“Ringrazio tutti per la solidarietà e le preghiere per il mio stato di salute. Sono arrivati i risultati delle visite cliniche e com’è stato annunciato vorrei darvene comunicazione. Le visite a Innsbruck hanno confermato la diagnosi dell’ospedale di Merano. È stato evidenziato che soffro di una sindrome rara e atipica di Parkinson che porta a difficoltà nel parlare e nei movimenti. Ho già iniziato le terapie sotto controllo medico“: è il vescovo di Bolzano-Bressanone, Karl Golser, 67 anni, che annuncia la sua malattia con un comunicato del 17 novembre sul sito della diocesi accompagnato da una versione audio e una video. Un abbraccio di solidarietà al vescovo in malattia e un plauso alla sua scelta della trasparenza. Golser è vescovo da appena due anni, succeduto all’indimenticabile Wilhelm Egger (vedi un suo ritratto nella pagina COLLABORAZIONE A RIVISTE elencata sotto la mia foto, al titolo Il pastore mite. Ricordo del vescovo Egger).
Il vescovo Golser annuncia di avere il Parkinson
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Esprimo nella preghiera la mia vicinanza al vescovo. E colgo l’occasione per esprimere la mia solidarietà anche a quelle persone alle quali la faziosità di Fazio e Saviano non riconosce il diritto di replica nella loro trasmissione (diritto che è stato concesso invece al ministro Maroni, le cui ragioni erano più discutibili).
Esprimo anch’io la mia vicinanza e il ricordo nella preghiera.
http://www.avvenire.it/Cronaca/rai+malati+replica_201011251711333570000.htm
Io sono molto impressionato dalla grande diffusione di queste malattie neurologiche: Parkinson, Alzheimer, ecc.
Se ne sentono tanti casi, sempre di più.
Ho visto da vicino (mia nonna, che mi ha fatto un pò da madre e se n’è andata un anno fa) il livello di umiliazione e di spoliazione che ad esempio il Parkinson produce. Persone magari dinamiche, iperattive, trasformate in automi, in tempi diversi a seconda dei casi, ma comunque inesorabili.
E tutto restando per lo più perfettamente lucidi, in un quadro in cui le modificazioni del corpo (espressione del viso, movimenti, postura) diventa l’eloquenza terribile di una male che cammina giorno dopo giorno, che ti toglie tutto a poco a poco.
Penso davvero sempre a questi ammalati: la loro croce la avverto pesantissima, pesantissima.
Ohi , ohi ..
Il processo di beatificazione di Fazio e Saviano come i moderni “santi laici” , i portatori della “buona novella televisiva ,i “puri e duri contro tutti i poteri , subirà suppongo qualche battuta d’arresto.. santi subito .. o forse no ?dubbio …
MC
Mi madre abbe il parkinson: una malattia che si manifestò lentamente, in maniera subdola, nessuna di noi figlie se ne accorse.Aveva quel tremore alle mani, quell’andamento un po’ incerto… ma era troppo giovane lei, e troppo impreparate noi perché ce ne rendessimo conto. Finchè, alla fine, la malattia si palesò in tutta la sua crudeltà e…mori nel giro di poco tempo.
Fino ad una quindicina d’anni fa non si parlava molto di questa malattia, e neppure le cure funzionavano granché! Oggi ci sono più speranze per via della ricerca che fa passi da gigante, per fortuna. Ho notato però, che molti sacerdoti si ammalano di questo morbo – vedi il card. Martini, lo stesso GPII, ora il vescovo di Bressanone – …osservando lo svolgimento del Concistoro, poi , forse perché conosco da vicino l’esordio di questa ” bestiaccia”, ho notato come tra i vescovi e i cardinali alcuni ne manifestassero evidenti segnali. Non riesco a spiegarmi come mai questo male colpisca così tanti prelati…
Mi dispiace, moltissimo, perché la chi
venia
“mia madre ebbe il Parkinson”.. ( errore di polpastrelli)
Anche il mio amato parroco dell’infanzia e adolescenza, poi vescovo volitivo e dinamico, per quanto contrastato, è malato di qualcosa che somiglia all’Alzheimer.
Nel suo caso, il tutto su un corpo ancora scattante e perfettamente valido.
Vederlo incespicare nella presenza logica, la scorsa primavera, e celebrare una Messa in cui gli si dovevano ricordare i “passi” da leggere, e lo si è privato della possibilità di tenere l’omelia, mi ha fatto un’impressione che mi è rimasta stampata negli occhi per giorni e giorni.
Non so, queste cose mi colpiscono tanto.
…concludo (mi è sfuggito il post prima del tempo lasciandomi a metà) mi dispiace moltissimo perché la Chiesa, e la diocesi di Bressanone perdono, in parte, un pastore così giovane, nel pieno della sua attività…ed è veramente… un delitto…Ma dippiù mi sento solidale al Vescov, e pregherò ogni giorno per lui: il Signore lo renderà forte, tanto quanto è pesante la croce…
Un saluto affettuoso e un abbraccio al vescovo Golser.
Negli ultimi tempi mi è capitato di vedere da vicino malati delle due sindromi e della SLA.
Di fronte a queste persone che sento fragilissime e indifese rimango paralizzato, e non sapendo mai cosa dire la abbraccio trattenendo le lacrime.
Veramente la diocesi di Bolzano – Bressanone non è molto fortunata, a meno che non si guardi tutto in una dimensione di fede. Il meno che possiamo fare è esprimere solidarietà.
Nella pagina di apertura del sito della diocesi di Bolzano-Bressanone c’è un titolo che dice PREGHIAMO PER VOI sotto la foto di 18 monache con questo invito:
Cosa vi preoccupa? Che cosa volete chiedere al Signore?
Cosa vi procura gioia? Per che cosa volete ringraziare il Signore?
Scrivete una mail con le vostre intenzioni di preghiera che saranno affidate alle monache cistercensi di “Mariengarten” (S. Paolo/Appiano) che le presenteranno al Signore durante la preghiera comunitaria.
Trovo bello quell’invito. Forse un titolo migliore sarebbe PREGHIAMO CON VOI. O anche PREGA CON NOI.
Bella Bolzano- Bressanone, bella la diocesi !!! Questa estate ho visto in molte librerie della zona un numero incredibile di pubblicazioni sul vescovo Egger e la sua fama di santità. Veramente una bella figura! E non dubito che anche il successore sia come lui. In montagna l’aria che si respira è più vicina al Signore. Anche l’albergatore della splendida malga dove andiamo spesso ha una cappellina privata del maso in cui ricorda (e fa ricordare agli ospiti) la mamma morta da poco. Lo trovo una cosa stupenda.
Riguardo a Fazio… Voglio sperare che si tratti di una strategia per poter rilanciare e ospitare in una nuova puntata (al momento credo non prevista perché erano solo 3) il MPV. Il contrario mi sembrerebbe veramente un po’ Fazioso, ma più che altro fuori dal contesto della trasmissione. Quindi immagino che tra poco annunceranno una nuova puntata….
A proposito della preghiera delle suore, una delle mie suore, il giorno del nostro patrono (San Florido, sconosciuto, penso a tutto il resto d’Italia) mi ha salutato (da dietro la ruota) dicendo: “Va alla tomba di san Florido? Preghi per me!”. Sapendo che le suore pregano sette ore al giorno e che sono tutte venute nella mia città solo da pochi anni, sono rimasta molto stupita ed edificata, lo confesso, per non dire che ho avuto una specie di shock.
Antonella: siccome hai parlato più di una volta di “clarisse che celebrano (da poco) il rito tridentino” (e che per di più stanno a pregare sette ore al giorno), mi è venuto il dubbio che le “tue suore” siano in realtà Francescane dell’Immacolata, che risiedono a Città di Castello (cittadina di San Florido, o Fiorenzo) al “Colombaio dell’Immacolata “Monastero S. Chiara” ” :
http://vocazione-religiosa.blogspot.com/2010/09/francescane-dellimmacolata.html
Tutto si spiegherebbe, considerato che tale gruppo di religiose, come i loro confratelli del ramo maschile, è oramai di fatto (se non de jure) “birituale” (o meglio: “biformale”: anche se il rito antico sta prendendo sempre più spazi, a quel che ho capito, visto che ha molto ‘successo’ fra loro religiosi e fedeli che li frequentano).
[Come vedi, Antonella, ho cercato di disseminare nel blog qualche seme di consapevolezza pro-Cristiani iracheni. In ogni caso, sarei anche intervenuto prima a questo post, ma Francesco ha già detto molto: su parenti che se ne sono andati dopo anni di Parkinson -fu il caso di mio nonno materno, con anche una penosa perdita dell’identità, non riconoscersi allo specchio, etc…: una forma sui generis- e sull’osservazione di ‘quanti sacerdoti hanno il parkinson’ (va detto però che, come accaduto a mia padre di recente, preoccupata per un evidente tremore della mano, non sempre trattasi di parkinson o di cose altrettanto o più gravi..) ]
Auguro a tutti buona Domenica.
(E se, Antonella, per ventura ripassi al sepolcro di Florido, ora anche pro me. Grazie!)
il fatto rilevato da Francesco che siano sempre di più i malati di parkinson e di Ahlzeimer non è vero in termini assoluti ma solo in termini relativi e questo ha una semplice spiegazione: si è allungata di molto la durata della vita. Quindi ci sono più anziani, quindi ci sono più casi di malattie che colpiscono gli anziani ( malattie degenerative) . Nei paesi del terzio mondo dove la durata media della vita è molto bassa ( circa 40 anni) i casi di Parkinson sono rarissimi…
La durata della vita porta con se’ uno scotto da pagare. Le cellule che costituiscono il nostro corpo alla lunga degenerano, si modificano, c’è una senescenza dei tessuti , soprattutto quelli cerebrali c he non possono essere ” prodotti” di nuovo , e questa senescenza è come “scritta”
dentro la cellula stessa e non ci si può fare nulla. E’ come se noi fossimo programmati per vivere “bene” un certo numero di anni , poi tutto comincia ad arrugginirsi, a non funzionare più.. chi crede che aver aumentato la durata della vita sia una grande conquista non ha forse mai riflettuto che così si è aumentata solo la durata della vecchiaia e non si è arrivati all'”eterna giovinezza”
aumentando la durata della vecchiaia si sono moltiplicati i malanni della vecchiaia stessa…
MC
Per ritornare anche al caso della disputa sull’eutanasia e sull2accanimento terapeutico” molti forse non considerano una cosa. quanto più la tecnica , la medicina fanno progressi , tanto più ci si allontana da quella “storia naturale”
della malattia e anche della vita umana che nei secoli passati determinava il destino , prevedibile, di un malato e il limite, prevedibile, di una vita umana.
oggi la tecnica ci fa balenare la possibilità di varcare ogni limite e di tenere in vita artificilmente ciò che , se fosse per la Natura, sarebbe già bell’e morto.
in questo scenario inquietante, bisogna assolutamente che un ETICA condivisa dall’intera umanità ponga dei limite alla Tecnica. altrimenti la Tecnica diventerà il nostro idolo e il nostro padrone. e come in un libro di fantascienza gli uomini saranno schiavi delle macchine da loro stessi create…
[Discepolo, non son Biochimico né tanto meno Medico, ma (anche alla luce di quel poco che ho capito dell’organismo umano)… Concordo su tutto.]
Oltre alla Ttecnica e oltre all’ETICA c’è poi la dimensione religiosa. è solo questa , la dimensione dell’AMORE e della FEDE che anima coloro che soccorrono amorevolmente e quotidianamente i malati anche inguaribili..le suore che soccorrevano la povera Eluana..Ma di questa dimensione il mondo di oggi non vuol sentir parlare !!!!.. e non solo Fazio e Saviano.. nessuno vuole sentirne parlare .. la discussione è solo : si può “togliere la spina ” oppure no..
Ma queste facili semplificazioni non spiegano il miracolo dell’amore che nasce dalla sofferenza.. miracolo troppo complicato per essere ridotto a facili slogan e a facili liste da leggere in TV. Cari parenti di malati che volevate parlare da Fazio, forse il fatto che non ve lo consentano è la prova che siete nel giusto! non prendetevela..!!!!
“la Luce venne nel Mondo ma il Mondo preferì le tenebre alla LUCE”
MC
[Mi spiace essere “politicamente” discordante per diversi aspetti, da Te, o Discepola, ma, dopotutto, viva le differenze!
In ogni caso… Una cosa bella (eufemismo) dell’usus antiquior è proprio quell’ ‘Ultimo Vangelo’ (“Inítium S. Evangélii secundum Ioánnem, 1, 1-14”) che il sacerdote quasi sempre legge dopo l’Ite Missa est, alla fine di ogni Eucaristia :
“In princípio erat Verbum, et verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebræ eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut omnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine. Erat lux vera, quæ illúminat omnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria venit, et sui eum non recepérunt. Quotquot áutem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his qui crédunt in nómine eius: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. [*] Et Verbum caro factum est (surgit), et habitávit in nobis: et vídimus glóriam eius, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiæ et veritátis. ”
(*E qui ci si genuflette per tutto “E il Verbo si fece carne”. ) ]
[Ho dimenticato il rubricale “surgit” nel copia incolla…
Approposito: c’è un curialmente spassoso aneddoto rislente ai tempi “siriani” a Genova -che mi venne raccontato da fonte autorevolissima molte volte in maniere sostanzialmente identiche, ma con fioriure varie- . In sostanza: il Cardinale Siri sta pontificando in San Lorenzo (non so se ante o post riforma liturgica: ma per come l’ ‘implementò’ lui, son differenze relative..), e a un certo punto il maestro di cerimonie -o chi per lui- , rivolto ai fedeli, esclama imperativo “Surgant omnes!” ; ci si accorge però subito che in base alle rubriche, diciamo, non è ancora tempo di alzarsi…, al che, il cerimoniere corre platealmente ai ripari con vistoso “Sedeant…sedeant…!” :]
[Anzi, Antonella: se ti rechi di nuovo dal ‘tuo’ San Florido (/Fiorenzo) , chiedigli di pregare innanzitutto per:
1) Il confratello nell’episcopato Karl Golser ;
2) La quasi omonima sorella che tanto ha frequentato questo blog (e che spero stia meglio) . ]
« (Stasera Benedetto XVI presiede in San Pietro la celebrazione dei primi vespri della prima domenica di Avvento.
La liturgia quest’anno è inserita in una «Veglia per la vita nascente», promossa dal Pontificio Consiglio per la famiglia, cui aderiscono le comunità cattoliche di tutto il mondo. Sul significato del l’Avvento e su questo significativo «abbina mento », Avvenire ha intervistato monsignor Guido Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie.)
Monsignor Marini, qual è il significato dell’Avvento?
L’Avvento è il tempo dell’attesa. Dell’attesa che fa riferimento a una venuta, quella del Signore Gesù, il Figlio di Dio, l’unico Salvatore del mondo. Il popolo cristiano, in questo tempo forte dell’anno liturgico, vive la propria fede rinnovando la consapevolezza gioiosa di una triplice venuta del Signore, quella di cui parlano anche i Padri della Chiesa.
Cioè?
Una prima venuta, della quale fare grata memoria, è quella del Figlio di Dio nella storia degli uomini, al momento dell’Incarnazione. Una seconda venuta è quella che si realizza nel l’oggi della vita, e che è incessante. Essa pren de forma in una molteplicità di modi, a cominciare dall’Eucaristia, presenza reale del Signore in mezzo ai suoi, per continuare con i sacramenti, la parola della divina Scrittura, i fratelli, soprattutto se piccoli e bisognosi. Una terza venuta, da attendere nella speranza, è quella che si realizzerà alla fine dei tempi, quando il Signore ritornerà nella gloria e tutto sarà ricapitolato in lui. »
Discepolo: “il miracolo dell’amore che nasce dalla sofferenza”. «La Chiesa non grava gli uomini di un qualcosa, non propone un qualche sistema morale. Veramente decisivo è il fatto che essa dona LUI (…). Essa fa questo soprattutto per mezzo del grande miracolo dell’amore che sempre di nuovo accade. Gli uomini – senza ricavarne alcun profitto, senza farlo di mestiere – motivati da Cristo, assistono gli altri e li aiutano. Questo carattere terapeutico del Cristianesimo, che guarisce e dà gratuitamente, dovrebbe in effetti emergere molto più chiaramente» (Benedetto XVI, Luce del mondo, p. 242).
Tornando al vescovo Golser: “In questa scelta di ‘metterci la faccia’, anche se pallida, per affidare l’annuncio della sua malattia a poche frasi essenziali ed affettuose, Karl Golser offre un contributo forte ed esemplare alla “controreazione” ai lunghi elenchi “eutanasici” telediscussi in questi stessi giorni dopo la trasmissione di Fabio Fazio e Roberto Saviano”. Lo scrive Diego Andreatta in Vino Nuovo. Diego Andreatta, 48 anni, padre di cinque figli, dirige Vita trentina.
http://www.parkinson.it/storie_di_parkinson/pensare_positivo.html
Fazio – Saviano. Untori?
Sì, caro Syruacus, sono proprio le Francescane dell’Immacolata di Città di Castello, che hanno un monastero anche ad Alassio. Purtroppo la mia più valida aiutante tra le suore (33 anni, laureata in lingue moderne e all’8° anno di conservatorio) è stata adesso spostata ad Alassio per motivi di salute. Posso dire che “Latinitas”, rivista del Vaticano, ha ora pubblicato un mio testo latino dal titolo “Scolasticae commentariolum” e relativo all’insegnamento alle suore. Anche il mio nome è stato latinizzato, e quindi non mi chiamo più Antonella, ma Antonilla (come Domitilla o Petronilla). Il quanto a San Florido, le suore hanno recuperato anche gli antichi inni e il proprio dell’Ufficio e della Messa … Puoi leggere qualcosa in “Cerco fatti di Vangelo – Qui è perfetta Letizia”. Grazie a Luigi che l’ha pubblicato. Sed de hoc satis, il seguito al prossimo post. Pregherò per tutti sulla tomba di san Florido, ed anche per i cristiani perseguitati.
Quando l’ipocrisia è affidata alla “replica” televisiva per strumentalizzazioni politiche.
Quando da mesi si sollecita share e auditel in ore ed ore, giorni e giorni di trasmissioni televisive, sul trionfo della morte e del dolore e della sofferenza che aninimano il turismo domenicale ad Atrani.
Quando un ministro dell’Interno si pavoneggia auto incensandosi in una replica televisiva richiesta per lesa maestà sulla specchiata purezza del suo partito e si ritrova 10 giorni dopo con il comune di Desio commissariato per n’drangheta.
Viviamo così, istante per istante sul crinale di questa immensa onda cosmica che è il tempo ed è lo spazio; un’onda che tutto e tutti unisce in un unico destino di immortalità ed eternità.
E sulla schiuma di quest’onda ci generano e rapidamente evaporano le piccole e brevi gioie, i piccoli e i grandi dolori.
Capricci di un Dio burattinaio della storia?
Punizioni di un unico grande primo ed originale peccato?
Risposte che interrogano.
Come si interroga la nostra coscienza sul significato più autentico sul senso del nostro esistere qui, adesso.
Morire prima di nascere, morire bambini, ragazzi, adulti, maturi, anziani.
Morire improvvisamente e morire di un lungo interminabile male.
Morire nello spirito, lentamente, come recita l’incomparabile lirica di Pablo Neruda:
“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca o colore dei vestiti,
chi non rischia,
chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi evita una passione,
chi vuole solo nero su bianco e i puntini sulle i
piuttosto che un insieme di emozioni;
emozioni che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti agli errori ed ai sentimenti!
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
chi rinuncia ad inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia e pace in sè stesso.
Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di
gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare!
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di
una splendida felicità.”
“Pablo Neruda”
Riassumendo…. Muore lentamente chi non ama!
“Anche il mio nome è stato latinizzato, e quindi non mi chiamo più Antonella, ma Antonilla (come Domitilla o Petronilla).”
Che forte!
Da ragazzo, nel paesino sulle colline circostanti Genova presso il mare di levante, fra la Superba e il Tigullio, da cui venne mio nonno paterno (ma le origini più antiche sono camogline), notai per la prima volta nel piccolo cimitero una lapide otto-novecentesca della tomba di una mia antenata, forse cugina di mio nonno, che, con medesimo cognome, portava nome di battesimo “Petronilla”. Fu una gran sorpresa per me, genovese e non romano..
Buona domenica ancora, ad Antonilla.
Caro Syriacus , politicamente non ho nessuna idea particolare tranne che anche in questo campo mi danno sui nervi le facili semplificazioni e gli slogan, e quello “che pensa la maggioranza” e il politicamnte corretto. Già da ragazza , circondata da compagni e amici rigorosamente di ultrasinistra, facevo apposta il bastian contrario , non perchè fossi di destra, ma perchè trovavo insopportabili i vaniloqui dei rivoluzionari da strapazzo miei coetanei.Ricordo discussioni animate fino all’alba., rotture di amicizie , riconciliazioni , prima urla, poi baci e abbracci.
il meno che si può dire è che già allora ero molto polemica.E’ un mio difetto lo so, ma “nobody is perfect”
Alla scelta dell’università poi ero indecisa fra fare Bio-ingegneria o FiIosofia.
(Mi sarebbe anche piaciuto continuare a suonare il pianoforte , ma la consapevolezza che non sarei mai diventata Arturo Benedetti Michelangeli me
lo fece abbandonare. 🙂 )
Di Bio-ingegneria mi affascinava l’idea di poter contribuire come bioingegnere alla creazione di quegli “organi artificiali” , tipo cuore , , fegato artificiale, oltre che arti artificiali, che mi parevano il futuro della medicina. a<llora infatti consideravo il corpo umano niente altro che una "macchina" seppure complessa e complicata.
troppo complicato forse, perchè le mie previsioni sono state smentite . ancor oggi , venticinque anni dopo, si ricorre al trapianto, cioè a ciò che ha già creato per noi la buona vecchia Natura , per sostituire un organo che non funzione, perchè costruire un cuore artificiale non si è rivelato così facile.!!!!!
poi ebbi la mia fase "esoterica". L'incontro con un fidanzato seguace di Rudolf Steiner e dell'antroposofia per un annetto mi ottenebrò la mente( ma mi rallegrò il cuore…) . Finito il fidanzamento i libri di Steiner furono traslocati in cantina dove sono ancora.
però la medicina antroposofica , come quella omeopatica, almeno mi hanno insegnato a non considerare l'uomo come una macchina ma come un 'insieme vitale, un fluire continuo di umori ( Ippocrate aveva già capito tutto!), un insieme indissolubile corpo-mente racchiuso in una FORMA , di platonica memoria.
Mi iscrissi così a medicina. lo studio dell'istologia e della anatomia patologica mi entusiasmò , voleva fare l'anatomo patologo, come l'affascinante Kay Scarpetta risolvitrice di gialli. Per fortuna, poi anche questa fase finì.
Adesso sono un semplice medico pediatra di famiglia che è divenuto consapevole, col tempo, che la medicina è per il 20% scienza, per 80% rapporti umani .
un buon medico secondo me sa , o dovrebbe sapere, dove finisce la cura e dove comincia l'accanimento terapeutico. un buon medico dovrebbe decidere
fin dove è giusto e ragionevole spingersi. un buon medico dovrebbe, con delicatezza, convincere i parenti a non accanirsi dove non è il caso e a persistere invece dove lo è.. un buon medico a volte dovrebbe farsi carico della decisione che certi parenti NON vogliono predendere.. la gente vuole solo essere scaricata dalle responsabilità e dai sensi di colpa.. vuole solo avere una persona di fiducia a cui delegare le proprie ansie.. anche questo è sbagliato forse, ma è la natura umana.
Quello che sono sicura un buon medico non dovrebbe mai fare è la famosa "iniezione letale". Non accanirsi è un conto , vestire i panni dell'Angelo della Morte, che non ci competono, è un altro. L'Angelo della morte verrà per ciascuno di noi esattamente all'ora e nel luogo già stabilito ( RIcordate la canzone di Vecchioni " Samarcanda".. oh, oh cavallo…)
per concludere , sono contenta di aver fatto il medico, non tanto perchè è un bel lavoro, ma perchè mi ha aiutato a capire molto, dalla ragazza estremista
e idealista che ero, della realtà umana.Spero di essere migliorata, anche se certo la vena polemica non me la toglierà mai nessuno…
Un caro saluto e buona domenica a tutti
MC
ecco come avrei voluto saper suonare il piano
http://www.youtube.com/watch?v=jKWkCKdDGVs&feature=related
La perfezione assoluta!!!
MC
Sono d’accordo con te discepolo MC, su tutto, anche su Chopin! Il che non è cosa da poco!
Buona prima d’Avvento a Tutti
Grazie Clodine !
Ti dedico questo. penso che ti somigli, un po’?????
http://www.youtube.com/watch?v=MswHKA4dako&feature=related
MC
MC
“un buon medico secondo me sa , o dovrebbe sapere, dove finisce la cura e dove comincia l’accanimento terapeutico. un buon medico dovrebbe decidere
fin dove è giusto e ragionevole spingersi. un buon medico dovrebbe, con delicatezza, convincere i parenti a non accanirsi dove non è il caso e a persistere invece dove lo è.. un buon medico a volte dovrebbe farsi carico della decisione che certi parenti NON vogliono predendere.. la gente vuole solo essere scaricata dalle responsabilità e dai sensi di colpa.. vuole solo avere una persona di fiducia a cui delegare le proprie ansie.. anche questo è sbagliato forse, ma è la natura umana.
Quello che sono sicura un buon medico non dovrebbe mai fare è la famosa “iniezione letale”. Non accanirsi è un conto , vestire i panni dell’Angelo della Morte, che non ci competono, è un altro.”
—
SOTTOSCRIVO.
Solo che nella fattispecie della narrazione di Saviano si raccontano due diverse storie di amore e di dolore estremo che nulla hanno a che fare con gli aspetti etico-tecnici sul fine vita nè mi è parso trattarsi di uno spot sull’eutanasia. Così come non mi pare vi sia stato nè un richiamo nè l’elogio dell’Angelo della Morte.
Il punto critico della questione e per nulla facile da districare mi pare sia il definire l’accanimento terapeutico e la responsabilità primaria e totale dei familiari nella decisione dopo aver ascoltato il parere/consiglio del medico di fiducia.
Il Vescovo Golser è davvero una splendida persona: sono molto rattristato per la sua malattia.
Un saluto a tutti !
Roberto 55
Grazie discepolo MC,Debussy mi ha fatto venire la pelle d’oca. Eppoi si…ho i capelli biondi..come hai fatto ad indovinare…(?)
Grazie di cuore!
Cari amici virtuali,
a distanza di tempo, taluni commenti continuano ad avvitarsi su se stessi,
mentre Luigi ci invita a “prendere il largo”…
Anche io provo la stessa tentazione,
di reazioni,
di parole.
Eppure,
quale gioia, quando qualche giono fa mi è arrivato “Il regno” e correndo subito a leggere le ultime pagine (le accattoline), mi sono state balsamo per il mio cuore sempre tentato alla chiusura.
E’ così difficile prendere il largo?
Bellissima la testimonianza di Golser,
ma, amici,
non annulla la sofferenza nella carne di chi non riesce a sopportare i cumuli di parole
di cui chi sta con la pancia piena riempie articoli…
Ringrazio Golser, come Luigi che me lo fa notare,
che pongono la sofferenza vivente fuori dagli schemi ideologici,
facendone semplicemente e soprattutto testimonianza.
Chi soffre desiderando la morte,
come chi soffre desiderando la vita,
sono due aspetti della medaglia,
e ci chiedono riflessione, amore, servizio, discernimento.
Io stesso ho una paura fottuta del dolore e della sofferenza,
e non conosco le mie possibili reazioni future,
dinanzi a scenari a me ora sconosciuti.
La fede talora offre conforto,
ma la stessa fede ad altri offre buio ed oscurità,
pur tutti nella stessa divina figliolanza,
“coeredi di Cristo”.
Qui non c’è teologia che tenga,
c’è soltanto persona e persone che vanno sempre e comunque rispettate e amate
fuori da ogni schema.
Un abbraccio
“Qui non c’è teologia che tenga”
Beh, proprio ieri scrivevo un messaggio (fra i molti che sto scambiando) ad una amica il cui padre è all’ospedale in condizioni disperate, con complicazioni su complicazioni ed una sofferenza che va probabilmente al di là del normalmente immaginabile, o persino normalmente sperimentabile (anche come sensazione di essere abbadonato dal personale ospedalieto, che già ti vede “più di là che di quà”..).
Visto che tale coetanea ha avuto sciagure di ogni genere, la cui percezione è stata forse amplificata dalla “eccessiva” ‘religiosità’ della sua famiglia (specie la madre), le riportavo un aneddoto che mi raccontò un volta -quasi a mò di barzelletta- un simpatico collega, circa un uomo (penso di popolo) anziano che, incontrando al capezzale un sacerdote, ebbe con lui il seguente scambio (più o meno) :
Malato: Ma com’è possibile soffrire così..?!?
Prete: Eh, pensi Nostro Signore quanto ha sofferto…
Malato: Sì, ma per lui, dopo qualche giorno è finita lì..!
Ovviamente non si parla di una fine battuta di Odifreddi al festival della Dissacrazione, bensì di una reazione “umanamente” spontanea di un uomo ‘qualsiasi’, forse sì, non troppo “religioso” (o meglio “di fede”).
Ovviamente questa amica è molto versata in “teologia” (anche troppo) , e il mio era un inciso umano-troppo-umano -ma forse anche a mò di “umorismo giudaico”- tanto per distrarla un attimo sul Golgota paterno.., lei ed io nondimeno coscienti di quanto il discorso sull’umano soffrire sia capitale, nel cristianesimo..
Ricorderò però sempre il mio nonno materno, già erculeo e sveglio agricoltore reduce dalla Russia ma caduto infine larvato progressivamente dal parkinson e inghiottito da un generale annebbiamento (che lo portò a parlare con il suo alter ego allo specchio e a non riconoscere sua figlia) , che alternava, in dialetto, pur nell’ottenebramento avanzato, “E’ meglio morire”, e a mò di giaculatoria, “Signore, aiutatemi!”.
Ma: non c’è, da ultimo, analogia con la Croce di Gesù, che tenga -al pari delle teologie- ??
“Siur, iutäm!”
“Prendere il largo”, fu una sorta di ‘tormentone’ a livello diocesano, qui a Genova, a inizio Millennio, sub Dionisio :
«A molti, forse a tutti, è noto l’incisivo invito con il quale il Papa Giovanni Paolo II si è rivolto all’intera Chiesa all’inizio del nuovo Millennio. Così ha scritto: “All’inizio del nuovo millennio… riecheggiano nel nostro cuore le parole con cui un giorno Gesù, dopo aver parlato alle folle dalla barca di Simone, invitò l’apostolo a ‘prendere il largo’ per la pesca: ‘Duc in altum’ (Lc 5, 4). Pietro e i primi compagni si fidarono della parola di Cristo, e gettarono le reti… Duc in altum! Questa parola di Cristo risuona oggi per noi…” (n. 1)
E’ proprio così: questa parola risuona per noi, per noi tutti. E risuona anche per voi, carissime famiglie di Genova!
Ma che rapporto esiste tra questo invito pressante a prendere il largo e la festa prossima del Natale? Il rapporto c’è ed è molto stretto. Perché ” prendere il largo” non è solo un impegno che sentiamo di doverci assumere, ma prima ancora un dono che siamo chiamati ad accogliere e per il quale gioire nel profondo del cuore. E questo dono lo scopriamo destinato a noi, proprio nel mistero del Figlio di Dio che si fa uomo per la nostra salvezza.
Non è forse difficile prendere il largo da soli? Anzi, non è addirittura impossibile, e l’esperienza quotidiana ce lo insegna, lasciare alle spalle una vita mediocre con le nostre sole e piccole forze? Natale è salvezza anche della famiglia perché essa vi scopre la sorgente di una nuova vita che è dono di Dio. Che cosa, infatti, è venuto ad annunciare il Signore, anche alle famiglie, se non la possibilità di un’esistenza diversa, perché elevata, nobile, bella in quanto abitata da Dio, da lui sostenuta e ispirata?
Natale, perciò, è per ogni famiglia momento in cui riscoprire che, grazie a Dio, essa è fatta per grandi traguardi e che, questi traguardi, deve impegnarsi a raggiungerli giorno dopo giorno, nel segno della fedeltà, della generosità e dell’entusiasmo.»
http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=305
(All’epoca, un anziano sacerdote, adorabile scettico santo-suo-malgrado, mi disse, ridendo ‘sotto i baffi’ : “Ma il Dionigi viene da dove il mare non c’è… Se sapesse i marinai genovesi quanta voglia hanno di prendere -davvero- il largo, quando accenna la burrasca…”)
[Più che altro, l’ironia dell’anziano -ora compiantissimo a livello arcidiocesano- sacerdote era: “facile dire ‘prendi il largo’ , sul lago di Genèsaret ; altra cosa è dire ‘prendi il largo’ quando si tratta del Golfo di Genova..”
“Prendi il largo, Chiesa di Genova”, fu infatti… :
http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=304
“Chiesa di Genova, prendi il largo
Percorso pastorale diocesano per l’anno 2001-2002”
(sull’ “onda lunga del Giubileo”) . ]
[ Comunque, a quanto vedo, il Vescovo di Piacenza Gianni Ambrosio … (già cappellano della Cattolica di Milano) :
“Con il Convegno pastorale di Pianazze ai primi di settembre si è aperto il nuovo anno pastorale. “Prendi il largo” è il titolo scelto per il 2009-10 dedicato ai primi passi della Missione Popolare Diocesana ed accompagnato dalla Lettera Pastorale del Vescovo mons. Ambrosio.” ]
Nonostante il nostro dottrinare ci faccia discutere su tutto,
la carne e la psiche quando dolorano non dottrinano mai, non fanno mai teologia,
dolorano e basta sino allo sfinimento, sino alla porta che somiglia ingresso alla morte, quando non la oltrepassano.
“L’anima mia è tutta sconvolta,
ma tu, Signore, fino a quando…?”
“Fino a quando o uomini?”
Se nel lago vi sono sempre i soliti pochi “pesci”
è bene prendere il largo se si vuole fare una buona pesca.
Sembra che Gesù avesse esperienza tanto di pesci, di pesca e di largo…
«Guardare più ampiamente e andare al largo»: Giovanni Paolo II, enciclica Dominum et vivificantem (È Signore e dà la vita), maggio 1986.
Non ho mai messo in discussione le conoscenze ittiologiche, di scienza della pesca, limnologiche, nonchè batigrafiche di Nostro SIgnore Gesù di Nazareth, il Cristo. (D’altronde, come una delle tre Persone della Trinità, credo che se ne intendesse -e se ne intenda ancora- di quel che aveva creato qualche tempo prima..)
Parimenti, non ho mai messo in dubbio il concetto stesso di “prendere il largo”, per quanto forse un poco ‘inflazionato’ (forse, ma solo ai miei occhi) nelle Curie..
Ma, non so come dire: mi pare un “invito” talmente implicitamente presente in pressoché ogni pagina di Evangelo, che ricordarlo troppo di frequente in forma esplicita, mi pare un pò -perdonatemi l’espressione- “pioggia sul bagnato”. Ma repetita juvant, quello sì, senz’altro. (E scusate ancora la mia idiozia, perdipiù supponente.)
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