Alla Lateranense per incontrare il vescovo e rettore Fisichella ne approfitto per una visita al Battistero di San Giovanni, luogo cristiano tra i più antichi che emoziona per la possibilità che offre di unirci a quanti lì hanno pronunciato nei secoli le parole di Gesù. Accanto alla porta è seduta una zingara avvolta in maglie colorate che mi alza al volto un cartello con la scritta: “In bocca a lupo per esami. Io prego sempre per voi”. Qui sciamano gli studenti della Lateranense e questa è stagione di esoneri, esami, tesine. Le do un euro e le chiedo da dove venga: “Romania, cinque figli”. “Cinque anch’io” le rispondo ed entro nel Battistero, dove mi rifugio nella Cappella di San Venanzio, fatta costruire da papa Giovanni IV (640-642), dalmata, e dove sono raffigurati in mosaico otto martiri dalmati con libri e corone. Insieme a me siedono nei banchi una decina di studenti neri dell’Università. Papa dalmata, studenti neri e zingara romena: Roma dalle molte anime, nel secolo sette e in quello ventuno.
“In bocca a lupo per esami”
23 Comments
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A proposito di esami, ritorno tra voi dopo lo studio matto e disperato per dirvi che la scorsa settimana ho passato anche l’orale e sono diventato giornalista professionista. Ho quasi scandalizzato la commissione perchè ho presentato una tesina sull’indulto che liberalizzerebbe l’antica messa di San Pio V. Mi guardavano come un marziano. E’ stata così apprezzata che mi hanno abbassato di un punto il voto che avevo preso allo scritto…. comunque è andata…
saluti
a.z.
Benvenuto nell’abo dei giornalisti!
Scusa Andrea, ma hai fatto previsioni di tempo sulla pubblicazione del motu proprio papale in materia? E’ una domanda per sapere. Luigi
No nessuna data, nella tesi ho fatto un excursus sulla vicenda, raccogliendo i lanci d’agenzia più rilevanti e dimostrando come la liberalizzazione vada di pari passo con il percorso di riavvicinamento alla comunione con i lefebvriani: se si blocca uno, s’intoppa anche l’altro.
Ho riflettuto sul fatto che dall’annuncio ufficiale della Cei in ottobre alla dichiarazione altrettanto ufficiale di Medina a metà dicembre, sono intercorsi due mesi dove si sono succedute dichiarazioni favorevoli dei lefebvriani e parallelamente prese di posizione ostili della conferenza episcopale francese, che hanno polarizzato il dibattito soprattutto in Europa.
Ma da Medina in poi, qualche cosa si è intoppato. Ad esempio mi ha incuriosito il fatto che in una dichiarazione in Argentina, poco ripresa in Italia, mons. Fellay ipotizzava che la ragione dello slittamento della pubblicazione, fosse legata al sospetto, confermatogli da un alto papavero d’oltre Tevere, che dietro il motu proprio ci fosse molto di più del rito antico: vale a dire la questione dell’accettazione esplicita del Vaticano II, che è il nocciolo della questione. Accettazione che i tradizionalisti del Buon Pastore in Francia infatti hanno fatto. Fellay invece ha rispedito tutto al mittente.
E così dopo l’ultimo irrigidimento dei lefebvriani si è bloccato tutto…
Se vuoi te la giro, c’è la cronologia degli ultimi sei mesi sull’argomento…
a.z.
Girami il lavoro, mi interessa molto. Che intendi per “annuncio ufficiale della Cei in ottobre”? Luigi
Complimenti e auguri Andrea! E una certa ‘invidia’ perché ogni volta che telefono a Menzingen il segretario di Fellay “non za mai niente, kvi noi lontani da Roma però se fuole macari noi leccere zue tomante’.
Aspetta e spera…
Hai capito Tonizzo, che relazioni pericolose che intrattiene…
🙂
L’11 ottobre 2006 è uscito un lancio del “SIR”:
“(…)Per agevolare la celebrazione della messa in latino secondo l’antico messale pre-conciliare di San Pio V sarà pubblicato a breve da Benedetto XVI un “Motu proprio”. La notizia si apprende da autorevoli fonti vaticane che così confermano e precisano alcune notizie di stampa pubblicate questa mattina(…).”
Forse tecnicamente non è un annuncio ufficiale, ma è pur sempre l’agenzia di stampa che ha il sostegno della Cei.
Le notizie a cui si riferisce “pubblicate questa mattina” erano un’indiscrezione del Times.
Poi il 12 dicembre l’annuncio di Medina: (ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 12 dic – ”La pubblicazione del Motu Proprio da parte del Papa che liberalizzerà la celebrazione della messa in latino secondo il messale di San Pio V è prossima”. Lo ha affermato il cardinale Jorge Arturo Medina Estevez, membro della Commissione Ecclesia Dei che stamattina si e’ riunita per discutere della liberalizzazione della messa in latino”.
In mezzo l’inghippo di cui dicevo
a.z.
Io penso che Benedetto XVI, che è mite quanto fermo, alla fine procederà comunque all’emanazione del Motu Proprio. Non per i lefebvriani, che non se lo meritano di certo, ma per riaffermare un doppio principio. Di accoglienza, innanzitutto: la chiesa è cattolica perché cerca di ospitare tutti quelli che può, perché non anche chi è legato alla tradizione liturgica precedente? Altro che il dispotismo clericale che trapelava da quelle orribili risposte di mons. Marini in un’intervista che tempo fa Tonizzo ci propose (ad esempio quando diceva di non concepire che qualcuno non si adattasse alla nuova liturgia, visto che tutti gli altri se ne erano fatti una ragione: bel modo di ragionare!). Poi perché nella storia della chiesa non ci sono mai rinnegamenti del passato. La chiesa va avanti, ma non taglia mai i ponti con la sua tradizione, in questo senso non può mai essere ‘rivoluzionaria’ (è piuttosto la tentazione marcionita, quella di tagliare i ponti, opporre il nuovo al vecchio …). Ora, l’idea che il vecchio rito fosse ‘abrogato’ un po’ sapeva di questo spirito, e si legava in qualche modo a quell’ermeneutica della discontinuità che tanto male ha fatto all’applicazione del Vaticano II
Leonardo, qui non si tratta di rinnegare il passato. Sull’ultimo numero di *Settimana* (il periodico della EDB) c’è una lettera di un prete piemontese che mi pare centri bene il problema. Ad un certo punto dice: “Il ritorno alla Messa in latino -quella di S. Pio V- non è che una strategia strumentale; la Messa viene usata come un grimaldello per colpire ben altri obiettivi”.
Che è poi, se non erro, la stessa preoccupazione dei vescovi francesi.
L’attuale autorizzazione da parte del vescovo richiesta per celebrare la “vecchia” messa serve a garantire che non venga usata (e quindi strumentalizzata) da gruppi cripto-scismatici.
Ricordiamoci che “lex orandi, lex credendi”. Un’eventuale liberalizzazione della messa di s. Pio V (non per “colpa” della messa in sé, che ovviamente è buona, giusta e valida… com’è buona, giusta e valida quella della riforma liturgica) non rischierebbe di trasformare quella che oggi è solo una separazione ideologica, del tutto legittima (“ultra-tradizionalisti” contro “conciliari” [banalizzo]) in una vera divisione in seno alla chiesa, dal momento che causerebbe una separazione di fatto.
Il problema è che molti dei partigiani della messa di s. Pio V non solo rivendicano legittimamente una loro preferenza liturgica, ma spesso si oppongono fieramente alla messa “riformata” adducendo argomentazioni teologiche “pesanti”, che però hanno qualche presa (specialmente se il livello delle celebrazioni è avvilente, come spesso avviene). E spesso questo si abbina a un rifiuto, più o meno larvato, più o meno esplicito, del Concilio Vaticano II – cioè a cripto-lefebvrianesimo, diciamo. E questo la Chiesa non può permetterlo, e non deve.
Altri argomentano che la liberalizzazione della messa di s. Pio V sarebbe un regalo “avvelenato” per i lefebvriani, perché di fatto toglierebbe loro il principale “cavallo di battaglia”, mostrando che certe rivendicazioni si possono portare avanti restando a tutti gli effetti nella Chiesa. E’ vero. Ma resto convinto che non ci debba essere alcuna ambiguità nell’accettazione del Concilio (non di una sua interpretazione particolare: proprio del Concilio tutto quanto!). Forse alcuni dovrebbero rammentare che il Concilio non è patrimonio dei soli “progressisti”, ma di tutta la madre Chiesa.
Sì, ma questo rischia di essere un processo alle intenzioni. Rinunciare a compiere un atto in sé giusto e saggio per timore di strumentalizzazioni sarebbe politica ecclesiastica, di quella miope. È ovvio che non ci sarà, dal papa, nessun avvallo alle tesi lefebvriane e nessuna presa di distanza dal Vaticano II. Correggere gli eccessi e gli sbandamenti di una riforma liturgica che, del resto, è solo in parte fedele alle indicazioni del concilio, può fare solo del bene alla chiesa.
Non sono solo vaghi timori. Come mai anche vescovi tutt’altro che sospettabili di “progressismo” sono sempre stati piuttosto prudenti?
Sulla riforma liturgica io sono del parere che sia ampiamente rivedibile, nelle rubriche ma soprattutto nell’applicazione. Ma tornare oggi alla messa di s. Pio V mi sembrerebbe un grosso passo indietro. E poi, se ci sono cose da migliorare e da correggere, facciamolo per tutti, non per una minoranza (che rispetto) di amanti del latino e del tempo che fu.
E iniziamo a esaminarle, queste vere o presunte pecche e carenze della riforma, così almeno sappiamo di cosa parliamo.
Mi strabilia questo vostro argomentare, mi permetto solo di dire che tornare alla messa di s. Pio V renderebbe ancora più esclusivo (ovviamente non in senso elitario) il rapporto con L’Altro, aricchirebbe la celebrazione del rito, attraverso un vero e proprio scollamento dalla realtà.
Marta Paola, quel ritorno (si fa per dire: è in questione solo una maggiore facilità per avere – su richiesta – l’uso del vecchio rito) io credo delizierebbe il tuo amico Ferretti, che ha messo ad apertura di “Reduce” (vedi post del 19 gennaio) il distico latino: “Deus in adjutorium meum intende / Domine ad adjuvandum me festina“. Luigi
Sottoscrivo completamente i messaggi di Leonardo.
Come si può parlare di passo indietro? Non lo capisco. La Chiesa non può che andare in avanti, ma andare in avanti non vuol dire rinnegare , rinunciare a un tesoro.
Non dico certo niente di retrogrado dicendo che la lirurgia non può essere manipolata a piacimento.
Vi rinvio ancora una volta al libro dell`allora cardinal Ratzinger ” Dio e il mondo”. Già allora Joseph Ratzinger parlava dell`intolleranza subita da coloro che intervenivano per difendere la liturgia in vigore fino al 1970, trattati quasi come dei lebbrosi.
Molto chiaramente egli scrive ( metto le frasi al presente) che ci troviamo di fronte a un`intolleranza come non si è mai vista nella storia della Chiesa, disprezzando con ciò tutto il passato della Chiesa. E già allora, esprimeva la sua incomprensione di fronte a questa legge d`intolleranza che si oppone alle riconciliazioni necessarie nella Chiesa e senza una valida ragione.
Perchè questa paura ? Perchè questo rifiuto, questa rottura ? Perchè questo disprezzo del passato della Chiesa ?
Permettere a coloro che lo desiderano di celebrare la liturgia di s. Pio V senza nascondersi in sottosuoli oscuri, non potrebbe che riavvicinarli .
A parer mio non ci sarebbe nessuna separazione ,ma due forme per celebrare lo stesso Mistero di cui siamo beneficiari , non creatori o inventori !
Saluti, Luisa
Volevo ancora aggiungere che durante le mie peregrinazioni per trovare una messa che non sia un ” bricolage “, e prima di trovare la comunità di religiosi molto rispettuosi della liturgia , ho anche avuto l`occasione di partecipare alle messe di s. Pio V. Sono sempre stata colpita dal fervore dei fedeli, dalla loro partecipazione sentita. Senza dubbio una minoranza, ma non vedo perchè dovrebbero nascondersi e sentirsi rigettati . Luisa
Io penso che liberalizzare l’antico rito non sia un atto di chiusura,ma di accoglienza e di apertura.Nessuno,e tantomeno il Papa,ha intenzione di sostituire la messa conciliare con quella di San Pio V.
Concedere a chi lo desidera(per chi non vuole non cambia nulla)il diritto di celebrare secondo l’antico rito potrebbe togliere ai Lefebvriani la loro arma vincente.I vescovi francesi dovrebbero darsi una mossa visto che stanno perdendo fedeli proprio a favore delle comunità che celebrano messa in latino.Sveglia!Gli eccessi della liturgia moderna vanno corretti senza rinnegare in nulla e per nulla il Concilio.
A proposito di Marini,qualcuno può confermare o smentire l’articolo di Dagospia?
http://213.215.144.81/public_html/articolo_index_29255.html
Saluti MG
D`accordo con le tue parole, Maria Grazia.
È meglio non lanciarmi sul tema dei vescovi francesi……e sulla situazione della Chiesa in generale in Francia !
Non è certo la posizione dei vescovi francesi da prendere come riferimento di ciò che è giusto fare o non fare. Saluti, Luisa
Io “Deus in adiutorium meum intende / Domine, ad adiuvandum me festina” lo dico più o meno tutti i giorni. Non ho nulla contro la messa di s. Pio V e tantomeno contro il latino e il nostro antico e glorioso patrimonio liturgico. E naturalmente sono e mi sento in piena comunione con coloro che lo usano, all’interno della Chiesa e secondo le intenzioni della Chiesa.
Ma quello che mi preoccupano di più sono le ripetute affermazioni sulla povertà delle nostre liturgie. Le prendo molto sul serio – nel senso che mi fido della vostra sensibilità – e mi rattristano molto. Ma sarebbe grave se si pensasse che per avere una liturgia decente si debba per forza tornare alla “vecchia” messa. Ci possono essere celebrazioni eccellenti e pessime di entrambe le messe. Che poi molti amanti della messa di s. Pio V siano fervorosi e devoti, cosa di cui non dubito, mi rende felice, ma non sarebbe giusto ritenere per forza l’inverso.
Secondo voi – domanda non polemica né retorica – i lefebvriani ritorneranno nel seno della Chiesa o troveranno comunque argomenti per restare al di fuori?
Credo che la maggior parte dei lefebvriani resterà sulle attuali posizioni di rottura. Ho l’impressione che lo stesso mons. Lefèvbre fosse un uomo molto pio e in buona fede, ma anche piuttosto ottuso e, ad un certo punto, anche afflitto da testardaggine senile. La differenza di statura tra lui e un card.Siri è abissale.
La questione della «povertà delle nostre liturgie», sollevata da Luca, è invece molto seria: io mi sto sempre più convincendo che una parte considerevole dei mali che affliggono oggi il popolo di Dio venga proprio di lì.
A scanso di equivoci, vorrei subito chiarire che per me la questione non è affatto ‘estetica’ (come rischia di apparire in certe posizioni, magari suggestive ma pericolose, alla Cristina Campo, per intenderci), ma teologica.
Ancora una volta sono tutto salvo una specialista.
Vorrei dire a Leonardo che forse, invece di estetica, si potrebbe parlare di bellezza.
Con la bellezza della liturgia non mi sembra essere in contrapposizione (?) con la teologia, mi sembra al contrario essere al cuore della teologia , mi sembra che la liturgia sia l`essenza stessa della bellezza, con la divina liturgia noi celebriamo la bellezza.
Ed è per questo che io non sopporto le liturgie “brutte”, messe un scena sovente autocelebrative , che hanno perso il senso del sacro, del mistero della bellezza.
Saluti, Luisa
Temo che i Lefebvriani non vogliano tornare in senso a Santa Madre Chiesa.Probabilmente non saranno soddisfatti del motu proprio che li costringerebbe,in ogni caso,ad accettare il Concilio.
Saluti MG
La liturgia è fondamentale, concordo con Leonardo e gli altri, anzitutto per una questione educativa.
Sono stato bambino in una parrocchia romana che dava la giusta importanza a come si celebrava la Messa. Nulla di “antico”, sia chiaro. Ma grande cura, preparazione nel canto, capacità di coinvolgere in modo ordinato, proprietà e serietà all’altare, contenuti semplici ma ben esposti, con passione visibile.
La domenica andare in chiesa era una festa, e una gioia anche estetica, perchè no?
Quel parroco poi è diventato vescovo, e i suoi bravissimi successori non sono riusciti a mantenersi sullo stesso livello, almeno nel campo liturgico.
Il coinvolgimento è divenuto disordine, la musica improvvisazione e chiasso, la “regia” della celebrazione una forma equivoca di protagonismo col microfono in mano, un pò Pippo Baudo un pò ancorman da sagra paesana.
Dopodichè, il legame con quel luogo per me non viene mai meno.
Ma quando ci vado la domenica mattina, mi capita di sbuffare e di essere infastidito da quel che vedo.