“Teniamoci stretti per mano amore mio – in due non si può avere paura”: messaggio di lui a lei nel sito dei lucchetti che abbiamo visitato nei post del 5 e dell’11 novembre. Vedo in quelle poche parole un documento dell’epoca, quando uomini e donne sembrano cercarsi per vincere la percezione di una solitudine insostenibile.
In due per non avere paura
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Per quanto tempo, Luigi, queste mani resteranno strette, e per quanto la parola “amore” resisterà contro gli attacchi e gli insulti del tempo e delle prove che la vita riserva senza eccezioni! La solitudine esistenziale è una percezione dell’anima, interiore, che va al di la di una presenza “amante”: anche in due si può avere paura. Se non si è temprati, e forti, perfino l’ sperienza d’amore più esaltante, che sembra debba durare eternamente svanisce di fronte agli scontri inevitabili! Il lucchetto resterà lì, sfidando il tempo e le intemperie, tanta acqua passerà sotto i ponti portando con se l’estemporaneità e la fatuità dei sentimenti e ardori giovanili. Ma l’amore è altro, è ben altro che non un lucchetto attorno ad un palo! Lasciamo aperte le porte alla speranza tuttavia, poiché è comunque un sentimento esaltante, positivo, anche se dura il tempo di un fiore. E’l’unico che riesce a dare un senso alla vita, ma è un cammino arduo..molto arduo..una strada ripida e impervia!
Uno ha paura a stare da solo – poi scopre che anche in due si può avere paura, come hai ben detto tu, Clodine – ma intanto ha disimparato a essere solo e ha forse una ragione in più per tenersi unito alla persona che ha scelto. La solitudine è un male dell’epoca ma la percezione della solitudine è forse una risorsa. Luigi
Io penso che la condivisione del modo di guardare alla vita non sia veramente possibile (neppure un colore vediamo allo stesso modo), in questo senso la solitudine fa parte della condizone umana da sempre e non è semplicemente un fatto legato al nostro tempo.
E’ possibile, invece, condividere un destino, o almeno provarci.
Fossi un credente mi piacerebbe immaginare che Dio si è fatto uccidere per non lasciarci soli a vivere la morte e il dolore, non accettabili e non giustificabili altrimenti, come farebbe un genitore impotente di fronte alla morte di un figlio piccolo e perciò inconsapevole della causa del suo dolore: figlio mio, l’unica cosa che posso fare è morire con te. E mai gli uomini avrebbero potuto accogliere parole di speranza da chi (o Chi?) non avesse sperimentato sulla propria pelle che cosa significhi vivere, soffrire e morire.
Non so se si può amare veramente qualcuno senza volerne condividere il destino, magari tenendogli la mano.
Leopoldo
La solitudine è da sempre ma la sua percezione cambia nel tempo. E io credo che oggi essa sia più pungente che mai. Quando “questi bamboccioni” lasciano il nido in cui sono cresciuti davvero rischiano di stare soli sul cuore del mondo. Penso che non sarò il solo ad avvertire il pungolo di quella paura nel modo così assorbente e insieme così fragile che hanno oggi i più giovani nel vivere la vita di coppia … – Ma Leopoldo io volevo dirti soprattutto che guardo alla morte consapevole di Gesù proprio come tu l’hai detta: come partecipazione al nostro destino e suo riscatto. Luigi
La solitudine a due è forse la più difficile a vivere, ma sul viale del tramonto, quando le gambe si fanno meno agili, le mani più maldestre,gli occhi più deboli, quando guardare in avanti angoscia, la presenza di un(a) compagno(a) di vita rassicura ,addolcisce un pò la discesa che talvolta dà le vertigini, con quel salto finale verso lo sconosciuto ….anche se questo sconosciuto si chiama Dio.
Quando l`altro se ne va, ho spesso notato che le donne se la cavano meglio degli uomini, che, restati soli, sovente crollano e in fretta si mettono alla ricerca di una nuova compagna per rompere la soltudine.
Sovente, l`uno non sopravvive all`altro che il tempo di realizzare che la vita senza di lui(lei) non è possibile.
C`è la solitudine imposta e quella scelta, c`è chi è solitario e chi si sente solo , ci sono la psicologia e la filosofia che cercano di spiegarci che è all`interno di noi che dobbiamo trovare la chiave della stima di sè, che invece di rompere la solitudine bisognerebbe accettarla…senza dubbio, ma quanta solitudine in questo mondo, sopportata sempre meno bene , come del resto ogni sofferenza che gli umani sembrano avere sempre più difficoltà a traversare, a sopportare come se l`uomo non fosse più capace di affrontare le prove della vita, e la sofferenza che fa parte del cammino. Come se la sofferenza dovesse essere bandita dalla vita che non dovrebbe essere che un cammino di felicità dovuto all`uomo, insomma un diritto alla felicità.
Questo è un argomento “antico e sempre nuovo”.
Il dolore, la solitudine, l’abbandono, il tradimento, la malattia, la morte, la ricerca della felicità, il bene, l’amore, nonché il perché delle ingiustizie e le tante innumerevoli altre domande sacrosante che ci poniamo, non sarebbero poste in essere, se avessimo in mano le risposte! Dio ha accettato l’incarnazione per provare sulla “sua Pelle” gli stessi identici interrogativi. Questa riflessione postula una domanda a dir poco scandalosa: forse che, anche Lui, nella Sua Onniscenza e Onnipotenza si è poste le identiche domande che inquietano l’umanità e il singolo? E mi faccio ancora più ardita: forse che non ci conosceva fino in fondo, orvero, a che punto il tarlo del male potesse condurci? E’ per questo che ha fatto suo “l’abbassamento” fino a toccare il fango, sperimentando su Se Stesso gli stessi drammi? C’è una sola Verità, e una sola risposta: Cristo! “guardate a Lui è sarete raggianti, non saranno confusi i vostri occhi, il povero invoca e Lui ascolta, e guarisce tutte le ferite” così canta il salmo!. Ecco , credo che, se riuscissimo a dilatare il cuore alla fede, a fare nostra quella preghiera che trapassa le nubi, a sollevarci come aquile anche da noi stessi, bene, forse riusciremmo a rendere più serena e meno affranta la vita, e forse, contando non tanto su noi stessi, o su quanto ci viene dagli altri, riuscissimo a stabilire un contatto autentico con le realtà celesti, riusciremmo a farcela magari un pochino più sereni, e senza troppe stampelle umane: non più piace confidare nell’uomo..siamo troppo fragili!
Certo che contare sull`altro per colmare i nostri vuoti, calmare le nostre angosce o paure, crea la dipendenza , ci allontana da noi, e il giorno della separazione ci troviamo con la sofferenza della perdita e in più ritroviamo intatte le nostre paure.
Allora viene detto : è all`interno di voi stessi che dovete trovare la pace,la sicurezza…la self estime tanto cara a tutti i gourou del “développement personnel”.
Ma chissà perchè dopo anni e anni di “lavoro su di se”, la paura fondamentale è intatta? Abbiamo capito tanto, risposto a molto,lavoriamo sulle paure, impariamo ad andare oltre, ma quell`angoscia esistenziale che sta lì come un rumore di fondo è intatta, allora aumentiamo il suono, facciamo rumore per non ascoltarla
per non sentirla….e qui raggiungo Clodine nella sua conclusione, se conto sul mio piccolo io farò illusione un istante, se arrivo ad appoggiarmi all`Amore di Cristo ,toccarlo come la mia realtà al dilà delle parole allora la paura svanirà.
Qualcuno ha detto, ci sono solo due emozioni: la paura e l`amore…l`amore come antiddoto alla paura….preferisco parlare di Amore , dell`Amore di nostro Signore Gesù Cristo.
La solitudine e’ il male del nostro tempo (cfr. M. FFORDE, “Desocializzazione. La crisi della postmodernita’”, Cantagalli, Siena 2005; libro vincitore del Premio Capri nel 2006) ma ha precise radici culturali, ascrivibili al rifiuto della nostra civilta’ tradizionale. Per il resto, c’e’ un equivoco: l’amore, la solitudine ecc. non sono “sentimenti”, ne’ tantomeno “emozioni”. L’uomo e’ stato creato da Dio per amare la Verita’ e l’Amore, e anche i rapporti umani devono basarsi su questo, dunque sulla generosita’. L’amore e’ una decisione razionale e costante, non una “emozione” o una “passione” romantica. Invece oggi si vive “impressionisticamente”, non razionalmente, dicendo che ” non devo rendere conto a nessuno”, che “l’importante e’ divertirsi”, che “se sei solo hai qualcosa che non va e devi andare dallo psicologo” mentre magari uno e’ solo perche’ e’ una persona ricca di sensibilita’ e di valori, dunque automaticamente espulso dalla massa che invece vuole “tutti uguali” nella mediocrita’. Il romanzo di Paola Mastrocola “Una barca nel bosco” e’ eloquente al riguardo. Un’altra esperienza diffusa, per quanto mi riguarda, e’ il rifiuto di tante donne, anche credenti, ad avere legami stabili e duraturi con uomini seriamente intenzionati: la paura e’ piu’ forte anche dei valori cristiani che pur dicono di professare e le rinchiude nel loro egoismo, mascherato da necessita’.
Il mio benvenuto nel blog a Iginio e alle sue forti parole: “L’amore è una decisione razionale e costante”. Luigi
La ringrazio.