Gran parlare sui giornali delle cinque Bibbie trovate nel casolare del capomafia Bernardo Provenzano. L’altro ieri il cardinale De Giorgi esprimeva “amarezza” per quell’ostentazione della “sacra Bibbia” e invitava Provenzano a convertirsi, ricordandogli che anche a lui erano “dirette le roventi parole di Giovanni Paolo II ad Agrigento”, quando minacciò il giudizio di Dio sugli uomini della mafia. Non mi sono trovato del tutto d’accordo. Certo Provenzano va richiamato alla conversione. Ma il fatto che avesse con sé più Bibbie e su una ci fossero sottolineature mi chiede di stare attento a ciò che succede tra cielo e terra e mi ricorda che la Bibbia non è proprietà delle Chiese. Mi ritrovo di più con quanto dichiarato oggi a Repubblica dalla poliziotta anonima – “la gatta” – che ha partecipato alla cattura: “Provenzano e tutti gli altri mafiosi latitanti vivono in una solitudine assoluta, non si fidano di nessuno. Cercano qualcosa sopra, qualcosa oltre. E forse cercano anche il perdono di Dio”. Mi sono garbate anche le parole del procuratore antimafia Pietro Grasso al Corriere della Sera: “Lo sguardo è quello di un uomo che ha una grande forza d’animo. Per carità, non ne voglio dare un’immagine positiva, però quel suo sorriso, che non era un ghigno come qualcuno ha detto, mi pare un modo per accettare la situazione e cercare di sopportarla nel migliore modo possibile”. Il magistrato e la poliziotta parlano cristiano. Gesù cercava l’uomo dietro ogni peccato.