Eccoci alla registrazione dell’ultima serata di Pizza e Vangelo, che abbiamo fatto lunedì 29 novembre, sul mandato missionario dei dodici che è in Marco 6, 6b-13. Qui il link all’audio e nel primo commento poche parole di Karl Barth sulla necessità per la Chiesa di essere missionaria: le ho citate nella lectio ma non erano nella scheda inviata in preparazione e dunque le evidenzio qui, stante la loro importanza.
La Chiesa o è missionaria o si ammala: lo diceva Karl Barth
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Barth dixit. “La Chiesa giace costantemente inferma, non potendo resistere alla potenza fisica e spirituale del mondo, quando esita o cessa di essere Chiesa missionaria”: Karl Barth, Domande a Roma (1967). Un testo importante, che Barth, evangelico, scrive a lode del decreto del Vaticano II sull’attività missionaria della Chiesa (Ad Gentes 1965), ammettendo che la tradizione evangelico-luterana, alla quale egli apparteneva, era stata su questo meno provvida della tradizione cattolica. Prendendo lo spunto dalle parole del grande teologo, lunedì ho affermato – e qui ripeto – che la crisi delle Chiese Cristiane di oggi, nel Nord del mondo, può essere detta con queste sole quattro parole: caduta della spinta missionaria. Ascoltando la registrazione questa mia affermazione può essere intesa meglio.
https://youtu.be/klh3XmUpH4U
La riduzione della spinta missionaria è la logica conseguenza delle affermazioni che tutte le religioni conducono alla « salvezza « e che ogni forma di « proselitismo « è peccaminosa. Quale è il discrimine tra « evangelizzazione « e « proselitismo « . Perché diventare « cristiani «?
Dice bene Karl Barth che i luterani non hanno avuto storicamente la spinta missionaria dei cattolici, proprio perche’ hanno ridotto la religione a un fatto personale,individuale, intimo, non una fede di popolo ma di individui. . Al contrario l’Islam ha avuto e ha una grande spinta missionaria perche’ tendente a convertire intere popolazioni alla propria fede.Per i cattolici oggi riuscire ad evangelizzare senza fare proselitismo e’veramente camminare sul filo del rasoio: invitare a convertirsi a Cristo e’ evangelizzare o fare proselitismo? Ma se non si invita a convertirsi a Cristo allora a cosa si riduce l’evangelizzazione? L’apologetica cristiana e’ di fatto abolita? Un San Paolo oggi sarebbe considerato uno che fa proselitismo ?
E’ stato detto che bisogna non convincere ma “attrarre”. Ma si vede che oggi i cristiani non sono molto attraenti…almeno nel mondo occidentale.
Caro Beppe Zezza, mi sembra che anche tu sia del Cammino, che tiene tanto alla missionarietà, come certo sai. Il fatto è che spesso anche coloro che si credono cattolici fanno discorsi assurdi. Proprio ieri sera in una piccola riunione una persona ultracattolica asseriva che Allah è il diavolo …. Dovunque c’è bisogno di missionari.
La riduzione della spinta missionaria, dipende esclusivamente dal fatto che ciascuno di noi non la pratica come dovrebbe farlo. Un cristiano, per definizione, o è missionario, o non è un tubo.
Ma questo non ha nulla a che fare con la pretesa di “convertire” : a parte il fatto che la conversione non viene da noi in lacun modo, ma da Dio che unico, se vuole, sceglie, converte e manda. Ha piuttosto a che fare con il nostro mandato ( tutti noi, persino il bestione che io sono siamo mandati in missione ) di testimoniare con noi stessi ( non con le nostre convinzioni e le nostre sicumere) di portare Gesù Cristo, ciascuno secondo il proprio specifico ruolo, a tutti quanti: indipendentissimamente dal fatto che gli altri credano in lui, in altro, in altri o in nulla.
Quale è il discrimine tra evangelizzazione e proselitismo? Lasciamo perdere Francesco, il cui parlare da alcuni è rifiutato a priori: agganciamoci al solito BenEdetto, che, in quanto a cghiarezza magisteriale espositiva mi sembra non le mandi a dire a nessuno e credo non possa essere sospettato di facilonerie pressapochiste. Quindi, non “è stato detto” , cara Venturi, ma ” come Ratzinger quando era pontefice ha detto”. Uno vale uno fa ridere i polli sempre, figurarsi in questo campo. E dunque, come la spiattella, Benedetto? In questo modo assai sintetico:
“La Chiesa si sente discepola e missionaria di questo Amore: MISSIONARIA SOLO IN QUANTO DISCEPOLA, cioè capace di lasciarsi sempre attrarre con rinnovato stupore da Dio, che ci ha amati e ci ama per primo (cfr 1 Gv 4,10). LA CHIESA NON FA PROSELITISMO . Essa si sviluppa piuttosto per “attrazione”: come Cristo “attira tutti a sé” con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore. ”
Bingo, fine dei contorcimenti cervellotici.
Un prete ortodosso in Grecia grida al Papa “Sei un eretico!”
Insomma le divisioni fra i cristiani sono enormi, insanabili, continue. Come puo’ essere missionaria una chiesa che e’ divisa in se’ stessa: divisa fra cattolici protestanti ed ortodossi. All’ interno dei cattolici poi divisa fra modernisti e tradizionalisti. In qualsiasi realta’ cattolica, persino in una piccola parrocchia, ci sono divisioni , odii reciproci. E allora? Che si fa? Si finge ,si coprono ipocritamente le divisioni? Oppure si affrontano a viso aperto ? Dilemmi che non hanno una facile soluzione: per questo le parole retoriche sono insulse ed inutili .
La citazione di Benedetto è tratta da:
https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070513_conference-brazil.html
Spianata del Santuario dell’Aparecida
VI Domenica di Pasqua, 13 maggio 2007
https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/sei-un-eretico-prete-ortodosso-attacca-il-papa-in-grecia-video-216947/
Rif.20,24
Non ci si stanca mai di far finta di vivere su Marte? Evidentemente no.
“Le divisioni tra cristiani sono enormi, insanabili, continue.”
Ma pensa solo, che scoperta sconvolgente. Che grandissima novità.
Storia vecchia quanto è vecchio il cristianesimo.. Una buona svegliata non sarebbe male.
“Come puo’ essere missionaria una chiesa che è divisa in sé stessa”? ci si chiede con rattenuta angoscia. Dove è stata , da dove viene l’angosciata interrogante? Finge di ignorare che la Chiesa è da sempre divisa in se stessa? Eppure ha prodotto miracoli di missione, insieme a squallori e tragedie immani di cui è corresponsabile, autrice, talora ispiratrice prima.(ripassarsi le richieste di perdono giubilari del 2000 di Wojtyla, pardon, San Giovanni Paolo II). Andiamo oltre: divisa , osserva funesta l’analitica rogatrice, tra cattolici, protestanti, ortodossi. Pensa solo, alle volte, quali lampi di comprensione improvvisa possono venire alle menti illuminate. E così via a discendere per li rami , da una constatazione desolata a un’altra. Il tutto per giungere al nocciolo della questione: ” E allora? Che si fa? Si finge ,si coprono ipocritamente le divisioni? Oppure si affrontano a viso aperto ? Dilemmi che non hanno una facile soluzione: per questo le parole retoriche sono insulse ed inutili .”
Breve conclusione: si fa quello che la Chiesa Cattolica ha fatto dal Concilio Vaticano II in poi. Si batte la strada dell’ecumenismo e del dialogo , che è scelta definitiva e vincolante.
Il che è l’esatto opposto del coprire ipocritamente le divisioni, ed è esattamente l’affrontarle a viso aperto, sapendo benissimo che le facili soluzioni non esistono. Ma questo, si diano pace i finti tonti e i collitorti che abbondano in domande rotoriche, non significa in alcun modo prescindere dal cammino intrapreso. Semplicemente, come osservava placidamente e lucidissimamente Roncalli, pardon, San Giovanni XXIII, significa partire da quello che ci unisce, piuttosto che cartellarsi su quello che ci divide ( volgarizzazione mia del ” cerchiamo sempre quello che ci unisce, mai quello che ci divide”) : che poi, detto in soldoni, moneta che mi si addice, è null’altro che la massima aurea alla base di ogni matrimonio che esista in terra.
Sempre su Cipro.
“Insomma le divisioni fra i cristiani sono enormi, insanabili, continue.” ( rif. 4 dicembre, 20.24)
Francesco: ” Dio chiama anche noi a non rassegnarci a un mondo diviso, a non rassegnarci a comunità cristiane divise, ma a camminare nella storia attratti dal sogno di Dio, cioè un’umanità senza muri di separazione, liberata dall’inimicizia, senza più stranieri ma solo concittadini, come ci diceva Paolo nel brano che ho citato. Diversi, certo, e fieri delle nostre peculiarità; fieri di essere diversi, di queste peculiarità che sono dono di Dio. Diversi, fieri di esserlo, ma sempre riconciliati, sempre fratelli.” … ” A queste condizioni è possibile che il sogno si traduca in un viaggio quotidiano, fatto di passi concreti dal conflitto alla comunione, dall’odio all’amore, dalla fuga all’incontro. Un cammino paziente che, giorno dopo giorno, ci fa entrare nella terra che Dio ha preparato per noi, la terra dove, se ti domandano: “Chi sei?”, puoi rispondere a viso aperto: “Guarda, sono tuo fratello: non mi conosci?”. E andare così, lentamente.”
Wow, parole durette per orecchie che non vogliono sentire e cattolagnose. (cfr 4 dicembre ore 19,04).
https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2021/december/documents/20211203-cipro-preghiera-migranti.html
Su “Quale è il discrimine tra « evangelizzazione « e « proselitismo ” ( vedi commento 4 dicembre 12,46).
Francesco a Cipro: ” Non si tratta di proselitismo – per favore, non fare mai proselitismo! – ma di testimonianza; non di moralismo che giudica – no, non farlo – ma di misericordia che abbraccia; non di culto esteriore, ma di amore vissuto. Vi incoraggio ad andare avanti su questa strada: come i due ciechi del Vangelo, rinnoviamo anche noi l’incontro con Gesù e usciamo da noi stessi senza paura per testimoniarlo a quanti incontriamo! Usciamo a portare la luce che abbiamo ricevuto, usciamo a illuminare la notte che spesso ci circonda! Fratelli e sorelle, c’è bisogno di cristiani illuminati ma soprattutto luminosi, che tocchino con tenerezza le cecità dei fratelli; che con gesti e parole di consolazione accendano luci di speranza nel buio. Cristiani che seminino germogli di Vangelo nei campi aridi della quotidianità, che portino carezze nelle solitudini della sofferenza e della povertà.” …”annunciare il Vangelo con gioia. Dopo essere stati guariti insieme da Gesù, i due protagonisti anonimi del Vangelo, nei quali possiamo rispecchiarci, iniziano a diffondere la notizia in tutta la regione, a parlarne dappertutto. C’è un po’ di ironia in questo fatto: Gesù aveva raccomandato loro di non dire niente a nessuno, ma essi fanno l’esatto contrario (cfr Mt 9,30-31). Dal racconto si capisce, però, che non è loro intenzione disobbedire al Signore; semplicemente non riescono a contenere l’entusiasmo di essere stati risanati, la gioia per quanto hanno vissuto nell’incontro con Lui. E qui c’è un altro segno distintivo del cristiano: la gioia del Vangelo, che è incontenibile, «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1); la gioia del Vangelo libera dal rischio di una fede intimista, SERIOSA, LAMENTOSA, e immette nel dinamismo della testimonianza.”
https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2021/documents/20211203-cipro-messa.html
Più chiaro di così…
Rif. ore 20.28 del 4 dicembre – Eroico prete ortodosso
Forse l’anziano prete ortodosso che l’aveva col suo patriarca, eretico; e, per essere politcamente corretto, se la prendeva con il papa. Chiesa che vai, clericale ipocrita che trovi.
ore 13.46 – Errata corrige ,prima riga:…..ce l’aveva col suo….
La « testimonianza « non è , ne ´ puo essere,, « fine a se stessa « . Il fine è la « evangelizzazione « , cioè la « conversione « , la quale può essere più o meno esplicita ed avere intensità e profondità diversissime, a Dio Padre. La « testimonianza « per non essere indecifrabile deve essere accompagnata, in una qualche forma, dalla parola.
Primo.
A meno che non si voglia testimonaire se stessi ( tradotto: le proprie idee und carabattole) la testimonianza cristiana, non è possibile che sia ” fine a se stessa”.
Secondo.
Dio ci aiuti se assumiamo l’equazione : “evangelizzazione”, cioè la “conversione”.
Terzo.
Se proprio non possio farne a meno, ho la Parola ( da maneggiare con estrema cura, se portata agli altri , astenendosi completamente da inquinamenti personalistici) e ho anche , a portata di clic in tempo reale,( prima volta dalla nascita dei tempi) la parola della Chiesa. Per esempio, senza far tanti strombazzamenti, è quella che Luigi qui non si stanca di riportarci alla lettera, consumandosi i polpastrelli sulla tastiera, in una sorta di continua rassegna stampa sul magistero in diretta.
Se poi, invece che farne uso per approfondire e adeguarmi, la uso come una specie di bersaglio contro cui lanciare le freccette spuntate dei miei personali ghiribizzi mentali, meglio, molto meglio che mi astenga dall’impiegare ” a supporto” ( de che?) la mia paroletta a contraltare. Quella sì, che puo’ rendere ogni cosa assolutamente indecifrabile.
Evangelizzare non è « convertire « a Dio Padre, cioè’ in definitiva fare si che Lo si conosca, prima tappa di quel processo che dà senso ( direzione e significato ) alla vita dell’uomo così come indicato con mirabile sintesi dal Catechismo di Pio X ( Perché Dio ci ha creato? Per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e goderlo nell’altra, in Paradiso )? E che cosa è allora? Ho bisogno di spiegazioni. Se la memoria non mi falle Gesù stesso nella sua predicazione invitava a « convertirsi « .
La Parola di Dio è trasmessa attraverso le parole degli uomini. O forse bisognerebbe limitarsi nel discorrere con le persone a citare versetti Biblici o paragrafi delle Encicliche o degli altri documenti del Magistero della Chiesa, per non correre il rischio di « inquinamenti personalistici « ?
Caro Beppe, con te si arriva sempre allo stesso identico stop.
Hai bisogno di spiegazioni? Quasi sempre lo dici. Nulla di male, come tutti.
Ti si fornisce la risposta che dà la Chiesa, in questo caso il magistero di due Papi, chiarissimo, limpido e inequivocabile. Tu, niente: fai spallucce, e ripeti il tuo quesito, “vivisezionandolo” se necessario, direbbe Centofanti, ad libitum.
Come dettoti altre volte: tu non hai bisogno di spiegazioni. Tu le spiegazioni le hai, ma le rifiuti, perché discordanti da quello che pensi.
Il che è legittimissimo. Basta chiamare le cose con il loro nome, e riconoscere la realtà dei fatti. La Chiesa dice una cosa, io la penso diversamente, e diversamente mi comporto.
Problemi esclusivamente e squisitamente tuoi. Ma non si puo’ certo dire, io la penso diversamente, quindi avanzo dubbi su quello che la Chiesa dice.
La Chiesa dice bianco, tu dici nero, giallino, violetto o quel che ghiribizzo che ti garba.
Piani completamente diversi .
Le spiegazioni le voglio da te. Perché, a mio parere, sei tu che hai qualche problema con il termine « conversione « quasi fosse un termine offensivo, non’politicamente corretto.
Ti rinnovo la mia richiesta: dimmi in che cosa « la Chiesa dice bianco e io dico nero, giallino o violetto o quel che ghiribizzo mi garba.
È un obbligo di carità « correggere « chi sbaglia. Allora, per carità cristiana, precisami in cosa il mio pensiero non è ortodosso. Ma non ti scansare con espressioni generiche.
Ma io non ho nessuna spiegazione da darti e, anche se l’avessi, me ne prendo ben guardia. Quando si capirà che qui non è questione di come la pensa Tizio e di come la pensa Caio e di trovare ragioni per l’uno e per l’altro?Io ti ho riportato parole del papa, che mi sembrano chiarissime sull’argomneto e sulla distinzione tra proselitismo e testimonianza. Personalmente non ho nessun problema con il termine conversione: io stesso, se non fosse che fa ridere i polli applicarlo a me, potrei senz’altro definirmi un convertito. Dico che, già lo aveva chiarito Benedetto, la conversione ( che avviene per azione e presenza di Dio, certamente non della mia fuffa) non avviene “per proselitismo”, ma “per attrazione” della testimonianza.
Cosa ci sia di generico in quello che dicono sti due papi sull’ argomento, francamente non lo capisco. Questo è, in questo caso, il bianco della Chiesa. Tu invece fai concidere l’evangelizzazione – che è una azione che avviene tramite la testimonianza , se vuoi quella del quiz del Cate di PioX ” conoscerlo, amarlo e servirlo, Dio”- con la conversione dell’evangelizzato. Che è proselitismo. Questo è giallino, nero, violetto, decidi tu: ma certamente non coincide con il bianco.
Poi: tu credi che sia giusto procedere in questo modo? Prego, padrone, a tua responsabilità, come sempre. Tua scelta. Quello che non mi pare corretto è dire: il bianco è un errore.
Poiché, con tutta evidenza, “la c’è la Provvidenza” pure nei blog, casca a fagiuolo per le domande di Beppe un passo della omelia fresca fresca , pronunciata da Francesco ad Atene, in cui si parla della CONVERSIONE. Precisamente, si parla della propria conversione personale, piuttosto che di una conversione altrui cui mirare con una appropriata evangelizzazione. Ma , nostra personale ( assai più ostica, impervia e quotidiana) o altrui, sempre conversione è. Dunque, che dice il Papa? Dice questo:
“…la CONVERSIONE. Il Battista la predicava senza sosta e con toni veementi (cfr Lc 3,7). Anche questa è una tematica “scomoda”. Come il deserto non è il primo luogo nel quale vorremmo andare, così l’invito alla conversione non è certamente la prima proposta che vorremmo sentire. Parlare di conversione può suscitare tristezza; ci sembra difficile da conciliare con il Vangelo della gioia. Ma questo succede quando la conversione viene ridotta a uno sforzo morale, quasi fosse solo un frutto del nostro impegno. Il problema sta proprio qui, nel basare tutto sulle nostre forze. Questo non va! Qui si annidano pure la tristezza spirituale e la frustrazione: vorremmo convertirci, essere migliori, superare i nostri difetti, cambiare, ma sentiamo di non esserne pienamente in grado e, nonostante la buona volontà, ricadiamo sempre. Proviamo la stessa esperienza di San Paolo che, proprio da queste terre, scriveva: «In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (Rm 7,18-19). Se dunque, da soli, non abbiamo la capacità di fare il bene che vorremmo, che cosa significa che dobbiamo convertirci?
Ci può venire in aiuto la vostra bella lingua, il greco, con l’etimologia del verbo evangelico “convertirsi”, metanoéin. È composto dalla preposizione metá, che qui significa oltre, e dal verbo noéin, che vuol dire pensare. Convertirsi è allora pensare oltre, cioè andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali. Penso proprio agli schemi che riducono tutto al nostro io, alla nostra pretesa di autosufficienza. O a quelli chiusi dalla rigidità e dalla paura che paralizzano, dalla tentazione del “si è sempre fatto così, perché cambiare?”, dall’idea che i deserti della vita siano luoghi di morte e non della presenza di Dio.
Esortandoci alla conversione, Giovanni ci invita ad andare oltre e a non fermarci qui; ad andare al di là di quello che i nostri istinti ci dicono e i nostri pensieri fotografano, perché la realtà è più grande: è più grande dei nostri istinti, dei nostri pensieri. La realtà è che Dio è più grande. Convertirsi, allora, significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, a chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla – i pessimisti di sempre. È rifiutare di credere che siamo destinati ad affondare nelle sabbie mobili della mediocrità. È non arrendersi ai fantasmi interiori, che si presentano soprattutto nei momenti di prova per scoraggiarci e dirci che non ce la faremo, che tutto va male e che diventare santi non fa per noi. Non è così, perché c’è Dio. Bisogna fidarsi di Lui, perché è Lui il nostro oltre, la nostra forza. Tutto cambia se si lascia a Lui il primo posto. Ecco la conversione: al Signore basta la nostra porta aperta per entrare e fare meraviglie, come gli sono bastati un deserto e le parole di Giovanni per venire nel mondo. Non chiede di più.”
https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2021/documents/20211205-grecia-messa.html
Caro Lorenzo sei tu che mi accusi di non essere « cattolico « ma di propugnare mie personali interpretazioni. Sei dunque tu a dovermi indicare , ma te ne guardi bene, dove il mioparlare non è « cattolico « .
Ti faccio presente inoltre che io ho parlato del discrimine tra « proselitismo « ed « evangelizzazione « e non tra « proselitismo « e « testimonianza « ´ eche la testimonianza ha necessità di essere accompagnata dalla parola per non essere indecifrabile (e quindi evangelizzatrice) E ti faccio altresì non che ho parlato di conversione , più o meno esplicita e avente maggiore o minore intensità , a Dio Padre, e non di « adesione a un credo o a una sua particolare espressione o a una organizzazione umana « ( definizione approssimativa di Proselitismo ) Esattamente come dice la etimologia e secondo quanto conferma il papa, convertirsi significa « cambiare mentalità « e la Evangelizzazione è tesa a « proprio a far cambiare mentalità ( premessa per un cambiamento di comportamento ) l’ evangelizzato. La necessità di evangelizzazione e di conversione la hanno non solo coloro che sono esterni ai confini vsibili della Chiesa ma anche tutti noi che siamo visibilmente interni a questi confini.
Permettimi di dirti, e concludo, che tu hai dei pregiudizi nei miei confronti e guardi a quello che scrivo con occhiali deformanti.
“” la Evangelizzazione è tesa a « proprio a far cambiare mentalità ( premessa per un cambiamento di comportamento ) l’ evangelizzato”
Ma quello che stanno cercando di farci capire, caro Beppe, a te , a me e a tutti, nella Chiesa , è proprio che la evengelizzazione NON E’ finalizzata a questo.
“Noi abbiamo sperimentato tutto ciò in una parola, anzi in una persona, Gesù. Noi che, pur fragili e peccatori, siamo stati inondati dal fiume in piena della bontà di Dio, abbiamo questa missione: incontrare i nostri contemporanei PER FAR CONOSCERE IL SUO AMORE. NON TANTO INSEGNANDO, MAI GIUDICANDO, MA FACENDOCI COMPAGNI DI STRADA. Come il diacono Filippo, che – raccontano gli Atti degli Apostoli – si alzò, si mise in cammino, corse verso l’Etiope e, da amico, gli si sedette accanto, entrando in dialogo con quell’uomo che aveva un grande desiderio di Dio in mezzo a molti dubbi (cfr At 8,26-40). Quant’è importante sentirci interpellati dalle domande degli uomini e delle donne di oggi! SENZA PRETENDERE DI AVERE SUBITO RISPOSTE E SENZA DARE RISPOSTE PRECONFEZIONATE , ma CONDIVIDENDO PAROLE DI VITA , NON MIRATE A FARE PROSELITI, ma a lasciare spazio alla forza creatrice dello Spirito Santo, che libera il cuore dalle schiavitù che lo opprimono e lo rinnova. TRASMETTERE DIO ALLORA, NON E’ PARLARE DI DIO, NON E’ GIUSTIFICARNE L’ESISTENZA: ANCHE IL DIAVOLO SA CHE DIO ESISTE!Annunciare il Signore è testimoniare la gioia di conoscerlo, è aiutare a vivere la bellezza di incontrarlo. Dio non è la risposta a una curiosità intellettuale o a un impegno della volontà, ma un’esperienza di amore, chiamata a diventare una storia di amore. Perché – vale anzitutto per noi – una volta incontrato il Dio vivo, bisogna cercarlo ancora. Il mistero di Dio non si esaurisce mai, è immenso come il suo amore.”
Dal DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Sala Clementina
Sabato, 21 settembre 2019
http://www.pcpne.va/content/pcpne/it/attivita/nuova-evangelizzazione/incontraredio.html
In piu’ c’è un interessante corollario che discende da questa impostazione adamantina della questione. E cioè che se il nocciolo della questione NON E’ cambiare la testa o il credo degli altri, ma E’ portare loro la presenza e la vicinanza di Gesù Cristo, molti degli sforzi, dei dilemmi e delle questioni di lana caprina che noi spesso ci siamo trovati ad affrontare sono fuori bersaglio. Queste le linee programmatiche, richiamate con bella chiarezza nel passo precedente a quello che ho riportato qui sopra, nello stesso discorso di Francesco sulla Evengelizzazione:
“È così anche per molti nostri contemporanei: Dio è loro vicino, ma non riescono a riconoscerlo. Si racconta che una volta Papa Giovanni, incontrando un giornalista che gli diceva di non credere, gli abbia risposto: «Tranquillo! Questo lo dici tu! Dio non lo sa, e ti considera ugualmente come un figlio a cui voler bene». IL SEGRETO, ALLORA, STA NEL SENTIRE, INSIEME ALLE PROPRIE INCERTEZZE, LA MERAVIGLIA DI QUESTA PRESENZA. È lo stesso stupore che colse i discepoli di Emmaus: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (v. 32). FARE ARDERE IL CUORE E’ LA NOSTRA SFIDA..
Spesso succede che la Chiesa sia per l’uomo d’oggi un ricordo freddo, se non una delusione cocente, com’era stata la vicenda di Gesù per i discepoli di Emmaus. Tanti, soprattutto in Occidente, hanno l’impressione di una Chiesa che non li capisca e sia lontana dai loro bisogni. Alcuni, poi, che vorrebbero assecondare la logica poco evangelica della rilevanza, giudicano la Chiesa troppo debole nei confronti del mondo, mentre altri la vedono ancora troppo potente a confronto con le grandi povertà del mondo. Direi che è giusto preoccuparsi, ma soprattutto occuparsi, quando si percepisce una Chiesa mondanizzata, che segue cioè i criteri di successo del mondo e si dimentica che non esiste per annunciare se stessa, ma Gesù. Una Chiesa preoccupata di difendere il suo buon nome, che fatica a rinunciare a ciò che non è essenziale, non prova più l’ardore di calare il Vangelo nell’oggi. E finisce per essere più un bel reperto museale che la casa semplice e festosa del Padre. Eh, la tentazione dei musei! E anche concepire la tradizione vivente della Chiesa come un museo, di custodire le cose così che tutte siano al loro posto: “Io sono cattolico perché… ho digerito il Denzinger” [Raccolta dei Simboli, delle Definizioni e delle Dichiarazioni sui temi di fede e di morale], diciamolo chiaro.
Eppure CI SONO TANTI FIGLI CHE IL PADRE DESIDERA FAR ” SENTIRE A CASA”; sono nostri fratelli e sorelle che, mentre beneficiano di molte conquiste della tecnica, vivono assorbiti dal vortice di una grande frenesia. E mentre portano dentro ferite profonde e faticano a trovare un lavoro stabile, si trovano circondati da un benessere esteriore che anestetizza dentro e distoglie da scelte coraggiose. Quanta gente accanto a noi vive di corsa, schiava di ciò che dovrebbe servirle a stare meglio e dimentica del sapore della vita: della bellezza di una famiglia numerosa e generosa, che riempie il giorno e la notte ma dilata il cuore; della luminosità che si trova negli occhi dei figli, che nessuno smartphone può dare; della gioia delle cose semplici; della serenità che dà la preghiera. Quello che spesso ci chiedono i nostri fratelli e sorelle, magari senza riuscire a porre la domanda, corrisponde ai bisogni più profondi: AMARE ED ESSERE AMATI, ESSERE ACCETTATI PER QUELLO CHE SI E’, TROVARE LA PACE DEL CUORE, E UNA GIOIA PIU’ DURATURA DEI DIVERTIMENTI.”
Sempre tratto da :
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Sala Clementina
Sabato, 21 settembre 2019
In definitiva, caro Beppe, tu scambi per una questione personale, tra me e te, un qualcosa che non lo è affatto. Capisco che uno possa avere la tentazione di dare per acquisite una serie di cose sulla evangelizzazione “come è sempre stata fatta”. Cosa improponibile, d’altro canto. Per dire :se un tempo bastava che si convertisse un re per considerare convertito un intero popolo, oggi a nessuno passerebbe per la testa di prendere in considerazione una eventualità del genere.
Se un tizio di nome Benedetto XVI, tra gli atti del suo pontificato, mise la istituzione ( e siamo nel 2010) di un apposito Dicastero,il Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, coniando non a caso il termione ” nuova evangelizzazione”, un motivo ben preciso lo avrà avuto, o no? Interessante notare che la ” mission” del nuovo dicastero era quella di “promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di «eclissi del senso di Dio», che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo””.
Perché allora, se e quando uno ha dei dubbi, non si rivolge direttamente a loro, cioè a quelli che, nella Chiesa, sono stati appositamente incaricati di guidare e sovrintendere alla questione della evangelizzazione? Non dico di chiedere un colloquio a Fisichella ( per quanto, se uno volesse) ma semplicemente a consultare con assiduità e docilità mentale il suo sito in rete. Cosa che consiglio a me, a te e a tutti quanti. Questo è il link:
http://www.pcpne.va/content/pcpne/it.html
Per contattare direttamente l’uffico, invece, basta utilizzare il form a quest’altro link:
http://www.pcpne.va/content/pcpne/it/contatti.html
Carissimo Lorenzo ma credere all’amore di Dio non è forse un radicale cambio di mentalità ? Una parte degli uomini non crede in alcun Dio, una parte crede che esista un Dio che si disinteressa dgli uomini, una parte ancora che Dio sia un giudice implacabile che sta lì con il bastone. O non è così ?
Comunque, stai pure tranquillo. Tu non ce l’hai con me. Ce l’hai con l’idea che ti sei fatta di me. Ti ringrazio per la premura che manifesti nei miei confronti invitandomi a leggere documenti esplicativi e a compulsare siti. Ma sinceramente non penso che sia quello il modo migliore di impiegare il mio tempo. Detto tra te e me : penso che i documenti della Chiesa siano anche troppi a stare dietro a turri si rischia di annegare …nella carta.
Auguri, allora.