Arrivano parole inaspettate: ecco il mio corpo, ecco il mio sangue
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Luigi Accattoli
Eccoci al momento centrale della narrazione dell’Ultima Cena: quello della benedizione del pane e del vino e della loro offerta ai discepoli. La mediteremo fermandoci sui cinque verbi con i quali Marco la riferisce nel versetto 22: prese, recitò, spezzò, diede, disse. Agendo in funzione di capofamiglia, com’era abituale che un rabbi facesse mangiando la Pasqua con i discepoli, Gesù compie i gesti dello spezzare il pane e della distribuzione del vino che erano previsti dal rituale ebraico ma anche ne muta profondamente il significato: da memoriale della liberazione dalla prigionia egiziana a memoriale della sua passione redentrice.
Segnaleremo il fatto che la liturgia eucaristica del rito latino quale è stata aggiornata dopo il Vaticano II offre una felice opportunità didascalica su quella mutazione di significato, cioè sul passaggio dalla Pasqua ebraica alla Pasqua cristiana, con la ripresa – nel rito offertoriale, detto “presentazione delle offerte” – delle due benedizioni del pane e del vino che erano centrali nella Pasqua ebraica.
Rifletteremo sul fatto che il pane e il vino – con il loro rimando al corpo e al sangue – costituiscono due segni distinti ma inseparabili e destinati a una piena comprensione solo nella loro unità. “Che, a livello di linguaggio, corpo e sangue siano distinti e come separati è in relazione con il fatto che nella morte il sangue, simbolo della vita stessa, è versato, il che allude a una morte violenta. Il pane e il vino, che Gesù dà ai discepoli come cibo e bevanda, costituiscono dunque un segno profetico della sua morte sacrificale e salvifica” (Francesco Mosetto, Marco nella sinfonia delle Scritture, Queriniana 2021, p. 232).
Ne viene un criterio di coessenzialità dei due segni eucaristici che lo Schnackenburg esprime così: “Il pane e il calice dell’Eucarestia si spiegano a vicenda e soltanto uniti insieme esprimono integralmente il pensiero di Gesù” (Vangelo secondo Marco, vol. 2, p. 246). Diremo una parola anche sulla renitenza della Comunità cattolica – oggi davvero difficile a comprendere – a una piena e costante valorizzazione dei due segni sacramentali.
Un tempo chi affermava la necessità anche per i laici della comunione sotto le due specie del pane e del vino – dottrina che era detta del “calice ai laici” – poteva finire sul rogo: e così capitò ad Jan Hus nel 1415. Oggi la comunione con il pane e il vino è considerata ideale anche in campo cattolico ma è di fatto riservata a occasioni rarissime: celebrazioni per matrimoni, battesimi degli adulti, vestizioni religiose, voti solenni.
15 Giugno, 2024 - 22:33
Luigi Accattoli
Marco 14, 22-25. E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”.
15 Giugno, 2024 - 22:33
Luigi Accattoli
Pane e vino parlati. v. 22a: prese il pane e recitò la benedizione. La benedizione del pane nel rito della Pasqua ebraica – ovvero: la benedizione di Dio per il dono del pane – suona così: “Benedetto sii Tu, o Signore, nostro Dio, Re dell’universo, Tu che ci procuri pane dalla terra”. Essa è stata ripresa nella “presentazione delle offerte” del rito rinnovato della celebrazione eucaristica del rito romano: Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.
v. 22b: Prendete, questo è il mio corpo. “Questo pane parlato è offerto sia all’orecchio sia al palato” (Commentario del Nuovo Testamento, EDB 2014, p. 248.
v. 23a: Poi prese un calice e rese grazie. La benedizione – cioè il ringraziamento a Dio – che il capofamiglia pronunciava prima di bere dalla coppa del vino e di porgerla ai commensali era questa: “Benedetto sii Tu, o Signore, nostro Dio, Re dell’universo, Tu che crei e ci doni il frutto della vite”. Anche questa benedizioneè stata ripresa nel rito della messa realizzato in accoglienza al Vaticano II e promulgato da Paolo VI nel 1970: Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della vite, e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza.
v. 23b: rese grazie. Il verbo eukaristesas è composto da eu (bene) e karizomai (ringraziare). “Solo con il tempo si è passati a designare come Eucarestia, rendimento di grazie, l’intera Cena del Signore” (Roberto Fedele, Evangelo di Gesù secondo Marco, Cantagalli 2015, p. 372).
v. 24: Questo è il mio sangue dell’alleanza. In queste parole è il riferimento all’alleanza stabilita da Mosè con il popolo ai piedi del monte Sinai, quando disse: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore stabilì con voi” (Esodo 24, 8). Si trattava del sangue dei giovenchi che erano stati sacrificati su comando di Mosè e con il quale, pronunciando quelle parole, Mosè aveva asperso il popolo.
v. 24b: versato per molti. In italiano dire “per molti” implica che non sia “per tutti”, mentre in ebraico la parola rabbim (molti) indica moltitudine. Che la prima comunità cristiana intendesse la destinazione “per molti” come una destinazione universale risulta chiaro da un testo dell’apostolo Paolo: “L’uomo Cristo Gesù che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (Prima Timoteo 2, 6).
V. 25B: lo berrò nuovo nel regno di Dio. Nuovo, ovvero all’avvento del Regno di Dio, dove avremo nuovi cieli e nuova terra e dove gli eletti siederanno a mensa con i patriarchi. Matteo 8, 11: “Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”. Il richiamo di Gesù al Regno che viene fa della cena non solo un memoriale ma anche una profezia.
15 Giugno, 2024 - 22:35
Luigi Accattoli
Già l’apostolo Paolo aveva narrato il rito eucaristico. Circa venticinque anni dopo l’ultima cena di Gesú, Paolo nell’anno 56 scriveva ai cristiani di Corinto quella sua lettera (Prima lettera ai Corinti 11, 23-29) ove l’Eucaristia è presentata come rito stabile e abituale, come rito per cui il fedele che vi partecipava mangiava veramente il corpo e beveva veramente il sangue di Gesú, come rito infine ricollegato direttamente con la doppia azione di Gesú nell’ultima cena e con la sua morte redentrice. Nessun dubbio che questo insegnamento di Paolo, da lui già trasmesso in precedenza ai fedeli di Corinto (ivi, 11, 23), cioè nell’anno 51, fosse stato trasmesso anche alle altre comunità da lui catechizzate e si trovasse in pieno accordo con la catechesi degli altri Apostoli; questa, insomma, era la maniera in cui la catechesi primitiva e la liturgia primitiva interpretavano e rinnovavano la doppia azione compiuta da Gesú nell’ultima cena […]. L’apostolo Paolo aveva desunto la sua dottrina eucaristica dalla Chiesa di Gerusalemme, verso la quale egli ha tenuto sempre fisso lo sguardo e nella quale si è recato più volte in persona nel decennio che va dal 36 circa – l’anno della sua conversione – al 45 circa. E la Chiesa di Gerusalemme era quella dov’era avvenuta l’ultima cena di Gesù [Giuseppe Riccioti, Vita di Gesù Cristo, Mondadori 1965, pp. 620-625, passim].
15 Giugno, 2024 - 22:35
Luigi Accattoli
La cena come memoriale. Non in Marco, ma in Luca (22, 19) e in Paolo (Prima Corinti 11, 24) Gesù dice “fate questo in mia memoria”. “Come la Cena della Pasqua ebraica è memoriale (ebraico Zikkaron: Esodo 12, 14) dell’evento salvifico che di generazione in generazione raggiunge tutti i figli di Israele, così la Cena del Signore è il memoriale che annuncia la sua morte e la sua risurrezione finchè egli venga (Prima Corinti 10, 16; 11, 20.26)” [Francesco Mosetto, Marco nella sinfonia delle Scritture, citato sopra, p. 233].
15 Giugno, 2024 - 22:35
Luigi Accattoli
Una pizza che dura da 21 anni – Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 21 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei.
15 Giugno, 2024 - 22:39
Luigi Accattoli
Lettori della Bibbia. Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da più di vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, metta qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 17 giugno. L’appuntamento precedente fu lunedì 3 giugno e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post dell’11 giugno:
Eccoci al momento centrale della narrazione dell’Ultima Cena: quello della benedizione del pane e del vino e della loro offerta ai discepoli. La mediteremo fermandoci sui cinque verbi con i quali Marco la riferisce nel versetto 22: prese, recitò, spezzò, diede, disse. Agendo in funzione di capofamiglia, com’era abituale che un rabbi facesse mangiando la Pasqua con i discepoli, Gesù compie i gesti dello spezzare il pane e della distribuzione del vino che erano previsti dal rituale ebraico ma anche ne muta profondamente il significato: da memoriale della liberazione dalla prigionia egiziana a memoriale della sua passione redentrice.
Segnaleremo il fatto che la liturgia eucaristica del rito latino quale è stata aggiornata dopo il Vaticano II offre una felice opportunità didascalica su quella mutazione di significato, cioè sul passaggio dalla Pasqua ebraica alla Pasqua cristiana, con la ripresa – nel rito offertoriale, detto “presentazione delle offerte” – delle due benedizioni del pane e del vino che erano centrali nella Pasqua ebraica.
Rifletteremo sul fatto che il pane e il vino – con il loro rimando al corpo e al sangue – costituiscono due segni distinti ma inseparabili e destinati a una piena comprensione solo nella loro unità. “Che, a livello di linguaggio, corpo e sangue siano distinti e come separati è in relazione con il fatto che nella morte il sangue, simbolo della vita stessa, è versato, il che allude a una morte violenta. Il pane e il vino, che Gesù dà ai discepoli come cibo e bevanda, costituiscono dunque un segno profetico della sua morte sacrificale e salvifica” (Francesco Mosetto, Marco nella sinfonia delle Scritture, Queriniana 2021, p. 232).
Ne viene un criterio di coessenzialità dei due segni eucaristici che lo Schnackenburg esprime così: “Il pane e il calice dell’Eucarestia si spiegano a vicenda e soltanto uniti insieme esprimono integralmente il pensiero di Gesù” (Vangelo secondo Marco, vol. 2, p. 246). Diremo una parola anche sulla renitenza della Comunità cattolica – oggi davvero difficile a comprendere – a una piena e costante valorizzazione dei due segni sacramentali.
Un tempo chi affermava la necessità anche per i laici della comunione sotto le due specie del pane e del vino – dottrina che era detta del “calice ai laici” – poteva finire sul rogo: e così capitò ad Jan Hus nel 1415. Oggi la comunione con il pane e il vino è considerata ideale anche in campo cattolico ma è di fatto riservata a occasioni rarissime: celebrazioni per matrimoni, battesimi degli adulti, vestizioni religiose, voti solenni.
Marco 14, 22-25. E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”.
Pane e vino parlati. v. 22a: prese il pane e recitò la benedizione. La benedizione del pane nel rito della Pasqua ebraica – ovvero: la benedizione di Dio per il dono del pane – suona così: “Benedetto sii Tu, o Signore, nostro Dio, Re dell’universo, Tu che ci procuri pane dalla terra”. Essa è stata ripresa nella “presentazione delle offerte” del rito rinnovato della celebrazione eucaristica del rito romano: Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.
v. 22b: Prendete, questo è il mio corpo. “Questo pane parlato è offerto sia all’orecchio sia al palato” (Commentario del Nuovo Testamento, EDB 2014, p. 248.
v. 23a: Poi prese un calice e rese grazie. La benedizione – cioè il ringraziamento a Dio – che il capofamiglia pronunciava prima di bere dalla coppa del vino e di porgerla ai commensali era questa: “Benedetto sii Tu, o Signore, nostro Dio, Re dell’universo, Tu che crei e ci doni il frutto della vite”. Anche questa benedizioneè stata ripresa nel rito della messa realizzato in accoglienza al Vaticano II e promulgato da Paolo VI nel 1970: Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della vite, e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza.
v. 23b: rese grazie. Il verbo eukaristesas è composto da eu (bene) e karizomai (ringraziare). “Solo con il tempo si è passati a designare come Eucarestia, rendimento di grazie, l’intera Cena del Signore” (Roberto Fedele, Evangelo di Gesù secondo Marco, Cantagalli 2015, p. 372).
v. 24: Questo è il mio sangue dell’alleanza. In queste parole è il riferimento all’alleanza stabilita da Mosè con il popolo ai piedi del monte Sinai, quando disse: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore stabilì con voi” (Esodo 24, 8). Si trattava del sangue dei giovenchi che erano stati sacrificati su comando di Mosè e con il quale, pronunciando quelle parole, Mosè aveva asperso il popolo.
v. 24b: versato per molti. In italiano dire “per molti” implica che non sia “per tutti”, mentre in ebraico la parola rabbim (molti) indica moltitudine. Che la prima comunità cristiana intendesse la destinazione “per molti” come una destinazione universale risulta chiaro da un testo dell’apostolo Paolo: “L’uomo Cristo Gesù che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (Prima Timoteo 2, 6).
V. 25B: lo berrò nuovo nel regno di Dio. Nuovo, ovvero all’avvento del Regno di Dio, dove avremo nuovi cieli e nuova terra e dove gli eletti siederanno a mensa con i patriarchi. Matteo 8, 11: “Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”. Il richiamo di Gesù al Regno che viene fa della cena non solo un memoriale ma anche una profezia.
Già l’apostolo Paolo aveva narrato il rito eucaristico. Circa venticinque anni dopo l’ultima cena di Gesú, Paolo nell’anno 56 scriveva ai cristiani di Corinto quella sua lettera (Prima lettera ai Corinti 11, 23-29) ove l’Eucaristia è presentata come rito stabile e abituale, come rito per cui il fedele che vi partecipava mangiava veramente il corpo e beveva veramente il sangue di Gesú, come rito infine ricollegato direttamente con la doppia azione di Gesú nell’ultima cena e con la sua morte redentrice. Nessun dubbio che questo insegnamento di Paolo, da lui già trasmesso in precedenza ai fedeli di Corinto (ivi, 11, 23), cioè nell’anno 51, fosse stato trasmesso anche alle altre comunità da lui catechizzate e si trovasse in pieno accordo con la catechesi degli altri Apostoli; questa, insomma, era la maniera in cui la catechesi primitiva e la liturgia primitiva interpretavano e rinnovavano la doppia azione compiuta da Gesú nell’ultima cena […]. L’apostolo Paolo aveva desunto la sua dottrina eucaristica dalla Chiesa di Gerusalemme, verso la quale egli ha tenuto sempre fisso lo sguardo e nella quale si è recato più volte in persona nel decennio che va dal 36 circa – l’anno della sua conversione – al 45 circa. E la Chiesa di Gerusalemme era quella dov’era avvenuta l’ultima cena di Gesù [Giuseppe Riccioti, Vita di Gesù Cristo, Mondadori 1965, pp. 620-625, passim].
La cena come memoriale. Non in Marco, ma in Luca (22, 19) e in Paolo (Prima Corinti 11, 24) Gesù dice “fate questo in mia memoria”. “Come la Cena della Pasqua ebraica è memoriale (ebraico Zikkaron: Esodo 12, 14) dell’evento salvifico che di generazione in generazione raggiunge tutti i figli di Israele, così la Cena del Signore è il memoriale che annuncia la sua morte e la sua risurrezione finchè egli venga (Prima Corinti 10, 16; 11, 20.26)” [Francesco Mosetto, Marco nella sinfonia delle Scritture, citato sopra, p. 233].
Una pizza che dura da 21 anni – Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 21 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei.
Lettori della Bibbia. Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da più di vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, metta qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 17 giugno. L’appuntamento precedente fu lunedì 3 giugno e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post dell’11 giugno:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/ma-allo-spezzare-del-pane-giuda-era-presente/