In risposta alla mia richiesta di storie di pandemia, un’insegnante di Genova, Lella Noce, ha mandato il racconto di come il Covid è entrato e uscito dalla sua famiglia, la scorsa primavera. Un racconto che aveva avuto occasione di proporre a una serata di un gruppo ecclesiale dal titolo “Covid e Fede”: “una riflessione a partire dal testo di Giovanni 11, 1-41 sulla resurrezione di Lazzaro”. Nei commenti la riporto nelle parti essenziali e ringrazio Lella per averla inviata.
Lella: “In quei giorni del Covid in casa non ho pregato”
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Una rete di amici preziosi. Lella Noce 1. Betania, c’è una casa, una famiglia ed un uomo che si ammala: una situazione molto simile a quella che ho vissuto. A marzo, mio marito si ammala di Covid e la storia inizia allo stesso modo: una malattia che spaventa, la preoccupazione, la paura, la richiesta di aiuto, le domande e anche il pianto, tanto pianto.
In quei giorni blindati in casa a curare un male sconosciuto e violento, ho provato un grande smarrimento nel non saper a chi chiedere aiuto e molta angoscia nella consapevolezza che nessuno poteva venirci ad aiutare. Ho provato dolore nel sentirmi da sola ed inadeguata a dare valutazioni mediche che mi venivano chieste solo per telefono. La paura più forte era quella di vedermi portar via mio marito, di non poterlo seguire e… di poterlo perdere. Volevo stare con lui. Ho pensato “Se questo male dovrà portarmelo via, non dovrà succedere nella solitudine e nella lontananza. Sarà qui, in casa, con me, con noi” […].
Il disorientamento iniziale a poco a poco si è trasformato, ho preso in mano tutte le forze che avevo e ho iniziato a combattere, a chiedere aiuto e in quel passaggio ho capito di avere una rete di amici preziosi: il medico che, mentre passava le sue ore blindato in terapia intensiva, riusciva a mandarmi messaggi sulle cure che lui stesso stava sperimentando ancora in reparto, il farmacista che mi metteva in ascensore i medicinali, l’amica che mi faceva la spesa, una compagna di mio figlio che ci portava il saturimetro, il vicino di casa che la domenica delle Palme agganciava alla nostra porta di casa un ramo di ulivo benedetto…
Mentre lui lottava con i respiri. Lella Noce 2. Smarrimento, paura, angoscia, solitudine. Spesso anche rabbia. Rabbia con un sistema sanitario che offriva numeri di soccorso telefonico inesistenti. “La richiamiamo, signora” e riagganciavano. Infiniti giorni ho sperato nell’attenzione di qualcuno, in un tampone a casa. Nulla. Il Buio più totale. Nel frattempo mio marito era tra la vita e la morte.
Io, a differenza delle sorelle di Lazzaro, in quei giorni non ho pregato. Erano i giorni appena precedenti la Pasqua. Le chiese erano chiuse. Gesù e tutti coloro cui voglio bene mi sembravano così lontani. Da ogni parte arrivavano messaggi di Messe, preghiere e vie crucis in streaming, video o quant’altro. Io li cancellavo tutti. Il telefono era l’unico mezzo che dovevo lasciare aperto per il contatto con l’amico medico che a distanza ci aiutava. Non mi ci stava nient’altro.
Io non parlavo col Signore in quei giorni. Ero certa però che famigliari ed amici lo stavano facendo per me. Io disinfettavo, pulivo, cercavo di far bere quella bocca così arsa, misuravo febbri e saturazione e, uscita da quella stanza, dovevo essere mamma confortante per i nostri ragazzi che erano così spaventati, dovevo trovare spazi e tempi di normalità con loro, mentre di là, lui lottava coi respiri […].
A Pasqua era con noi. Lella Noce 3. Settantadue giorni chiusi in casa. Ovviamente, tutti contagiati. I ragazzi hanno avuto il Covid in forma lieve, io sono poi risultata positiva asintomatica. E allora ho benedetto il Signore di non essermi ammalata, di essere riuscita a rimanere in piedi per curare gli altri. Credo che fosse stata la mia vera unica preghiera questa.
Fuori la primavera era incredibilmente bella, la luce delle giornate esplodeva dalle finestre. I miei figli nelle loro stanze non hanno perso un giorno di lavoro collegati continuamente col pc. Il lavoro davvero è stato salvezza mentale. Ed io, insegnante alla scuola primaria, sono stata obbligata a mantenere il sorriso davanti ai miei piccoli bambini, in una didattica a distanza faticosissima, ma ogni giorno fonte di relazioni bellissime e idee nuove per coinvolgerli più possibile.
La storia di Lazzaro non è solo la storia di un miracolo spettacolare.
Quello che succede prima è la via. Ciò che succedeva in quella casa…
E’ la storia della Vita che poi vincerà la Morte. Ma la Vita intesa come Ascolto, Amore, Donazione Piena… in abbondanza.
Il Signore, nascostissimo nella mia paura – senza che io lo cercassi o implorassi – c’era, era già lì. Nella fragilità e nell’impotenza Lui apre vie inaspettate. Sempre.
Mio marito è guarito nei primi giorni di Aprile. A Pasqua era con noi seduto sul divano a seguire la Messa… bellissima…anche se in diretta streaming.
Settantacinque storie. Questa di Lella Noce è la settantacinquesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/
https://gpcentofanti.altervista.org/doni-della-comunione-concreta/