esercitando a farlo. Anche con questo blog”. Lo scrive Luigi; ed essere in qualche modo parte di un vero e grande progetto è per noi motivo di gioia e (persino) orgoglio.
@Leonardo
sai, dire di non capire non è un vanto.
cerca di capire, se riesci.
Mi unisco ad Ignigo74 nel ringraziare Luigi per questo vivo, sentito, commosso ricordo del grande Professor Achille Ardigò.
Le sue parole – come il suo pensiero, i suoi scritti e, perchè no ?, pure le sue “provocazioni” – sono state guida e riferimento (anche) per molti “cattolici adulti” della mia generazione (e non solo).
“Bisogna buttarsi”, diceva il Professor Ardigò, un pò come (perdonate il paagone quasi irriverente !) Papa Giovanni Paolo II° ci invitava a “non avere paura”: grazie, anche, Luigi per averci reso partecipi, oltre che – come dice Sump – gioiosi ed orgogliosi, in questo Tuo dolcissimo ricordo del Professor Ardigò, della Tua esperienza di questo “blog”.
Roberto 55
Quella del vanto, Ignigo, è una categoria che ti appartiene molto, ma non è una buona ragione per pensare che anche gli altri, quando parlano, ne facciano uso.
Per quanto mi riguarda, ho semplicemente espresso qualche dubbio sulla frase ad effetto «un grande papa in un grande vuoto», ovviamente per la sua seconda parte. Chi lo sa quanto il cristianesimo di ora sia pieno e quanto sia vuoto? Chi mai potrebbe rispondere, con cognizione di causa, alla domanda: “sentinella, a che punto siamo della notte?” Leggere i segni dei tempi probabilmente è troppo difficile per noi.
Achille e prima di lui altre ispirate care anime e illuminate menti come Pietro Scoppola e Giuseppe Alberigo sono nella pace del Signore lasciando un grande patrimonio di cultura, di testimonianza coraggiosa al servizio della verità e della comunità nazionale non solo cattolica.
L’invito a buttarsi è oggi ancora più pressante e motivato, tempus fugit, e le giovani generazioni poco o nulla sanno di questi maestri e testimoni dell’unico vero e grande evento della storia della chiesa che fù il Vaticano II, voluto da un vero e autentico pastore, padre e Papa, il beato Giovanni XXIII.
E che ha cambiato la vita di molti. Sul coraggio di buttarsi ne abbiamo letto a distanza di 45 anni nel libro tratto dalle lettere-circolari del Cardinale Helder Camara dal titolo “Roma, due del mattino: Lettere dal Concilio Vaticano II”.
Caro Accattoli, come non essere d’accordo sull’invito di Ardigò di buttarsi dopo aver letto quelle pagine o quelle del diario di Mons. Romero?
Il mio benvenuto nel blog a Nino! Dal tono del commento mi pare di capire che conoscevi Ardigò di persona e dunque sapevi, sai, della semplicità e immediatezza fraterna della sua conversazione, se capitava di sedere a tavola con lui o di fare due passi per Bologna. In pubblico poteva intimidire, da vicino era amabilissimo. La parola inventiva, lo sguardo più intelligente che capitasse di scontrare, uno sguardo tutto versato all’esterno, proteso a capire, come quello dei bambini. Restato bambino nel corpo e grande testa. Non si finirebbe di dire. Buonanotte a tutti da Parigi.
Ciao Nino, benvenuto fra noi. Vorrei farti solo una “piccola” osservazione.
Tu affermi con molta convinzione che il Concilio Vaticano II è stato “l’unico vero e grande evento della storia della Chiesa”. Sei davvero convinto? L’unico?
Caro, Sumpontcura ,
in effetti stavo per circoscrivere il periodo all’era moderna, ma poi all’improvviso mi sono tornate alla mente le opere e le figure di una moltitudine di laici e sacerdoti che travolti dallo spirito del concilio e forse più dallo Spirito Santo con passione e disinteresse si sono “buttate”, hanno cambiato rotta e la loro vita. Altri, pochi concilii in tanti secoli, a mio avviso hanno inciso molto sulla struttura e sull’impianto teologico esclusivamente della chiesa cattolica e in modo autoreferenziale, mentre il CV II ha parlato e si è aperto all’intera umanità, basti pensare alla portata delle encicliche che ne sono derivate. Questo mi pare il dato che lo rende unico ai mie occhi.
A proposito della chiesa vuota.
Immaginate una piccola parrocchia di campagna, 5-600 fedeli sparsi su un comune poco più grande. Immaginate i bambini del catechismo, una trentina divisi tra le varie età. Poi immaginate l’unico di questi che ha continuato ad andare a messa dopo la cresima: io. Aggiungete nel corso degli anni un succedersi di preti vecchi e stanchi (spiritualmente e umanamente). E i dubbi di un adolescente, poi giovane uomo sul fatto se questa religione non fosse effettivamente alla frutta.
Banalmente, credo sia un fatto di benessere materiale. In una situazione di benessere relativo, le persone abbassano al minimo la fiamma dell’inquietudine e della ricerca interiore, e non sentono il bisogno della fede e di una vita vissuta in modo più autentico. Ho l’impressione che avesse ragione quel tale che diceva che i tempi di pace sono per i bambini e i tempi di guerra per gli uomini.
P.S.: non ho perso la fede (anche se non è tanta) soprattutto grazie all’esempio dei miei genitori, che ce l’hanno. Ma ho trovato Maestri e Via in una palestra di arti marziali, e non in una chiesa. A volte mi sento un po’ come un cristiano che per rimanere tale si è dovuto fare mezzo pagano, mescolando i propri valori originari con quelli di un’altra cultura.
La vita è originale.
Caro Luigi, ci penso e ci ripenso, e mi convinto che quello che diceva Ardigò sul coraggio della comunicazione è vero e necessario. Che ci vuole coraggio a raccontare, e ci vuole il coraggio di non porsi come giudici, di non dare linee di interpretazione, a piuttosto di permettere ad altri di capire, comprendere, interpretare. Senza tacere nulla, ma senza nemmeno giudicare nulla: è il nostro compito di giornalisti, ed è un compito difficile, duro a volte… ma assolutamente entusiasmente. Raccontare la Chiesa, in questa epoca, significa davvero inserirsi in un vuoto a volte. Un vuoto fatto di incomprensione e di pregiudizio, difficile da smaltire. Buttarsi forse significa fare quello che io chiamo denuncia mite: denunciare, ma senza dare giudizi, e facendo in modo che tutti ci possano pensare. Se denunci e giudichi, magari tutto lascia il tempo che trova. Se racconti e ascolti, la tua parola arriva lontano. Anche se non sembra.
Andrea ti do il benvenuto nel blog da Lourdes, nel momento in cui il papa scende dall’elicottero e percorre la lunga guida rossa sull’erba dell’eliporto. La “denuncia mite” è una buona idea. Ma forse Ardigò voleva di più. Un protagonismo mite dell’informatore critico, poniamo. Informatori capaci di assumersi una responsabilità oltre il momento informativo, anche. Diceva che la sensazione di vuoto dietro il gigantismo papale dipendeva anche dal conformismo degli informatori. Qui ho detto qualcosa di più che nel post, azzardandomi a interpretare la sollecitazione de professore anche per rispondere alla domanda di Leonardo su che cosa precisamente mi rimproverasse. E’ anche una mia domanda. Le parole di chi ci ha lasciato non ci lasciano in pace. E siccome il carissimo Achille invitava a osare, io oso anche con lui.
Sono d’accordo, i laici cristiani imparino a buttarsi, osino.
Penso (congetturo) che uno della statura di Ardigò ritenesse comunque che non vale la pena farlo sempre e unicamente in una direzione sola.
“Osare” non significa solo criticare Roma sugli argomenti consueti: il potere, la gerarchia, la ricchezza, i troni, le tiare, il tradimento (?) del Concilio, la politica, la liturgia.
“Osare” significa assumere il coraggio della verità che viene dalla consuetudine con la conoscenza vera dei fatti, con un loro ragionevole approfondimento e col desiderio di indicare soluzioni verosimili, non sparate.
“Osare” significa informarsi sulla storia, anche nostra e anche recente, e mettere la faccia nel gridarla a tutti, quando la falsificano, la riducono, la banalizzano.
“Osare” significa lisciare un pò contro il pelo le vulgate più comuni, suggestive ma spesso cattive, malevole e calunniose.
“Osare” significa riconoscersi colpevoli anche come cristiani, ma non inebriarsi di quel particolare senso di colpa “da Chiesa” che scambia la necessità permanente di conversione con l’inerme accomodamento rispetto a ogni attacco, a ogni bugia, a ogni distorsione, a ogni violenza anche solo intellettuale.
Solo “osando” così, secondo me, si è poi abbastanza credibili per potere essere laici che la dicono giusta anche ai preti, che li attendono su parametri più esigenti, che partecipano davvero al dibattito ecclesiale, che segnano punti sul tabellone del comune discernimento e della migliore comprensione del Vangelo.
Osiamo in questo modo qua, date retta a me.
Un amico mi ha invitato a leggere l’edizione bolognese di Avvenire, che ricorda Ardigò in prima pagina e risponde a una lettera sui funerali. Impressione personale: penosa. Comunque coraggio: il tempo lavora a favore. Ancora qualche anno e nessuno, se non un vago ricordo di commiserazione, potrà più turbare.
Dimmi caro targum in che cosa il mio amico sia stata offeso.