“C’è stata una maggiore attenzione alla donna quando la Chiesa cominciò a promuovere il culto della Vergine Maria” dice oggi Jacques Le Goff in un’intervista alla Repubblica. Sono stato alla scuola di Franco Rodano e mi torna all’orecchio uno dei suoi aforismi più frequenti: “La donna ha avuto un maggiore rispetto nei paesi cattolici che in quelli protestanti a motivo del culto mariano”.
Le Goff come Rodano: culto di Maria e sorte della donna
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Alla scuola di Franco Rodano? Questo è interessantissimo. Per quel poco che conosco di lui Rodano è stato una personalità molto notevole (come anche per altri versi Felice Balbo: hai conosciuto anche lui?), esponente di un certo modo di concepire la possibilità di essere cattolici nel mondo moderno, che forse non ha molto da dirci oggi (ma forse invece sì), ma è comunque apprezzabile sul piano storico. Perché non ce ne parli? È possibile che i più giovani non ne sappiano quasi nulla
Sarei curioso di conoscere meglio(in proporzione chiaramente allo spazio blog) il pensiero di Franco Rodano. Ammetto la mia ignoranza….
Saluti, F.
Articolo pubblicato su Il Tempo del 23 luglio 1983
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E’ morto a 62 anni Franco Rodano
Fu l’architetto del “compromesso”
Di Augusto Del Noce
Franco Rodano, considerato il teorico del compromesso storico, è morto la scorsa notte nella dimora estiva di famiglia, un castello a Monterado, presso Ancona, Rodano , che aveva 63 anni, era da tempo malato di cuore.
Franco Rodano era nato a Roma, da famiglia piemontese, nel 1920. Dopo aver svolto azione politica antifascista, fin da ragazzo, nel liceo “Visconti” di Roma e nelle sue associazioni giovanili dell’Azione Cattolica , nel 1940 entrò in contatto con l’organizzazione clandestina del Pci, con la quale collaborò strettamente fin che venne arrestato l’otto maggio 1943. Liberato dopo il 25 luglio, Rodano, fondò e diresse il movimento dei cattolici comunisti, e quando tale movimento dei cattolici comunisti, e quando tale movimento denominatori partito della sinistra cristiana, nel dicembre 1945 si sciolse, entrò nel Pci.
Il Presidente Pertini, in un telegramma alla vedova, on. Maria Conciari Rodano, ha espresso il suo profondo dolore per la scomparsa del «caro amico», on. Franco Rodano, «ricordandone con animo commosso il passato di coraggioso antifascista e di costante impegno di democratico, di studioso e di politico dalla grande aspirazione ideale».
Analoghi sentimenti hanno espresso i presidenti della Camera e del Senato.
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La notorietà di Franco Rodano aveva varcato la cerchia dei ristretti ambienti solo intorno al 1975 quando sembrava che il comunismo italiano raggiungesse il governo all’insegna di quella proposta del compromesso storico di cui Rodano era stato senza dubbio, come fu detto, “l’architetto”; non nel senso di un lavoro di sottile diplomazia che avrebbe esplicato; ma di una coerente impostazione teorica. In quegli anni ormai molto lontani si formò altresì una specie di leggenda, secondo cui non soltanto si doveva parlare di Rodano come del presente consigliere di Berlinguer, ma di chi già in passato sarebbe stato il più fidato e il più caro tra i consiglieri di Togliatti. Nella storia del machiavellismo c’è la figura dell’eminenza grigia: Rodano avrebbe rappresentato, nel momento Togliatti di questa storia, quel che era stato il Padre Giuseppe, nel momento Richelieu. Altri pensavano a una successione teorica di Rodano a Gramsci, nel senso che le sue tesi avrebbero contenuto i lineamenti essenziali di quel passo successivo a Gramsci che era richiesto dalle mutate circostanze.
A partire da questa definizione, che mi pare la più pertinente, possiamo renderci conto così dell’isolamento come del rigore della sua ricerca. Di un rigore che deve essere riconosciuto anche da chi, come colui che ne scrive, pensa sia la riprova dell’impossibilità della conciliazione tra cattolicesimo e comunismo. Bisogna vedervi, per l’isolamento, un fenomeno tipicamente italiano, del tutto indipendente dalle linee religiose progressive francesi e tedesche, anglo-americane o sudamericane; che non si apparenta affatto con i vari disobbedienti all’ordine romano in nome del fermento evangelico, così che se, secondo un uso che fu corrente, si compone di una linea unitaria di “disobbedienti cattolici”, che andrebbe dai giansenisti ai modernisti, bisogna dire che è difficile trovare un pensiero che sia più immune di quello di Rodano da venature giansenistiche; e che tuttavia, tra le varie linee progressive, è quella che, ai vertici, raggiunse, sia pure per un momento abbastanza breve, che trovò il suo culmine nella lettera di Berlinguer al Vescovo Bettazzi del 12 ottobre 1977, la maggiore incidenza politica.
Rispetto al rigore non si può confondere la sua opera con quella dei vari indipendenti cattolici di sinistra che non assolvono ad altro compito oltre a quello di dar sempre ragione ai comunisti, in qualsiasi occasione; neppure con le varie combinazioni eclettiche di motivi cattolici e comunisti, alla don Girardi, per esempio. Meno che mai a quelle varie teologie della liberazione o della rivoluzione, che di fatto risolvono il cattolicesimo nel marxismo. Il suo tentativo era assai più ambizioso e diciamo pure teoricamente più scaltrito; pensava sinceramente a una rinascita religiosa condizionata da una conciliazione non soltanto pratica ma ideale tra cattolicesimo e comunismo.
Il fatto che non abbia appartenuto al mondo accademico e soprattutto quello che non abbia raccolto in volume i numerosi e assai importanti saggi pubblicati su La rivista trimestrale, da lui diretta dal ’62 in poi, ha fatto si che l’eco delle sue idee presso gli intellettuali sia stata piuttosto scarsa. Ma, in realtà, l’apparente singolarità della sua posizione dipende dalla sua rigorosa coerenza. Si deve vederci il punto d’arrivo obbligato della ricerca dell’incontro tra i cattolici e i comunisti; così che fare i conti col suo pensiero, è farli con l’intero progressismo cattolico.
Ha avuto, nel pensiero religioso, dei maestri? Bisogna riconoscere che fu scarsissima su di lui l’influenza nonché dei Maritain e dei Mounier, anche dei più vicini Metz e Moltman. Il suo pensiero nasce dal clima ardente della seconda guerra mondiale al momento in cui i giovani rovesciavano il loro atteggiamento rispetto al fascismo, e vi vedevano una sorta di “male radicale” in cui erano assommati tutti i precedenti mali d’Europa.
Comincia allora l’attenzione e la simpatia dei giovani intellettuali per il comunismo, simpatia a cui partecipano anche molti giovani cattolici. Ma come, questi, riuscivano a mettere da parte l’”ateismo marquista”? L’unica via era quella di ravvisare in Marx il pensatore che aveva portato più a fondo la critica del mondo borghese, così nella sua consacrazione spiritualistica come nell’effettivo materialismo pratico che ne guidava i comportamenti. Sembrava loro possibile interpretare il marxismo in termini di purificazione e rivendicazione della “vera” religione attraverso la distinzione tra marxismo come “scienza” e marxismo come “filosofia”, tra “materialismo storico”, che considerato in sé non conterrebbe alcuna negazione dei valori spirituali e “materialismo dialettico”. I due aspetti si sarebbero associati storicamente, come replica alla falsa giustificazione o sacralizzazione dell’ordine costituito, operata dalle filosofie idealistiche e spiritualistiche. La loro scissione sarebbe stata, nel momento immediatamente successivo alla fine della guerra , una necessità per l’avvenire di una civiltà che avrebbe dovuto vedere insieme il rifiorire del cattolicesimo e il successo del comunismo. Il gruppo di cattolici che avevano Rodano come guida sembrava ritrovare tra il ’43 e il ’45 il giudizio di Lenin sull’alternativa che si proporrebbe in questo secolo al mondo , «o il comunismo o la barbarie radicale», modificandolo nel senso che l’esito della rivoluzione avrebbe dovuto coincidere non con la fine della religione, ma con la sua rinascita.
Che questa speranza fosse possibile in quegli anni lontani è fuori dubbio. Ma come poteva continuare a sussistere quando la conoscenza del marxismo, allora assai approssimativa si veniva approfondendo dando luogo alla sterminata bibliografia che è apparsa negli anni successivi? Pure Rodano rimase fedele a quella che abbiamo visto essere la sua interpretazione iniziale pur difendendola e approfondendola attraverso ragionamenti sempre più scaltriti ma, dobbiamo dirlo, sempre meno persuasivi. Quel che continuava a reggere la sua interpretazione era un’interpretazione della novità di Togliatti, per cui questi avrebbe, se non esplicitamente nelle espressioni teoriche, almeno implicitamente nella sua politica, riformato l’interpretazione del marxismo in modo tale da farla coincidere sostanzialmente con quella che era stata proposta da quel micropartito della sinistra cattolica che egli, Rodano con altri, aveva fondato nel1945, per poi assorbirlo nel Pci. A suo giudizio la politica di Togliatti pur attraverso le necessarie prudenze con cui cercava di coprire il distacco dalla scolastica marxista era guidata da un’impostazione teorica che apriva «verso un’interpretazione dell’intero marxismo piuttosto come strumento decisivo per l’individuazione e la stessa condotta delle diverse forze storiche le quali, via via, vengono a essere quelle politicamente progressive e feconde, che non come una particolare filosofia della storia…ma ciò comporta un salto di qualità sul terreno teorico, ossia l’abbandono di ogni residuo di quella metafisica impropria che è il vero e peculiare involucro del grande indirizzo marxiano, e il definitivo passaggio di tale indirizzo dal ruolo di ideologia a quello di lezione storicamente insostituibile».
Rodano scriveva questo in un breve libro Sulla politica dei comunisti apparso presso Boringhieri nel 1975. Come si vede, il Rodano della piena maturità riproponeva, pur certamente in una forma più rigorosamente critica, la tesi essenziale della sua giovinezza che crea poi soprattutto il contraccolpo di una situazione storica.
Al pensiero di Rodano ho dedicato un libro di 400 pagine (Il cattolico comunista, Rusconi, 1981), e ho creduto di doverlo fare perché il suo stato uno dei rarissimi tentativi, non soltanto in Italia, di pensare il proprio tempo che un cattolico abbia compiuto; esemplare, per la sua coerenza, dello scacco che i cattolici devono incontrare quando pensano di dover formulare i loro giudizi etico-politici nel presupposto che il soggetto della storia della nostra epoca sia la rivoluzione anziché la sua catastrofe.
L’errore si manifesta in un rovesciamento delle intenzioni, che originariamente significavano speranza in una rinascita religiosa promossa dalla trasfigurazione della guerra antifascista in una lotta in cui cattolici e comunisti si sarebbero trovati uniti contro capitalismo e borghesia. Il risultato, invece, è che nella sua prospettiva vengono messi da parte i valori tradizionali così del cristianesimo come del marxismo, mentre non si vede la via per cui dopo il marxismo si potrebbe passare a un cristianesimo rinnovato. Nell’illusione di un comunismo che faccia posto a una religione trascendente, si priva il marxismo della religiosità secolare che gli è propria e si incontra così l’ideologia della società tecnocratica che appunto ha coinciso con quella di un marxismo a cui sia stato sottratto il momento utopico. Perché questa laicità autosufficiente, anche se lascia un margine oggettivo per un «coronamento religioso» di cui umanamente non si sente il bisogno, e per cui la via tende a essere preclusa, non è proprio il carattere della società tecnocratica come rovesciamento agnostico del marxismo?
Altre volte ho parlato, anche su queste colonne di quell’esempio della più radicale eterogenesi dei fini che mai si sia avuta nella storia, che, per una necessità rigorosamente razionale, è stata l’esisto storico del marxismo. Qualcosa di strettamente simile si deve dire a proposito del cattocomunismo rodaniano. Ma proprio come verifica di questo la sua opera ha un interesse che vorrei dire eccezionale, e per cui non mi pento affatto del tanto tempo che ho speso per esaminarla in tutti i suoi aspetti.
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Grazie a Syriacus! F.
Generazionalmente dovrei tacere, e di Rodano conosco a malapena il nome della figlia. Però in quello che leggo vedo una costante anche più recente. Cioè animi nobili che dal campo cattolico intravedono in campo altrui vertici di eticità, moralità, lungimiranza, vera incarnazione degli ideali imparati nel proprio campo. Ideali la cui incarnazione negano di trovare in campo proprio, che anzi li ha traditi. E poi finiscono a vivere prigionieri del personaggio del “bastian contrario – savonarola”.
Sono troppo grossolano?
O è perchè i comunisti di famiglia, quando si parla di cose serie, mi apostrofano ancora con dei “voi cattolici” che rimarcano le distanze ……
Caro Alessandro Canelli, non so…per me l’ultima discussione con chi orgogliosamente si definisce “comunista” è stata “drammatica”…veleni a volontà contro il clero e la nostra Religione..che tristezza e sofferenza nel sentire certe espressioni…ma non penso che tutti siano così…
1) Sui comunisti in Italia occorre specificare che, pur essendo avversari della Chiesa e della religione in genere, storicamente si distinguono dai comunisti degli altri paesi europei per un sostanziale rispetto della dimensione religiosa, se non altro perché il Pci non avrebbe potuto diventare un partito di massa senza il voto di molti cattolici. Solo recentemente si è avuta un’evoluzione fortemente anti-religiosa, ma è comprensibile di fronte al crollo del comunismo. Persa un’ideologia se ne è trovata un’altra, che vede nel laicismo antireligioso una colonna portante.
2) Sulla donna. Bene fa Le Goff a fare queste precisazioni. Oggi noi valutiamo il rispetto che si dà alla donna solo in base alla equiparazione completa con l’uomo. Ma in chiave cristiana, il ruolo di dato alla donna di madre non solo procreatrice (come vorrebbero le correnti più estreme del femminismo), ma anche educatrice è assolutamente centrale nella famiglia cristiana. La donna, se per secoli non ha avuto ‘diritti civili’, ha ricoperto però un ruolo imprescindibile nella perpetrazione della stessa cristianità.
Saluti!
Il mio quesito non è tanto sui comunisti.
Da bolognese (anche se un po’ “bastardo”) vi posso dire che c’erano più comunisti in chiesa la domenica di quello che si possa credere. Per non parlare della mai calata affluenza alla universlmente venerata Madonna di S.Luca – unica catalizzatrice di masse popolari oltre alla Festa dell’Unità. Per non parlare di quella parente che si fece seppellire con rosario e tessera del PCI.
Ma cercavo un parere su una certa esterofilia etica di estrazione cattolica. Ovvero – quando la collaborazione con persone e gruppi di diversa estrazione non si realizza trovandosi su un terreno comune di azione, ma si arriva invece a vedere negli altri la “vera” realizzazione dei propri più alti ideali.
Forse attiene più alla psicologia….
Da anticomunista convinto credo di aver capito che il comunismo, e tanta parte del pensiero che lo presuppone, è la grande questione dolente per il pensiero cristiano, un fattore di repulsione e di attrazione insieme, un nodo non completamente risolto.
C’è chi ne parla proprio come di un’eresia cristiana, e ne fa risalire le tracce iniziali a Gioachino da Fiore, alla sua elaborazione delle tre età della storia (del Padre, del Figlio e dello Spirito).
A me pare che il tema sia espressione del più grande problema che riguarda la fede e filosofia cristiana di tutti i tempi, e cioè il rapporto tra salvezza storica e salvezza escatologica. Come stanno in equilibrio? A quale dare priorità? Quanto e come bisogna incarnare gli ideali di giustizia, e quanto trasfigurarli e sospingerli nella dimensione profetica?
La riflessione è affascinante, e Rodano (come Del Noce) ha contribuito ad alimentarla in modo eminente.
[…] (original en italiano; traducción mía) “Hubo una mayor atención a la mujer cuando la Iglesia empezó a promover el culto a la Virgen María” dice hoy [ayer] Jacques Le Goff en una entrevista en La Repubblica. He estado en la escuela de Franco Rodano y me vuelve al oído uno de sus aforismo más frecuentes: “La mujer ha tenido un mayor respeto en los países católicos que en los protestantes con motivo del culto mariano”. […]
Mi permetto un off topic per chiedere un’informazione a Luigi e ai numerosi esperti presenti in questo blog.
Ho ricevuto ieri, con grande gioia, una lettera che mi comunicava la nomina di Mons. Vincenzo di Mauro a Segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede.
Ero in ferie e mi sono perso le notizie relative alle nomine delle settimane scorse, quindi la notizia mi ha “colto di sorpresa” e la gioia è stata veramente grande.
Conosco don Vincenzo (ma potrò ancora chiamarlo così?) dai tempi dell’Azione Cattolica, negli anni ottanta. Ho avuto la possibilità di condividere con lui qualche giorno del nostro campeggio parrocchiale e i suoi modi (simpatici, ma pane al pane e vino al vino) e la sua carica hanno saputo lasciare un segno nei ragazzi che lo hanno conosciuto.
Veniamo ora al dunque: la nota dice testualmente “…ha chiamato a succedergli nel medesimo incarico il Rev.do Mons. Vincenzo Di Mauro (…) elevandolo in pari tempo alla Sede vescovile tit. di Arpi.”
E qui devo ammettere la mia ignoranza in materia: dov’è/cos’è questa benedetta Arpi?
Mi pare di ricordare che forse Luigi ne aveva già parlato in questo blog… o forse no?
So che non mancherà chi saprà chiarirmi le idee…
Ciao
Eugenio
Per Bonzieu:
Come tutte le sedi solo titolari e non residenziali o non esiste come luogo fisico (nel senso che sarà una antichissima città oggi esistente solo come area archeologica), oppure esiste ma non come Chiesa locale, essendo incorporata dentro un’altra Chiesa (esempio: Capri).
Sono appunto le sedi che si assegnano ai Vescovi che non sono a capo di diocesi: agli ausiliari, ai nunzi, ai titolari di altri uffici, ai curiali romani. Nell’episcopato si distingue il sacramento dall’ufficio. Il sacramento implica anche un titolo, e se il titolo non coincide con l’ufficio (il titolo di Milano con l’ufficio della Diocesi di Milano), allora si ricorre alla Sede Titolare (es. Arpi, laddove l’ufficio di Mons. Di Mauro sarà la Segreteria della PAE).
Ho detto bene Luigi?
Caro Eugenio le “sedi vescovili” – cioè le diocesi – sono territoriali o titolari. Quando viene nominato un vescovo gli viene attribuita una “sede”: se viene fatto vescovo di Mantova, quella è la sua “sede”. Ma se viene fatto vescovo per un ufficio (è il caso di Vincenzo Di Mauro), o coadiutore, o ausiliare, allora gli viene attribuita una “sede” non territoriale ma “titolare”, cioè che costituisce soltanto “titolo” per la nomina, senza giurisdizione. Le sedi titolari hanno varia ogirine, ma generalmente si tratta di sedi vescovili in terra d’Africa o in Medio Oriente soppresse dalla conquista arabo-islamica (per esempio Cartagine: ebbe il titolo di Cartagine il cardinale Casaroli), o semplicemente di sedi vescovili non più esistenti per trasferimento del vescovo ad altra città (per esempio, Aquileia). Arpi una volta era una “sede” – cioè una diocesi – della Puglia. In provincia di Foggia esiste un centro abitato e comune che si chiama Arpinova, nelle vicinanze ci sono le rovine di Arpi, che una volta aveva il vescovo e ora è una zona archeologica. L’attribuzione degli antichi “titoli” serve anche per fare memoria della Chiesa che fu. Luigi
Abbiamo spiegato in contemporanea, o quasi, senza sapere l’uno dell’altro – ma per fortuna in maniera coincidente, la sottile faccenda… Luigi
A Leonardo. Non ho conosciuto Felice Balbo, che muore nel 1964, ma Franco Rodano e Claudio Napoleoni. Sono stato alla scuola dei due – una specie di università privata, una cosa unica, legata alla “Rivista trimestrale” – per un anno tra il 1970 e il 1971. Ora non ho tempo di raccontare, ma si trattò di un’esperienza forte. Qualcosa può trovare in due testi leggibili nella pagina “Collaborazione a riviste” che è elencata sotto la mia foto ad apertura del blog: La maestra Marina e gli altri “giusti” e Non prevedevo l’elezione di Ratzinger. Ecco un passaggio di quest’ultimo: “Il mio primo contatto con Joseph Ratzinger è avvenuto – per via libraria – il 6 luglio 1971: questa data è scritta sul frontespizio del libro che quel giorno acquistai alla libreria AVE di via della Conciliazione. Ero nella FUCI e con un gruppo di amici frequentavo Franco Rodano. Voleva sapere «che teologi» leggevamo. Qualcuno di noi leggeva Rahner, qualcuno von Balthasar: nella FUCI avevamo buoni suggeritori. Ma Rodano, che non era mai contento di quello che gli si diceva, buttò là questa sentenza: «Per un confronto vero della tradizione cristiana con la cultura di oggi, dovete leggere Introduzione al cristianesimo di Ratzinger». Corsi a comprarlo“. Saluti, Luigi
Ringrazio El testamento del pescador – vedi 6 commenti indietro – per aver riportato, tradotto in castellano, il mio post su Le Goff e Rodano. Luigi
Grazie a Luigi e Francesco per le precise risposte.
Ciao
Eugenio
Ma forse ad Eugenio può interessare il lavoro al quale è stato chiamato il suo amico Vincenzo di Mauro: che cosa sia cioè il ruolo di Segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. Si tratta di una specie di Corte dei conti della Santa Sede: controlla le diverse amministrazioni della Curia e della Città del Vaticano, redige i bilanci preventivi e consuntivi dell’insieme. Egli sarà il numero due dell’organismo, sotto il prefetto che è il cardinale Sergio Sebastiani. Luigi
Caro Francesco73 (anno di nascita?), grazie per la considerazione su salvezza storica e salvezza escatologica – mi fa venire in mente tante persone che ho conosciuto.
E inizio a pensare che tanto abbia a che fare col pessimismo cosmico che trovo in tante persone, tra 50 e 60 anni, che mescolano un rimpianto per l’impegno sociale e la sinistra ’68-’77ina, a una visione nerissima della vchiesa odierna come protagonista di un tradimento del concilio.
Forse proprio confondendo una speranza di conciliazione tra ideale religioso e politico sociale che poi si è infranta contro una realtà molto diversa.
Sì, ’73 è l’anno di nascita.
E’ una rilfessione in libertà, ma mi pare che l’equilibrio e il rapporto tra le due salvezze siano uno dei punti centrali dell’autocomprensione del cristianesimo, dei diversi modi con cui ha pensato a sè stesso.
Dopodichè, no, io non sono pessimista, e credo che – dopo che avremo saziato tutti gli affamati (magari!) – se non avremo dato Cristo sarà sempre troppo poco.
Concordo. Anche se sono di 8 anni più vecchio.
Ritornando alle persone di cui sopra, la mia risposta-provocazione, quando capita l’argomento, è che il primo a tradire il concilio è chi è pessimista….
Poi ho un vantaggio: io ho l’età del concilio – non ho memorie del prima ma ho vissuto una buona fetta del dopo.