“Penso ai miei figli, ai miei tre figli, a Sebastiàn, a Méla e Loli.Ogni secondo della mia assenza, quando non posso essere lì per loro, per curare le loro ferite, per consigliarli, per dar loro la forza, la pazienza e l’umiltà per affrontare la vita, tutte queste occasioni perdute per essere madre avvelenano i momenti della mia infinita solitudine“: dedico queste parole di Ingrid Betancourt (vedi post del 21 febbraio, 1 e 3 marzo) alle visitatrici che sono mamme e anche ai papà e al loro indivisibile compito di “dare” ai figli tanti doni e il più alto che è forse “l’umiltà per affrontare la vita”. In esso è il riflesso vivo di Ingrid come madre cristiana.
Ingrid e l’umiltà per affrontare la vita
26 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Io non sono “padre”, forse, chissà, lo sarò un domani…o forse no…boh…
Vorrei però chiedere a tutti i padri(a cominciare da Luigi) e le madri presenti in questo blog,( stimo moltissimo sia i padri che le madri di questo pianerottolo) che cosa intenderebbero loro con l’espressione: UMILTA’ PER AFFRONTARE LA VITA, frase che trovo molto bella.
Vi ringrazio.
F.
“L’umiltà per affrontare la vita”.
Umiltà – per me – vuol dire essere consapevoli del proprio ruolo: sentirsi creatura nei confronti del Creatore, accettare l’immensa distanza che c’è fra noi e Dio, con la certezza dell’amore di Dio per noi, che conforta il nostro essere piccoli e spesso ingrati e peccatori.
Umiltà non è negare i propri talenti (ce li ha donati Dio!), ma cercare giorno per giorno di metterli a frutto, ognuno nella posizione – anche piccola e a volte non gratificante – che è possibile occupare nella società degli uomini. Umiltà è opporsi al peccato di Adamo: rifiutarsi di rompere l’equilibrio dell’amore che ci lega a Dio, schiacciare la tentazione del serpente: “sarete uguali a Dio”, cioè diverrete padroni di voi stessi e del vostro destino.
Umiltà è rendersi conto che si può provare a fare tutto questo – anche in parte, dati i nostri limiti – solo grazie alla Redenzione operata da Gesù, alla preghiera, all’aiuto della Chiesa e dei sacramenti, all’intercessione di Maria e dei santi, al conforto di chi ci è prossimo.
Trovo importante e bella la frase di Ingrid Betancourt: esprime uno dei messaggi più importanti che posso trasmettere a mio figlio e ai tantissimi “figli” con cui lavoro, anno dopo anno, nel liceo dove insegno. Nella consapevolezza che certi messaggi “passano” quando si riesce a trovare le parole, le pause, le espressioni adatte, ma soprattutto quando si trasformano in esempi concreti, completati a mo’ di puzzle giorno per giorno, sguardo per sguardo. E’ questa quotidianità, credo, che manca a Ingrid e rende così accorate le sue parole.
E’ molto bello, Luigi, che tu ricordi sempre la signora Betancourt. Mi sembra quasi un modo di farle compagnia. Un sequestro di persona è sempre un crimine odioso, per qualunque motivo venga compiuto, ma un sequestro che dura da sei anni è uno scandalo che non dovremmo tollerare. Mi riesce impossibile credere che sia stato fatto tutto il possibile per far cessare questa infamia.
Ottimo Sump come sempre! I piccoli – in ciò immagine dell’umano istintuale – sono tentati dall’onnipotenza o dalla fuga. L’umiltà per affrontare la vita è l’atteggiamento giusto di chi non presume e non fugge. In altre parole è l’atteggiamento di chi si riconosce limitato e comunque chiamato a una responsabilità. O stravinco o scappo, dice l’uomo primitivo. Non miro a stravincere, ma conto di condurre con dignità il compito che mi è stato affidato.
Leonardo, scrivevo insieme a te! Davvero mi sento legato a Ingrid.
è l’umiltà che si oppone all’arroganza, atteggiamento che tutti possiamo avere e che è frutto della paura della vita o della convinzione di poterla dominare (dominando anche le relazioni). Che forse è l’altra faccia della stessa medaglia della paura. “Non abbiate paura!”.
ma Luigi mi ha preceduto bellamente… nel Regno dei cieli 🙂
Sono madre e mi siè stretto forte il cuore, quando sabato scorso a casa di un’amica disabile ho saputo dalla signora rumena che si occupa di lei a tempo pieno, che ha una bambina di 11 anni, che vive in Romania con il papà operato già tre volte per ernia del disco.
Mi sembra una grande prova di umiltà per affrontare la vita.
Paternità, maternità, figli propri, figli di altri…
Da un anno davanti alla mia chiesa (dico “mia” per sintesi, avete capito…) si raggruppano una quindicina di 18enni. Siamo a Milano e i ragazzi in questione sono figli dell’alta borghesia e alunni della scuola statale, liceo classico. Oltre a giocare a pallone in modo un pò eccessivo – ma è anche bello sentirli giocare, ammetto – fanno anche altro. Le ragazze, tutte ultramagre, ultraesteticamente curatissime, si siedono su alcune panchine e fumano decine di sigarette per riempire il tempo tra una canna e l’altra. I ragazzi, quando non tirano pallonate contro il muro della chiesa, rollano canne di marjuana che gira sempre nelle loro tasche, impennano motorini, sputano continuamente per terra (è un tipico segno di chi fuma marjuana), riempiono in pochi minuti tutto il sagrato di fazzoletti di carta zozzi, sputazzi, cartacce varie, pacchetti di sigarette buttando tutto per terra, pur essendoci a pochi metri due cestini ben visibili. La chiesa non è parrocchia e durante la settimana per la messa feriale è frequentata da qualche decina di signore ottantenni. Incuranti delle in gamba ma barcollanti signore i ragazzi continuano a tirare poderose e pericolose pallonate, a fare slalom con motorini, a sputazzare, a sporcare, a fumare. Un anziano fratello, un religioso santo e gradevole, ha tentato diverse volte di parlare con loro spiegando la situazione, cercando di comprendere ma anche di segnalare i disagi: gli hanno riso in faccia urlando signor frate fatti li ca..i tuoi e vattene in vaticano. Questa sera sono uscito io, con scopa e paletta e ho pulito tutto il loro sudiciume. Mentre raccattavo i segni evidenti del consumo di stupefacenti ho detto: “ragazzi, questi sono soldi con i quali avete finanziato la mafia”. In coro mi hanno risposto: “la vera mafia è la politica e i veri mafiosi i politici”. Le ragazzi infine mi hanno insultato scocciate dicendo che io non mi devo permettere di umiliarle raccogliendo la “loro” sporcizia. Io ho tentato di agganciare qualcuno dei ragazzi ma ho incontrato un muro di cinismo e indifferenza. Da Milano, in un quartiere esclusivo, ecco a voi cronache di paternità e maternità, di figli e figlie. Mi piacerebbe sapere che consigli avete da darmi. Mi piacerebbe sapere cosa farebbe il signor Luigi. Attendo davvero con fiducia i vostri fraterni suggerimenti.
Credo che, la più grande ingiustizia, la più atroce, che grida vendetta al cospetto di Dio sia quella di vedersi sottratta la vita, e con essa il dolore dilaniante della separazione dai propri figli. E’ il caso della povera Ingrid ma ci sono molte madri, e altrettanti bambini che soffrono le stessa pena: che dolore, che pensiero:” dove saranno in questo momento, staranno piangendo, avranno fame, o la febbre, studieranno chi saranno i loro amici. Saranno cresciuti, come sarà il loro volto!”
…leggevo di Ingrid la quale ogni anno, al compleanno di ciascuno di loro chiede della farina e dello zucchero per fare un dolce. Ma le viene sempre detto di “no”, allora si siede, chiude gli occhi e si addormenta rannicchiata su se stessa! Sono immagini di uno struggente…non dissimili per certi aspetti alle tante donne che sono costrette ad abbanbonare i loro paesi per assicurare un minimo di futuro ai piccoli che restano soli con i nonni…nella miseria, dimentichi e sofferenti
C’è una maternità poi che va oltre il generare un figlio (tant’è che molte li abbandonano anche se non possiamo saperne i motivi né giudicare) ed altre invece le quali, pur avendone di propri ne adottano e li amano alla stessa maniera. Sono stata catechista per anni e tutti quei ragazzini li sentivo miei: ogni bambino e ogni giovane che si rivolge a me è pure mio, e così sarà per la Luisa di Moralista, e per tutte quelle educatrici che danno la vita per la formazione dei ragazzi.
Un figlio non è un optional, un figlio è un’anima, uno spirito incarnato fatto a immagine di Dio; i genitori solo un mezzo, uno strumento nelle mani del creatore per questo progetto “SUO”. Nel momento in cui un figlio viene al mondo ecco, la vita di chi lo genere cambia decisamente “deve” -imperativo- cambiare decisamente perché del percorso dell’intera esistenza di questo nuovo essere ci verrà chiesto, e noi, genitori, dovremo risponderne, i sacrifici sono tanti e tali che :” chi ama la propria vita la perde”…non c’é alternativa..
Non basta nutrirli e vantarsi per le performance artistiche o sportive o perché son piccoli geni , ben vengano se ci sono queste prerogative, ci mancherebbe…Ma sono tesori custoditi in vasi di creta.
Credo siano altre le cose da approfondire e inculcare: la formazione interiore prima ancora di quella culturale, la pietà, la bontà, l’amore per il Signore, la rettitudine, lo stare bene con tutti, lo spirito di adattamento, il saper vivere nel poco e nel molto. Queste cose mi sono state insegnate e queste ho trasmesso ai miei due figli…e a tutti i giovani che mi trovo sul cammino.
Per me son tesori messi in un salvadanaio a piccole dosi…giorno dopo giorno, e quando si troveranno a dover affrontare la vita , spero dentro vi sia racchiuso un bel gruzzolo sul quale contare !
Le parole di marta paola e di Clodine, così intense e commosse, mi hanno riportato alla memoria una ninna nanna popolare toscana di tanti decenni fa, quando a emigrare, per un tozzo di pane e un soldo di speranza, erano mamme e babbi italiani: “sono andati tutti via”, con lo strazio che possiamo immaginare, lasciando i bimbi ai nonni i quali – anche loro, poveri vecchietti – si davano da fare come potevano.
Ninna nanna, ninna nonna,
il bambino è della nonna,
della nonna e della zia:
sono andati tutti via.
So’ passati dal poggiòlo,
si ricordan d’i’ figliolo;
fa’ la nanna a sette e duce,
guarda i’ nonno come cuce,
guarda la nonna come tesse,
guarda i’ bimbo come cresce.
Ninna nanna, ninna nanna,
ninna nanna, ninna oh.
Per Ignigo74
Ignigo mentre scrivevo si sono incrociati i nostri post: ho letto il tuo, e posso immaginare come ti senti. Tutto quello che hai descritto così bene è una realtà comune a tutte le città. E’ un dramma quando i giovani non hanno una famiglia alle spalle, una buona formazione. Si! Sono in balìa di loro stessi, c’è un grandissimo urgente bisogno di adulti di riferimento altrimenti si perdono.
Anche a Roma sai? Ci sono forme di bullismo, giovani alcolisti..è il dramma di sempre! Ma non dobbiamo perderci d’animo, S.Giovanno Bosco ci ha tramandato il famoso “sistema preventivo” che si fonda su tre pilasti :amore, religione, autorevolezza” basta applicarli..si prendono più mosche con una manciata di miele che con l’aceto -lo so, potrò sembrarti ingenua, adesso dirai:” ma con questi ci vuole la clava” e avresti ragione- Io l’ho applicata, non la clava, la regola, naturalmente, e posso dirti che non ho quasi mai fallito -tranne in casi disperati naturalmente-
Veramente Ignigo..se li sai prendere, i giovani, hanno fame d’amore e di Dio!
Anche se ti fanno cadere le braccia non perderti mai d’animo, in fondo ” se fai del bene solo a chi ti da in cambio, cos’hai fatto di grande? Date e vi sarà dato, una buona misura, pigiata vi sarà posta nel grembo..”
Dio ti benedica Ignigo, ti ricompensi lo stesso Signore per il bene che fai loro.
Con affetto
BELLA Sump..mamma mia..è bellissima questa poesia a rima baciata! Mi piacciono tantissimo le poesie, ne conosco tante…
grazie, anche a nome di Marta Paola
Per Ignigo,
solo un’ipotesi di lavoro, anzi due:
– cerca di agganciare il leader del gruppo, il resto verrà;
– cerca di agganciare i genitori (se ce n’è qualcuno decente) e fate gioco di squadra per tirarli via dalla strada.
Ovviamente, se e quando Dio vorrà.
Sono con te!
Caro ignigo74,
mentre ti leggevo, dovevo ricacciare in gola le parole che mi salivano spontanee: le più facili, le più naturali. Rimedi? Il carcere è troppo poco: ci vuole la gogna! Anche Gesù maledice il fico, e lo inaridisce.
In questi casi, sto zitto, chiedo perdono per le bischerate e mi recito piano piano le parole del Giudizio: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare…”.
Vedo l’anziano fratello sbeffeggiato, vedo te con scopa e paletta… “Che consigli avete da darmi…”. Di continuare a fare quello che fate. I frutti delle vostre parole e dei vostri gesti non li vedrete, probabilmente, mai. Il seme ha bisogno di tempo, ma con l’aiuto di Dio il seminatore a volte consegue risultati inattesi: certi semi, che sembravano finiti in strada, o fra i sassi, o fra le spine, scopri che hanno trovato invece terreno buono.
E comunque, il Signore lo sa meglio di noi quanto male c’è al mondo; e un giorno non ci chiederà se saremo riusciti a riportare l’ordine in una situazione miserevole come quella da te descritta: ci chiederà se saremo riusciti ad amare anche i teppistelli del quartiere bene, e a pregare per loro che – di sicuro – non sanno quello che fanno (e quello che non fanno).
“amore, religione, autorevolezza” – ecco da dove mi veniva il mio programma pedagogico!
😉
Ignigo: l’unica cosa che mi viene in mente è che hai fatto già tantissimo con quel gesto, ci vuole del fegato.
Forse possono provare a stabilire un contatto dei ragazzi della loro età che siano vostri amici… da simile verso il simile… in un caso di invasione degradata di immigrati – davanti a una chiesa parrocchiale di Roma – a nulla si è riusciti, nè con il colloquio diretto nè con i vigili urbani, finchè non si è stabilito un contatto attraverso dei “mediatori culturali” provenienti dagli stessi paesi. Abbiamo bisogno di interpreti per parlare con i nostri ragazzi: chissà che direbbe don Bosco!
Se proprio devo essere sincera caro Canelli a dire il vero, il sistema preventivo di Don Bosco ha come statuto i famosi :” RAGIONE, RELIGIONE, AMOREVOLEZZA”.
Ma io -non me ne voglia don Bosco che tanto amò e tanto si prodighò per la salvezza di tanti giovani- al primo (RAGIONE) ho sostituito AMORE che è diverso dall’amorevolezza e all’ AMOREVOLEZZA – “AUTOREVOLEZZA”.
Infatti, che ragione dai ad un ragazzo, e sono la maggior parte, conteso tra i genitori separati, oppure ai tanti che escono da scuola e si trovano soli, con un panino e la compagnia del tlevisore o del computer. E’ normale che poi si aggregano al leeder e formano i gruppi…La ragione non basta qui ci vuole l’amore di cui hanno fame e sete.
Hanno bisogno di sentirsi amati e di potersi fidare di adulti che abbiano autorevolezza – la quale lungi dall’essere “autoritarismo” ( coercizione tipica di chi esercita una certa autorità, dannosa secondo me) rappresenta quello spessore che i giovane -adolescenti e fanciulli- rintracciano, percepiscono nell’ educatore e vi fanno continuamente riferimento.
L’approccio non è affatto semplice, entrare in dialogo è invero arduo. Ci vuole trasparenza-congruenza- intuizione, saperli accompagnare per mano verso l’autonomia , alla capacità di interagire come persone vere genuine. L’adulto che si mette in relazione è il DONUM: essendo questa (la relazione) AMORE, cioè “dono”assoluto ‘darsi’, in comunione di vita e di beni, che porta infine la DOXA: gloria, come movimento di rivelazione dell’uno all’altro, in cui l’uno mette in luce l’altro ponendo sé nell’ombra, affinché brilli il sé autentico del ragazzo/a spesso offuscato da una infinità di motivi di cui gli adulti e la società dell’apparire sono gli unici responsabili.
Non so se ho reso l’idea, se sono riuscita a spiegarmi, ma non ne sarei troppo sicura..
Don Bosco diceva che, se il lavoro attorno ad un ragazzo risultava privo di frutti bosognava abbandonare “la mela marcia”, così la definisce: “mela marcia” da escludere, perché non intacchi le altre.
Quasi ad indicarci che vi sono delle anime malvagie che riescono a trascinarsi dietro le altre. Non so se condividere questo aspetto…mi sono sempre posta questa domanda:” esistono ragazzi inclini alla malvagità o sono le circostanze che li rendono tali?” e…è giusto escluderli..oppure sono gli adulti che non hanno risorse e falliscono miseramente?
E’ questo il discrimine…che ne pensate ? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano gli amici del blog..anche per avere un confronto.
Un abbraccio dott. Luigi..
per rispondere a Lei dott Luigi, credo sia necessario che ogni città abbia i suoi intrerpreti assunti nelle forze dell’ordine, tra i sorveglianti, e vigili urbani. Ogni pattuglia dovrebbe averne almeno uno che conosca PERFETTAMENTE L’INGLESE, che è la lingua ufficiale e la più parlata…è necessario…senza comunicazione è impossibile stabilire un contatto.
Caro dott. Luigi,
credo che non sia un problema di linguaggio ma di volontà-capacità di comunicazione. I ragazzi – alcuni, sia chiaro, quelli dei quali ci stiamo occupando – non ascoltano perchè non sono capaci e perchè si sono già dati risposte dogmatiche che sono una specie di frankenstain di frasette e atteggiamenti della de filippi-jovanotti-eminem-fabrifibra-calciatore stupido-velina idiota-industriale arrivato-donna borghese vuota e cinica ma che va dall’analista e ripudia con superiorità il confessore.
Questo è il monstrum linguistico e comunicativo e pseudoculturale che si autoassolve quando spende almeno(!) 50 euro al giorno in mariuana comprata dalla mafia ma poi riempie le strade manifestando contro il vaticano, contro il papa nazista, contro l’ingerenza della chiesa: tutte le manifestazioni liceali milanesi sono caratterizzate da una violenza anticlericale davvero spaventosa. Ieri sera un ragazzo ha parlato con me qualche minuto, colpito dalla mia osservazione sui soldi dati alla mafia per comprare la droga e mi ha detto: “comunque i miei genitori lo sanno che mi faccio le canne e non mi dicono niente”.
Caro dott. Luigi, si, è vero, c’è anche un problema di linguaggio, ma c’è anche dell’altro. E c’è dell’altro ulteriore quando magari si incrocia una manifestazione di estrema destra nazistoide che innalza cartelli contro la droga e contro l’aborto e si fa paladina (!?) dei valori cristiani…
Non so cosa pensare, aiutatemi ancora.
Caro Ignigo (e cara Clodine, che citi don Bosco)… vi farei rispondere da mia moglie – se risposta ci può essere – perchè è lei l’esperta educatrice (oltre, e prima della Catechesi del Buon Pastore, di cui ho già detto, lei è un’operatrice storica del Centro minori Don Bosco di Roma, praticamente un unicum in Italia. Ha scritto anche una bellisssima tesi che spiega il metodo del Centro don Bosco alla luce delle fonti dei testi e del pensiero del Santo).
Per questo non sono convinto che il metodo “mela marcia” sia proprio quello che lui applicava… almeno non nel modo che dice Clodine. Perchè “le mele marce” si tolgono per un po’ dal cesto per via delle altre (servirà poi davvero?)… ma con loro ci si continua a sporcare le mani, altrove. In altro modo. E ci vuole tanto tempo. Senza esordire con un giudizio, ma senza rinunciare a comunicare quello che si crede importante e vitale.
Nella mia personale esperienza sono stato obiettore di coscienza in un oratorio salesiano di Roma (lo stesso in cui, per un “caso” assolutamente fortuito, ho incontrato mia moglie, che era di passaggio), a Prenestino e allora, visto che di salesiani che fanno ancora “i salesiani” ce ne sono rimasti pochini, venivamo impiegati di fatto come “operatori di strada”, con i giovani più tosti… non era proprio il mio campo (venivo da un quartiere bene, da una vita perfettina etc etc): è stata un’esperienza fortissima… in sintesi estrema direi a Ignigo che l’unica cosa è “sporcarsi le mani”, starci, come hai provato a fare… io mi sono preso di tutto (insulti, pugni, minacce più o meno esplicite, anche dal cugino di Totti!!!!… ma ho pure fatto delle mitiche partite a pallone davvero “da duri”) ma alla fine sapevano bene che non ero loro complice… eppure ogni giorno “stavo” con loro. Non so – o meglio, ora lo so – chi mi ha dato la perseveranza, soprattutto vista la mia totale impreparazione educativa…. ma so che Mirko, un tredicenne tosto e di pochissime parole, rotto a tante esperienze dure (sesso, prime sostanze, writing in posti pericolosi e malfrequentati) che mi aveva sempre preso in giro per 10 mesi, ogni santo giorno… il mio penultimo giorno di servizio ha voluto che lo accompagnassi a casa in macchina (mai successo… credo cercasse anche qualcosa da fregarmi, ma gli andò male…), lui che passava 15 ore da solo ogni giorno (i genitori lavoravano entrambi e i soldi non mancavano… questo è il vero fronte educativo!!!!). Ricordo con chiarezza che abbandonò lo scudo e la maschera del duro, un relax quasi liberante, e mi disse con un sorriso da bambino felice solo “Grazie!”. Il giorno dopo, il mio ultimo giorno, mentre saluto tutti, me lo trovo di fronte impalato che mi guarda torvo… “Tu te ne vai e io resto qua…”… l’unica cosa che mi ha detto. Mi ha seguito con lo sguardo fino al cancello senza cambiare posizione nè espressione.
L’avrò “educato”? Non credo proprio. Semmai lui mi ha dato con due parole cose che per cui non sono ancora riuscito a ringraziarlo… Non so nemmeno dove sta… non ho avuto più il coraggio di andarlo a cercare nei posti che bazzica… ho un rimpanto grandissimo.
scusate, mi sono dilungato.
… e non mi toccate Jovanotti 🙂
Tema difficile quello dell’educazione.
Sono comunque preso da stupore, nel senso più bello del termine, per la passione che vedo in tutti voi, intervenuti su questo tema.(Ma non vi erano dubbi).
Provo anch’io a dire la mia, essendo stato obiettore di coscienza -Caritas-, in un Centro Parrocchiale, e svolgendo tuttora il servizio volontario di educatore-catechista.
Onestamente, spesso vengo preso dallo sconforto anch’io: di fronte al dilagare dell’alcol, della cannabis, anche tra le ragazze….mi “cadono le braccia”.
Non parliamo poi del discorso relazionale-affettivo, dove a comandare è il relativismo.
Cosa fare? Come agire? Ricette non ne ho, permettetemi qualche spunto: Prima di tutto , come diceva Paolo VI, i giovani hanno bisogno di Testimoni, non di maestri…molto importante è quindi l’esempio concreto.
In secondo luogo, DIALOGO-RAGIONE-AMORE. IL tutto, me ne rendo conto, non è semplice; se i terreni sono sassosi sarà dura, ma prima o poi qualche fiore spunterà.
Infine, ma forse la cosa più importante: Non tutto spetta a noi.
Come amava ripetere il Card. Martini: “Alzate gli occhi al Cielo, e a Lui chiedete aiuto; fatto ciò, andate e testimoniate che vi è un Cielo”.
E Mons. Bregantini direbbe: ” Cielo e Terra si intrecciano, senza Cielo la Terra è fango, ma con il Cielo la Terra diventa giardino”.
Un caro saluto.
Dimenticavo: grazie a chi ha risposto alla mia domanda sull’umiltà.
I giovani e la cocaina. La vera emergenza è quella degli adulti e del loro educare
di Vittorio Chiari (Salesiano) 07/03/2008
Cocaina: sono diventati così stolti i giovani da mettersi in gabbia, loro che amano e proclamano la libertà ad ogni costo?”. Se lo chiede un sacerdote impegnato da anni a fianco dei ragazzi. Ecco la sua testimonianza.
Cocaina: sono diventati così stolti i giovani da mettersi in gabbia, loro che amano e proclamano la libertà ad ogni costo?”. “Così bambini da farsi del male coscientemente usando droghe leggere o pesanti, pasticche di vario tipo?”. Ma la vera emergenza è quella degli adulti e del loro educare.
Sono abituato a leggere i quotidiani alla sera, prima di addormentarmi. Naturalmente leggo solo gli articoli di fondo, avendo scorso rapidamente al mattino i titoli di prima pagina. La notizia di questo periodo è l’aumento dell’uso delle droghe leggere e l’allarme cocaina.
Leggendo, mi sono sorti alcuni dubbi: sono diventati così stolti i giovani da mettersi in gabbia, loro che amano e proclamano la libertà ad ogni costo? Così bambini da farsi del male coscientemente usando droghe leggere o pesanti, pasticche di vario tipo?
Non credo alla loro disinformazione anche quando minimizzano la pericolosità dell’uso: si sentono liberi affermando che assumono responsabilmente le varie sostanze! Le motivazioni sono tante ma il vero problema sono gli adulti, che non si rendono conto che stanno dando risposte che non li soddisfano. Non siamo di fronte ad un’emergenza giovani, ma ad un’emergenza adulti, emergenza dell’educare.
Stiamo vivendo un momento epocale ricco di fermenti positivi ma anche con disvalori per nulla sotterranei, che incidono profondamente sul modo di pensare, di agire e di vivere dei giovani, delle famiglie e delle istituzioni sociali. A prima vista, sembrano più invadenti i disvalori: nella testa e nel cuore dei giovani c’è il pericolo, non immaginario ma reale, che entri sempre più prepotentemente il mondo delle cose e del divertimento, del piacere a causa di messaggi più o meno occulti della cultura, che accentua il tempo presente, trascurando le memorie del passato, impaziente di vivere futuro liberamente secondo leggi soggettive.
Non riuscendoci, i giovani, ci stanno male e, attraverso il loro malessere, chiedono valori che vadano oltre il benessere, una visione efficientistica della vita, il radicamento nell’oggi da godere.
Chiedono punti di riferimento veri, obbligano a cercare itinerari educativi, che non tendono ad imporre loro delle norme ma a renderli responsabili della libertà, con riferimento alla coscienza, all’autenticità dell’amore, alla dimensione del vivere tra gli altri, evitando ogni degrado etico, le idolatrie della ricchezza e del sesso, l’emarginazione e la violenza.
In questo cammino verso la maturità c’è posto per i valori religiosi, posto per Gesù di Nazareth? La Chiesa parla di nuova educazione e nuova evangelizzazione e nell’educare non prescinde dal mistero di Gesù Cristo, distingue ma non contrappone l’educare dall’evangelizzare. La Chiesa mette l’uomo, la persona, il giovane al centro dell’universo, ma con al vertice Gesù Cristo, l’Uomo nuovo!
Mentre stavo scrivendo queste note, è entrato da me in ufficio un giovane di 16 anni, Salvatore (nome chiaramente inventato!), “disperato” perché tentato dalla droga: l’ha data anche ai compagni, non quella leggera, ma la pesante. Chiedeva non tanto il mio perdono, ma quello del Signore, che ha cominciato a conoscere. Dietro la facciata della sua sofferenza, ho letto quella della sua famiglia, il disagio del quartiere dove abita, dei compagni che l’hanno trascinato nel giro, della scuola che l’ha messo al margine … Nonostante i suoi capricci, le sue bugie, le sue ribellioni, i ripetuti episodi di bullismo, ho creduto nella sua voglia di ricominciare da capo. “Nonostante tutto, gli ho detto, tu sei figlio di Dio, meriti un’altra vita!”.
Abbiamo ragionato insieme da educatore ed educando o da persone che insieme scoprivano di avere Dio per Padre? Credo che abbia colto in me tratti di amore paterno e materno, propri dell’educatore che si prendeva cura di lui, ma allo stesso tempo gli si rivelava l’orizzonte più ampio dell’amore infinito di Dio, della sua misericordia.
* Don Vittorio Chiari, SDB, è un “oratoriano doc”.
Grazie per la poesia, e grazie Clodine per aver ringraziato, grazie.
” Il nichilismo. Non serve a niente metterlo alla porta, perchè ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ ospite e guardarlo bene in faccia”. Martin Heidegger
Consiglio, a chi ne avesse voglia, “L’ospite inquietante” di U. Galimberti