“A mio padre che stava morendo, in un momento che mi pareva più difficile di altri, ho chiesto: che posso fare? Mi ha risposto: guarda e impara”: parla così Beatrice Toboga, una dei due malati terminali (l’altro è Gianni Grassi) intervistati da Francesca Catarci nel documentario “Intorno alle cose ultime”, che sarà trasmesso da Raitre il 12 giugno – cioè domani sera – alle 23,45.
Io muoio: tu guarda e impara
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Ave verum Corpus, natum
de Maria Virgine…
esto nobis praegustatum
mortis in examine.
E’ un esame da superare, la morte: una prova impegnativa come forse mai ne dovremo affrontare. Le parole di don Pietro nel finale di “Roma città aperta” (“Non è difficile morire bene, difficile è vivere bene”) forse non sono vere del tutto. Morire bene è difficile, non credo che a quel punto i giochi siano fatti: l’agonia ci vedrà, appunto, in agone, la partita si giocherà proprio in quel momento, quando – per dirla con Ungaretti – il cuore “d’un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d’ombra”. Non so se è proprio così, ma ogni volta che recito l’Ave verum (prima di addormentarmi e appena svegliato) questa parola, “examine”, mi si presenta con un’evidenza dolorosa e insieme come un lampo di luce.
Se è così, se di un esame si tratta, il padre di Beatrice Toboga sta donando alla figlia l’atto d’amore più grande: io vado avanti, impara come si fa e metti i piedi nelle mie orme.
Caro Sum,
ma nel caso di don Pietro (Morosini, Pappagallo o altri non importa..) quelle parole sono vere! Lui sapeva di avere agito per il vangelo, per la vera libertà e sapeva da vero credente affidato al Signore, sapeva di avere fatto la cosa giusta… eppure forse qualche supremo scrupolo, è come se dicesse a se stesso “ho fatto qualcosa ma potevo fare di più…” pertanto le parole di don Pietro sono vere e come sempre commoventi, confortanti e luce sui nostri passi.
[“Intorno alle cose ultime”]
questa si’ che deve essere interessante,
ma a quell’ora sarò in casa di amici per una cena,
eppure mi interessa l’angolazione in cui viene affrontata la tematica.
Cercherò in seguito sul sito di rai3
A proposito di Tommaso, per il quale vi ho chiesto preghiere nel post precedente e anche altre volte, vorrei condividere un piccolo testo che mi ha inviato suo padrino:
“Carissimi amici e amiche di Tommaso,
ieri un suo insegnante mi ha spedito una mail per condividere uno scritto che Tommaso ha prodotto quest’anno per una attività organizzata dal suo prof. di Ed. Fisica. Volentieri desidero farvi avere questo testo che in qualche modo vi può far conoscere meglio il nostro Tommy e la sua interiorità.
La vita, la vita che da tanti viene disprezzata, viene buttata, viene offesa.
La vita rifiutata da chi non ha capito il suo valore,
da chi non ha capito la sua bellezza, da chi non ha capito che vale la pena viverla.
E state attenti perché vivere la vita non è un gioco di cui dopo un ora ci stanchiamo e lo buttiamo ai quattro venti,
ma la vita, deve essere presa, accolta e assorbita profondamente in noi come viene
perché ogni momento, anche quello che a noi sembra essere il più insignificante, ci insegna molte cose.
Sì forse dovremmo riflettere più spesso su quel dono grandissimo: la vita
Forse quelli che hanno tutto sono quelli che non capiscono il suo valore
invece dovrebbero ringraziare più di ogni altro per tutto ciò che hanno
e quelli che invece hanno poco o addirittura niente o che sono malati
e soffrono sono grati alla vita per tutto ciò che gli regala
momento per momento e sai perché?
Perché la vita è bellissima!
Tommaso Di Stefano.
Approfitto per dirvi che Tommaso da ieri è al Gemelli di Roma e che la situazione clinica agli occhi di chi lo segue da più di due anni è davvero critica, più di quanto si prevedesse dalle conoscenze in loro possesso.
Ma noi continuiamo a pregare credendo che esiste un Medico celeste capace di fare molto di più di tutti i nostri bravi medici.
Un caro saluto
Sergio”.
Contuiamo a pregare per Tommaso e la famiglia
Io lo so che il mio Vendicatore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
e i miei occhi lo contempleranno non da straniero
(Giobbe 19,25-27).
Mi ha sempre colpito tantissimo questo brano tratto dal libro di Giobbe , lo trovo straordinariamente illuminante.
Oltre ai miei genitori, scomparsi ad un anno uno dall’altra, mi sono trovata di fronte alla morte per altre due volte nella mia vita, mio malgrado. Il marito di una mia amica, affetto da una miocardite dilatativa,da giorni sospeso tra la vita e la morte. Entro nella piccola stanza, il monitor collegato scandiva il tempo : tutum tutum tutum……………..si è fermato nel giro di un rosario davanti ai miei occhi. L’altra, la vicina della porta accanto: un pezzo di donnone! Viveva con la figlia signorina e una mattina…sento suonare il campanello fortemente delle urla. Entro e la trovo distesa, cadaverica bagnata, il malore l’aveva colta sotto la doccia. Mentre la figlia chiama i soccorsi rimaniam soIe, io lei e la morte che sopraggiungeva piano piano: l’ho sentita. La tenevo sollevata con la Testa sul mio cuore e pregavo… così… lentamente e dolcemente se n’è andata!
Non è doloroso il trapasso, fa parte della vita.E’ il dolore della carne che fa soffrire, la sofferenza e la malattia fanno paura. Il Signore ha avuto terrore del dolore fisico, non della morte la quale è dolce e silenziosa.
Di mia madre ho un ricordo struggente e bellissimo. Prima di morire credo abbia visto il figlio, mio fratello: ha indicato un punto preciso della stanza e si è come trasfigurata. I suoi occhi di vetro si sono illuminati e lo sguardo si e fatto disteso, pieno d’amore e di tenerezza . Poi, con un filino esile esile di voce ha sussurrato :” c’è er puro”…
correggo: “c’è er pupo”…(c’è il pupo)