Nel mese di dicembre – ultima statistica disponibile – il Corsera ha venduto 208.495 copie: media giornaliera. Con questa diffusione minima, rispetto al passato, ha battuto di brutto gli altri quotidiani, distanziando di 37 mila copie La Repubblica e di 88 mila La Stampa. Nei commenti la statistica del fatto e la mia lettura del misfatto.
La caduta dei giornali: il Corsera batte tutti con 200 mila
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Classifica delle vendite dei quotidiani – dicembre 2017
Corriere della Sera 208.495
la Repubblica 171.117
Gazzetta dello Sport (lunedì) 154.128
Gazzetta dello Sport 147.340
La Stampa 120.067
QN/Resto del Carlino 92.773
Il Messaggero 91.133
Corriere dello Sport/Stadio 75.993
QN/La Nazione 67.736
Il Sole 24 Ore 61.143
Il Giornale 54.615
Il Fatto quotidiano 32.557
Libero 24.443
La Verità 20.856
Il Manifesto 7.720
Andate ancora all’edicola? Prendo la tabella riportata al commento precedente dalla rassegna stampa mattutina che s’intitola “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio dell’Arti”, che vi consiglio di sbirciare e annusare: è una rassegna creativa, provocante. Ho conosciuto Giorgio alla “Repubblica” negli anni ’70 e siamo restati bravi amici. Quella statistica Giorgio la prendeva da “Prima Comunicazione”. Ci dice che la circolazione dei quotidiani italiani si è dimezzata lungo l’ultimo decennio: da 5,4 milioni di copie a 2,6 milioni di copie al giorno. Non è una scomparsa ma uno spostamento: non si comprano più i giornali all’edicola ma li si legge nella Rete. Al commento seguente spiego perché lo spostamento ha danneggiato la “Repubblica” rispetto al “Corriere della Sera”. Ma ci arrivate da soli mentre io vado a capo.
La sfida si sposta nella Rete. Il lettore di “Repubblica” è più giovane rispetto a quello del “Corriere” e dunque è più digitale e perciò va più nella Rete di quanto non faccia il lettore del “Corriere”. Ma negli anni a venire il precipizio per le copie cartacee sarà paritario: gli anziani lettori del “Corriere” andranno scomparendo più o meno con gli stessi tempi dell’azzeramento dei già pochi acquirenti della “Repubblica”. La sfida si sposta alla Rete, dove al momento la “Repubblica” ha la meglio ma dove, in prospettiva, andranno crescendo anche gli ex corrieristi.
Che insegna questo spostamento? Che differenza c’è tra leggere il giornale cartaceo e quello digital? Che diversità tra i due giornali? Capita che quando io scrivo per la “Digital Edition” del Corsera ci vada più leggero di quando scrivo per il cartaceo. E’ una fisima del vecchietto che sono, o c’è dell’altro? Non sarà che anche il lettore della Digital si senta più leggero? La leggerezza in questo caso aiuta o sperde? Sono domande: non ho le risposte o se le ho non ve le dico.
Per leggere il giornale ci vuole la forma cartacea
Le edizioni on line vengono lette come fonte di informazione di rapido consumo.
La stessa differenza che c’e’ tra sedersi a cenare a tavola e mangiarsi un panino in piedi all’autogrill
Mi piacciono I giornali cartacei, ho sempre letto il Corriere ,da due anni non lo compro piu’.Per principio. Si parla tanto di fake news, na anche il giornale cartaceo puo’pubblicare delle falsita’, in genere in modo piu subdolo, e magari col suggello di qualche grande firma di giornalista che ispira fiducia nel lettore. Le subdole ed ovattate falsita del Corriere non mi sono piaciute e per principio non lo.compro piu’.Conosco altri lettori come me che non lo leggono piu perche’delusi. Leggo il Foglio cartaceo, a volte Repubblica cartacea, a volte il Giornale
Comunque sono d’accordo con Andrea Salvi , leggere un giornale di carta e’come sedersi a mangiare al ristorante.
Solo che se il tuo ristorante preferito comincia a servirti cibo di scarsa qualita non ci vai piu’.
Ce lo siamo detti tante volte ma io penso che noi abbiamo avuto il privilegio di vivere l’inizio di una mutazione antropologica di cui neppure i nostri nipoti, tuttavia, riusciranno a vedere la fine. Ma è iniziata. Il giornale di carta serve ancora, a noi, fra cento anni magari non più. È solo di questa fase di passaggio la maggiore superficialità che vediamo legata al Web. E io sono felice di vivere in questo tempo incredibile e ancora inimmaginabile quando non ero più un ragazzo.
Io leggo il giornale “di carta” sul tablet , perché così lo posso consultare appena sveglio.
Comunque gli dedico molto menomtempo di lettura di qualche anno fa. ( e dire che con il,pensionamento la disponibilità di tempo è cresciuta in modo esponenziale!)
Penso che questo sia dovuto a una serie di ragioni
– le notizie sono spesso già note da altra fonte
– i commenti sono troppo “schierati”
– alcuni argomenti, forse per la senescenza avanzante, non interessano più
Il giornale quotidiano è nato per diffondere notizie in un mondo in cui il ritmo della vita era misurato sulle 24 ore. Per questo si differenziava dalle riviste settimanali, dove venivano e vengono tuttora pubblicate inchieste, approfondimenti vari, rubriche a tema.
Il mondo d’oggi viaggia al ritmo delle ore, anzi dei minuti e per questo abbiamo gli smartphone che in tempo reale diffondono (broadasting) le notizie battute nel mondo dalle agenzie.
Il quotidiano tende così a perdere la sua funzione, diffondendo notizie che in realtà non sono più tali.
Il mondo del futuro è un mondo paperless e user-centric; questo permette di salvare i boschi, preservando la natura, l’ambiente e la salute e permette di mettere in evidenza le notizie su argomenti preferiti da ogni singolo utente.
Capisco la nostalgia per giornale e cappuccino, ma basta frequentare gli hotel per vedere quante persone ormai abbiano sostituito lo sfogliare delle pagine con un swap del dito indice.
I numeri delle vendite dei quotidiani riflettono questa realtà; la gente è in rete 24 h su 24, è informata in ogni momento sui fatti in un modo più efficiente, rapido ed ecologico rispetto al passato.
Nessuna nostalgia per giornale e cappuccino
Ma c’e’ un diverso modo.di approcciarsi al giornale:
– la ricerca di notizie, e allora il web vince
– la lettura di articoli di fondo, pagine letterarie, recensioni e allora vince ancora la carta stampata
Del resto gli studenti quando studiano si stampano le pagine su carta e i libri letti su tablet non hanno sfondato.
E non sarei così sicuro che chi legge il giornale di carta non ha coscienza ecologica. Anche perché a me risulta che
“La deforestazione nel mondo non avviene per produrre la carta ma per il taglio illegale di tronchi di specie di pregio (mogano, tek) o per creare terreni agricoli e cosi via…
Per la produzione industriale (anche della carta) ci sono in tutto il mondo piantagioni fatte apposta, con specie con rapidi accrescimenti e alte produzioni (pioppo, pinus radiata, eucalipti…) che vengono ripiantate.”
Accetto smentite non essendo un cultore della materia.
Ormai raramente leggo la versione cartacea dei quotidiani. Eppure quando lo faccio confesso che si legge più volentieri che su tablet o online. Sono un fan del digitale, degli eBook e via dicendo, ma stare lì a spulciare anche le piccole notizie in un angolo della carta è più avvincente. In ogni caso, cartaceo o digitale, è sempre Corriere.
Concordo con Andrea Salvi delle 22.56 8/02/2018
Anch’io come Roberto Russo. Uguale uguale. Leggo un po’ tutti i siti di quotidiani su tablet (pessimo quello del Corriere, migliore “la Stampa”, a mio giudizio) e dedico tempo a spazi di approfondimento, tipo”il Post” o “Huffington” Non mi manca la carta e ne percepisco pesantemente la terribile “effemerità” (si dirà cosi?). A proposito di tablet che sostituiscono la carta, qualche domenica fa sono capitato ad una messa dove un fantastico celebrante, non giovanissimo, utilizzava agilmente il tablet invece del messale: fantastico! Anche leggere, ascoltare e riflettere la Parola con questi strumenti la rende molto più viva e stimolante.
Silvio Lepora
@Andrea
http://www.miglioriamocilavita.it/pagine/carta.html
do ragione ad Andrea, leggo l repubblica on line per avere le notizie ” fresche”, avere il polso di quello che accade, poi alla sera torna mio marito con l’edizione cartacea leggo gli editoriali, gli approfondimenti, le pagine culturali
cristina vicquery
Caro Luigi, io ero un lettore di “Repubblica” fin dal primo numero, che conservo ancora. Nel marzo del 1976 scrissi una lettera al direttore, che non fu pubblicata. Però Scalfari mi rispose personalmente con una lettera, che conservo ancora. Da quando il giornale ha cambiato impostazione grafica, non mi piace più e non la compro nemmeno. Però non mi faccio mai mancare gli inserti culturali di tre quotidiani, compresa “La Lettura” del Corriere.
Domenica ho letto il tuo spillo e sono stato tentato di far conoscere al tuo blog la persona cui si rivolge Papa Francesco (ma sono sicuro che è stata solo una sua battuta, no?) quando non sta bene. Però, temendo, di scatenare un ennesimo putiferio su di lui, ho rinunciato…
Bei saluti a te e a tutti.
Dal terrazzino dell’informatore. Ascolto con profitto le vostre considerazioni, cioè degli “utenti” dell’informazione e provo ad aggiungerne una da agente della stessa: che si perde e che si guadagna con il passaggio alla Rete? Si guadagna tutto: rapidità, aggiornamento in tempo reale, multimedialità, economicità di gesti, di tempo, di spesa. Ma si rischia di perdere il gruppo di lavoro, il laboratorio informativo, la comunità intellettuale che è dietro la redazione tradizionale. Attenzione: parlo sempre dal terrazzino dell’operatore, non dal divano del fruitore. Attenzione numero due: ho detto “si rischia di perdere”, non ho detto che “si perde”. Vado a capo e provo a spiegarmi con un esempio.
Dal gruppo di lavoro allo smanettone. L’esempio lo prendo dal quindicinale “Il Regno” con il quale collaboro da 45 anni. Due anni addietro “Il Regno” ha rischiato di chiudere. L’editore – che era la Provincia dell’Italia settentrionale della Congregazione dehoniana – decise la chiusura per ragioni di bilancio. La componente laicale della redazione e dei collaboratori – io tra questi – provarono a continuare: e al momento ancora continuiamo. Ho riflettuto alla rinfusa e poi in ordine a che si perdeva se “Il Regno” moriva. Oggi per l’informazione religiosa il “Sismografo” – ma potrei fare altri dieci nomi di portali e siti – ti offre di più, più rapidamente, più economicamente, con maggiore presa su una moltitudine di affluenti informativi rispetto a quello che ti offre “Il Regno”, o qualsiasi periodico del settore. Meno un’offerta che fa il pregio del periodico: la scelta interpretativa. Ovvero: la gerarchia delle informazioni, il menù delle attenzioni, il protagonismo dei commentatori. Ovvero: il laboratorio informativo che dicevo sopra, che non hai più se dal gruppo di lavoro di una redazione affiatata e collegiale (quattro sono i redattori a tempo pieno del “Regno”) e da un collegio di scrittori con anni e decenni di collaborazione (al “Regno” siamo una decina), passi allo smanettamento digitale affidato a operatori isolati. Costoro nella Rete trovano tutto e te lo danno quindici giorni prima del quindicinale. Ma non c’è più la comunità intellettuale che c’era prima. Non c’è il vaglio. Il confronto. Quel metabolismo culturale. Chissà se mi sono spiegato. Chissà se si può fare il salto dalla rivista al quotidiano. Io l’ho fatto. Provate voi a saltare.
@picchio
Capisco.
Può essere una consuetudine o anche una comodità.
Ma il valore aggiunto anche negli approfondimenti è dato dagli ipertesti che ti permettono di approfondire argomenti, definizioni, personaggi, ecc. ecc. paralleli la cui conoscenza non può essere data per scontata.
@Luigi
La rete amplia il concetto di “gruppo” nel più ampio “network workgroup”, cui possono aderire persone prossime non fisicamente ma interessate ad approfondire la comune conoscenza di un certo argomento.
Un esempio? Le comunità dei programmatori che permettono di condividere codice, trucchi, metodi, soluzioni. Queste funzionano sicuramente meglio di un pur ampio gruppo locale che condivide solo il lavoro e le conoscenze comuni.
Un altro spunto.
La “mondializzazione” delle notizie aiuta a dare meno peso alle beghe nostrane di scarso valore e a sviluppare una coscienza comune; in questo senso senso la rete accelera la realizzazione del villaggio globale e la reciproca inculturazione aprendo la strada a un mondo senza confini.
Il villaggio globale implica poi la lingua globale; un’unica lingua accessibile a tutti e che permette di mettere chiunque in comunicazione con chiunque altro.
Sarà l’inglese, lo spagnolo, oppure? Ma sarà un’unica lingua nella rete; questo lo do per certo.
A proposito del sacerdote che invece del messale usava il tablet a me è successo il contrario. Quando dall’ambone ho letto un salmo delle lodi mattutine con il tablet sono stato redarguito dal celebrante: lo strumento usato non aveva la “dignità” necessaria per un uso liturgico.
( Devo dire che analoga osservazione è stata fatta a chi leggeva dalll’ambone dal foglietto della domenica invece che dal Lezionaria )
Anche la rete ha l’altra faccia della medaglia:
– se da un lato favorisce la informazione real time
– dall”altra favorisce il consumismo informazionale a scapito dell’approfondimento.
E’ un fenomeno moto diffuso tra i giovani. Ma non solo.
A Luigi Mortari delle 14.58: La rete amplia il concetto di “gruppo” nel più ampio “network workgroup”, cui possono aderire persone prossime non fisicamente ma interessate ad approfondire la comune conoscenza di un certo argomento. Domanda: conosci tali gruppi al lavoro per testate di informazione religiosa nostrane, o per nostrane testate informative digitali?
No, Luigi, veramente no.
Esprimevo un concetto di potenzialità della rete; conosco bene casi nell’area dell’Information Technology, ma non in altri ambiti. Colgo la tua richiesta come uno stimolo a cercare ed approfondire.
dall”altra favorisce il consumismo informazionale a scapito dell’approfondimento.
Non concordo, Andrea. Ti faccio un esempio.
Per passione e per i miei studi mi interesso di scienza, fisica in particolare, e devo dire che in rete si trova di tutto dall’ambito divulgativo (es. wiki) a quello didattico da un livello elementare fino all’accademico, a quello della ricerca vera e propria.
Poi ripeto la struttura di ipertesti permette di approfondire là dove si vuole.
Non mi riferivo agli aspetti tecnologici (per la mia professione uso quotidianamente banche dati internet anche con abbonamento a pagamento) Mi riferivo alla lettura di approfondimento culturale umanistico, spirituale, sociale sempre più trascurata a favore delle “notizie” usa e getta.
Io leggo molto su computer, tablet e smartphone. Sono abbonata al quotidiano della mia città in digitale ed è come se leggessi il cartaceo perché è in PDF, quindi tale e quale. Ma ho la possibilità di andare su altri giornali–quotidiani e periodici– quando voglio. In più posso scrivere e spedire lettere a qualsiasi giornale, e poi compaiono anche sul cartaceo.
Trovo tutto questo molto bello, quasi un miracolo.
Qualche anno fa mandai due lettere al Corriere, credendo che sarebbero state pubblicate, eventualmente, sul giornale online, e invece qualche tempo dopo ebbi la sorpresa di sentirmi dire da una ex compagna di scuola che vive a Milano, di avermi letto sul giornale cartaceo; e così anche da una mia collega qui, nella mia città.
Una ventina di anni fa non mi sarei sognata di poter leggere tante informazioni, ma anche approfondimenti sui più disparati argomenti. Guardo l’informazione televisiva e vedo che il più delle volte conosco già le notizie.
Il tempo però si abbrevia di parecchio in questo modo. Questo è un inconveniente non da poco, almeno per me.
I libri no, non riesco a leggerli su questi strumenti digitali. Ne ho scaricati parecchi, ma non mi invogliano a leggerli.
Preferisco di gran lunga i libri su carta. Maneggiarli è piacevole, puoi fare delle annotazioni e, inutile dirlo, l’odore della carta stampata ha un’attrattiva forte, che ovviamente non puoi aspettarti dai libri online.
Li sento unicamente miei.
I giornali sono ingombranti e dopo la lettura si gettano via; i libri si conservano anche gelosamente. Ne ho tantissimi, infatti.
Non so quale sarà la sorte dei giornali cartacei, ma credo che quasi sicuramente per i libri su carta non ci sarà crisi.
Esempio di informazione ;falsa; nessuna notizia sul Corriere del carabiniere inciampato e per questo pestato con violenza preso a calci e quasi ucciso dai manifestanti “antifascisti;a Piacenza.
Onore a te ha detto un passante che ha filmato la scena truce. SI , ONORE A TE poveraccio di carabiniere che come diceva Pasolini ti prendi le legnate per una paga misera. Le l egnate dei rampolli bene che giocano ai sinostrorsi col contoin banca di papa’ e che si dichiarono antifascisto senza sapere assolutamente nulla della Storia.
Disonore agli organi di infornazione che censurano la notizia:non sia mai che la gente sappia cosa fanno gli “antifascisti;I cari “antagonisti”da trattare coi guanti.
Disonore a una informazione pavida e pilatesca, ipocrita e mai sincera fino in fondo. Il Corriere si merita il calo di vendite. I tiepidi vengono vomitati anche da Dio ( Apocalisse di Giovanni)
Venturi, Pasolini no; tu, proprio no.
Venturi, quando non sono i migranti, sono gli antifascisti.
Quando non sono gli antifascisti, sono i modernisti.
Quando non sono i modernisti sono i papolatri.
E così via: ogni intervento, almeno un bersaglio va sbamdierato su cui sacricare odio.
Ti dedico con piacere questo bel pezzo:
https://agensir.it/italia/2016/07/14/lo-psichiatra-vittorino-andreoli-livello-di-civilta-disastroso-regrediti-alla-cultura-del-nemico/