Per la settima volta, l’oncologa, esami alla mano, mi affronta con un certo disagio: «Deve essere operato per qualcosa di importante al pancreas. Il chirurgo è bravo. La sua equipe è di eccellenza. L’aspettiamo tra dieci giorni: il posto letto c’è!». Sono ancora malato e la bestia non guarda in faccia a nessuno (bambini, preti, madri di famiglia, giovani…), ma sembra che ce l’abbia con me. La mia vita da prete mi ha un poco addestrato a entrare nel tunnel e a vivere questa situazione, ma, quando sono aggredito dalla malattia, come tutti devo ricominciare da capo a credere (…). Mi sento “inchiodato” a una croce che non ho scelto, ma che va abbracciata con amore, perché è solo l’amore a vincere la morte, che intravedo sarcastica (…). Intuisco dentro di me che è urgente vivere da credente, come se Gesù di Nazaret, morto e risorto, fosse il Vivente, per tutti e per ciascuno. Sono parole di don Romano Martinelli, prete ambrosiano, pubblicate il giorno di Pasqua da “Milano Sette”. Ne ho parlato in Vino Nuovo e possono essere lette per intero nel portale della diocesi di Milano. Mando un bacio a don Romano di cui sono amico stretto insieme a mia moglie.
Per vincere la morte che intravedo sarcastica
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[Segue dal post] Al mattino presto, quando le prime luci dell’alba illuminano via Olgettina e c’è un silenzio intenso perché le infermiere si stanno organizzando, cerco di ascoltare la Parola, che accende “gli occhi del cuore”. E’ un altro passaggio del racconto di don Romano citato nel post. In via Olgettina 60 c’è l’ospedale San Raffaele. In via Olgettina 65 c’è il residence delle ragazze di Berlusconi. E io sono un cercatore di ossimori.
Da chi è malato, da chi veramente vede svanire se stesso, ci vengono le testimonianze più belle. Ho un’amica che è stata operata tre volte, ultimamente per una metastasi. Quando vedo la sua serenità, la sua curiosità per quello che accade intorno, rimango tutto sommato attonita. Quando la vedo pregare mi commuovo.
Forse la vita, caro Luigi, è anch’essa sarcastica con i suoi ossimori.
mia madre deve affrontare un ennesimo pesante intervento, alla fine di 3 anni, praticamente ininterrotti di terapie… (carcinoma “mutante” al seno)… mi ha chiesto “che devo fare?”. Io l’ho guardata. ho fatto un sorriso piccolo e timido che voleva essere un abbraccio grande e non ho saputo – per fortuna, forse – regalarle “una buona parola”…
ne avete una davvero buona da condividere?
Leggendo don Romano, provo vergogna per le mie fobie di cinquantenne, appena appena a disagio verso il senso del limite, della fragilità corporale, del male fisico. Lo scorso dicembre il medico ha aperto la mia cartella clinica telematica trovandola vuota… per dire la mia non familiarità con il mondo della malattia… Ho vissuto questi mesi con qualche trepidazione, soprattutto quando mi è stata proposta una biopsia midollare. Orgoglioso, non ho voluto condividere con nessuno paure e incertezze e ne ho un pagato il prezzo. Sto imparando tante cose, pur essendo sano – meglio, risanato. E’ una esperienza che spero mi arricchisca in umanità e compassione. Intorno, quanti migliori di me, capaci di abbandonarsi con fiducia, di sopportare con rassegnazione, di finalizzare il loro patire alla Redenzione… “si isti et iste, cur non ego”?, anche perchè, come dice V. Frankl, “ciò che è più personale è più generale”…dunque è un vivere condiviso. Ciò rasserena e solleva.
Moralista le migliori che ho trovato io frequentando gli ospedali sono: “Liberaci dal Male” e “Venga il tuo Regno”.
Saluto don Romano Martinelli, quarantacinque anni fa al Seminario di Arcore mio direttore spirituale. Cercavo di assecondare una vocazione che era altro. Mi disse che non era cosa per me e lo disse senza alcun rammarico e solo con la serenità della sua. Ora lo leggo raccontare una malattia, che fu anche la mia. Gli sono riconoscente oggi come allora.
Ho un amico, un caro amico oltre che ottimo collega, pieno di cancro al cervello. Trovo difficoltà a parlarci perchè, cavolo, non so mai cosa dirgli.
Ma qualcosa – al Berlusca e a chi per fare politica (?) usa parole come “cancro” o “metastasi” o cose simili e magari promette, ma chi se ne ricorda più?, di sconfiggere il cancro – qualcosa ho da dire. Eccome !!!
@il moralista
lascia stare le parole…. un timido sorriso che vuol dire un grande abbraccio sono la cosa più bella e più giusta.
Un abbraccio…
Un coraggioso, dunque un santo.
Da oggi pregherò per don Romano.
E per la mamma di moralista.
del moralista.
“ma, quando sono aggredito dalla malattia, come tutti devo ricominciare da capo a credere”
Come mi ha colpito questa frase… Colpita e affondata.
Simpatico Luigi, “ le migliori che ho trovato io frequentando gli ospedali sono: “Liberaci dal Male” e “Venga il tuo Regno”.”
“Lumen Gentium ha dichiarato che i cattolici dovrebbero “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali” e “contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo”. — I Documenti del Concilio Vaticano II, Edizioni Paoline, Roma, 1966, p. 104.”
Secondo te chi esaudirà quella pia invocazione ? I medici che lavorano negli ospedali ?
Don Romano Martinelli mi appare grande anche per aver intravisto che la morte è “sarcastica”. E’ vero (non ci avevo mai pensato): non può essere che sarcastica, la morte. Così come il sarcasmo è mortifero, mortificante.
Caro moralista, anch’io penso che il come l’hai guardata, con quel “sorriso piccolo e timido”, le abbia detto tutto quello che aveva bisogno di sapere: cosa che viene dal cuore dà coraggio.
Certo, ci sono anche le “buone parole”. Le altre a cui mi viene subito fatto di ricorrere sono quelle del “Sub tuum praesidium”. Ora le dirò per lei.
Spezza il cuore l’umanità che si consola dall’angoscia di sentirsi in scacco.
http://www.youtube.com/watch?v=d2S9VVeGNkA
I veleni di Quirra. E una svolta: “una svolta che arriva dopo almeno 50 morti sospette”: “la pubblica ammissione che…”
http://www.unita.it/ambiente/quirra-sotto-sequestro-del-gip-br-via-pastori-e-bestie-dalla-zona-1.292869
“ ma, quando sono aggredito dalla malattia, come tutti devo ricominciare da capo a credere…”
Ci si dovrebbe chiedere a che cosa “credeva” prima della malattia e a che cosa vorrebbe “credere” dopo esserne stato aggredito. Forse vuol significare che ricomincerà a “credere” in ciò che non “credeva” più ma se non ci credeva più perché( ri)modificare il proprio pensiero ? per tornare a ciò che si era abbandonato ? Paura della morte ? O comincerà a “credere” in qualcosa di nuovo, di diverso ? E Qui andrebbe fatto un capitolo a parte sui vari venti di insegnamento, “affinché non siamo più bambini, agitati come da onde e portati qua e là da ogni vento d’insegnamento per mezzo dell’inganno degli uomini, per mezzo dell’astuzia nell’artificio dell’errore” ( Efesini 4.14)
Non è facile neanche capire l’obbligo derivante da quel “devo” perché non c’è nessun obbligo di credere, Gesù non ha obbligato nessuno a credere, che poi è una derivazione di creduloneria. Si possono credere molte cose e nessuna di esse potrebbe essere né vera né benefica perché la fede non significa credere, non essendo posseduta da tutti.( 2Tessalonicesi 3.2)
Dice ancora il tema: “Mi sento “inchiodato” a una croce che non ho scelto, ma che va abbracciata con amore, perché è solo l’amore a vincere la morte, che intravedo sarcastica (…)”
Quanta inutile ipocrisia ! Nessuno è talmente sadico da abbracciare con gioia la malattia. Tutti cercano con altrettanto piacere di scansarla, ma quando questa ti aggredisce non ci puoi fare niente sia che l’accetti con amore che la rifiuti con odio. E’ la malattia che ha scelto te e tu devi cercare di sconfiggerla con furbizia e conoscenza. Non c’entrano nulla l’amore o l’odio. Dipende dalla perseveranza con cui ti assoggetti alle terapie. E se non vinci non ci puoi fare niente, muori lo stesso anche se l’hai amata. Il tuo amore per la malattia o la sofferenza non ti ha fatto vincere neanche un pupazzetto al tiro a segno.
Caro Luigi, ma perché continui su questa melanconica sinfonia dell’amore per la sofferenza ? E’ solo fuorviante, non aiuta, è come quel vino acido che Gesù ha sputacchiato via.
Solo chi è sadico ama le torture, nessuno che sia ragionevole le accetterebbe se è sano di mente ! Forse pensavi che essendo preti si fosse in qualche modo esentati dal pagamento della tassa e del tributo al dio di questo sistema di cose ? (2Corinti 4.4) al contrario sono essi ad essere i primi a dover pagare pegno. Sono gli altri, “quelli che Mi ascoltano che risiederanno al sicuro e indisturbati dal terrore della calamità” ( Proverbi 1.33) . Ascoltare non significa credere, significa avere le orecchie aperte e i sensi all’erta.
Caro Luigi, i Giusti, non i Buoni e o melanconici ! Saranno salvati !
Appena recitato il “Regina coeli”. Ancora nelle orecchie le parole del Papa sulla Libia, sulla Siria…E ora via, di corsa, verso il mio treno. Buona domenica a tutti.
Dio è sarcastico.
Cosa intendi, Marco?
Intendo ciò che non si intende ma si vive.
Credo di capire…
e mi dispiace davvero per il dolore che trasmetti…
Fiorenza: “Alla parata lei mi stava vicino, / e mi guardava con malignità” – “Io non ti guardavo con malignità, / era solamente uno sguardo stupito”.
“Oh oh cavallo…”
Oh oh un canto che si ispira ad un’antica leggenda islamica…E un’antica leggenda islamica non può che disarcionarmi e disarmarmi…
Grazie.
Contraccambio con “La scadenza di Nerone” di Constantinos Kavafis (la prima e l’ultima strofa):
“Non s’inquietò Nerone quando seppe
della risposta dell’oracolo di Delfi
“Di guardarsi dagli anni settantatre”.
C’è tanto tempo ancora da godere!
Ha trent’anni. Il termine assegnato
dal dio è più che lungo per curarsi
delle insidie che verranno.
………….
Fin qui Nerone. In Spagna però Galba
segretamente convoca il suo esercito
e affila le sue armi il vecchio d’anni
settantatre.”
(Amatissimo Kavafis: “questo grande contemplativo calato in un tessuto urbano di squallida decadenza”, dice Nelo Risi. “Io sono di origine costantinopolitana, ma nato in Alessandria d’Egitto”, dice lui di se stesso.
“Terribili versi di Kavafis -quell’alessandrino desolato che era però, con il suo orecchio assoluto per i segni augurali, un figlio spirituale dei grandi arconti del destino, Plutarco e Shakespeare”, dice Cristina Campo.)
“era solamente uno sguardo stupito / cosa ci facevi l’altro ieri là? ”
Indimenticabile.
http://www.youtube.com/watch?v=VM06J-dthGo
Divertimento puro, assoluto, nel leggere i commenti. “Se non ti piace -dice uno- hai dei problemi”. Etc.
grazie a tutti della condivisione…
Luigi, mi tengo per buona “liberaci dal male”… e quella di don Romano che ha “colpito e affondato” elsa.F
@fiorenza: se vai sul mio blog trovi la mia ultima con mio figlio.
“Papà, che vuol dire gay?”. “Mamma cosa vuol dire beato?” : moralista, io sono proprio innamorata di questo bambino.
@moralista….io l’ho vissuto quel momento, che ogni giorno rivivo inchiodato nei ricordi.
C’era mio fratello che non sapeva cosa dire a nostra madre, non se la sentiva di sorriderle, di “imbrogliarla”, perché sentiva già la morte nel cuore.
C’ero io che ho sempre creduto alle parole, specie ad alcune buone, da tenersi in tasca per assaggiarne nei momenti in cui lo stomaco è in subbuglio, come disorientato anch’esso. A nostra madre ho dato sempre una speranza (l’oncologo: “Tutti ne abbiamo diritto”), l’ho invogliata a sorridere, a spingere in avanti, “perché insieme, noi, possiamo tutto”. Il giorno prima della sua perdita, ho pregato inginocchiata ai suoi piedi – lei ormai ammutolita, io ad alta voce – tenendole la mano.
Avevo lasciato Dio in tutto questo. L’ho ritrovato solo allora. Così tardi. Troppo.
Dio: quando serve c’è!
Forse.
Moralista, non avevo sbagliato a leggere, ho sbagliato a scrivere: era “boato”, non “beato”! E pensare che era stato proprio quel “mamma cosa vuol dire boato?” a farmi innamorare!
O come ho fatto a sbagliare? Sarà che “beato” l’ho scritto qualche migliaia di volte e “boato” invece, ora che ci penso, non l’avevo scritto mai. Proprio per questo è una parola che mi emoziona. “Boato”! Ha ragione tuo figlio Pietro a incuriosirsene: è una parola bellissima!
Cara Mariaelena, grazie della tua condivisione.
io sento un po’ il peso di una scelta solo parzialmente mia.
i miei genitori sono per fortuna “giovani” e autonomi. Hanno gestito da soli tutta questa faccenda, anche nella lunga trafila coi medici, con tutte le numerose tappe, interventi, analisi, visite, consulti etc etc…
A noi figli non hanno mai chiesto esplicitamente di “presenziare” e noi figli (io e mia sorella) non abbiamo premuto granché per volerci essere. Un bene? Un male? Come sia, è una cifra della nostra comunicazione e affettività familiare.
Fatto sta che non sappiamo molto dei suoi medici e del loro “stile”: sono di quelli che dicono tutta la verità o sono quelli che non ti dicono mai tutto? Sembrano andare a tentoni o hanno una “strategia”, anche psicologica?
Non lo sappiamo.
In questa incertezza, ci affidiamo ai feed back di mamma e papà. E su quelli calibriamo tutto.
@fiorenza se veniamo presto da quelle parti, te lo porto… così ci vedi all’opera in diretta 😉
@Marco: mi hai spiazzato con il tuo breve commento. Vorrei.. ma non lo so interpretare: materia troppo grande per me. Quel “forse” che aggiungi alla fine rivela, mi pare, un uguale disorientamento anche in te.
…scrivo qui, tentando di mettere la sordina al disorientamento che provo. Penso alla situazione di tutti quelli che, infangati, violati, offesi da un prete totalmente diverso da don Romano, avranno bisogno di tutto l’aiuto di Dio e dei fratelli per ricominciare da capo a credere.
Mi ci metto anch’io, e prego “Io credo Signore. Aiutami nella mia incredulità!” (Mc 9,24)