Tre sono le genialità di cui Aldo Moro (1916-1978) fu protagonista nei suoi giorni e nelle sue opere: il metodo “inclusivo e avvolgente” (definizione dello storico Giovanni Tassani) che gli permise di portare l’intera Dc prima all’incontro con i socialisti e poi a quello con i comunisti; la rivendicazione dell’autonomia politica dei cattolici dalle indicazioni degli uomini di Chiesa; l’avvertenza dei “tempi nuovi” seguiti al ’68 che si impegnò a interpretare nel loro lato positivo e che dieci anni dopo l’avrebbero travolto con il loro lato oscuro. – E’ l’elencante attacco di un mio pignolissimo articolo pubblicato ieri dal “Corriere della Sera” con il titolo Democristiani, non clericali a presentazione del volumetto antologico di testi morotei (La democrazia incompiuta, per la serie I maestri del pensiero democratico) venduto oggi in edicola con il Corriere della Sera.
Le tre genialità di Aldo Moro
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Peccato che questa volontà inclusiva non abbia sortito effetto, infatti siamo all’ideologia di Sx e di Dx. Anche con Monti non è cambiato niente, i due “dioscuri” che lo sostengono cercano solo di fargli fare il lavoro sporco gli uni a danno degli altri.
Sarebbe stato bello se ci fosse stato un sotterrare l’ascia di guerra per un periodo dove ambedue si fossero “disinteressati” dalle faccende di governo lasciando fare ad altri, misurando POI l’effetto e lasciando decidere ai cittadini. Ma cosi è un ricatto degli uni contro gli altri, sindacati compresi.
I soliti macchiavellici macchivellicismi italici dove ciascuno pensa di essere più bravo e più furbo degli altri, a cominciare dalla trinità a cui non crede più nessuno non essendo commprensibile nemmeno a chi l’ha inventata e non fu Aldo Moro
p.s. hai visto i sindacalisti dopo aver fatto ciò che non avrebbero dovuto fare, ma per fare il favore alla parte di riferimento, diventano anch’essi politici “imbucati” in tutti i posti di governo da sindaci a sottosegretari fin’anche presidenti della camera. Che opportunisti ! ricompensa per servigi resi ?
Grazie Luigi.
Interessantissimo l’articolo.
Dopo quasi un ventennio di lotta ad un inesistente comunismo,
in cui ci ha coinvolti il cattolico Silvio e tutti i suoi accoliti cattolici,
che si ricominci a parlare di politica
nei termini originari
dei nostri padri della Democrazia,
è dare respiro alla nostra generazione delusa,
è preparare il terreno alle generazioni future.
Un nuovo dopo-guerra?….
L’autonomia dalla gerarchia era già sentita come esigenza da don Sturzo nel suo Appello ai Liberi e ai Forti del 1919. Il Partito Popolare non era “clericale”.
Il clericalismo della Democrazia Cristiana era legato al collateralismo con l’Azione Cattolica e al fatto che la gerarchia aveva mobilitato associazioni e strutture per sostenere il voto cattolico alla DC. Responsabili dell’AC finivano col diventare dirigenti della DC. Nel ’48 e per tutti gli anni ’50 questo collateralismo è stato necessario per scongiurare il pericolo rosso. Al mio paese i democristiani erano indicati come quelli che votavano per la “chiesa” o per i “preti”.
Poi è arrivata la secolarizzazione. E i guai.
Aldo Moro era una persona straordinaria e non è minimamente responsabile dei guai in cui la DC si è cacciata dopo la sua morte, tuttavia sono convinto che se fosse rimasto un legame più solido, meno formale, tra DC e “uomini di Chiesa” la storia di quel partito e della politica italiana avrebbe potuto prendere una piega diversa. Una piega migliore.
Ne “L’Ombra di Moro”, Adriano Sofri ricorda – commentando le lettere del Moro prigioniero – che all’inizio degli anni ’70 lo statista DC aveva l’abitudine di andare di persona nelle piazze, mettendosi negli angolini, per seguire comizi e cortei di Lotta Continua e, in generale, dei giovani contestatori. Voleva cioè capire il perché di una nazione in travaglio. Cosa che per esempio non riuscì a Saragat, si veda il suo discorso di fine anno del ’68, che davanti alla contestazione si richiamò agli ideali costituzionali ma non riuscì, come buona parte della politica italiana di allora, a capire lingue e tempi completamente nuovi e diversi.
Ora, non sono convinto che il ’68 ci abbia portato molti bei regali – e la scia di lutti che l’ha seguito mi conferma nell’opinione -. Però penso che se la politica avesse avuto un minimo di flessibilità e capacità di comprensione dei tempi nuovi, le cose sarebbero andate diversamente. Alla fine, invece, gli incendiari sono diventati pompieri e Capanna prende la pensione di deputato. Alla fine, comunque, siamo in una situazione più o meno simile. Con la differenza che gli attuali politicanti, oltre a non capire i giovani e i tempi nuovi, non capiscono il resto della popolazione.
Per diretta esperienza posso dire che Moro negli ultimi anni ’60 e inizio ’70 veniva ai convegni, ai congressi, ai consigli centrali e al altre convocazioni della Fuci dove ascoltava e non parlava.
“Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi. diceva Aldo, ma non parlava perché si addormentava. diceva che erano noiosi.
“Non basta parlare per avere la coscienza a posto: noi abbiamo un limite, noi siamo dei politici e la cosa più appropriata e garantita che noi possiamo fare è di lasciare libero corso alla giustizia, è fare in modo che un giudice, finalmente un vero giudice, possa emettere il suo verdetto.”
Libero corso alla giustizia ? Gli andava di scherzare. Quale giustizia ? In Italia è defunta da un pezzo, c’è solo una certa casta che si fa gli affari suoi e sta sempre in ferie dato che nessuno li sanziona mai. Cane non mangia cane.
Grazie Luigi per il bell’articolo. La figura di Moro andrebbe fatta conoscere di più. Specialmente considerando i tempi presenti, in cui non si trovano politici cattolici capaci di pensiero autonomo e di ascolto delle istanze di rinnovamento profondo della società. Con l’occasione auguro a Luigi e a tutti i frequentatori del blog che l’anno appena iniziato sia un anno di grazia.
La figura di Moro andrebbe fatta conoscere di più e meglio ma senza indulgere alla consueta vulgata. Moro era molto più grande di tanti suoi epigoni recenti, figure tragiche e grottesche della Seconda Repubblica. Ecco, direi che il simbolo di questi vent’anni dissipati e’ la statua di Moro messa a Maglie, il suo paese natale. Lo statista ha L’Unita’ sotto braccio. Scultura politica ad uso dell’Ulivo.
Grazie, Luigi:
grazie per questa riflessione, è un bellissimo articolo e, se posso aggiungere, quanto mai attuale. Mi sembra anche paradossale che questa visione così lucida di Moro, contestata in quegli anni dove comunque i contrasti con il partito comunista potevano anche giustificare una visione differente, sia ancora oggi così difficilmente accettata. Ora però più nella pratica e nella bassa cucina politica che sfrutta cinicamente i “valori non negoziabili” per diffondere ben altri dis-valori molto più nogoziabili…
A me, ex fucino, l’idea di un’azione politica non clericale e attenta alle ragioni di tutti sembra molto giusta: è curioso che sia stata accettata grazie a Moro fino agli anni 80 e poi in un certo senso si sia tornati indietro.