Sono incappato nella depressione da Covid. Uno dei suoi aspetti è la difficoltà a dirla in parola. Nei primi commenti un mio primo tentativo di vincere quella difficoltà. Forse ne caverò un diario.
L’angustia del dopo Covid. Diario del mio malessere dell’anima a sette mesi dal ricovero
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Prenda un antidepressivo. Sto attraversando questo malessere dell’anima come un lascito in differita della polmonite da Covid 19 che mi aveva portato in ospedale tra novembre e dicembre. Al termine del percorso Post Covid del Gemelli – di cui ho qui riferito a fine gennaio – lo psichiatra che faceva parte dell’équipe mi aveva suggerito di prendere un antidepressivo: suggerimento che io avevo lasciato cadere, argomentando che non ne avevo mai presi e che mi sentivo di affrontare la situazione con le mie risorse. Lo specialista insistette garbatamente, informandomi che nella loro esperienza più della metà di quanti sono passati per le crisi respiratorie acute incappano poi nella depressione: “magari al terzo o al sesto-settimo mese”. A me è toccata questa seconda modalità. Ho provato a informarmi leggendo, interrogando i medici, conversando con altri che sono passati per questa landa. I nomi che vengono dati a quello che chiamo malessere dell’anima sono tanti. Ansia e depressione. Disturbo o sintomo post traumatico da stress. Malessere psichico. Disagio mentale. Disturbi psichiatrici. Disturbo ossessivo compulsivo. Sintomi depressivi. Esaurimento.
Angustia che mi stringe. Sulle parole io sono esigente, come sanno i visitatori del blog e dico subito che nessuna di quelle che ho trovato nella letteratura in materia mi soddisfa. Accetto la sofferenza ma rivendico il diritto di darle io un nome. Come se ciò fosse un passo importante. Un buon avvio all’inchiesta che intendo avviare. Alla parola ansia preferisco la parola angustia. Perché avverto proprio un restringimento al petto, una stretta quasi fisica. Poi dico che questo è un malessere dell’anima perché non ho modo di indicare una parte del corpo che mi dolga. Mi duole l’anima. La vita. Lo spirito vitale. Non avverto più la difficoltà del respiro, la mancanza di fiato che caratterizzava i giorni della polmonite, ma è come se mi fosse tornata una pena dello stare in vita. Stavolta non fatta di mancanza di fiato ma di riduzione – e quasi assenza – della felicità del respiro. Come già avevo fatto con la polmonite, mi propongo di dare qui, giorno giorno, qualche immagine di questa angustia e di questa lassitudine, ovvero prostrazione, stanchezza cronica, invasiva. Me lo propongo sapendo già che le immagini risulteranno poco leggibili, come foto messe a fuoco nella notte.
Mi dispiace, ma a dire la verità nei nostri incontri in remoto avevo trovato il nostro padrone di casa molto in forma! Ma guarda che danni porta questa malattia terribile!
Tanta preghiera e un caro saluto.
Poesia di Emily Dickinson
Il dolore e’un topo
Sceglie l’intercapedine del petto
Per nido timido
Ed elude la caccia ….
Cario Luigi, come nella tua fase acuta di questa terribile malattia, continueremo ad esserti vicini ed accompagnarti con le nostre preghiere.
Ada Murkovic
Caro Luigi, conosco diverse persone che patiscono, dopo il covid, la “quasi assenza della felicità del respiro”. Una di queste persone verrà a pranzo da me, tra poco: proverò a regalarle queste tue parole.
Ti abbraccio fortissimo (ma senza stringere…) e sono con te, come tutti quelli del pianerottolo.
PS Ringrazio Maria Cristina Venturi per i versi scelti di Emily Dickinson
Mi dispiace moltissimo della condizione di Luigi. In una nota novella Pirandello parla di “costipazione d’anima”. Spero in una ripresa in tempi ragionevoli…
Mi associo a tutti gli amici del blog per dire a Luigi: coraggio.
Belli i versi di Dickinson; opportuno averli riportati.
Caro Luigi.
Ti giunga il mio più sentito abbraccio e la mia vicinanza.
Se posso permettermi, ma tu sicuramente ne sei già a conoscenza, in punta di piedi e con delicatezza ti segnalo che diversi testi del monaco Benedettino Anselm Grun possono essere d’aiuto in queste vicissitudini della vita.
Prego per te la Vergine Maria Aiuto dei Cristiani .
Il diario che ne caverai, da vero “uomo di comunicazione” quale sei fin nel midollo, sarà comunque terapeutico per te e una grande mano per chi si trova/ si è trovato/ si troverà nelle tue stesse situazioni.
Noi tutti, a seguirti sulle pagine di questo nuovo ” diario del capitano”.
Luigi,
si fa fatica anche da parte nostra a trovare la parola più appropriata: vicinanza, partecipazione, sostegno, supporto, solidarietà, fraternità, amicizia, comprensione, condivisione, coraggio, forza, preghiera…. Perché lo sono tutte assieme, in questo momento…
Grazie a Maria Cristina Venturi per la sempre amata Emily Dickinson.
Mi spiace sapere di questa angustia che la opprime. Ma alcune espressioni che lei usa, e alcune cose che dice (una in particolare: “accetto la sofferenza ma rivendico il diritto di darle io un nome”) mi danno l’idea che lei stia lottando con forza, e quindi mi auguro che questo “avversario” avrà vita dura e, trovandosi ospite sgradito se ne andrà il più presto possibile. Non sono un esperto, ma la volontà di lottare mi sembra un ottimo segno. Non dimentichiamo che nella Bibbia dare un nome a qualcosa o a qualcuno significa anche avere un certo potere su di essa o su di lui. Quello di dare un nome alle cose e alle creature è un potere che ci viene da Dio stesso (Gen 2,19-20), e non credo che lei abbia usato quella espressione per caso. Coraggio dunque. Le auguro che tra qualche tempo, riguardando indietro a questa dolorosa esperienza, possa rendersi conto che mentre la avvertiva l’angustia già si stava dissolvendo grazie al suo “darle un nome”. Le sono vicino con la mia preghiera.
Caro Luigi, di norma seguo silente, dal mio spioncino. Ma questa volta prendo parola, e le invio il mio augurio di gagliarda ripresa. Unito alla consueta gratitudine per questa sua estroflessione, anche di ciò che piaga l’animo. Con vivissimo affetto, Antonio