“La preghiera è questione di vita o di morte”

“La preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”: parole del papa all’angelus, che segnalo come esempio della forza di linguaggio di papa Benedetto (vedi post del 19 febbraio e altri lì richiamati). Giovedì scorso ero a un dibattito a Venezia, presso il Centro Pattaro e ho ascoltato dal pastore valdese Fulvio Ferrario un’altra simile parola forte a riguardo del nostro pensiero di Dio: “Dire resurrezione dei morti è un altro modo di dire chi è il Dio di Gesù Cristo”. Il papa oggi ha detto che “la vita eterna è Dio stesso”.

18 Comments

  1. Leonardo

    Ero sicuro, caro Luigi, che lei avrebbe ‘appuntato’ questa parola del papa. A me ha fatto una certa impressione, ieri, vederla scorrere, tra i lanci di agenzia, nella colonnina delle ultime, sul sito del Corriere. Leggere, framezzo alle banalità della vita quotidiana e alle pseudo-notizie di cui quella pagina è di solito infarcita, una cosa come: «12.02: il papa dice che la preghiera è questione di vita o di morte», mi ha fatto l’effetto di una ‘vera notizia’ (euangelion, in senso letterale).
    Così dovrebbe essere. Sogno un mondo in cui aprendo il giornale la mattina (e non l’Osservatore Romano il giorno di Pasqua), si possa leggere: «Ultim’ora: Cristo è risorto».

    5 Marzo, 2007 - 11:04
  2. Maria Grazia

    Ho ricollegato l’Angelus di ieri alle parole che Benedetto XVI ha pronunciato durante la Messa di insediamento e durante il viaggio in Baviera: Chi crede non è mai solo!
    Saluti MG

    5 Marzo, 2007 - 12:32
  3. Luisa

    Tutto l`Angelus di domenica è per me occasione di riflessione.
    Mi sembra percepire due movimenti: il ritirarsi, nel silenzio, in un dialogo intimo con il Padre e allo stesso tempo l`assumere le responsabilità della realtà in cui si vive, compiendo così la missione per la quale siamo venuti al mondo.
    Ma come percepirla questa missione ? Come essere sicuri che stiamo compiendola? Che cosa sono venuta a fare su questa Terra?
    Quante volte mi sono posta la domanda, quante volte continuo a porgermela. Come percepire la volontà del Padre alla quale aderire ?
    Pregando, confidando nell`amore inesauribile del Signore e abbandonarsi fiduciosi con amore filiale.
    Ma quando la situazione personale è dolorosa, difficilmente sopportabile, priva di speranza di un`evoluzione positiva, come percepire se la volontà del Padre è di domandarmi di restare in quella situazione che è la mia realtà ? Pregando , immagino sia la risposta !… Io non lo so, io non capisco, ma Tu lo sai, allora aiutami a capire, a sentire ciò che è giusto.
    Che cosa posso dire alle persone che si confidano, che si sentono rinchiuse in situazioni di coppia (per es.) dure, alle volte violente, senza possibilità di dialogo, di comprensione reciproca ?…. “Quella è la sua realtà, quella la sua croce, la sua sofferenza salvifica da assumere fino in fondo? ”
    ” La vera preghiera consiste nell`unire la nostra volontà a quella di Dio”
    Carissimo Santo Padre, lei sa quanto la amo e la stimo, ma come faccio a essere sicura della volontà di Dio ? A riconoscerla ??
    Cari saluti,Luisa

    5 Marzo, 2007 - 20:26
  4. FABRICIANUS

    X Luisa: Consiglio la lettura del cap. 12 del Vangelo di Luca, in particolare i versetti 22-32. Saluti.

    6 Marzo, 2007 - 12:02
  5. Luisa

    Grazie a Fabricianus per il consiglio.
    Le domande, i dubbi sono pungiglioni che fanno avanzare e sono anche cosciente che la risposta si trova sovente nella domanda !!
    Comunque resto dell`avviso che la Bibbia , per quel che mi concerne, domanda una lettura guidata , dunque porterò le mie domande e il testo di Luca al prete che mi accompagna .

    6 Marzo, 2007 - 14:24
  6. fabrizio

    La forza del linguaggio di papa Benedetto è veramente sorprendente, così come la capacità di associare concetti altissimi ad espressioni di uso comune. Già nel suo primo discorso mi stupì con : “Nella gioia del Signore Risorto…andiamo avanti”.

    Tornando al Vangelo e alla sua lettura guidata, nel Vangelo di oggi ci sono due frasi molto nette la cui applicazione mi lascia perplesso:
    “Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
    E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.”
    Qualcuno più ferrato di me mi può aiutare a capire perchè, nonostante queste affermazioni categoriche di Gesù, nel linguaggio della Chiesa si usano senza remore i “Padre” e “Santo Padre”?
    Saluti, Fabrizio

    6 Marzo, 2007 - 15:29
  7. fabrizio

    …dimenticavo anche i vari “Eminenza”, “Eccellenza”, ecc.

    6 Marzo, 2007 - 15:39
  8. Luigi Accattoli

    La Chiesa non è riuscita a tenere fede al radicalismo evangelico insegnato da Gesù, ma sa che a esso deve tornare e forse quel ritorno non è poi tanto lontano. Mi paiono vicini i tempi in cui nessuno più desidererà essere chiamato “eccellenza”, “eminenza” e neanche “padre” e allora ci riscopriremo tutti fratelli. Luigi

    6 Marzo, 2007 - 15:58
  9. fabrizio

    Non so però se il mondo saprà aspettare il nostro ravvedimento. Spesso ci viene rinfacciato, il più delle volte strumentalmente, di aver tradito il messaggio evangelico (troppi beni materiali, liturgie troppo sfarzose, ecc.). A queste contestazioni una risposta sensata si può trovare (sicuramente per la liturgia, ma anche per la necessità dei beni materiali).
    Di fronte però alla mancata applicazione così palese della pagina del Vangelo di oggi resto francamente disarmato: come credente capisco che la Chiesa è fatta di uomini con i loro tempi, ma se mi metto nei panni di un non credente comprendo benissimo che lo stridore per lui è eccessivo. Fino a che punto la nostra testimonianza è credibile?

    Ripenso poi ai temi “caldi” di questi giorni (indissolubilità del matrimonio, omosessualità, ecc.) in cui la Chiesa giustamente si appella alla Scrittura per i suoi “non possumus”. Il fatto però che la stessa Chiesa nelle sue espressioni formali disattenda la Scrittura non indebolisce anche le sue prese di posizione?

    Sogno un Motu Proprio che abolisca dall’oggi al domani i termini “Padre”, “Eminenza”, “Eccellenza”. Sarebbe tutto più facile, e perlomeno avremmo tolto alla Littizzetto il suo tormentone.

    6 Marzo, 2007 - 16:46
  10. Leonardo

    C’è un po’ di (auto)ironia – io credo – in questa civetteria ecclesiastica dei titoli e delle insegne. Va presa per quel che vale, senza scandalizzarsene, e pensando che quando viene abolita, bene spesso non la sostituisce la nobile semplicità evangelica a cui tutti aspiriamo, ma piuttosto la sciatteria, l’approssimazione qualunquistica e goffa a cui, purtroppo, molto spesso la chiesa postconciliare ci ha abituato. Voglio dire che, per fare un esempio, la battaglia per l’abolizione della talare si è risolta in molti casi nel fare andare in giro i preti conciati da far pena. Analogamente, c’è da chiedersi a cosa porterebbe la sparizione della titolatura …
    A me non dà nessun fastidio rivolgermi ad un vescovo dandogli dell’eccellenza, anche perché credo che sia io che lui abbiamo in mente quel che Manzoni fa dire a don Abbondio, parlando con Agnese, a proposito dei titoli ecclesiastici …
    Mi viene in mente un altro aneddoto grazioso, in proposito: nella chiesa ortodossa il «sincello» è un dignitario ecclesiastico (pressappoco l’equivalente di un nostro vicario generale). Ad un certo punto però si comincio ad attribuire il titolo di sincello, ad honorem, ad un numero sempre maggiore di sacerdoti, così per distinguere il vero sincello gli si diede il titolo di «protosincello». Poi anche i protosincelli si moltiplicarono, e fu necessario creare il «presidente dei protosincelli» (proedros ton protosinkellon). L’inflazione continuò e si dovette coniare il protos proedros ton protosinkellon, «primo presidente dei protosincelli» … Ecco, funziona un po’ così.

    6 Marzo, 2007 - 16:56
  11. fabrizio

    Neanche a me scandalizza dare dell’Eccellenza ad un vescovo, ma credo che quasto scandalizzi e sia incomprensibile agli occhi di chi non crede, e visto che la nostra missione è l’evangelizzazione bisognerebbe essere il più convincenti possibile.
    Mi ripeto e forzo (provocatoriamente e populisticamente) il concetto: sono credibili i vescovi quando si appellano alla Scrittura su temi che, direbbero i laici laici, non li riguardano neanche direttamente (matrimonio, sacerdozio femminile, omosessualità, ecc.) se poi la disattendono quando sono toccati nel vivo, sia pure per un argomento marginale come i titoli ecclesiastici?

    Leonardo, tu ti chiedi cosa succederebbe se si abolissero i titoli eccesiastici. Sperdonami, ma la domanda non si deve neanche fare, perchè Gesù ha detto che i titoli ecclesiastici non ci devono essere. Punto.

    6 Marzo, 2007 - 17:33
  12. Leonardo

    Ma via, non credo proprio che qualcuno si scandalizzi di quello! Una certa pomposità dello stile ecclesiastico (di una volta, perché ormai c’è rimasto ben poco) fa sorridere, ma nulla più. E poi, come vorresti rivolgerti al papa, forse con un «signor Ratzinger»? (Fece così Truman, in una sgarbatissima lettera a Pio XII, in cui da vero bigotto protestante lo apostrofò Mr Pacelli).
    E poi anche così non andrebbe bene, perché si troverebbe qualcuno, ancora più ‘evangelico’, che obietterebbe che anche «signore» a ben vedere, non è abbastanza umile … dovremmo arrivare al «ehi, Ratzinger» per essere a posto?

    6 Marzo, 2007 - 18:10
  13. fabrizio

    Nella mia piccola esperienza ti posso confermare che sono in tanti a scandalizzarsi di questo. Sarà pure un pretesto, non diamoglielo.

    Comunque: possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma “non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo”, non ammette tante interpretazioni.
    E’ un po’ come “L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”: c’è poco da elucubrarci su.

    6 Marzo, 2007 - 18:26
  14. Piccola ma significativa esperienza personale: conosco un Cardinale che non ama farsi chiamare “Eminenza” ma semplicemente “Don”. Per fortuna, nella Chiesa c’è ancora chi vive come uomo tra gli uomini.

    6 Marzo, 2007 - 18:53
  15. Leonardo

    Uomo tra gli uomini: sì, sì, molto bello. Però l’altra sera in centro città, verso le sei e mezza, ho incrociato il mio vescovo che andava a fare jogging, in tuta e scarpette da ginnastica, accompagnato da una giovane donna. Niente di male, intendiamoci, uomo tra gli uomini anche lui, ma non è chi mi abbia particolarmente edificato, e comunque sembrava uno di quegli impiegati di banca di mezza età che si vedono trottare ansimando nei fine settimana.
    Tutto sommato i vescovi li preferisco in veste filettata, con tanto di fascia, croce pettorale e zucchetto, E a quel punto, tanto vale chiamarli eccellenza.

    6 Marzo, 2007 - 19:11
  16. Luisa

    Beh, se avessi ubbidito a Gesù, non avrei dovuto chiamare padre o papà…. nemmeno mio padre !
    Anch`io leggendo il Vangelo di stamattina ho reagito , ma come l`ho già detto non mi fermo più a una lettura , diciamo, primaria del Vangelo, sento il bisogno di metterlo in luce con l`aiuto di che ne sa più di me! E sempre ciò che mi sembrava incomprensibile , e talvolta anche inaccettabile , diventa chiaro.
    Di essere disobbediente lo sapevo già da tempo, allora senza vergogna o colpevolezza, posso dire che amo chiamare Benedetto XVI, Santo Padre, perchè è così che lo sento, nutro per lui un amore filiale, è questo genere di sentimento che egli mi ispira e nessun altro termine saprebbe meglio definirlo, anche se forse, dovessi avere la gioia di parlargli, mi verrebbe più facile dirgli semplicemente “mon Père “.
    Quanto alle ” eminenze” ,” eccellenze” ,” monsignori” confesso che provo un pò più di difficoltà……recentemente ho visto alla televisione il Papa salutare i membri della Curia vaticana, ho osservato che a certi diceva eminenza ad altri eccellenza , ebbene ho già dimenticato, a chi va l`eccellenza e a chi l`eminenza !
    Decisamente sono molto ignorante, cercherò di porvi rimedio illico presto!
    Cari saluti,Luisa

    6 Marzo, 2007 - 19:56
  17. Luisa

    S. Giovanni Crisostomo a detto:

    ” La causa di tutti i mali è l`amore del potere. Usurpare la cattedra del maestro, ecco che cosa Gesù denuncia e corregge vigorosamente, ed ecco contro cosa egli mette tutti i suoi sforzi nell`esortare i suoi discepoli. Che cosa egi dice in effetti ?:
    … Non chiamate nessuno ” padre” non perchè i discepoli non chiamassero nessuno così, ma affinchè sappiano chi si deve legittimamente chiamare ” Padre”. In effetti, nello stesso modo in cui i maestri non sono maestri attraverso loro stessi ( par eux-mêmes), nello stesso modo i padri non lo sono.
    Poichè è Lui, la loro causa (cause) a tutti, ai maestri e ai padri.

    6 Marzo, 2007 - 20:34
  18. fabrizio

    Ringrazio Luisa per la riflessione di S.Giovanni e concordo con il suo primo commento di oggi, quando cioè nella lettura personale della Bibbia emergono dubbi e perplessità è necessario farsi aiutare da un sacerdote. Chiederò una spiegazione al testo di oggi al prete che mi accompagna, che tra l’altro ho sempre chiamato “padre”.
    Questa sera mi è capitata tra le mani la stupenda “Deus Caritas Est” e ho notato che la formula introduttiva usata si differenzia da quella delle Encicliche precedenti: da “Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II” si è ritornati a “Lettera Enciclica del Sommo Pontefice Benedetto XVI”, molto simile alle formule “Lettera Enciclica di Sua Santità…” usata per Giovanni XVIII e Paolo VI. Non mi piacciono i confronti, e tantomeno quelli tra Giovanni Paolo II e Benedetto, ma in questo caso trovo che la formula introduttiva delle encicliche di Wojtyla sia più semplice ed efficace, senza far perdere autorevolezza al contenuto della lettera.
    Fabrizio

    6 Marzo, 2007 - 23:04

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