Benedetto XVI è partito per l’Africa e uno si chiede che cosa vada mai a cercare questo profeta disarmato nella valle di lacrime che è oggi il continente nero. Ci va perché laggiù c’è una comunità cattolica in impetuosa crescita, che sta mandando missionari verso di noi e che va esplorando – quasi a tentoni – la propria identità. Ma ci va anche in segno di vicinanza con quei popoli sofferenti per la fame, la guerra e la pandemia dell’Aids. “A peste, fame et bello libera nos Domine” potrebbe essere il motto di questo viaggio al quale probabilmente il mondo – compreso il mondo dei media – resterà indifferente. Merita invece che se ne parli, di questa missione compiuta per affermare la speranza a dispetto di ogni disperazione. Aiuterebbe a guardare al mondo e alla storia oltre gli schemi imposti dagli interessi dei popoli ricchi. Per me è stato così tutte le sedici volte che sono andato in Africa con Giovanni Paolo. Per chi è interessato alla riflessione di un veterano dei viaggi papali che stavolta seguirà da Roma l’impresa di papa Benedetto, segnalo questo articolo che ho scritto per Liberal: http://www.liberal.it/primapagina/accattoli_2009-03-17.aspx#
Il papa in Africa in cerca di futuro
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E disse un altro Mancuso : “Se davvero Ratzinger vuole ‘soffrire con i sofferenti’, allora invece che fare un tour diplomatico turistico, si fermi qualche giorno nei gironi infernali degli ospedali del continente nero, zeppi di persone morenti, tra atroci dolori. Forse potrebbe finalmente cambiare opinione”.
http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/daassociare/visualizza_new.html_907427314.html
(Scopriamo anche che un “comportamento umano morale e corretto” può anche essere definito “opinione politica”.)
[Vedete, il problema a mio avviso non è l’Arcigay in quanto tale – e la sua ideologia, laicamente rispettabilissima in uno stato non etico- , piuttosto, che quest’ultima arrivi a confondere la Ecclesia Catholica con …l’OMS.]
Caro Luigi qualche giorno fa discutevo con un amico della presenza dei sacerdoti africani in Italia, alla quale fai riferimento in coda al tuo articolo su Liberal. Commentavamo che i “preti immigrati” sono una risorsa numerica, un innesto prezioso di carismi ma anche un problema quotidiano. Per almeno due ordini di ragioni. Il primo è che molti di loro arrivano completamente crudi d’italiano e storditi da realtà urbane così diverse dalle loro, ma vengono privati della possibilità di vivere la loro presenza nelle nostre parrocchie come un’esperienza formativa: a causa della carenza di sacerdoti il loro non è un apprendistato ma di fatto uno svezzamento affrettato. Si trovano sulle spalle responsabilità parrocchiali senza avere il tempo di ambientarsi. E spesso la loro presenza finisce con l’essere banalizzata dal giudizio per le omelie arrangiate, le confessioni fraintese, le attività pastorali balbettate. Il secondo aspetto è legato alla “fuga dalle origini”. Ci è capitato spesso di incrociare religiosi per i quali, una volta arrivati in Italia, la prospettiva di un ritorno in patria è vissuta come un incubo. Ma allora si tratta di vocazioni o di richieste di “asilo religioso”? E le congregazioni, assetate di nuove forze, sono abbastanza rigorose nel valutare questo aspetto? Forse il problema delle vocazioni religiose è più complesso di quello della manovalanza operaia: non basta compensare le lacune nostrane con gli innesti d’oltre Mediterraneo. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi.
E’ lo tsunami dello Spirito andreacs, il rimescolamento delle genti. I preti africani tra noi li devi prendere come i nostri missionari tra loro, e non oggi, ma nel Seicento, o all’inizio dell’Ottocento: andavano senza conoscere nessuna lingua e sparlavano di Dio a gesti, ma erano mossi dall’amore e questo ha fatto il resto. Credo lo si possa dire anche dei preti neri che oggi vengono tra noi e che sono molto più preparati alla bisogna di quanto non lo fossero i nostri laggiù. E bada che tra i missionari bradi ci metto anche Francesco d’Assisi, che di sua capocchia nel 1219 uscì dal campo crociato di Damietta e arrivato alle postazioni saracene danzava e gridava “Soldan Soldan” non sapendo dire nient’altro. Quelli ovviamente lo presero a bastonate: l’avrei fatto anch’io. Tutte le tue osservazioni sono rispondenti alla mia notizia del fenomeno. Ma c’è qualcosa di più alto che ci conduce tutti e ci permette di guardare con fiducia a quanto non sapremmo accettare dal punto di vista delle strategie pastorali o della mediazione culturale.
molti però dicono: noi si andava lì per amor di Dio e delle anime.
loro vengon qui per amor di pane e prosperità…
Non sarà vero per tutti… ma la media è altina…
Magari uno andava frate perchè si trovava male con la matrigna e poi finiva in Africa dritto come un fuso. E può essere che oggi uno dell’Africa venga quassù perchè è il primo della classe nel piccolo seminario della foresta equatoriale e quando è qua finisca parroco ad Arezzo prima di aver fatto mai il viceparroco. Pensi maioba che lo Spirito abbia più difficoltà con questo che con quello?
Che bello.
Finalmente un parlar serio.
Io maioba ho le stesse perplessità tue, ma la risposta di Luigi, mi ha fatto riaffiorare i vecchi ricordi…..
lo zio che zappando la campagna da ragazzo si fece male e decise che non voleva più zappare ed entro’ in seminario. Ora plurisettantenne. Racconta di quella strana avventura. c’era fame, tanto lavoro. Divenne prete. Quando lo conobbi, ebbe subito il mio affetto, era ed è fantastico.
Ancora quante storie tra frati o monaci.
Sai si entrava verso i 13 anni, spesso si era spinti dalla fame.
Eppure tra loro ne ho incontrati di particolari, quasi mi ricordano di quelle figure di Staretz che si leggono nella spiritualità orientale. In qualche modo il buon Dio ha lavorato con loro “si revera Deum quaerere”, e ho incontrato volti trasparenti.
Non ti nego di aver incontrato altrettanti figli di puttana, ma forse il Buon Dio aveva messo in conto tutto questo
Ecco che Luigi mi ha fatto ricordare le tante figure straordinarie positive ma anche certi meretrici, che ho incontrato nella vita tra sacerdoti e religiosi.
Se non ricordo male, spesso tu ricordi l’illogicità umana della logica di Dio che si permette di fare la cosa più imbecille per qualsiasi uomo, lasciare le sicure 99 pecore, per andare a cercarne una chissà dove dispersa, e non si cura delle 99 finchè non ha trovato quella dispersa. Ma nella normale umanità, quale imbecille agirebbe in un modo simile !!!!!!!
Il Papa, è in Africa, non so di cosa stia parlando veramente, ma i mass media, mettono l’accento solo su AIDS e preservativi.
Ma il papa non ha parlato, credo, solo di questo.
Bisognerà attendere che il sito vaticano pubblichi gli interventi del papa, per sapere le parole reali.
Possibile che sia colpa solo dei mass-media, che non riescono a capire il papa?
Possibile che al papa non interessa il riverbero delle sue parole attraverso i media in tutto il mondo occidentale?
Possibile che al papa, non interessa trovare un sistema per comunicare attraverso i media senza far strumentalizzare solo singole affermazioni?
Basta soltanto pensare che i media sono nelle mani di Satana?
Semplicistico! troppo semplicistico!
No, Luigi, lo Spirito non ha nessuna difficoltà con nessuno. Soffia dove vuole.
Ma noi siamo chiamati anche a dare risposte un po’ pragmatiche ai problemi non delegando allo Spirito quello che nemmeno lo Spirito, si dice, può fare… (Gratia supponit naturam. Non destruit sed perficit).
Non ne faccio una questione moralistica (nel senso deteriore del termine)…
Però ho come l’impressione che la prospettiva fosse diversa… e che i missionari andassero in paesi ignoti (come tu stesso dici di Francesco) col solo desiderio di portare Cristo, non certo con quello di arricchirsi o sistemarsi.
L’ondata verso di noi invece mi pare abbia un diverso orientamento.
Ma forse mi sbaglio
“Affermare la speranza a dispetto di ogni disperazione.”
Direi che questa è una magnifica intenzione di preghiera, e un programma urgente per l’Africa, ma anche un’esigenza per il mondo intero.
Che si veda questo, nei cristiani, questa pervicacia, questa follia apostolica, questo grido impetuoso, che scuote il vento.
E ringraziamo Luigi per queste spigolature, disseminate quasi distrattamente lungo la strada come piccole edicole teologiche.
Matteo, il Papa più mediatico che si può, Giovanni Paolo II, ha subito lo stesso trattamento banalizzante; sin dal primo giorno.
Ricordo un giovane esponente politico che imbasti un piccolo comizio partendo da una censura.
Dal profetico “non abbiate paura di far parlare Cristo all’uomo” al miserino e politicamente corretto “non abbiate paura punto e basta”.
Il papa va in Africa e vorrebbe starci di più di quanto lo consentono circostanze e poteri,
mentre quello stesso esponente (senza quasi, ahimè, più base è, fatta salva la trasfusione di sangue romagnolo) ha ora l’occasione di culminare un suo desiderio …
E’ la stessa logica falsamente comunicativa che fa blaterare il telecronista mentre il papa parla o, peggio, mentre il papa o il più piccolo prete di campagna celebra il santo sacrificio.
Io non ho paura (visto che il papa va a trovare, in qualche modo, una terra ma anche una Chiesa, perseguitata), a dire che anche questa è, magari più sottile, PERSECUZIONE.
Almeno questo papa che non ha fatto parte della resistenza come quell’altro , non va in africa mentre a Roma gli costruiscono la piscina .
Mi semba che ci sia piu coerenza in questo sul piano del vangelo .
( segue il passo sul giovane ricco )
Scusa lyco,
ma mi sembra troppo facile parlare di persecuzione.
Spesso ho sentito miei amici, alla fine di una messa dire:
Finalmente, questo sacerdote è stato così baravo che ci ha fatto gustare la santa Messa.
Questo per me è l’esempio lampante di persone che si sforzano di farsi capire e di rendere accessibile la dimensione cristiana e nello specifico liturgico.
Ha un senso, se Roncalli, Luciani, quando parlavano, riuscivano a colpire nella loro immediatezza e semplicità il cuore delle persone.
Questa è la misura.
La capacità di toccare il cuore.
Parlassi tutte le lingue di questo mondo……..
ma è la carità…..
Fino ad ora ho provato di persona che quando si sa parlare di Cristo, anche in modo esigente,
ma partendo dalla profondità del cuore, in un senso di profonda com-passione con ogni uomo/donna,
Cristo tocca il cuore,
e non ci sono fraintendimenti.
Le persecuzioni sono ben altre.
Affus che palleeeeeeeeee!!!!!!!!!
fatte vedè dallo strizzacervelli!!!!!!!!!!!
Maioba. Mi sembrano diversità minime, increspature, rispetto all’impresa abissale per quelli e per questi che è di andare per il mondo a propagare la fede in Cristo. Anche i nostri i nostri contadinelli andavano nei seminari per scampare alla fame e infine arrivavano in Africa. Forse oggi – per gli africani che restano tra noi – la spinta promozionale è nella fase finale, invece che in quella iniziale, ma sempre c’è una motivazione umana e sempre possiamo-dobbiamo supporre un supplento dall’alto. Trattandosi di predicare una stoltezza e uno scandalo, io credo che dobbiamo confidare soprattutto su quel supplemento.
E’ comunque giusto che in Africa (come del resto in Europa, e in Italia…) si faccia un serio lavoro sulla verifica delle vocazioni.
Motivazioni, condizioni di partenza, potenziale dei candidati.
Tenendo anche conto delle specificità del contesto: avete mai pensato che cosa è il concetto del celibato per la cultura africana?
Qualcosa di molto, molto, molto estrinseco, davvero un prodotto portato da fuori.
Non a caso, da parte di molti si ritiene che in quel continente – ove più ove meno – l’infrazione a tale norma sia tacitamente condivisa, coi superiori che chiudono tutti e due gli occhi e le comunità che sanno e sostanzialmente approvano.
C’è poi lo specifico della cultura africana: il diritto, la liturgia, le preghiere di guarigione, ecc. Tutto ciò che insomma Milingo – al di là delle pagliacciate ultime – ha sempre cercato di rappresentare, ben dovendo noi essere consci che egli è tutto fuorchè un isolato esuberante.
Mi auguro che il Papa veda anche tutto questo e possa aiutare la ricerca di risposte.
Luigi son contento della tua apertura e lo dico sinceramente: mi fa sempre impressione chi sa affidarsi a Dio più e meglio di me. Però vedo con i miei occhi realtà diverse, molto vicino a me. Noto tante e tante difficoltà e mi chiedo: gliele abbiamo insegnate noi, come accisa sull’evangelizzazione, oppure appartengono alla loro cultura di provenienza?
Quest’anno probabilmente -dietro richiesta- andrò a fare un mese intensivo in un paese africano, per insegnare teologia nel seminario, dove pare che il livello sia quello del catechismo…
L’idea di andare mi stuzzica, non per fare il saccente, ma per aiutare quei seminaristi a diventare buoni preti.
Speriamo in bene!
Non credo che i preti africani vengano qui solo o principalmente per sfuggire alla fame e trovare sicurezze umane (quali, poi, ora che più garantita nemmeno la perpetua?).
Ho organizzato un incontro culturale nella mio diocesi e ho visto un paio di parroci di origine africana partecipare con molta ttenzione, mostrando (anche in altre occasioni: ricordo un’omelia in occasione del funerale di una zia di mia moglie) una sensibilità spirituale e culturale che è raro trovare nei preti “nostrani”.
Affus: “questo papa (…) non va in africa mentre a Roma gli costruiscono la piscina”. Pare che la piscina nella testa di affus abbia preso il posto dei pacifinti. Come diceva quello: un’idea per volta.
caro Maioba,
se vai in Africa ti faccio i miei auguri.. il cosiddetto
“mal d’africa” infatti non è una leggenda…io sono stato in Africa per un anno
come medico parecchi anni fa… eppure ancora adesso sento quella nostalgia
che si dice colpisca chiunque è stato in africa e gli faccia
desiderare con uno strano struggimento di tornarci.. ma il mal d’africa non è solo questo, lì le cose non sono come qui, non è solo il sole che è più forte..la luce è diversa,e anche l’oscurità è diversa , la realtà è diversa..
lì l’animismo e il panteismo non sono solo parole vuote..lì da ogni cespuglio,da
ogni albero respira un dio o un dèmone e li puoi sentire ,se sei minimamente sensibile… come ha descritto benissimo Conrad in “Cuore di tenebra”
lì c’è anche il rischio elevatissimo di passare al lato oscuro….
molti che sono partiti animati da buone intenzioni , parlo di medici,
lì sono completamente cambiati….
ma forse questo succede solo agli ipersensibili
Caro Luigi, mi sembra che Maioba sia giustamente un po’ più realista.
Tra l’altro un mio amico prete dello Utah,( diocesi con un territorio grande come tutta l’Italia, dove sono sparsi 250.000 cattolici e 70 preti), ex vicario episcopale, mi disse che da noi in Usa non arrivano i primi del seminario, ma q
scusate mi è partito l’invio!!!
stavo dicendo: non arrivano i primi del seminario, ma quelli con problemi vari, di cui i vescovi sono molto contenti di difarsi.E sovente ci sono stati molti problemi, soprattutto per quanto riguarda il celibato e il fraintendimento da parte dei preti, del comportamento delle donne, diverso da quello a cui loro erano abituati.
In Italia sarà diverso?
Durante e dopo il mese africano Maioba ci dirà.
maioba,
sono sicuro che farai benissimo. Buon lavoro e buona fortuna!
Grazie Discepolo per quelle parole di emozione della tua esperienza africana, mi hai fatto percepire qualcosa di molto forte.
“essendo di natura divina, spoglio’ se stesso”.
quando nelle riflessioni dei miei compagni di condominio… percepisco questa sensazione ne provo una bella consolazione (alla maniera ignaziana).
Purtroppo mi ritrovo a condividere più facilmente lì dove è l’insicurezza, il dubbio, la povertà di spirito.
E’ il mio limite di cristiano.
Picchio,
scrivi dagli USA?
Da Elina Paganotto ricevo questo messaggio:
Gentile Sig. Accattoli, un anno fa, circa, ci siamo incontrati al Corriere della Sera e sono stata proprio contenta di averla conosciuta. Sempre la seguo, prima attraverso il giornale, ora tramite il blog. Non voglio lasciar passare l’occasione per manifestarle il mio totale accordo riguardo la sua opinione sulla lettera del Papa ai vescovi. Tutta la mia vicinanza, ammirazione e affetto per questo grande Papa,sempre “ferocemente” aggredito, qualsiasi cosa dica. Al meno da parte di tanti che… veramente lo conoscono? Un cordiale saluto, Elina Paganotto
Mon Dieu , Mon Dieu ! Salvè vous l’afrique !
ma perchè , qui nessuno le vuole piu sentire le tue panzane che devi andare rompere da quei poveretti ?
ti portassi una bella zappettina , faresti cosa migliore !
Buon lavoro maioba e grazie, grazie Picchio, grazie discepolo … e … grazie Luigi.
uff! Anche a me è partito l’invio e … un grazie di cuore a matteo … perchè ora so che non sono sola nella mia insicurezza e nei miei dubbi … soprattutto su me stessa come cristiana
no …. il mio augurio …. non l’avrai ….se te ne vai ….
Pregherò per quei poverini .
Possibile affus che devi aggredire chiunque e giudicare chiunque?
posso essere costernato?
E’ possibile, che posso disquisire su mio fratello, su il tal reverendo, su il tal monsignore, su il tal giornalista, su il tal politico,
ma se si disquisisce su il papa, deve essere ricondotto a feroce aggressione.
E’ possibile che ci sia una così tale ipersensibilità che per certe persone ‘è il tabù per cui è vietato discutere sulla persona e sul pensiero del papa?
Il Papa è o non è un personaggio pubblico?
Il Papa parla pubblicamente?
Il Papa, fa azioni pubbliche?
Ebbene, non essendo una realtà privata ma pubblica e visto che parole e gesti sono pubblici, è regola del convivere civile che egli sia soggetto al pubblico dibattito, su di lui si possa disquisire, è un essere umano con cui si può anche non avere lo stesso accordo di pensiero.
Insomma il Papa non è DIO.
E’ soltanto un uomo scelto tra uomini, un vescovo tra vescovi, che seguendo l’esempio di Pietro deve tenere l’unità della Chiesa nella sua universalità.
Finchè Benedetto parla pubblicamente, e interviene nella vita pubblica di cittadini cristiani e non, tutti hanno il diritto di dire il proprio pensiero sul Papa stesso, piaccia o non piaccia.
Non esiste più il reato di lesa maesta’ se si contraddice il sovrano, per fortuna.
Abbiamo un solo Signore, abbiamo un solo Padre, abbiamo un solo Maestro, diceva Gesù, ma non si riferiva nè a Pietro nè al Papa,
ma al SUO PADRE.
io non aggredisco , non sono ipocrite, molti vanno lì per turismo , le missioni sono finite !
……
“da allora molti suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano piu con lui ” . Gv.6,66
affus, cosa ne sai tu per che cosa “vanno lì”? Perchè devi giudicare le intenzioni? Perchè ci devi vedere per forza il male e l’errore?
stavo su una mailing list di missionari saveriani e di altri ordini sparsi .
la sera stava uno che faceva il resoconto di tutto il bene che faveca durante la giornata , si credeva gesu cristo, poi magari andava a finire che al rientro in italia lo dovevano ricoverare all’ospedale di igiene mentale ….
Tutte persone esurite e affette da parnoia ……. al 90% .
Mi sono letto le statistiche su questi nuovi missionari e ho avuto conferma di quel che vedevo e intuivo . ecco , il nostro non sta lì ……
Tanti missionari tendono a trasformarsi in operatori sociali,
in funzionari di organizzazioni umanitarie, magari in apostoli di
rivoluzioni politiche. Dunque, tacciono spesso sull’ annuncio del
vangelo come speranza di vita eterna, sulla necessità del battesimo
per partecipare di questa promessa. Si è arrivati al punto di
scoraggiare le conversioni al cristianesimo, rovesciando
paradossalmente il ruolo del missionario. Ma questo non avviene per
qualche luciferino complotto o per mancanza di buona volontà, che in
realtà abbonda: bensì, per una crisi di fede, che trasforma l’ ardua
credenza in Dio in un ben più comprensibile progetto di solidarietà
umana.
Caro Luigi , Cicerone diceva : temi l’uomo da un libro solo !
e aveva ragione .
Il vescovo di Pointe-Noire: si comportava male con le donne
«Dissi a frate Fedele: via dall’Africa»
In Congo, dove Bisceglia ha aiutato i poveri. Il fratello del
prelato: lo vedevano con prostitute. Ma c’è chi lo
difende: «Maldicenze» STRUMENTI
La missione di padre Fedele in Congo
DAL NOSTRO INVIATO
POINTE-NOIRE (Congo Brazzaville) – «Più volte gli ho consigliato di
smettere, di cambiare vita. Ma lui è un testone, non ne ha mai
voluto sapere. L’ho pure ammonito: “Se continui, finirai in galera”,
gli dissi una volta. E così è andata». Monsignor Jean Claude Loemba
Makaya, vecovo di Point Noire, la città portuale congolese, ricca di
pozzi di petrolio e di piattaforme in mezzo al mare, dove padre
Fedele Bisceglia ha costruito un dispensario e un centro
d’accoglienza per ragazzi di strada è reticente, fa fatica a parlare
di questo frate dal comportamento spregiudicato, venuto dall’Italia,
che si circondava di ragazze e signorine.
A ogni domanda nicchia, fissa con uno sguardo penetrante
l’interlocutore, non sa se rispondere o meno. Sembra compresso tra
la voglia di raccontare e l’ordine di non parlare. «Sono un uomo di
Chiesa e anche un giurista. Devo tenere la bocca cucita – mima
disegnando una X con le dita davanti alle labbra. Poi aggiunge -.
Gli ho parlato tante volte da fratello a fratello gli ho detto di
cambiare atteggiamento verso le donne. L’abbiamo diffidato: se ti
comporti così non tornare». Ma lui ha ammesso qualcosa? «No, ha
sempre negato qualunque addebito». Ma in Africa le voci corrono.
Si diceva che con i suoi amici frequentasse prostitute. Lei ne sa
niente? Il prelato si ferma a pensare; non risponde; scuote la
testa. E violenze sulle donne? «No, no, violenze mai». Ma c’è un
dossier su di lui? «Non posso farlo vedere». Allora esiste.
Silenzio. Il fratello del vescovo, Marzial Makaya, è il nuovo
gestore del centro d’accoglienza per i ragazzi sbandati. Lui è
durissimo: «Dormiva in continuazione con donne che venivano a
trovarlo. Il suo caso è stato discusso anche in seno alla conferenza
episcopale congolese che alla fine gli ha intimato di non tornare
più». Infatti Padre Fedele non si vede da queste parti da almeno due
anni.
«Meno male», sottolinea Marzial Makaya, che chiama a testimoniare
Hélène Kinbanfu, 20 anni. La giovane donna conosceva bene Padre
Fedele. La ragazza veste in un modo piuttosto spregiudicato e usa un
trucco assai pesante. «Parla, parla francamente», la incita Marziale
e lei racconta. «Una volta sono stata in camera da Padre Fedele per
chiedergli dei soldi e lui mi ha accarezzato le gambe facendomi i
complimenti sulla mia bellezza».
Ma ti ha chiesto di andare a letto con lui? «No questo no», risponde
Hélène sicura. Marzial deluso rincara la dose: «Se non è successo
con lei, sarà successo con qualcun’altra. Lo vedevano sempre al
ristorante Chez Gaspard con quelle là». Quelle là sarebbero le
prostitute che a centinaia pullulano per le strade di Point Noire,
alla ricerca di ricchi clienti occidentali, quelli impiegati nelle
società petrolifere (l’italiana Eni compresa) che sfruttano i
giacimenti congolesi. Ma camerieri e proprietario di Chez Gaspard
negano: «E’ vero, veniva spesso, ma portava a mangiare qui i bambini
del centro d’accoglienza, nient’altro».
Marianne Ntoso è infermiera presso il Centro Polio, fondato da Padre
Fedele. «Ma lui purtroppo qui è venuto solo all’inizio, prima
dell’inaugurazione, avvenuta il 22 giugno 2004. Poi non l’ho più
visto. E’ vero è molto chiacchierato, ma sono solo voci». Le voci
parlano anche di un figlio ma in tre giorni di ricerche a Point
Noire, del «figlio del frate» non c’è neanche l’ombra, nonostante la
promessa di una buona mancia per chi l’avesse trovato. Frère Jacques
è un francescano belga. A vederlo accasciato su una poltrona da cui
si alza a fatica sembra centenario: «So che c’era una lite tra lui e
il vescovo – confessa -. Padre Fedele era accusato di andare con le
donne – e qui scoppia in una fragorosa risata che lo scuote dalla
testa ai piedi facendogli rischiare un collasso – e il vescovo e i
suoi amici di volersi impadronire delle strutture create dal
missionario». Perché ride? «Era risaputo che Padre Fedele andasse
con le donne, ma ha fatto buone cose, ed è questo che conta».
In realtà sembra che un’amica particolare Padre Fedele ce l’avesse
davvero: Josiane, morta però, per una brutta polmonite, a 30 anni,
nel novembre scorso. Gli stava sempre accanto. Anche di
notte? «Certamente» racconta Hélène. Ma la si può definire le sua
fidanzata? «No, questo no. Fidanzati vuol dire futuri sposi.
Diciamo, la sua amichetta». La sorella di Josiane, Noëlle, alla
domanda: “ma erano fidanzati?” non vuol rispondere: «Io ho posto più
volte questa domanda a Josiane, ma lei ha sempre negato. Io però ho
i miei dubbi. Stavano troppo tempo assieme». L’abito non fa il
monaco, questo è certo, e Padre Fedele sembra la prova provata di
questo motto. Le accuse che girano qui sono atroci, ma nessuna è
dimostrata. C’è qualcuno che lo difende a spada tratta, come
Marianne, l’infermiera: «Sono tutte maldicenze. L’hanno allontanato,
ma se fosse qui questo centro non cadrebbe a pezzi. Sarebbe questo
un motivo sufficiente per farlo tornare».
Massimo A. Alberizzi
http://www.ticinodiocesi.net/modules.php?mop=modload&name=Splatt_Forums&file=viewtopic&topic=351&forum=10
mancuso story
>Luigi,
soltanto tu che sei amico dello Spirito Santo, ci puoi dire con chi sta comunicando qui affùs.
Logorroico?
mah!
mi spiace che non ho la tua pazienza, per cui salto ogni suo intervento, che mi pare profondamente fuori dalla capacità dialogica del tuo blog.
Talvolta si comporta come se il blog fosse suo!
“che sta mandando missionari verso di noi ”
… mi basta questa immagine per stare bene!
@ Matteo
___________
“Spesso ho sentito miei amici, alla fine di una messa dire:
Finalmente, questo sacerdote è stato così bravo che ci ha fatto gustare la santa Messa”.
______________________
Il problema è la liturgia in TV, in confronto con il trattamento riservato ad es. all’opera lirica o ad un qualunque concerto anche di musica leggera.
In un caso il telecronista si sovrappone anche nei momenti più importanti, rovina il climax, l’atmosfera, l’aura. Nessuno dice niente.
Prova a pensare cosa succederebbe se telecronista facesse cosa analoga di fronte al “L’amour est un oiseau rebelle” della Carmen (Bizet) o al “Liebestod” del Tristan und Isolde (Wagner). Potrebbe cadere anche il governo.
Allora o i diretti interessati sono pressapochisti o masochisti, opppure c’è la volontà (inconsapevole o programmatica) di sminuire il proprium della liturgia.
Scegli tu il nome da dare alla situazione.
Caro Luigi , un vescovo ticinese in una sua lettera pastorale si dichiarava, anzi si dichiara , aperto alle unioni omossessuali e alla loro legalizzazione che poi divenne dato di fatto in elvetia , la cosa fu riferita al nunzio apostolico Mons. Ca ****** ,a berna ma questi invece di in indagare sulla lettera pastotrale, diede la sua nascosta approvazione al monsignore !
Questo nunzio é il prototipo di tutti i nunzi apostolici ,specialmente nei paesi del nord europa ,ovvero dei curiali che badano solo a tenere tutti d’acordo e a fare carriera .
per gustare la ss.messa
http://www.introiboadaltaredei.info/?p=168
lyco,
scusami se può sembrare una provocazione.
Purtroppo ci hanno abituati,
per chi è impedito ad andare alla s.Messa, c’è la messa televisiva.
Ma non nonostante a questa messa si accordino dalla Chiesa i vantaggi spirituali previsti per l’effettiva partecipazione comunitaria,
io abolirei questa forma di messa virtuale.
La s. Messa o è partecipazione nella comunità che forma visibilmente il Corpo che partecipa al sacrificio Eucaristico,
o diminuisce la percezione reale alla partecipazione al Corpo visibile e non ci si sente più Chiesa.
Io abolirei la s.Messa televisiva, per rendere un più partecipativo ai cristiani partecipare alla s.Messa e lì dove impediti realmente da malattia, c’è il mandato del parroco attraverso dei laici preparati e ministri straordinari che vanno nelle case dei malati a portare i “frammenti” a quella comunione Eucaristica celebrata dall’Assemblea e nell’Assemblea.
La messa televisiva toglie la sensazione di partecipare nella Comunità, che è cosa fondamentale per noi cristiani. La nostra fede è vissuta comunitariamente, non individualisticamente.
Questo è il tipico caso in cui la TV è usata in modo strumentale e ha creato danni, in una illusione spirituale di partecipazione virtuale che non ha nulla di reale.
E’ una provocazione?
Ma sarebbe bene che le Conferenze, riflettessero seriamente su questo e si sviluppassero meglio le sensibilità nella vita della comunità reale ecclesiale.
La Chiesa è incontro reale tra cristiani.
Senno’ facciamo tutto in televisione compresi anche tutti i sacramenti.
Un prete versa l’acqua battesimale davanti la telecamera, e genitori mettono il figliolo davanti al monitor a ricevere il battesimo, e tutto si fa in casa senza andare a rompersi i maroni in parrocchia.
E’ solo una provocazione?
Dubito!
Sento troppi commenti tra la gente che mi fanno pensare che non sono distante da certe distorsioni che si stanno formando.
Ma la mia gerarchia si guarda bene dal pensarci.
Si guarda bene dal tastare il polso reale della situazione.
Messa in TV?
Allora meglio su facebook o su second life, dove per lo meno c’è un minimo di interazione…
Si comprendo bene il contrasto tra il virtuale e il reale della partecipazione Eucaristica.
In linea di principio sarei anch’io per un abbandono della liturgia domenicale in TV, del resto già la radio fornisce questo servizio che trovo assai più efficace dal punto di vista dell’attenzione e della partecipazione del fedele impossibilitato a muoversi.
Ed anche il servizio dei ministri straordinari della comunione è certamente un momento di vita comunitaria oltreché di carità verso i malati.
Tuttavia, parlo per esperienza, ho constatato che per una persona allettata che sa di non avere più la possibilità di entrare in una chiesa questo servizio, al di là delle comprensibili e condivisibili riserve, rappresenta un momento di partecipazione che sembra gratificare la persona.
Semmai, proprio per il carattere particolare che riveste la liturgia, lascerei questo servizio esclusivamente alle emittenti televisive religiose che certamente lo curano e lo presentano nella maniera più consona alla celebrazione.
L’altra faccia della medaglia è l’invasività delle TV nazionali sulla comunità nelle trasmissioni in diretta, e l’attacco da protagonismo di parroci e fedeli prossimi al vomitevole.
Nessuna dei tre corrispondenti, che ringrazio, ha risposto allo specifico del mio intervento.
E però io penso alle domeniche mattine dei miei vecchissimi e invalidi genitori: la TV diffonde per tutta la loro casa i suoni di una Messa dopo l’altra e l’aria si fa più dolce. Non so quanto loro riescano a seguire. Spesso, quando vado a trovarli, li trovo che sonnecchiano sulle poltrone su cui passano tutto il loro tempo tenendosi per mano, e ogni tanto si riscuotono e guardano sorridendo queste immagini di altro mondo che passano sul teleschermo. Ed io, che da anni ho buttato via il televisore, in quei momenti ringrazio la televisione e la Messa in TV.
Il nome da dare alla situazione che porta i telecronisti a sovrapporsi alla cerimonia, lycopodium, io non lo voglio dire.
Nino,
io capisco la problematica della persona malata e allettata spesso in condizioni definive…. e che ha piacere anche a vedere una liturgia.
Ma non deve essere una modalità normale di partecipazione alla messa.
Si deve dire chiaramente che la partecipazione alla messa c’è anche per la partecipazione per il cristiano allettato, laddove, il laico con l’apposito ministero, su mandato del parroco, va nella casa del malato a portargli la partecipazione della liturgia comunitaria, e si badi bene non deve essere necessariamente la s.Comunione, perchè comunione è anche lo spezzare insieme della Parola.
Ma un discorso ben più serio è sentirsi legati alla Comunità ecclesiale locale,
e non alla virtualità non comunitaria della TV.
Nella comunità locale (troppo bisfrattata, perchè si pensa solo al papa!!!) c’è la necessità di non far pesare solo sul parroco o sacerdote l’assistenza sui tanti malati nel territtorio che hanno bisogno di rapporto comunitario cristiano, e che spesso si tagliano fuori per aver vissuto una religiosità da TV e non di comunità, e quando arriva la malattia e l’impedimento, si mettono davanti la TV.
Così anche la s. Messa diventa uno show televisivo ora di mediaset ora della rai.
Io trovo vergognoso che questa problematica sia ignorata completamente e seguendo gtli istinti dei mass-media si parli solo del papa.
La Chiesa è fatta di chiese locali disperse sul territtorio di ogni nazione, con tante problematiche, veramente tante. Eppure si cincischia sul timore e riserbo da avere verso il papa.
Si è perso il senso del reale.
E tutti seguiamo il flusso mediatico….l
La s. Messa in TV è un obbrobrio, ormai anche non malati ma tanti che si dicono “cristiani” la seguono in TV, in pantofole sul divano.
Non vedo molta differenza con le trasmissioni televisive USA-religiose-settarie o della nostra TVB-telepredicazione.
Qualcuno in CEI o in curia vaticana ci sta pensando a questa distorsione?
Ma figurarsi!!!!!
Anche a loro interessa l’audience!!!!
Caro Lycopodium, anch’io ho notato con fastidio il sovrapporsi delle
voci dei cronisti ma non solo nella trasmissione della Santa Messa
(che è senz’altro più grave) anche per esempio quando parla un personaggio
pubblico o politico. All’estero si sentono direttamente le parole che il personaggio dice e il cronista tace. in Italia si sovrappone al personaggio che parla il commento del cronista. E’la stessa cosa sui giornali: non vengono quasi mai raccontati i fatti nudi e crudi ma il commento dei fatti , e il commento del commento, e cosa ne pensa Tizio di cosa ha detto Caio e così via all’infinito in un vaniloquio di cui alla fine si perde il filo della matassa..
Sembra che i media abbiano paura di presentarci i “fatti” e di lasciare che li interpretiamo con la nostra testa. Contro la “cultura del commento” vi segnalo un bellissimo libro di George Steiner “Vere presenze”, il cui l’autore si rifà volutamente alla “vera presenza ” di Cristo nella Eucarestia per criticare la nostra società contemporanea incapace di affrontare la verità se non mediata e “addomesticata” da stuoli di chiosatori e mediacri commentatori..
Un caro saluto a tutti
Forse nella trasmissione di musica classica questo fastidioso volersi
mettere avanti del cronista non avviene perchè anche il più megalomane e narcisista dei presntatori televisisi avrebbe paura di essere linciato se
si sovrapponesse a Bach o a Wagner ! perchè i melomani o gli amanti del bel canto non sono certo buoni e miti come i cristiani ! 🙂
Una partecipazione spuria (televisiva) è meglio che nessuna partecipazione? Forse.
Mi aspetto che l’avversione alla messa televisiva sia tanto maggiore quanto più si sottolinea il fatto che la Messa sia “mensa”, partecipazione attiva della comunità che celebra collettivamente; più che fruizione passiva, cerimonia a cui si assiste come pubblico.
“partecipazione attiva” e “fruizione passiva” possono essere visti da noi come opposti, ma non così li vedono i mistici.
Santa Chiara ha assistito -da san Damiano- “come pubblico” alla cerimonia che si teneva nella basilica di S. Francesco ad Assisi nella notte di Natale del 1252, e “udiva i frati salmeggire nel giubilo, seguiva le armonie dei cantori” …
Ricordi la leggenda di santa Chiara, Massimo D?
Affus: “un vescovo ticinese in una sua lettera pastorale si dichiarava, anzi si dichiara, aperto alle unioni omossessuali e alla loro legalizzazione che poi divenne dato di fatto in elvetia , la cosa fu riferita al nunzio apostolico a berna ma questi invece di in indagare sulla lettera pastotrale, diede la sua nascosta approvazione al monsignore”. Affus siamo alle solite: qui – nel mio pianerottolo – non si possono fare accuse a persone senza firmarsi. E’ una regola di correttezza. Facciamo così: quando devi fare un’affermazione grave che non puoi firmare, falla sul sito “ticinodiocesi” che ha tanti più visitatori. Ma poi non venire qui a darci il link, perchè quella è la circolarità della bufala.
“Udiva i frati salmeggiare nel giubilo, seguiva le armonie dei cantori, percepiva perfino il suono degli strumenti”, dopo esser rimasta sola nel dormitorio, “gravata dalle infermità”.
Patrona della televisione, non è vero?
Varie e sparse.
l’Africa mi sta a cuore (anzi, per la precisione, il Mozambico e il Kenya) anche se non sono stato un “militante” di quelle terre di lungo corso. Capisco la “punzecchiatura” e il dubbio posto da maioba.
Per quanto riguarda quello che i missionari africani (sacerdoti e religiosi essenzialmente) potrebbero portare qua, spesso resta nella sacca da viaggio la ricchezza più grande della Chiesa africana: il ruolo dei laici e l’organizzazione delle parrocchie (diffusa sopratutto in alcuni paesi dell’africa subsahariana) in piccole comunità del Vangelo, gruppi di battezzati (in genere responsabili per la parrocchia di un certo servizio o ministero) che si incontrano settimanalmente intorno alla Parola, la condividono e poi la “riportano” nella Messa comune domenicale…
Infine, ho letto il passaggio del papa su Aids e i preservativi. Sono rimasto perplesso (non sulla posizione arcinota, ma su alcune frasi aggiunte di contorno): http://magisamica.splinder.com/post/20101248/Il+Papa%2C+l%27AIDS+e+i+preservati
La questione è molto più di spurio e autentico.
Non è che non sia stata studiata:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7703
oppure
http://www.rivistaliturgica.it/upload/2000/articolo1_80.asp
Sono i telecronisti che non se ne danno per inteso.
Ha ragione Valenziano:
“… C’è un’incompatibilità che insidia questa trasmissione visiva o quella celebrazione liturgica ma no la liturgia e la televisione in quanto tali.
Infatti, la liturgia è, per natura sua, linguaggio complesso, risultante di linguaggi verbali e a-verbali, melodici e ritmici, uditivi e gestuali, cinetici e prossemici, olfattivi e gustativi…;
tutti però di netta referenza visiva.
E inoltre, la teletrasmissione è, per natura sua, passibile di qualsiasi messaggio linguistico con referenza visiva; se no, che senso ha?
E infine, nessuno ha dimostrato che la trasmissione visiva e la celebrazione liturgica non funzionano in coerenza linguistica; se mai, sprazzi eminenti di strutturazioni riuscite dimostrano il contrario.
L’insidia della irriducibilità va ricondotta a non-intenzione, a non-ricerca della vera e propria pur latente, «connaturalità» …”.
La messa in Tv secondo me è un presidio religioso che genera tanto fumo e poco arrosto. E’ un potentato contradditorio e ambiguo, rischioso e dispendioso. E’ un presidio spesso prodotto da potentati politico-religiosi. E’ una cattedrale nel deserto della quale davvero non si capisce il significato. La messa via radio ha un altro effetto: una voce che parla, è più pulita. Ma le immagini televisive sono tutte sporche e ambigue, anche quando trasmettono la liturgia. Per non parlare di costi folli dei numerosi network cattolici e della paccottiglia devozionistica e superstiziosa che spesso offrono (ultimo esempio la diretta di una web cam dalla tomba di padre Pio). Il peggio – ma lo abbiamo già detto – è l’adorazione eucaristica via tv: in ginocchio ad adorare un pixel, uno schermo elettrostatico. Un delirio idolatra.
E comunque, proprio certi vaticanisti televisivi si collegano in diretta dalla messa pontificia con modalità mondanissime, proponendo una telecronaca dell’azione liturgica della quale si può dire solo una parola: empietà assoluta.
Vi prego di non cadere nel piagnisteo del “ma i poveri malati dalla tv seguono la messa”: bastano le campane a farti sentire unito alla comunità, basta – ci mancherebbe – il segno della croce e il pregare, vero, assieme. A questo andrebbero (ri)educati i nostri amatissimi vecchi, i nostri amatissimi malati. E se poi vogliono ascoltare la messa via radio, che è decisamente meno mondana, è cosa buona. Ma la preghiera vera è un’altra, questo va detto. Con dolce fermezza: mater et magistra (non magister nel sendo di Sandro).
Credo che in ogni cosa ci voglia carità. Mia madre è molto anziana e non può certo andare a messa tutti i giorni (la domenica la portiamo noi): non c’è mattina che non partecipi (non dico “assista”) alla messa trasmessa da una televisione cattolica e ne trae beneficio. Che ne tragga beneficio e consolazione è un fatto. Ascolta anche la radio e prega sia da sola che unendosi alla comunità di coloro che – soffrendo come lei – sanno comunque di essere corpo mistico.
Chi soffre lo sente, non gli fa velo né la ragione, né l’ideologia (ricordo, in proposito, le ultime parole di un mio amico – che andai a trovare al Gemelli, molti anni fa, poco prima che morisse di AIDS – e mi chiarì per sempre che cosa sia “sentirlo” il corpo mistico, sentire la preghiera di tutti dirigersi verso il Cristo, e quanto ciò lo confortasse).
Una volta anche io, in vacanza con la famiglia in un paese arabo, ho partecipato (forse assistito) ad una messa televisiva e – nei suoi limiti – ne sono stato lieto. Evitiamo gli abusi, ma guardiamo la sostanza, ricordandoci che è il sabato ad essere fatto per l’uomo.
Ciao Gerry. Sei fortunato se puoi vedere tua madre, molto anziana, pregare. La mente di mia madre è altrove, da dieci anni. Non può né pensare né parlare, né nulla. Quando il Sacerdote va a trovarli, si china su di lei come una mamma su un bambino.
Io credo che il futuro sarà quello ipotizzato da Valenziano, a patto che si tenga conto del cuore di Gerry e della “bile” di Ignigo e di Lycopodium (che come tale è bilioso per eccellenza).
Caro Luigi , ti posso assicurare che le lettere inviate a roma per segnalare certi abusi e certi tradimenti sono firmate e controfirmate con , finanche, il numero di telefono e di cellulare …..
Affus qui tu affermi qualcosa contro qualcuno e qui tu – se vuoi continuare ad affermarlo – ti devi firmare. E’ singolare che tu non avverta questa responsabilità.
no matteo
scrivo dall’Italia. Sono stata questa estate in Usa e sono stata anche ospite del mio amico prete.
Stavo riferendo le sue parole.
@ Ignigo.
Per un certo periodo nel cagliaritano si riceveva il segnale della Tv del santuario di Padre Pio.
C’era una telecamera fissa che riprendeva la tomba del santo.
Mi capitava di darci un’occhiata intorno alle 5,30 (esordio della mia giornata). Vedevo i fedeli che si accostavano per una breve preghiera.
Cominciavano la giornata così, in silenzio. Nient’altro.
Non era male, come esperienza.
Buon viaggio in Africa, Maioba !
Tienici informati !
Buona notte e buona 4° domenica di Quaresima agli amici del “pianerottolo” !
Roberto 55